Discussione:Economia politica
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Le voci economia e macroeconomia già esistono. Questa sembra essere più che altro una semplice definizione. Che si fa? - Twice25 17:42, Giu 28, 2004 (UTC)
[modifica] orrore
Le ultime modifiche sono confuse e criticabili. Si confonde l'economia con l'economia politica e si inserisce una sintesi di teorie che andrebbero trattate a parte facendo una insalata di idee certo non centrali nel dibattito economico. Propongo di ripristinare quanto avevo scritto, che riguardava l'economia politica e non l'economia e neppure un insieme variegato di idee anche sbagliate.
[modifica] versione alternativa
Il termine economia politica si riferiva originariamente allo studio dell'economia dello stato, ed è ancora usato in questo senso da alcuni economisti.
In tempi recenti è stato anche descritto come un particolare studio dell'economia nel contesto di una società umana. Esistono diverse scuole concorrenti, le cui definizioni variano, ma tutte propongono di descrivere il modo in cui i vincoli politici influenzano l'allocazione delle risorse limitate - e danno forma allo studio dell'economia.
[modifica] Economia politica classica
Il termine economia politica venne usato ampiamente per la prima volta nel '700 dai primi economisti, come i fisiocratici ed Adam Smith. Dopo le migliorie di David Ricardo (in seguito riviste da Piero Sraffa) e John Stuart Mill, fu usato universalmente per descrivere ciò che ora conosciamo come economia fino al 1870 circa - quindi descrive propriamente l'economia classica:
Le assunzioni di Adam Smith nell'opera del 1776 "Sulla ricchezza delle nazioni" posero una chiara riga di divisione tra l'economia in senso stretto e l'economia politica: lo stato (seguendo la sua economia classica) doveva fornire "difesa, infrastruttura, giustizia, istruzione ed una moneta stabile".
Anche se le definizioni di difesa, infrastruttura, giustizia ed istruzione sono cambiate, questa è ancora considerata la migliore definizione dell'economia politica del capitalismo. Ognuna di queste funzioni può essere considerata un demanio gestito collettivamente e legalmente.
[modifica] Economia politica neoclassica
Nel 1870, fu coniato il termine economia, introdoto per la prima volta nell'uso comune da influenti economisti neoclassici come Alfred Marshall.
Marshall e la maggior parte degli altri economisti usavano entrambi i termini come sinonimi; il termine economia politica cadde gradualmente in disuso nel mondo anglosassone durante il '900 - in parte a causa della sua associazione con l'economia Marxista (vedi sotto). L'uso di questo termine subì una certa rinascita negli anni '60 quando fu sempre più utilizzato dagli economisti libertari radicali della Scuola di Chicago, per descrivere gli studi macroeconomici influenzati dalla teoria dei giochi e dalla teoria della scelta razionale.
Queste erano considerate descrizioni appropriate del modo in cui il capitale finanziario media le valutazioni dei fattori della produzione. L'economia neoclassica evita la generale complessità delle scienze politiche assumendo che questi fattori siano definiti dalla legge, dall'etica e dai costumi prevalenti nella civiltà economica. In effetti, questa economia politica è soltanto policy, e questa economia è una scienza dell' allocazione delle risorse limitate una definizione che molti considerano troppo ristretta, e contestano spesso seriamente.
Robin Hanson pone una domanda centrale a proposito delle origini umane nel suo saggio "Is Fairness only about clear fitness signals?" È un tema ricorrente fra gli economisti neoclassici che il loro studio è una scienza, e non dipende da relazioni sociali o politiche ma piuttosto dalla natura umana.
[modifica] L'economia politica marxista - stabilità e "corso forzoso"
Comunque, un binario simultaneo, estremamente influente nella sociologia e nelle scienze politiche, studiava le relazioni di classe e le relazioni fra capitalismo e colonialismo. Karl Marx enfatizzava fortemente il ruolo giocato dal corso forzoso militare nella stabilizzazione dellla moneta credito o della moneta merce - imponendo la chiusura sulle transazioni per favorire una classe sociale di detentori del potere. Poiché l'interesse-chiave dell'economia è abilitare un commercio che aiuti un individuo a sopravvivere senza restare solo contro le forze naturali, questa economia politica si è chiaramente focalizzata sul ruolo del governo. Ma negli anni recenti si è concentrata sulla società civile, sull'ecologia, sulla famiglia ed altri interessi.
Secondo i marxisti, il capitalismo nelle sue varie forme è intrinsecamente destabilizzante a causa del danno sociale o ecologico - Joseph Alois Schumpeter argomentò nel 1962 che è "il più efficiente" ma anche "condannato" a causa della sua alienazione della gente dal lavoro.
