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L'armata Brancaleone - Wikipedia

L'armata Brancaleone

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Titolo originale: L'armata Brancaleone
Lingua originale: {{{linguaoriginale}}}
Paese: Italia
Anno: 1966
Durata: 120'
Colore: colore
Audio: sonoro
Ratio: {{{ratio}}}
Genere: commedia
Regia: Mario Monicelli
Soggetto: Age e Scarpelli, Mario Monicelli
Sceneggiatura: Age e Scarpelli, Mario Monicelli
Produzione: {{{nomeproduttore}}}
Art director: {{{nomeartdirector}}}
Animatori: {{{nomeanimatore}}}
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Episodi:
Fotografia: Carlo Di Palma
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Effetti speciali: Armando Grilli
Musiche: Carlo Rustichelli
Scenografia: Lorenzo Baraldi
Costumi: {{{nomecostumista}}}
Trucco: {{{nometruccatore}}}
Sfondi: {{{nomesfondo}}}
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«Branca, Branca, Branca, Leon, Leon, Leon, Fiii... Bum!»

L'armata Brancaleone è un film di Mario Monicelli del 1966 ed è considerato uno dei più grandi successi del cinema italiano del dopoguerra.

Indice

[modifica] Trama

Nell'Italia dell'undicesimo secolo, Brancaleone da Norcia, unico e spiantato rampollo di una nobile famiglia decaduta, dotato però di una non comune eloquenza ed animato da sane virtù e cavallereschi principi, guida un manipolo di miserabili e coloriti seguaci alla presa di possesso del feudo di Aurocastro, secondo quanto dettato in una misteriosa pergamena imperiale che gli stessi miserabili gli porgono e che affermano di aver rinvenuto in modo del tutto lecito e casuale, in realtà rubata ad un cavaliere ferito.

Attraversando tutta la penisola, viene coinvolto in diverse avventure: conquista una città, salvo scoprirla poi infestata dalla peste, combatte interminabili duelli cavallereschi, salva una giovane promessa sposa per poi scoprirla tutt'altro che illibata ed incontra un principe bizantino diseredato che tenta di estorcere denaro alla propria famiglia. Giunta in prossimità del feudo da conquistare, l'armata lo scopre assediato da pirati Saraceni. Brancaleone e il suo piccolo esercito vengono ben presto fatti prigionieri ma vengono liberati da un misterioso cavaliere che si rivela essere il vero e legittimo destinatario della pergamena. Brancaleone e i suoi armigeri vengono condannati al supplizio come ladri e usurpatori quando corre insperatamente in loro aiuto il monaco Zenone, diretto a Gerusalemme per unirsi alla lotta per la liberazione del Santo Sepolcro. Per i nostri disperati non resta altro che cercare la gloria in Terra Santa, partecipando, loro malgrado, alle Crociate.

[modifica] Commento

L'armata Brancaleone alla sua uscita nelle sale diviene subito campione di incassi, raccogliendo i consensi entusiastici ed unanimi della critica e collezionando numerosi premi internazionali.

Nel film, le tematiche care al regista, quali la rappresentazione comica dei perdenti e delle loro vicende personali, la loro voglia di riscatto, l'ineluttabilità del loro fallimento e della morte, trovano l'espressione cinematografica più compiuta e matura. Torna, dopo I soliti ignoti e La grande guerra, il tema dell'amicizia virile, che nel successivo Amici miei si colorerà di sottili sfaccettature esistenziali. In questa pellicola l'amicizia, il vincolo tra uomini, orienta, cementa e ispira il gruppo di perdenti verso la realizzazione di una impresa superiore, mediante la quale venire riabilitati e passare alla storia.

Il film è un'opera corale di consistente equilibrio formale, ricca di elementi originali e di trovate che successivamente ispireranno addirittura dei generi e dei canoni ancora rintracciabili nel cinema italiano contemporaneo e nella cultura popolare del nostro paese. Per tutti questi fattori, non esclusivamente cinematografici, il film è riconosciuto da molti come un capolavoro.

Alla sceneggiatura collabora in modo determinante lo stesso regista, che con Agenore Incrocci e Furio Scarpelli, binomio artistico meglio conosciuto come Age e Scarpelli, dà vita ad una rilettura fresca ed originale dell'Italia medioevale, creando quello che sarà il colpo di genio del film: l'invenzione di quell'idioma immaginario, a cavallo tra il latino maccheronico e l'espressione dialettale, che caratterizzerà tutti i personaggi.

