CSIR e ARMIR
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Le sigle CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) e ARMIR (Armata Italiana in Russia) indicano le spedizioni dell'Esercito Italiano sul fronte orientale tra il 1941 e il 1943.
Entrambe le spedizioni ebbero esiti disastrosi e si conclusero (senza fortune belliche) nella perdita di un numero ingente di soldati, per lo più dispersi. Si è congetturato che molti dispersi si sbandassero volontariamente nelle campagne russe e ciò portò al conio del soprannome "i girasoli", poiché ad ogni attraversamento di piantagioni di questi fiori (fra i cui alti fusti era agevole mimetizzarsi) si verificavano, quasi con regolarità, rilevanti diserzioni.[citazione necessaria]
Circa le ragioni strategiche delle spedizioni (già nate senza prospettive ottimistiche, addirittura non esenti dalle perplessità dello stesso comandante Messe), si suppone che, in seguito ai successi tedeschi nelle prime fasi dell'Operazione Barbarossa, Mussolini, non informato preventivamente delle intenzioni di Hitler di invadere l'Unione Sovietica, abbia deciso di inviare comunque alcune forze dell'Esercito Italiano a sostegno della Wehrmacht, nel timore di arrivare in ritardo alla spartizione delle risorse di un nemico considerato ormai sconfitto. Secondo altre versioni, che però non godono di suffragio documentale, le spedizioni sarebbero state volute nella prospettiva di partecipare in qualche misura alla prevista sconfitta della Russia, nell'ottica di un ipotetico piano di spartizione con l'Inghilterra, a guerra conclusa.
Circa il trattamento dei prigionieri italiani catturati dai russi, dei quali si è detto che molti siano stati brevemente trucidati (si sostiene, infatti, che più dell'80% dei prigionieri sia stato eliminato nei gulag), anziché correttamente custoditi, è stato oggetto di alcune polemiche politiche il ruolo suppostamente avuto da Palmiro Togliatti, al tempo importante ed influente esponente dell'Internazionale comunista.
Indice |
[modifica] CSIR
È l'abbreviazione di "Corpo di Spedizione Italiano in Russia"; inviato sul fronte russo nel luglio del 1941, era così composto:
- Divisione autotrasportabile Pasubio, generale di divisione Vittorio Giovanelli
- 79° Reggimento di fanteria
- 80° Reggimento di fanteria
- 8° Reggimento di artiglieria
- Divisione Torino, generale di divisione Luigi Manzi
- Divisione Celere Principe Amedeo duca d'Aosta, generale di brigata Mario Marazzani
- Legione Camicie Nere Tagliamento, console Niccolò Nicchiarelli
- 30° Raggruppamento artiglieria di corpo d'armata, generale di brigata Mario Tirelli
Nel complesso 2.900 ufficiali, 58.800 uomini, 960 pezzi di artiglieria da campagna, 423 pezzi anticarro e 250 contraerei, 83 aerei, 5.500 automezzi, 4.600 quadrupedi.
Comandante di questa forza, sulla carta, era il generale di corpo d'armata Giovanni Messe, ma in realtà il CSIR, fin dal suo arrivo in zona di operazioni, fu posto alle dipendenze del generale Eugen Knight von Schobert ed, in agosto, alcune divisioni passarono agli ordini del Gruppo corazzato di von Kleist, mentre la Divisione Pasubio fu aggregata al III Corpo d'armata tedesco.
Da gennaio a marzo del 1942 il CSIR fu potenziato con nuove unità giunte dall'Italia: Battaglione alpini sciatori Monte Cervino, 6° Reggimento bersaglieri, 120° Reggimento artiglieria. Il 4 giugno 1942 il CSIR passò alle dipendenze della 17a Armata tedesca; dal 9 luglio, infine, il CSIR entrò a far parte dell'ARMIR con la denominazione di XXXV Corpo d'armata.
[modifica] ARMIR
È l'abbreviazione di "Armata Italiana in Russia", ossia della denominazione ufficiale del Corpo di spedizione inviato sul Fronte Orientale.
Nel luglio 1942 l'ARMIR comprendeva l'8a Armata su tre corpi d'armata: il XXIV Corpo d'armata (l'ex CSIR) comandato dal generale di corpo d'armata Giovanni Messe, il II Corpo d'armata (divisioni Ravenna, Cosseria, Sforzesca) comandato dal generale di corpo d'armata Giovanni Zanghieri ed il Corpo d'armata alpino (divisioni Tridentina, Julia e Cuneense) comandato dal generale di corpo d'armata Gabriele Nasci.
Schierata lungo il bacino del Don l'ARMIR fu costretta a sostenere difficili battaglie difensive.
