Mani pulite
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Mani pulite è stata una indagine giudiziaria contro la corruzione del mondo politico condotta a livello nazionale in Italia. Le conseguenze legate all'indagine contribuirono alla fine della cosiddetta Prima Repubblica e alla scomparsa dei principali partiti di governo, come la Democrazia Cristiana (DC) e il Partito Socialista Italiano (PSI); alcuni uomini politici e d'affari arrivarono a commettere suicidio dopo che furono rese pubbliche le accuse contro di loro. Il sistema di corruzione che fu scoperto da queste indagini fu chiamato Tangentopoli.
[modifica] 1992: la scoperta di Tangentopoli
[modifica] Mario Chiesa, il "mariuolo"
«Tutto era cominciato un mattino d'inverno, il 17 febbraio 1992, quando, con un mandato d'arresto, una vettura dal lampeggiante azzurro si era fermata al Pio Albergo Trivulzio e prelevava il presidente, l'ingegner Mario Chiesa, esponente del Partito Socialista Italiano con l'ambizione di diventare sindaco di Milano. Lo pescano mentre ha appena intascato una bustarella di sette milioni, la metà del pattuito, dal proprietario di una piccola azienda di pulizie che, come altri fornitori, deve versare il suo obolo, il 10 per cento dell'appalto che in quel caso ammontava a 140 milioni.»
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(Enzo Biagi, Era ieri)
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Tangentopoli cominciò il 17 febbraio 1992, quando il pubblico ministero Antonio Di Pietro chiese ed ottenne dal GIP Italo Ghitti la cattura di Mario Chiesa, un membro del PSI. Fu l'inizio della sua prima inchiesta: Mani pulite. Le notizie della corruzione in politica cominciarono ad essere pubblicate dai giornali.
Bettino Craxi, al tempo leader del PSI, negando l'esistenza di corruzione a livello nazionale, definì Mario Chiesa un mariuolo, una "scheggia impazzita" dell'altrimenti integro Partito Socialista.
[modifica] L'allargamento delle indagini anticorruzione
Nelle elezioni del 1992 il partito della DC perse molti voti, ma riuscì a mantenere una leggera maggioranza, mentre l'opposizione guadagnò voti. Non c'era tuttavia unità fra gli oppositori, e molti voti arrivarono alla Lega Nord, un partito che in quel momento non era orientato alle alleanze. Il Parlamento che ne risultò era dunque debole ed era difficile arrivare ad accordi; le elezioni anticipate arrivarono dopo due anni, nel 1994.
Nell'aprile 1992, molti industriali e politici, specialmente della maggioranza ma anche dell'opposizione, furono arrestati con l'accusa di corruzione. Le indagini iniziarono a Milano, ma si propagarono velocemente ad altre città, man mano che procedevano le confessioni. Una situazione grottesca accadde quando un politico socialista confessò immediatamente tutti i propri crimini a due carabinieri che erano arrivati a casa sua, per poi scoprire che erano venuti semplicemente per notificargli una multa.
Fondamentale per questa espansione esponenziale delle indagini fu la diffusa tendenza dei leader politici di privare del proprio appoggio i politici meno importanti che venivano arrestati; questo fece sì che molti di loro si sentissero traditi e spesso accusassero altri politici, che a loro volta ne accusavano altri ancora.
Il 2 settembre 1992, il politico socialista Sergio Moroni, accusato di corruzione, si uccise. Lasciò una lettera in cui si dichiarava colpevole, dichiarando che i crimini non erano per il proprio tornaconto ma a beneficio del partito, e accusò il sistema di finanziamento di tutti i partiti.
[modifica] L'assassinio dei giudici Falcone e Borsellino
Il 23 maggio 1992 il giudice del pool antimafia Giovanni Falcone fu ucciso insieme a sua moglie e a tre guardie del corpo in un impressionante attentato mafioso, mentre percorreva in auto l'autostrada dall'aeroporto di Palermo-Punta Raisi alla città, all'altezza di Capaci; un intero tratto di autostrada fu fatto saltare in aria al suo passaggio per ucciderlo.