L'originalità però non si esaurisce nella sceneggiatura. Anche i costumi (a forte contrasto cromatico e di disegno originalissimo)e tutte le scene di esterni, curati da Piero Gherardi, lo scenografo che firma molte delle caratteristiche atmosfere felliniane, rappresentano un elemento innovativo, mentre alla fotografia lavorerà Carlo Di Palma, al quale si dovranno alcuni immagini memorabili del film, come quella in cui il protagonista e la sua armata si presentano alla corte bizantina dei Leonzi.

L'ispirazione degli sceneggiatori si affida non solo a elementi cinematografici ben definiti, come ad esempio La sfida del Samurai di Akira Kurosawa del 1961, o forse a Francesco, giullare di Dio di Roberto Rossellini del 1950, ma certamente ad un solido bacino letterario che va da Cervantes all'Italo Calvino de Il cavaliere inesistente, senza contare le reminiscenze scolastiche alle quali il trio si affida per coniare quel linguaggio buffonesco, forbito, strampalato, talvolta volgare ma eloquente che segnerà il successo del film. Nella idea del regista e degli sceneggiatori questo genere di maldestra lingua volgare, completamente inventata, avrebbe dovuto ricoprire un ruolo totalmente accessorio a dimostrazione del fatto che, in un film, sono le immagini, la loro sequenza cinematografica e non i dialoghi parlati, a svolgere la vera funzione narrativa. Monicelli, convinto sostenitore del primato del cinema muto nei confronti del sonoro, difese con questa convinzione le sue scelte davanti alle perplessità mostrate dal produttore (Mario Cecchi Gori) che esprimeva dubbi sulla comprensibilità dei dialoghi. A detta di molti sarà proprio questo genere di linguaggio improbabile e il tipo di ambientazione storica che darà luogo in anni successivi al cosiddetto genere cinematografico decamerotico, che altri vogliono invece far risalire esclusivamente alla trilogia pasoliniana del Decameron. Diverse delle allocuzioni verbali coniate o semplicemente utilizzate dagli sceneggiatori per dar vita ai personaggi del film, avranno un tale successo che entreranno a far parte del linguaggio comune; alcune di queste sono inserite nella sezione curiosità di questo articolo.

L'immagine del Medioevo italico che scaturisce dall'ambientazione de L'armata Brancaleone è, per la prima volta nel cinema italiano, un'immagine plausibile e realistica, lontana dalle rappresentazioni cavalleresche e mitologiche tipiche di tanta letteratura romantica. Quello di Monicelli è un Medioevo straccione, popolato di disperati, miserabili, cialtroni ed appestati, fortemente manicheo, perennemente diviso tra fede e peccato, spirito e carne, eros e morte, che rivisita pesantemente il mito delle gesta cavalleresche. Un medioevo estremamente violento e cruento nel quale le scene, seppur finalizzate all'evento comico e comunque condite di abbondante ironia, non lasciano indifferenti per la crudezza della rappresentazione.

L'operazione cinematografica non ha nessun valore filologico e storiografico, ma ciononostante risulta efficace sia dal punto di vista prettamente teatrale perché impostata su tratti e vicende umane del tutto plausibili, ben articolata nei vincoli canonici della commedia (rottura di un equilibrio o creazione di una nuova condizione di fatto, costituzione di un gruppo intorno ad un leader carismatico, definizione della impresa, finale ridicolo e fallimentare, rielaborazione della vicenda vissuta), sia dal punto di vista della valenza culturale, perché riuscirà ad imporre dei canoni stilistici ed a dare nuove rappresentazioni popolari di un preciso periodo storico.

Sebbene il film sia una commedia in costume molti sono d'accordo nel ritenere che esso appartenga di diritto al genere della commedia all'italiana. Effettivamente l'Italia che nel film viene rappresentata è famelica, pezzente, meschina ed infingarda ma al tempo stesso capace di gesti eroici, animata da una grande ed ammirevole umanità come nella tradizione dei migliori film appartenenti a questo genere, del quale il regista è maestro indiscusso.

