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Radiazione elettromagnetica - Wikipedia

Radiazione elettromagnetica

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La radiazione elettromagnetica è, dal punto di vista dell'elettromagnetismo classico, un fenomeno ondulatorio dovuto alla contemporanea propagazione di perturbazioni periodiche di un campo elettrico e di un campo magnetico, oscillanti in piani tra di loro ortogonali.

La radiazione elettromagnetica si propaga in direzione ortogonale al campo elettrico e magnetico. Questa immagine mostra una onda elettromagnetica piana polarizzata.
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La radiazione elettromagnetica si propaga in direzione ortogonale al campo elettrico e magnetico. Questa immagine mostra una onda elettromagnetica piana polarizzata.

Indice

[modifica] Caratteristiche generali

[modifica] Propagazione nel vuoto

Al meglio dell'attuale conoscenza fisica nel vuoto la direzione di propagazione della radiazione elettromagnetica è perpendicolare al piano identificato dalle direzioni delle due oscillazioni dei campi e la velocità di propagazione è costante, ed indipendente dalla velocità della sorgente, dalla direzione di propagazione, e dalla velocità dell'osservatore: essa infatti dipende soltanto dalla costante dielettrica e dalla permeabilità magnetica, che sono caratteristiche intrinseche del mezzo (vuoto).

Tale velocità, che grazie alle proprietà su esposte risulta una costante fondamentale, prende il nome di velocità della luce, la quale è appunto l'esempio più accessibile all'esperienza quotidiana di onda elettromagnetica. La velocità della luce nel vuoto si indica in genere con la lettera c ed il suo valore numerico in unità del sistema internazionale risulta di circa 300000 km al secondo (c = 299.792.458 m/s nel vuoto).

[modifica] Propagazione nei mezzi materiali

Nei mezzi materiali e nelle guide d'onda la propagazione della radiazione elettromagnetica diviene un fenomeno più complesso. Innanzitutto la sua velocità è diversa rispetto a quella nel vuoto secondo un fattore che dipende dalle proprietà del mezzo o della guida d'onda. Può dipendere inoltre dalla frequenza della radiazione, secondo una relazione di dispersione. Restano definite due velocità, dette velocità di gruppo e velocità di fase.

[modifica] Contesto teorico ed evidenze sperimentali

Le onde elettromagnetiche furono predette teoricamente prima di essere osservate (o meglio, prima di essere riconosciute come tali tramite una osservazione). Le equazioni di Maxwell, che riassumono l'elettromagnetismo classico, ammettono una soluzione ondulatoria propagantesi nel vuoto (o, come ci si sarebbe espressi all'epoca della loro formulazione, nell'etere) alla velocità della luce. Furono le esperienze di Hertz a confermare l'esistenza delle cosiddette onde hertziane ed a misurarne la velocità. L'esperienza di Michelson provò invece l'indipendenza della velocità della luce dalla direzione di propagazione (anche se non rigorosamente nel vuoto, ma in aria) e, combinata ad altre esperienze che attualmente si considerano sufficienti a falsificare le cosiddette teorie balistiche della luce, viene oggi considerata l'esperienza cruciale che mise in crisi la meccanica classica richiedendo la formulazione della relatività ristretta che unificò elettromagnetismo e meccanica. È sulla base di tale teoria (che si ritiene una delle teorie meglio controllate empiricamente) che possiamo enunciare le proprietà della luce nel vuoto così come sono esposte in apertura dell'articolo.