Come altri punti di vista dell'economia politica, questa analisi si occupa dei tipi o forme o stili del capitale e del modo in cui si relazionano attraverso il mezzo del capitale finanziario - il "denaro" che può essere sostenuto per via militare (come nel "corso forzoso"), da una merce, da un credito, o anche dal capitale naturale di una ecoregione. In generale, non accetta le assunzioni macro-economiche di "crescita bilanciata", è più interessata ai danni esternalizzati che alla teoria dei giochi, e non assume alcuna razionalità delle scelte economiche. L'ipotesi è che il capitalismo e l'economia classicamente o neoclassicamente definita non sono efficienti nel senso politico più ampio di aiutare la società nell'allocazione delle risorse.
Questa analisi è conosciuta come socialismo nella sua forma politica.
[modifica] Capitalismo contro socialismo
I due differenti insiemi di ipotesi (neoclassica e Marxista) assumono cose diverse a proposito della sostenibilità del capitalismo, ma sono entrambi sorti su assunzioni classiche, e nessuno dei due ha messo in dubbio la sua microeconomia di base - i mezzi della produzione di Marx differiscono dai fattori della produzione soltanto nell'asserire che il lavoro non è una merce "a perdere".
I dibattiti tra queste analisi sono stati titanici ed hanno contribuito all'avvio della Guerra Fredda. Per tutto il XX secolo i punti di vista apparivano alquanto inconciliabili. In termini moderni, i partiti socialisti promuovono una valutazione più alta ed una teoria generale del lavoro e del "capitale umano", mentre i partiti conservatori promuovono una maggior valutazione ed una teoria generale del "capitale educativo" e del "capitale intellettuale", in linea con le loro radici rispettivamente Marxiste e neoclassiche e con la teoria del valore prevalente in ciascun sistema.
I professionisti più estremi dell'economia neoclassica tendono ad essere i partiti libertari che promuovono una forma di capitalismo completamente liquida o "liberista" che permette al capitale umano, educativo, intellettuale ed infrastrutturale di trovare valori relativi in un mercato aperto di eguali giocatori. E, senza limite, anche al lavoro ed al capitale naturale.
[modifica] Differenze tra economia ed ecologia
I critici di questo punto di vista sostengono che c'è poca uguaglianza tra i giocatori a causa di diseguaglianze storiche, es. il colonialismo, e che il capitale naturale non ha voce in sistemi definiti interamente da relazioni commerciali e contrattuali umane.
Naturalmente, questa è la differenza tra l'economia ed il suo parallelo nel mondo non-umano, l'ecologia - l'economia dovrebbe dare all'uomo un vantaggio sulla natura. Ma non possiamo sfuggire all'interdipendenza, poiché siamo creature che richiedono aria, acqua, cibo ed altri servizi della natura:
Aggiungendo un assioma impiegato da molti Verdi che "l'economia è tre quinti dell'ecologia" (Mike Nickerson) gli economisti verdi sottolineano che i servizi di risorse fondamentali e di smaltimento dei rifiuti di una ecoregione sono mal rappresentati su questo spettro. La maggior parte dei partiti verdi considera sottovalutato il capitale naturale.
[modifica] Sicurezza, imparzialità, chiusura
Come sono cambiati gli oggetti dello studio economico, e le diverse teorie dell'economia, così è cambiato l'uso di questo termine. In via più generale, il termine si riferisce all'intersezione o alla relazione fra politica ed economia, ed in questo senso è preferito da gruppi radicalmente diversi come gli economisti Post-Keynesiani, i Marxisti e gli economisti verdi.
Poiché assume e pertanto giustifica una valutazione sistematica di diversi tipi o stili del capitale, il termine è regolarmente contestato da varie fazioni che promuovono punti di vista diversi sulle scienze politiche, sul capitalismo e sul socialismo. Le sue origini moderne si rintracciano fino a David Ricardo, 1817, e all'estensione dell'analisi di Adam Smith, 1776, da parte di John Stuart Mill nel concetto dei tre fattori della produzione - che ha dato inizio ad una lotta di valutazioni della natura, dell'uomo e delle infrastrutture che continua ancora oggi.
[modifica] Critica dell'economia
Alcuni ritengono che il XX secolo e le sue guerre di sistemi economici e diritti di proprietà siano state completamente irrazionali a causa di errori condivisi da tutti e tre i sistemi (classico, neoclassico, Marxista). Cercano una nuova economia politica.
Tutte e tre le analisi, secondo questi critici, subordinano il capitale individuale e naturale per definizione a qualche "progresso" o "produzione" collettivamente e socialmente definita. E pertanto imposta sull'intera società.