Mario Monicelli non nascose il fatto che il film era stato concepito anche con intenti pedagogici e popolari; d'altronde analizzando tutta la produzione cinematografica del regista toscano si percepisce l'inclinazione a rivisitare, in termini popolari ed accessibili, periodi o eventi di rilievo della storia italiana. Monicelli vuole raccontare una nuova storia italiana, nella quale i diseredati, i perdenti, gli sfortunati trovino anche loro una collocazione onorevole, a dispetto delle versioni ufficiali edulcorate ad uso e consumo dei sussidiari per le scuole elementari.

Alla coralità dell'opera prestano il loro contributi diversi attori. Su tutti emerge il protagonista Vittorio Gassman. La sua interpretazione si appropria completamente del nuovo idioma creato dagli sceneggiatori, lo rende vivo, fortemente teatrale, epico ma al tempo stesso irresistibile dal punto di vista comico. Non ultimo bisogna citare il supporto musicale di Carlo Rustichelli, che in diversi momenti del film contribuisce ad accentuare la doppia vena comico-drammatica delle vicende narrate. Il motivetto scritto per l'occasione, ed al quale collaborò direttamente il regista, divenne un tormentone popolare (Branca, Branca, Branca, Leon, Leon, Leon, Fiii... Bum!).

I titoli di testa e le animazioni che impreziosiscono la confezione finale dell'opera furono realizzati dal genovese Emanuele Luzzati, uno dei più importanti e noti illustratori italiani.

[modifica] Curiosità

  • Il termine armata Brancaleone è entrato nel linguaggio comune ed è riportato ormai da diversi dizionari della lingua italiana (cfr. Devoto-Oli - Dizionario della Lingua Italiana - Le Monnier). Esso indica un gruppo variopinto, un'accozzaglia di persone dalle idee confuse e poco organizzate ed ha un significato fortemente dispregiativo o irriverente. Generalmente è utilizzato in ambito sportivo, politico o militare.
  • Alcune espressioni ormai abbastanza diffuse nella lingua parlata italiana devono certamente la loro popolarità al successo del film. Ad esempio l'espressione che te ne cale, con la quale si sostituisce spesso nell'uso colloquiale l'espressione cosa te ne importa. Oppure l'espressione Mai coverto, con la quale, specie nel gergo giovanile, si suole indicare qualcosa di ancora sconosciuto o una persona ancora ignota. Nel centro Italia e' ancora particolarmente in uso l'espressione, utilizzata da Brancaleone, Chi sei tu, Fra Cacchio da Velletri?, per indicare una persona, a suo dire autorevole, della quale però si ignora o si vuole sarcasticamente misconoscere l'importanza.
  • Il titolo provvisorio del film in fase di produzione era Le Caccavelle, termine con cui si indicano le pentole e gli utensili da cucina che l'armata di pezzenti al seguito di Brancaleone usa come armi ed armature.
  • La scelta di Gian Maria Volonté nel ruolo di Teofilatto dei Leonzi venne imposta al regista dal produttore Mario Cecchi Gori. L'attore milanese stava attraversando in quel periodo un momento di grande popolarità dovuta al successo dei film western per la regia di Sergio Leone, dei quali era stato protagonista. Mario Monicelli non nascose il suo dissenso e in un'intervista rilasciata in occasione del quarantesimo anniversario del film ha rivelato come invece fosse Raimondo Vianello l'attore da lui prescelto per lo stesso ruolo.
  • Il regista ha affermato di avere tratto ispirazione per il suo Brancaleone dalla visione parziale di un film di Luigi Malerba e Antonio Marchi del 1955: Donne e soldati. Il film rimase incompiuto e non usci´ mai nelle sale cinematografiche.
  • Per rompere lo scetticismo del produttore sulla riuscita del film, il regista accetta di prendere parte alla produzione e di rinunciare al compenso in cambio di una compartecipazione sugli incassi. Il successo del film è enorme e Monicelli ne ricava, per sua stessa ammissione, guadagni assai ingenti tanto che in seguito più nessun produttore accetta di condividere con lui gli incassi dei film da lui girati.
  • Il film è girato in gran parte nell'alto Lazio, nelle zone a ridosso dei laghi vulcanici di Bracciano e Bolsena e nei pressi del Monte Soratte. La scena di Aurocastro invece è girata presso il borgo calabrese di Le Castella, situato nei pressi di Capo Rizzuto.
  • Riferendosi al personaggio di Brancaleone, Vittorio Gassman ebbe a dire: «...c'era la bellissima invenzione di quel linguaggio e di quel personaggio, una specie di samurai che ormai tutti conoscono e che è stato credo il personaggio che mi ha dato più popolarità.»
  • Catherine Spaak aveva circa vent'anni nel momento in cui partecipò alla lavorazione del film, non conosceva allora bene l'italiano ed aveva grosse difficoltà a confrontarsi con lo strano linguaggio richiesto dal copione. Racconta l'attrice francese: «Già studiare il copione era per me molto difficile, quando arrivavo sul set venivo poi accolta con prese in giro e parolacce. All'inizio trattenevo a stento le lacrime ma capivo il loro divertimento e non potevo rovinargli la festa. È anche così che ho appreso il rigore e lo spessore del grande cinema italiano
  • Il film, in occasione del suo quarantesimo anniversario, è stato restaurato all'interno di un progetto culturale finanziato da una fondazione privata che ha lo scopo di recuperare e salvaguardare i più importanti titoli cinematografici italiani.