[modifica] La derivazione dalle equazioni di Maxwell

Le equazioni di Maxwell sono:

I) \ \vec \nabla \cdot \vec E_0 = \frac{\rho}{\epsilon_0}
II) \ \vec \nabla \cdot \vec B_0 = 0
III) \ \vec \nabla \times \vec E_0 = - \frac{\partial \vec B_0}{\partial t}
IV) \ \vec \nabla \times \vec B_0 = \epsilon_0 \cdot \vec J + \epsilon_0 \mu_0 \frac{\partial \vec E_0}{\partial t}

Tenendo conto della legge di conservazione della carica ( equazione di continuità ):

\vec \nabla \cdot \vec J + \frac{\partial \rho}{\partial t} = 0

le prime 2 equazioni di Maxwell si possono ottenere dalle ultime 2.
Esponiamo qui le manipolazioni delle equazioni di Maxwell che conducono all'equazione di d'Alembert, di cui le onde elettromagnetiche sono le soluzioni.
Consideriamo allora di trovarci in un dielettrico omogeneo ed isotropo, elettricamente neutro e perfetto in modo che ρ = 0 e \vec J = 0. Le equazioni di Maxwell divengono in questo caso:

I) \ \vec \nabla \cdot \vec E = 0
II) \ \vec \nabla \cdot \vec B = 0
III) \ \vec \nabla \times \vec E = - \frac{\partial \vec B}{\partial t}
IV) \ \vec \nabla \times \vec B = \epsilon \mu \frac{\partial \vec E}{\partial t}

Possiamo procedere indifferentemente prendendo la terza o la quarta equazione di Maxwell e applicando il rotore. Per esempio prendendo la terza:

\,\,\,\,\,\vec \nabla \times \vec E = -\frac {\partial \vec B}{\partial t}

e applicando il rotore di ambo i membri:

\,\,\,\,\,\vec \nabla \times \vec \nabla \times \vec E = -\frac {\partial \vec \nabla \times \vec B}{\partial t}

sostituiamo a secondo membro la quarta equazione in luogo di \vec \nabla \times \vec B:

\,\,\,\,\vec \nabla \times \vec B = \epsilon \mu \frac {\partial \vec E}{\partial t}

otteniamo:

- \vec \nabla^2 \cdot \vec E = \vec \nabla \times \frac {\partial \vec B}{\partial t} = - \epsilon \mu \frac{\partial^2 \vec E}{\partial t^2}

cioè

\,\,\,\,\, {\nabla}^2 \vec E = \epsilon \mu \frac {{\partial}^2 \vec E}{{\partial t}^2}

Analogamente applicando lo stesso procedimento alla quarta equazione otteniamo:

\,\,\,\,\, {\nabla}^2 \vec B = \epsilon \mu \frac {{\partial}^2 \vec B}{{\partial t}^2}.

che sono entrambe le equazioni delle onde cercate. Riscriviamole in forma di equazioni differenziali alle derivate parziali:

\,\,\,\,\, {\nabla}^2 \vec E - \epsilon \mu \frac {{\partial}^2 \vec E}{{\partial t}^2}= 0
\,\,\,\,\, {\nabla}^2 \vec B - \epsilon \mu \frac {{\partial}^2 \vec B}{{\partial t}^2} = 0.

La soluzione di queste equazioni non è univoca e bisogna imporre la solenoidalità alle soluzioni con le stesse equazioni di Maxwell, cioè tra tutte le soluzioni bisogna scegliere quelle che soddisfano tutte le equazioni di Maxwell e non solo le equazioni delle onde.

La soluzione di queste equazioni è un'onda che si propaga con velocità costante:

\,\,\,\,\, v = \frac{1}{\sqrt{\epsilon \mu}}

Nel vuoto questa velocità diventa la velocità della luce:

\,\,\,\,\, c = \frac{1}{\sqrt{\epsilon_0 \mu_0}}.

Si chiama fronte d'onda il luogo dei punti tali che, ad un certo istante, la soluzione delle equazioni delle onde assume valore costante. A seconda della possibilità di modellizzare l'onda a seconda della forma del suo fronte d'onda possiamo chiamare onda rettilinea se i suoi fronti d'onda sono rettilinei, circolare se i suoi fronti d'onda sono circolari e onda piana se i suoi fronti d'onda sono piani, infine, onda sferica se i suoi fronti d'onda sono superfici sferiche.