Gli economisti verdi si interessano del ruolo centrale della natura e delle persone, rappresentati come capitale naturale ed individuale, che sono attivi e vivi.
Come nella distinzione di Marx tra "mezzi" e "fattori", questi subordinano, controllano o alterano le altre forme del capitale in modi prevedibili - come conseguenza naturale di essere vivi con un corpo in una ecologia naturale. L'analisi dei processi vitali e di cosa costituisce "necessità morale" all'interno di essi è un campo a sé stante - la teologia. Un promotore importante di questa critica dell'economia sono stati i movimenti religiosi, che si oppongono fra le altre cose all'usura ed alla mercificazione delle terre di popoli che le hanno a lungo tenute in comune. Questi spesso sostengono che è il capitale "sociale" ad essere sottovalutato, e che la misura del benessere è un modo migliore per massimizzare l'utilità.
Tutto ciò mette in discussione la sicurezza, l'imparzialità e la chiusura delle transazioni sullle risorse comuni, ampiamente condivise e politicamente gestite. Nonostante i disaccordi sull'importanza della cancellazione del debito del Terzo Mondo, della riforma agraria, della sicurezza alimentare, ecc., sembra esservi accordo sul fatto che la biosicurezza globale complessiva è ridotta se non c'è alcuna rappresentanza per ecologie, costumi e società tradizionali.
Ad esempio, la maggior parte delle teorie di filosofia politica accetterebbero un qualche diritto a respirare aria pulita o a bere acqua pulita o a non subire l'inquinamento esternalizzato dai propri vicini.
Il tentativo di rappresentare questi diritti in un sistema di mercato ha condotto ai mercati delle "commodity negative" per rappresentare cose come i danni dovuti all'inquinamento. Ma questi non sono completamente funzionali e in genere neanche soddisfacenti.
[modifica] Posizioni insostenibili proposte dalle tre teorie principali
L'economia ambientale applica l'economia politica neoclassica al "capitale naturale", i Marxisti vedono il miglioramento del "capitale umano" nell'azione congiunta e nell'istruzione, mentre l'ONU e le ONG hanno cercato una diretta alternativa alle tre teorie principali dell'economia politica:
Ciò ha condotto alle teorie di misura del benessere di sviluppo sostenibile, di finanza ambientale ed ai mercati di commodities negative. Questi si affidano ad ipotesi neoclassiche, unite ad ipotesi marxiste sulla stabilizzazione, ma non raggiungono di per sé la meta di una nuova economia politica. Alcuni economisti verdi sostengono che una nuova, quarta teoria è vicina, trovando modi per integrare l'economia ambientale e la finanza comportamentale che nega l'ipotesi della scelta razionale.
[modifica] Il dibattito su Nord e Sud del mondo ed il diritto alla vita
Ma alcuni suggeriscono che non vi sarebbe grande fiducia in nessuno di questi approcci accademici.
C'è un certo accordo, nel movimento no-global ma non solo, che l'equilibrio politico tra i sostenitori di tutti i punti di vista di cui sopra, ha storicamente favorito fortemente i cittadini dei paesi sviluppati rispetto a quelli in via di sviluppo. A ciò ci si riferisce spesso come il "dibattito Nord-Sud" o il "problema dello sviluppo globale". Il tentativo di assegnare valutazioni elevate a forme di capitale scarse in un paese spesso porta al loro arbitraggio verso altri paesi, impoverendo ulteriormente le nazioni in via di sviluppo che si aprono ai mercati globali.
Di conseguenza il Global Commons Institute, UK critica l'analisi dei cambiamenti climatici globali da parte del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) sostenendo che "il Comitato fu convinto ad includere nel suo rapporto i risultati di un'analisi globale costi-benefici. In questa analisi ad ogni possibile danno che potrebbe derivare dal riscaldamento globale, comprese le vite umane, deve essere assegnato un valore monetario. Questi valori sono calcolati sulla base della "volontà di pagare" per evitare il rischio di tali danni. Fu ipotizzato che la popolazione dei paesi ricchi sarebbe stata disposta a pagare 15 volte di più di quella dei paesi poveri. In altre parole, il diritto alla vita sarebbe dipeso dal reddito. Lo stesso rapporto fu applicato alla vita non umana di ciascun paese, cioè foreste, biodiversità, ecc."
[modifica] Rischio di posizioni parziali
Questa citazione illustra il conflitto fondamentale di qualsiasi economia politica - o in verità di qualsiasi giustificazione per l'imposizione militare: gli individui che la sostengono hanno le loro vite, lealtà e località, ed il pregiudizio ad esse associate rende impossibile un punto di vista neutrale da cui valutare il processo di sviluppo economico.