[modifica] Frasi famose

  • «Cedete lo passo» (Teofilatto dei Leonzi/Gian Maria Volontè — rivolgendosi a Brancaleone) - «Cedete lo passo tu!» (Brancaleone/Vittorio Gassman — in risposta)
  • «Sarai mondo se monderai lo mondo!» (Il Monaco Zenone/Enrico Maria Salerno)
  • «Transitate lo cavalcone in fila longobarda!» (Il Monaco Zenone/Enrico Maria Salerno): da osservare l'invenzione linguistica della "fila longobarda" che sostituisce la comune "fila indiana" (espressione che sarebbe risultata assolutamente anacronistica)
  • «Addove ite?» (I seguaci del Monaco Zenone, rivolgendosi ai membri dell'Armata) — «Mah, così, sanza meta...» (Brancaleone/Vittorio Gassman, in risposta) — «Venimo?»«No, itene anco voi sanza meta, ma de un'altra parte!»
  • «Aquilante della malasorte!» (Brancaleone/Vittorio Gassman — rivolto al proprio cavallo Aquilante)
  • «Ah... la milza!» (Brancaleone/Vittorio Gassman — dolorante al fianco, dopo il duello con Teofilatto dei Leonzi) — «No, ivi ci sta lo fegato.» (Teofilatto dei Leonzi/Gian Maria Volontè) — «Ah sì? Spesso mi dole.»«Bollitura di cetosella, finocchio... zolfone... malva... tutto insieme... Bere a digiuno!»«Bono remedio?»«Eh... ti ribolle dentro come sciacquare una botte, poi per lo dietro ti esce uno gran foco... e tu sei guarito!»
  • Longo lo cammino ma grande la meta. Contro il saracino seguiamo il profeta. Vade retro Satan. Vade retro Satan. Senza armatura, senza paura, senza calzari, senza denari, senza la brocca, senza pagnotta. ( Il coro intonato dai pellegrini al seguito del Monaco Zenone in cammino verso la Terra Santa)
  • Dammiti prendimi, prendimi e dammiti, cuccurucù. ( La vedova/Maria Grazia Buccella rivolta a Brancaleone nella città decimata dalla peste).
  • Non mi portare da Guccione, non lo voglio. Te voglio. Sono tua pecorella. Brancami, leone. (Matelda/Catherine Spaak rivolta a Brancaleone).

[modifica] Bibliografia

  • Stefano Della Casa - L'Armata Brancaleone. Quando la commedia riscrive la storia - Lindau (2006)
  • Gian Piero Brunetta - Guida alla storia del cinema italiano (1905-2003) - Einaudi (2003)
  • Bruno Torri - Il cinema italiano dalla realtà alle metafore - Palumbo (1973)
  • Masolino D'Amico - La commedia all'italiana - Mondadori (1985)
  • Stefano Della Casa - Storia e storie del cinema popolare italiano - La Stampa (2001)
  • Aldo Viganò - La commedia italiana in cento film - Le Mani (1999)
  • Mariano Sabatini e Oriana Maerini - Mario Monicelli, la sostenibile leggerezza del cinema. Libro intervista - Edizioni Scientifiche Italiane (2001)
  • Riccardo F. Esposito, Commedie boccaccesche, decamerotici e altre historie, Il Castello delle ombre I parte: I precursori
  • Age e Scarpelli - Mario Monicelli: "Il romanzo di Brancaleone" - Longanesi (1984)

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

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