Pochi mesi dopo fu assassinato anche il collega di Falcone, Paolo Borsellino, con un'autobomba piazzata in via d'Amelio, che fu fatta scoppiare quando Borsellino stava suonando il campanello della casa di sua madre, proprio lì davanti.
[modifica] 1993: tentativi di resistenza
[modifica] Il crollo di consensi della DC e la crescita della Lega
Nelle elezioni locali di dicembre, la DC perse metà dei voti. Craxi, dopo aver ricevuto tanti avvisi di garanzia, inerenti anche reati di corruzione, rassegnò in febbraio le dimissioni da segretario del Psi.
Nelle nuove elezioni amministrative del 6 giugno 1993 la DC perse nuovamente metà dei voti, e il Partito Socialista praticamente sparì. La Lega Nord, un movimento di protesta incentrato sull'indipendenza del Nord-Italia (secondo alcuni caratterizzato da xenofobia e razzismo, secondo altri unica forza politica nuova e che denunciava i privilegi e gli abusi dei governi precedenti) dal resto del paese, e che ostentava un generale disgusto per il sistema politico (con il celebre slogan "Roma ladrona"), divenne la maggior forza politica dell'Italia settentrionale. L'opposizione di sinistra si avvicinava alla maggioranza, ma mancava ancora di unità e di leadership.
[modifica] La reazione del Parlamento
Il 5 marzo 1993, il governo presieduto da Giuliano Amato, e in particolare il Ministro della Giustizia Luigi Conso, cercarono di trovare una "soluzione politica" con una nuova legge sul finanziamento dei partiti: il decreto Conso, che fu definito criticamente "il colpo di spugna"; il decreto Conso prevedeva la rimozione delle pene per molti crimini e introduceva al loro posto piccole infrazioni civili; il risultato sarebbe stato una sorta di amnistia per la maggior parte delle accuse di corruzione. Tra l'indignazione della gente e sollevazioni a livello nazionale, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro rifiutò di firmare la legge, definendola incostituzionale.
Il 25 marzo del 1993 il Parlamento italiano cambiò la legge elettorale in favore di un sistema maggioritario, come conseguenza di un lotto di referendum popolari. Ancora traumatizzato dai recenti eventi, il Parlamento non riuscì a produrre un nuovo governo. Carlo Azeglio Ciampi, ex governatore della Banca d'Italia, fu nominato Primo Ministro e produsse un governo "tecnico" senza influenze politiche.
Nel frattempo, le indagini su Craxi furono bloccate dal Parlamento: ad aprile la Camera dei deputati nega la autorizzazione a procedere per Craxi. Diversi membri del governo, pur essendo in carica da soli tre giorni, diedero le dimissioni per protesta; tra di loro c'era Francesco Rutelli, Ministro dell'Ambiente.
[modifica] Il prosieguo delle indagini e il processo Cusani
A metà marzo fu reso pubblico uno scandalo per 250 milioni di dollari, riguardante l'Ente Nazionale Idrocarburi (ENI). Il flusso di accuse, arresti e confessioni non si arrestò.
Il 20 luglio 1993, l'ex-presidente dell'ENI, Gabriele Cagliari, si uccise in carcere. In seguito, sua moglie restituì oltre 6 miliardi di lire di fondi illegali. Nel frattempo iniziò il processo a Sergio Cusani. Cusani era accusato di crimini collegati ad una joint venture tra ENI e Montedison, chiamata Enimont. Il processo fu diffuso sulla televisione nazionale, e fu una specie di passerella di vecchi politici messi a confronto con le loro responsabilità. Anche se Cusani non era una figura di primo piano, il fatto che i crimini di cui era accusato fossero collegati all'affare Enimont coinvolse come testimoni molti politici di primo piano.