Con il cambiamento dei punti di vista circa la legge, la scienza, l'ecologia, l'economia, e la stessa civiltà, attraverso quella che alcuni definiscono evoluzione delle società, questi, secondo alcuni, "ribollono" per alterare la struttura dell'economia politica, di qui le scienze politiche e forse anche l'etica fondamentale della civiltà, come p. es. nel dibattito sulla biodiversità ed in quello sui cambiamenti climatici.
In effetti, il sistema è sempre parziale, è questione della sopravvivenza di esseri viventi ed ecologie fino alla generazione successiva. Secondo alcuni le economie globalizzate sono l'unica scelta reale. Altri sono a favore di regimi che mantengano cibo e beni essenziali vicini al consumatore. Queste controversie sono rimaste immutate nella storia umana: centralizzazione o decentralizzazione?
[modifica] Ipotesi per una economia globale
Si sta indagando sulla possibilità di un'economia politica globale su cui dovrebbero essere d'accordo tutte le culture. Secondo alcuni, l'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) è il primo tentativo reale, basato sull'esperienza dei blocchi commerciali continentali. Ma i critici del movimento no-global dicono di preferire una democrazia bioregionale o nazionale, più tradizionale e frammentaria, che continuerebbe le tradizioni linguistiche e politiche delle società ospiti.
Sembra probabile e necessario che le problematiche di sicurezza, imparzialità e chiusura discusse nelle scienze politiche dovranno pervenire ad un qualche consenso se si vuole arrivare a chiudere un gap di un fattore 15 nellla valutazione della vita tra mondo sviluppato e mondo via di sviluppo. Storicamente, le popolazioni le cui vite individuali o i cui sistemi di sopravvivenza naturali erano sottovalutati in una particolare economia politica sono stati inclini a rivoltarsi ed a causare effetti dirompenti nei sistemi di governance. La corrente di critica principale dell'economia politica razionale, come scrive Thomas Homer-Dixon nel suo libro The Ingenuity Gap [1], è che:
- Le sfide che affrontiamo convergono, si intrecciano, e spesso restano in buona parte al di fuori della nostra comprensione. Molti di noi sospettano che gli "esperti" non sanno realmente cosa sta succedendo e che come specie abbiamo sprigionato forze che non sono né gestite né gestibili.
[modifica] Ipotesi per una economia locale
Le critiche radicali, naturalmente, variano e continueranno a variare, non essendovi accordo al di là dei termini più fondamentali. In attesa di un accordo globale sui termini nelle scienze politiche, nell'ecologia e nell'economia, sembra che i partiti politici in lotta per imporre il loro punto di vista in una democrazia rappresentativa continueranno ad essere il modo per trovare un accordo sulle questioni dell'economia politica tra di noi umani.
Un punto di vista estremo è quindi che l'economia politica non esiste, che tutto quanto detto sopra è completamente soggettivo, e che l'economia politica è in pratica inseparabile dalle scienze politiche - un punto di vista comune tra chi persegue l'anarchismo o il localismo estremo, dove nessun bene pubblico sarebbe riconosciuto o gestito globalmente.
[modifica] - Orrore numero 2
Questo testo, che per fortuna è stato messo solo tra le discussioni, è e continua a essere un orrore bello e buono, che denota molto semplicemente che chiunque lo abbia scritto e corretto non ha mai affrontato un esame di economia politica in una facoltà universitaria seria.
Nella precedente versione la confuzione tra economia ed economia politica era totale. Forse trasferendolo in questa discussione qualche cosa è cambiato, ma la confuzione resta assai elevata.
È un testo filosofico e politico che a me pare tutt'altro che neutrale e poco comprensibile. Ma soprattutto tratta solo marginalmente e in modo pessimo dell'argomento che, ricordiamolo, è l'economia politica. Dal punto 2.3 in poi di economia ce n'è davvero molto poca. Ci sono idee politiche-filosofiche non so esattamente di quale valore, anche se propendo per una valutazione negativa. Basta leggere il titolo del punto 2.9 per rendersi conto che gli argomenti lì trattati non solo non hanno a che fare con l'economia (men che meno con l'economia politica), ma anche che andrebbero trattati in modo più compiuto e magari con visioni più neutrali, nello spirito di Wikipedia. Di sicuro non riguardano l'economia intesa come analisi seria dei comportamenti e dei fatti economici.
L'economia politica è l'insieme delle analisi fatte da tanti economisti nel corso di un paio di secoli di storia della scienza economica del modo di comportarsi dei soggetti economici.
