Sefer ha-Bahir
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Il Sefer ha-Bahir (in ebraico סֵפֶר הַבָּהִיר) o semplicemente Bahir, benché redatto posteriormente al Sefer Yezirah, è unanimemente considerato in quanto a struttura, contenuto e simbologia come la prima opera letteraria cabalistica nel senso proprio di questa espressione.
Nonostante l’importanza attribuitagli dagli studiosi, esso continua ad essere nel nostro Paese (e più in generale in tutto il mondo occidentale) un testo molto poco conosciuto della letteratura cabalistica diversamente invece dai più blasonati Sefer Yezirah e [Sefer] Zohar.
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[modifica] Introduzione ed importanza storica
Si tratta di un midrash (cioè una raccolta di affermazioni tratte da varie fonti) scritto verosimilmente verso la fine del dodicesimo secolo nella Francia meridionale da autore ignoto. Nel tempo sono state avanzate più ipotesi relative all'identità dell’autore: si sono fatti i nomi di Rabbi Nehuniah ben Hakana (in quanto menzionato all’inizio dell’opera) e di Isaac il Cieco ed altri ma nessuna ha avuto seguito.
L’iportanza fondamentale che gli studiosi conferiscono al Sefer ha-Bahir, nell’ambito degli insegnamenti cabalistici, è da ascrivere al fatto che esso è l’unica testimonianza dello stato in cui si trovava la Cabala all’inizio della sua evoluzione cioè quando essa cominciò a venire a conoscenza ad un pubblico ampio e dunque non più appannaggio di ristrette cerchie di studiosi. Il libro, così come ci è pervenuto, è alquanto breve: consta infatti di solo circa 12.000 parole ed è scritto in un miscuglio di ebraico ed aramaico (con alcune espressioni e parole in arabo). La prima edizione su carta risale al 1651 ed è stata pubblicata ad Amsterdam.
Letteralmente “Sefer ha-Bahir” significa “il libro (=Sefer) di bahir” ove bahir può essere tradotto approssimativamente come “ chiarore”, “luminosità” oppure “luce fulgida”. Il nome è dovuto alla presenza di una frase che, citando Gb 37,21, recita “ Un versetto dice: Ora diventa impossibile la luce”. Un altro nome (forse ancora più diffuso di Sefer ha-Bahir) è “Midrash Rabbi Nehuniah ben Hakana” (cioè: il libro dei racconti del rabbino Nehuniah figlio di Hakana) in quanto l’opera esordisce proprio con questa frase.
Studi recenti sembrerebbero portare alla conclusione che il Sefer ha-Bahir sia un rifacimento di un altro libro: il Sefer Raza Rabba, di molto anteriore al primo ma che purtroppo, ad eccezione di alcuni frammenti, purtroppo è andato perso.
[modifica] Contenuto e peculiarità
Il testo non presenta una struttura letteraria e stilistica unitaria: esso è tendenzialmente di difficile comprensione, sovente poco chiaro e alquanto frammentario; pur tuttavia alcune sue parti si caratterizzano per un particolare gusto e fascino descrittivo che gli conferisce un tratto unico nel suo genere. Tra gli vari aspetti peculiari, ricordiamo:
- è il primo testo nel quale le sefirot ricordano gli “eoni” gnostici cioè delle emanazioni di attributi divini (questa affinità del libro con il mondo della gnosi è a tutt’oggi argomento che interessa gli studiosi),
- formula l’idea della trasmigrazione delle anime cioè di quella dottrina della reincarnazione che, a partire dal testo Sefer ha-Temunah, sarà conosciuta come gilgul,
- l’assenza di una chiara “presa di posizione” gli permette di conciliare anche impostazioni contrastanti,
- appare, benché solamente in nuce, il concetto dell’ “albero delle sefirot” bagnato dalle acque della Sapienza,
- il termine Ein-Sof (cioè l’infinito) quale attributo di Dio non appare mai.
[modifica] Struttura
Si compone di 200 versetti strutturati in cinque sezioni:
- il primo (versetti 1-16) contiene dei commenti relativi al racconto della creazione (in particolare sul libro della Genesi)
- il secondo (versetti 17-44) si concentra sulla simbologia dell’alfabeto ebraico
- il terzo (versetti 45-122) tratta delle “sette voci”, dei nomi di Dio, della reincarnazione e delle sefirot
- il quarto (versetti 124-193) analizza nel dettaglio le dieci sefirot
- il quinto ed ultimo (versetti 194-200) discute i misteri dello spirito.
[modifica] Traduzioni
In Italia recentemente, per i tipi dell’editore Nino Aragno , è uscita un'edizione critica, a cura di Saverio Campanini e con una prefazione di Giulio Busi. Il libro contiene il testo ebraico, una sua versione inglese (anche la prefazione è in questa lingua) e la traduzione latina che Flavio Mitridate fece appositamente per Pico della Mirandola nel 1486.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- (EN) (Progetto "The Kabbalistic Library of Giovanni Pico della Mirandola"
- (IT) (Zenit- Rivista di cultura sapienziale)
- (EN) Encyclopaedia Britannica
- (EN) Traduzione in inglese di Aryeh Kaplan
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