Il culmine del processo Cusani fu quando l'ex Presidente del Consiglio, Arnaldo Forlani, rispondendo ad una domanda, disse semplicemente "Non ricordo"; nelle fotocolor e nelle riprese video fatte dai giornalisti, Forlani appariva molto nervoso, e non si rese conto della saliva che si accumulava sulle sue labbra; questa immagine assurse a simbolo del disgusto popolare per il sistema di corruzione. Bettino Craxi invece ammise che il suo partito aveva ricevuto 93 milioni di dollari di fondi illegali. La sua difesa fu "lo facevano tutti".
Persino la Lega Nord fu coinvolta nel processo; il suo segretario Umberto Bossi e l'ex tesoriere Alessandro Patelli furono condannati per aver ricevuto 200 milioni di finanziamenti illegali.
Anche il Partito Comunista Italiano fu accusato di corruzione, ma non fu possibile provare chi avesse commesso i fatti. In proposito il Pubblico Ministero Antonio Di Pietro disse, "La responsabilità penale è personale, non posso portare in giudizio una persona che si chiami Partito di nome e Comunista di cognome". I detrattori di Di Pietro assumerebbero, tuttavia, che non si fece tutto il possibile per individuare i responsabili del Partito Comunista che avrebbero commesso i reati di corruzione.
Il processo Enimont fu celebrato dopo quello a Cusani, con molto meno interesse popolare.
[modifica] Gli attacchi e le minacce a Di Pietro
In marzo, quando Di Pietro richiese una rogatoria internazionale ad Hong Kong sui conti di Craxi, ricevette contemporaneamente un messaggio dalla Falange armata: «a Di Pietro uccideremo il figlio».
In giugno Aldo Brancher è il primo manager Fininvest ad essere arrestato per tangenti. Il 12 luglio Silvio Berlusconi invia un fax a Il Giornale, di cui è proprietario, ordinando di attaccare i magistrati del pool; ma Federico Orlando e Indro Montanelli si rifiutano. Il 17 luglio, Il Sabato, il settimanale di Comunione e Liberazione, pubblica un dossier sulle presunte malefatte di Di Pietro; il dossier verrà poi proposto nuovamente nel 1997.
Il Gico di Firenze (il Gruppo investigativo sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza) raccoglie fuori verbale le confidenze di un pentito, Salvatore Maimone, sulle ipotetiche coperture offerte alla mafia dell'Autoparco dai pubblici ministeri Di Pietro, Spataro, Di Maggio e Nobili. Il processo Autoparco dimostrerà che l'indagine del Gico era costruita sul nulla.[1]
[modifica] 1994: L'ingresso di Berlusconi e le "fiamme sporche"
[modifica] Fiamme sporche
Nel frattempo, le indagini si allargarono oltre i confini della politica: il 2 settembre 1993, fu arrestato il giudice milanese Diego Curtò. Il 21 aprile 1994, 80 uomini della Guardia di Finanza (fu per questo coniato il termine fiamme sporche) e 300 personalità dell'industria furono accusate di corruzione. Alcuni giorni dopo, il segretario della Fiat ammise la corruzione con una lettera ad un giornale.
[modifica] Il governo Berlusconi
Nel 1994, Silvio Berlusconi entrò impetuosamente in politica (con le sue parole, "scese in campo") e vinse le elezioni. Il 13 luglio 1994, il governo Berlusconi promulgò un decreto legge (c.d. "decreto Biondi") che favoriva gli arresti domiciliari nella fase cautelare per la maggior parte dei crimini di corruzione. Sempre secondo i detrattori del premier, la tempistica della legge sarebbe stata gestita con attenzione, facendola coincidere con la vittoria dell'Italia sulla Bulgaria nelle semifinali della Coppa del mondo di calcio del 1994, per far passare sotto silenzio la legge in un Paese che pensava solo ai mondiali. In seguito, Roberto Baggio mandò alto l'ultimo rigore contro il Brasile, mentre i notiziari mostravano immagini di politici accusati di corruzione che uscivano di prigione. Forse anche per questa nuova coincidenza, nuove voci di protesta contro il sistema politico tornarono a farsi udire. Le immagini di Francesco De Lorenzo, ex Ministro della Sanità, ebbero l'effetto maggiore, perché il pubblico trovava particolarmente odioso il furto di denaro dagli ospedali.