La soluzione delle equazioni delle onde è una funzione f(\vec r, t) = f(\xi) funzione della direzione di propagazione e del tempo.

A seconda invece della forma della soluzione, un'onda può essere periodica o non periodica.

Si ottiene così dalla teoria di Maxwell l'unificazione di elettromagnetismo ed ottica: la luce visibile non è altro che radiazione elettromagnetica con lunghezza d'onda che va circa da 300 nm a 700 nm.

Diamo una rappresentazione compatta della equazione dell'onda tramite l'uso dell'Operatore di D'Alembert definito come:

\Box = \frac{\partial^2}{\partial x^2} + \frac{\partial^2}{\partial y^2} + \frac{\partial^2}{\partial z^2} - \frac{1}{v^2} \frac{\partial^2}{\partial t^2}

e in questo modo le equazioni delle onde diventano:

\Box \vec E = 0
\Box \vec B = 0

[modifica] Quantità di moto ed energia di un'onda

[modifica] Polarizzazione

[modifica] Misure della velocità della luce nel vuoto

L'astronomo danese Ole Romer fu il primo a determinare empiricamente la velocità della luce per mezzo dell'osservazione dei satelliti di Giove. Annunciò la sua scoperta nel 1675.

[modifica] Esperimento di Hertz

[modifica] Esperimento di Michelson e Morley

[modifica] Natura quantistica della radiazione elettromagnetica

Gli studi sull'effetto fotoelettrico, tra i quali spicca il contributo del 1905 di Albert Einstein (che gli valse il premio Nobel) evidenziarono l'esistenza di una frequenza di soglia sotto la quale tale effetto non ha luogo, indipendentemente dall'intensità della radiazione incidente. Esperienze correlate, quali la misura dello spettro di corpo nero, ed i relativi tentativi di giustificazione teorica, indussero i fisici dell'inizio del secolo scorso a riaprire il secolare dibattito sulla natura della luce su cui le equazioni di Maxwell sembravano l'ultima parola, introducendo la nozione di quanto di energia. Il quanto di radiazione elettromagnetica prende il nome di fotone ed è una particella (nel senso della meccanica quantistica) che segue la statistica di Bose- Einstein, ovvero un bosone.

[modifica] Applicazioni tecnologiche

La radio e la televisione, i telefoni cellulari e il radar, il forno a microonde e le radiografie: gli utilizzi tecnologici della radiazione elettromagnetica sono così diffusi che non vi facciamo nemmeno più caso.

[modifica] Effetti biologici delle radiazioni

Gli effetti della radiazione elettromagnetica sugli esseri viventi dipendono principalmente da due fattori: la frequenza della radiazione e le modalità di esposizione (intensità della radiazione, durata dell'esposizione, parti del corpo esposte...). Per quanto riguarda la frequenza della radiazione si usa distinguere tra radiazioni ionizzanti e radiazioni non ionizzanti.

[modifica] Radiazioni ionizzanti

Per approfondire, vedi la voce Radiazioni ionizzanti.

Per radiazioni ionizzanti si intendono le radiazioni elettromagnetiche di frequenza sufficientemente alta da essere in grado di ionizzare gli atomi della sostanza esposta. Tali radiazioni sono quindi capaci di modificare la struttura chimica delle sostanze su cui incidono e possono produrre effetti biologici a lungo termine sui viventi interagendo con il DNA delle cellule.

[modifica] Radiazioni non ionizzanti

Si designano come non ionizzanti quelle radiazioni di frequenza non sufficiente a provocare gli effetti su esposti. Un esempio di radiazioni non ionizzanti sono le onde radio. Si ritiene comunemente (ma vedi la voce elettrosmog) che le radiazioni non ionizzanti possano avere effetti sui viventi solo per i loro effetti termici, non possedendo quindi il potenziale mutageno e cancerogeno delle radiazioni ionizzanti.

[modifica] Riferimenti bibliografici

John David Jackson, "Classical Electrodynamics" (1998)

[modifica] Voci correlate

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