I temi che si trattano nel testo non sono alternativi. Semplicemente sono fuori tema. Qui si fa una sorta di interpretazione filosofico-politica di alcuni temi evidentemente poco conosciuti in un minestrone che mette insieme tutto.....
Poi anche le correzioni (rispetto alla versione precedente) lasciano alquanto a desiderare. L'economia politica veniva definita l'economia della politica (cioè l'economia di D'Alema e Berlusconi, Fini e Prodi - che poi vorrei sapere che cosa sia). Adesso viene definita l'economia dello stato. Ma esiste una scienza apposita, l'economia pubblica, che si occupa dei conti dello stato, della loro gestione, analisi, ecc. E poi ORIGINARIAMENTE cosa vuol dire? Quando ci sarebbe stata una trasformazione che avrebbe trasferito le attenzioni degli economisti dallo stato ad un "particolare studio dell'economia nel contesto di una società umana"? Cosa ha prodotto il cambiamento (ipotetico) di prospettiva?
E lo studio particolare dell'economia nel contesto di una società umana cosa sarebbe? Viene quasi voglia di chiedersi in quale altro contesto si possa studiare l'economia. Forse tra le scimmie nell'omonimo pianeta?
Fa piacere sapere che il pensiero di Ricardo venne migliorato da Sraffa. E nel frattempo? Abbiamo saltato qualche pagina di un testo di storia delle dottrine economiche?
La scuola di Chicago si occupava di aspettative razionali. Per la precisione. La teoria dei giochi che va tanto di moda specie dopo aver visto in tv il film con Russell Crowe (spero si scriva così) è solo un pezzettino dell'economia. Diciamo lo 0,5% a essere generosi.
Leggo poi un'altra frase che fa cascare le braccia (a chi sa di economia). Eccola: "Poiché l'interesse-chiave dell'economia è abilitare un commercio che aiuti un individuo a sopravvivere senza restare solo contro le forze naturali, questa economia politica si è chiaramente focalizzata sul ruolo del governo."
Mi domando cosa voglia dire abilitare un commercio. Forse rilasciare una licenza commerciale? Non basta rivolgersi al più vicino comune? Dobbiamo tirare in ballo gli economisti?
Poi mi viene il dubbio che l'economia andrebbe classificata come sottovoce di Scuola di sopravvivenza ("sopravvivere senza restare solo contro le forze naturali").
Infine faccio notare che l'economia non si occupa solo di commercio, ma soprattutto di produzione e inoltre che il ruolo del governo (chissà poi perché il governo e non il parlamento che di solito nelle democrazie fa le leggi....mistero) o più correttamente le decisioni politiche vengono analizzate dalla disciplina speculare dell'economia politica, vale a dire la politica economica.
Ancora. Cosa vuol dire sostenere il denaro per via militare? Il corso forzoso non ha mulla a che vedere con armi, stellette e fucili. È forzoso, ma non è il servizio militare. Si consiglia, prima di scrivere castronerie colossali, di leggere un buon libro sull'argomento. Il corso forzoso riguarda la storia dell'economia (venne applicato nella seconda metà dell'Ottocento) e l'economia monetaria.
Cosa è lo stile del capitale?
Infine un consiglio: se proprio si vuol infilare Marx dappertutto, come il prezzemolo, almeno studiamolo un pochino, prima, e parliamo di valore, plusvalore, composizione organica del capitale, diminuzione tendenziale del saggio di profitto...(si legga quindi il Capitale o almeno le sintesi che del pensiero economico di Marx si possono trovare su diversi testi)
[modifica] economia politica hitleriana e mussoliniana
Sposto qui del materiale che è almeno in parte pov, ma soprattutto mi appare fuori posto. Mi sembra caso mai attinente alla politica economica. Ma non so se l'ignoto estensore riesca a capire la differenza.Truman Burbank 17:42, 23 nov 2006 (CET)
[modifica] L'economia politica hitleriana
Le banche ai tempi del nazonalsocialismo Nazionalsocialismo erano formulate nel seguente modo, il cliente richiedeva il prestito, e la banca, senza fare nessuna certifica, prestava la somma richiesta. Alla scadenza, il cliente doveva restituire soltanto la somma ricevuta senza nessun tipo di interessi da usuraio.
Molti si chiederanno come è possibile una cosa del genere (ricordiamo che la Germania usciva sconfitta dalla Prima Guerra Mondiale e con 132 miliardi di marchi oro di debito pubblico da pagare ai vincitori). Il motivo di tale effimero successo economico fu che la famiglia Bush ed Henry Ford finanziavano il regime Nazionalsocialista.
[modifica] L'economia politica mussoliniana
Vedi Corporativismo