Solo pochi giorni prima, i poliziotti arrestati avevano parlato di corruzione nella Fininvest, la maggiore delle proprietà della famiglia Berlusconi. La maggior parte dei magistrati del pool Mani Pulite dichiararono che avrebbero rispettato le leggi dello Stato, incluso il c.d. "decreto Biondi", ma che non potevano lavorare in una situazione di conflitto tra il dovere e la loro coscienza, chiedendo quindi di essere riassegnati ad altri incarichi.
Forse perché il governo non poteva permettersi di essere visto come un avversario del popolare pool di giudici, il decreto fu frettolosamente ritirato; si parlò in effetti di un "malinteso", e lo stesso Ministro dell'Interno Roberto Maroni (Lega Nord) sostenne che non aveva nemmeno avuto la possibilità di leggerlo. Anche se il ministro della giustizia era Alfredo Biondi, molti sospettarono che il decreto fosse stato scritto da Cesare Previti, un avvocato della Fininvest di Berlusconi. Non vi è tuttavia alcuna prova a sostegno di tale affermazione. Il 28 luglio, il fratello di Berlusconi fu arrestato e subito rilasciato.
[modifica] Il conflitto fra Berlusconi e Di Pietro
Cominciò a questo punto quella che è stata definita come la "battaglia tra Berlusconi e Di Pietro". Da una parte le indagini giudiziarie sulle aziende di Berlusconi, dall'altra il governo che mandava "ispettori" negli uffici dei giudici milanesi, alla ricerca di irregolarità formali. Questa tattica, insieme al contributo di media che sostenevano il premier e la sua azione nei confronti dei magistrati, contribuì secondo alcuni a creare una situazione che in altri contesti si definirebbe FUD (Fear, Uncertainty and Doubt, "paura, incertezza e dubbio"). La battaglia fu senza vincitori: il 6 dicembre Di Pietro si dimise dalla magistratura e due settimane dopo il governo si dimise, alla vigilia di un voto di fiducia critico in Parlamento che avrebbe potuto avere un esito sfavorevole a Berlusconi.
[modifica] 1995: I complotti contro i magistrati
Nel 1995 furono avviate molte indagini contro Di Pietro, il quale anni dopo fu assolto da tutte le accuse, mentre su Berlusconi vennero formulate altre accuse di corruzione. Si scoprì poi che il principale accusatore di Di Pietro, il magistrato bresciano Fabio Salamone, era il fratello di un uomo contro il quale lo stesso Di Pietro aveva sostenuto l'accusa, e che era stato condannato a 18 mesi di carcere per vari reati di corruzione. Ci volle comunque del tempo prima che le autorità se ne rendessero conto, e riassegnassero Salamone ad altri incarichi. I sottufficiali dei carabinieri Giovanni Strazzeri e Felice Corticchia vennero condannati per calunnia nei confronti di Di Pietro, ma i presunti mandanti restarono ignoti alla giustizia.
Dopo essere stato prosciolto, Di Pietro iniziò la sua carriera politica, cosa che precedentemente aveva escluso dicendo che non voleva sfruttare la sua popolarità, guadagnata compiendo quello che secondo lui era solo il suo dovere. Il movimento da lui fondato, l'Italia dei Valori, è tuttora attivo e, pur essendo indipendente e con diverse sfumature, nelle competizioni elettorali si è quasi sempre schierato con le principali coalizioni di sinistra susseguitesi negli anni.
[modifica] 1997-2000: Alleanza politica anti-magistrati
[modifica] La strategia della prescrizione
Dopo il 1994, il rischio che i processi venissero cancellati a causa della prescrizione divenne molto concreto, e la cosa era chiara sia ai giudici che ai politici. Questi ultimi (senza distinzioni tra la coalizione di Berlusconi e l'Ulivo, specialmente sotto la leadership di Massimo D'Alema) ignorarono le richieste del sistema giudiziario di finanziamenti per acquistare equipaggiamenti, e promulgarono leggi che, secondo molti critici, resero i già penosamente lenti processi italiani ancora più lenti, e soggetti a prescrizione più rapida.
[modifica] Previti e Craxi
Nel 1998 Cesare Previti, ex manager Fininvest e parlamentare nelle file di Berlusconi, evitò il carcere grazie all'intervento del Parlamento, anche se Berlusconi e i suoi alleati erano all'opposizione. Craxi invece accumulò diversi anni di condanne definitive, e scelse la contumacia - secondo i suoi sostenitori, l'esilio volontario - ad Hammamet in Tunisia, dove risiedette dal 1994 fino alla sua morte, avvenuta il 19 gennaio 2000.
[modifica] 2001-2006: Secondo governo Berlusconi
Dopo la vittoria di Berlusconi nelle elezioni politiche del 2001, l'atteggiamento dei media e dell'opinione pubblica nei confronti dei giudici si presentava molto diversa da quella dell'epoca di Mani pulite: non solo criticarono apertamente i giudici per il loro operato nell'inchiesta, ma divennero sempre più rare in televisione opinioni favorevoli al pool di Milano. Ovviamente, in molti sospettarono che questa inversione di marcia fosse legata al potere mediatico di Berlusconi. Persino Umberto Bossi, segretario della Lega Nord, si sbilanciò mostrando in parlamento una corda da impiccagione a denuncia di quello che evidentemente considerava un atteggiamento giustizialista della giustizia (alla quale poco tempo prima aveva comunque plaudito per la "distruzione" del sistema politico tradizionale). Ancora oggi ci sono occasionali frizioni tra la Lega Nord e gli ex Democristiani ed ex Socialisti nella coalizione di Berlusconi.
[modifica] Statistiche su Mani pulite
Viene di seguito fornita una sintesi numerica dei dati della Procura della Repubblica di Milano, relativamente ai risultati delle indagini svolte dal Pool di Mani pulite di Milano. I dati coprono il periodo a partire dal 17 febbraio 1992, e sono aggiornati al 6 marzo 2002.
Pool di Mani pulite di Milano (17 febbraio 1992-6 marzo 2002) | |
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Inchieste | |
Persone inquisite | oltre 5000 |
tra le suddette, le posizioni considerate sono state | 4520 |
tra le posizioni considerate, quelle che il pool di Mani pulite ha trasmesso ad altre Procure per competenza territoriale sono state | 1320 |
tra le posizioni considerate, quelle per cui il pool di Mani pulite ha richiesto il rinvio a giudizio sono state | 3200 |
Rielaborazione dei dati ufficiali provenienti dalla Procura della Repubblica di Milano |
Pool di Mani pulite di Milano (17 febbraio 1992-6 marzo 2002) | |
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Esiti delle richieste di rinvio a giudizio | |
Persone condannate dal Gup o dal Tribunale | 1254 (55,29%) |
...... tra le persone condannate dal Gup o dal Tribunale, quelle con patteggiamento sono state | ... 847 (37,35%) |
...... tra le persone condannate dal Gup o dal Tribunale, quelle in rito abbreviato (Gup) o dibattimento (Tribunale), sono state | ... 407 (17,95%) |
Persone prosciolte dal Gup o dal Tribunale (la media nazionale attuale è del 30%) | 910 (40,12%) |
...... tra le persone prosciolte, quelle per estinzione del reato dovuta a prescrizione sono state | ... 422 (18,61%) |
...... tra le persone prosciolte, quelle per estinzione del reato dovuta a morte del reo, amnistia, oblazione o ne bis in idem sono state | ... 58 (2,56%) |
...... tra le persone prosciolte, quelle assolte nel merito da Gup o Tribunale sono state | ... 430 (18,96%) |
Altre posizioni (iunioni, nullità, restituzioni, stralci, ..) | 104 (4,59%) |
Totale procedimenti conclusi davanti a Gup o Tribunale | 2268 (100%) |
ancora pendenti davanti a Gup o Tribunale | 467 |
trasmesse ad altre sedi/autorità da Gup o Tribunale | 465 |
Totale | 3200 |
Rielaborazione dei dati ufficiali provenienti dalla Procura della Repubblica di Milano |
[modifica] Interpretazioni dei dati
Gli autori del libro Mani pulite, la vera storia (2002) affermano che dei 430 assolti nel merito (il 19%), non tutti sono stati riconosciuti estranei ai fatti; alcuni (gli autori citano come esempio 250 imputati per le tangenti riguardanti la Cariplo) pur avendo commesso il fatto, non sono stati punibili in quanto non vennero considerati pubblici ufficiali. In quest'ottica gli assolti perché riconosciuti estranei ai fatti contestati scenderebbero a circa 150. Gli autori aggiungono inoltre che di quei 150 molti sono stati assolti grazie alle riforme giudiziarie dell'Ulivo, che tramite l'articolo 513 (giudicato poi incostituzionale) e la riforma denominata «giusto processo», hanno invalidato le prove di vari procedimenti.[1]
Vi è tuttavia da dire che nel momento in cui vi è una promessa corresponsione in denaro o altra utilità ad una persona perché questa ponga in essere un determinato atto, non vi è alcun reato, a meno che quest'ultima non sia appunto un pubblico ufficiale, nel qual caso possono profilarsi i reati di corruzione o concussione. Viceversa, come sembra essere avvenuto nella maggioranza dei processi di Mani Pulite conclusisi con l'assoluzione, la questione attiene ai rapporti tra privati cittadini che non integrano in alcun modo il fatto-reato.
[modifica] Critiche
Il pool di Mani pulite e le loro indagini sono stati oggetto di forti critiche. Ad esempio Silvio Berlusconi ha dichiarato:
«I magistrati milanesi abusavano della carcerazione preventiva per estorcere confessioni agli indagati»
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Mentre taluno sostiene che nessun esempio sarebbe mai stato trovato per dimostrare tale accusa[2], altri citano i casi del politico Cagliari e dell'imprenditore Gardini che si tolsero la vita, il primo nel carcere di San Vittore e il secondo poco prima di ricevere l'avviso di garanzia per le indagini nei suoi confronti. In particolare, Cagliari, prima di compiere l'estremo gesto, avrebbe più volte chiesto ai magistrati di essere interrogato per chiarire la sua posizione. I detrattori di "Mani pulite" sottolineano come la misura cautelare della custodia in carcere, la massima prevista dall'ordinamento, fosse stata utilizzata nei confronti di persone per lo più incensurate, socialmente, lavorativamente e familiarmente inserite, così che qualsiasi pericolo di fuga, inquinamento probatorio o reiterazione del reato non fosse ragionevolmente ipotizzabile, o tuttalpiù scongiurabile mediante semplici arresti domiciliari.
Nel 1994, il Governo Berlusconi I inviò degli ispettori per indagare su eventuali scorrettezze commesse dai magistrati della Procura di Milano, tra cui quelli del pool di Mani pulite. Nella loro relazione finale, presentata il 15 maggio 1995, gli ispettori del governo Berlusconi affermarono che:
«Nessun rilievo può essere mosso ai magistrati milanesi, i quali non paiono aver esorbitato dai limiti imposti dalla legge nell'esercizio dei loro poteri»
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Un altro acerrimo critico dei magistrati di Mani pulite è il critico d'arte e politico Vittorio Sgarbi.
[modifica] Riferimenti
- ↑ Barbaceto, Gomez, Travaglio: Mani Pulite, la vera storia, pp. 674, 704-5 (2002, Rizzoli, ISBN 8835952417).
- ↑ 2,0 2,1 Peter Gomez e Marco Travaglio, Le mille balle blu, pp. 54-55 (2006, Rizzoli, ISBN 8817009431).
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- Un racconto cronologico di quegli anni di Marco Travaglio
- [2] Relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2005 del Dott. V. Tufano, Procuratore Generale della Corte d'Appello di Potenza