Il 19 novembre 1942 l’Armata Rossa scatenò l’offensiva sul fronte del Don travolgendo alle ali ungheresi, rumeni e le divisioni di fanteria italiane.
A metà dicembre la Divisione Julia ancora schierata sulla linea del fiume Don fu prelevata dai rifugi, sostituita dalla Divisione Vicenza, e spedita ad arrestare e respingere lo sfondamento russo a sud, a fianco della Cuneense. Fedeli al motto "Di qui non si passa", in effetti vi riuscirono per un mese intero, dentro buche scavate in mezzo alla steppa gelata e con un rapporto di inferiorità di 1:13. Il settore di Nowo-Kalitwa dove operò la Divisione Julia fu l'unico a nord di Stalingrado dove i russi non riuscirono a sfondare. Nel dicembre del 1942 la grande offensiva sovietica (Operazione Saturno) con una manovra a tenaglia contrastata duramente dagli alpini, procedendo in profondità ai lati delle due divisioni, aggirò alle spalle il Corpo d’armata alpino chiudendolo in una enorme sacca. Gli alpini riuscirono a sfondare verso sud del settore tenuto dall'ARMIR. Nel durissimo inverno 1942-43 il Corpo d'armata alpino si trovò così a dover ripiegare in condizioni di inadeguatezza di mezzi, armi e vestiario attraverso 25 battaglie di sfondamento e retroguardia, fino alla battaglia di sfondamento definitivo a Nikolajewka il 26 gennaio 1943.
[modifica] Comandanti
- Generale di corpo d'armata Francesco Zingales (10 luglio 1941 – 14 luglio 1941)
- Generale di corpo d'armata Giovanni Messe (14 luglio 1941 – 10 luglio 1942)
- Generale d'armata Italo Gariboldi (10 luglio 1942 – aprile 1943)
[modifica] Cronologia
[modifica] 1941
- 10 luglio: da Verona, a mezzanotte, parte il primo convoglio del CSIR: 2.900 ufficiali, 58.800 uomini di truppa, 4.600 tra cavalli e muli, 5.500 automezzi suddivisi in tre divisioni: Pasubio, Torino e Celere, più 83 aerei da osservazione e caccia.
- 5 agosto: a scaglioni, i soldati italiani arrivano nella Moldavia romena, a nord-ovest di Jassy.
- 11 agosto: primo scontro con l'Armata Rossa. Il battesimo del fuoco tocca alla divisione Pasubio.
- 27 agosto: anche i reparti aerei sono impegnati in combattimento.
- 22 settembre: nella battaglia di Petrikova è impegnato l'intero CSIR. In 8 giorni di combattimenti gli italiani hanno 87 morti e 190 feriti.
- 2-5 ottobre: la Celere valica il fiume Dniepr, seguita dalla Pasubio e poi dalla Torino.
- 11 ottobre: le truppe italiane sono a Pavlograd, poi iniziano l'avanzata verso Stalino.
- 17 ottobre: l'Armata Rossa si ritira; entra in azione la cavalleria italiana con i battaglioni Savoia e Lancieri Novara della divisione Celere.
- 23 ottobre: battaglia di Gorlokova e di Rikovo; la cavalleria effettua diverse cariche; la Pasubio il 2 novembre conquista Gorlokova.
- 5 novembre: conquista di Nikitovka; il contrattacco sovietico dopo 6 giorni costringe gli italiani a ripiegare con centinaia di morti e feriti.
- 5 dicembre: tutto il CSIR all'attacco nella vittoriosa battaglia di Chazepetovka. I morti sono 135, 523 feriti, 884 congelati e 10 dispersi.
- 25 dicembre: l'Armata Rossa attacca all'alba; gli italiani ripiegano, poi il 27 dicembre riconquistano le posizioni e il giorno dopo passano al contrattacco. La lotta si conclude il 30 dicembre: le perdite italiane sono state di 168 morti, 715 feriti, 305 congelati e 207 dispersi.
[modifica] 1942
- 15 febbraio: dall'Italia arrivano il 6° Reggimento bersaglieri ed il 120° Artiglieria motorizzato. Sei giorni dopo arriva anche il battaglione sciatori Monte Cervino. Nei mesi successivi vari combattimenti nella zona di Izium.
- 4 giugno: prima azione di guerra della flottiglia italiana nel mar Nero, composta da sommergibili e MAS. Dopo alcuni promettenti successi, a metà novembre, il formarsi dei ghiacci costringe la flottiglia a rientrare in Crimea ed a cedere gli armamenti alla Marina tedesca.
- 9 giugno: Italo Gariboldi è il nuovo comandante delle forze italiane in Unione Sovietica. Scompare il CSIR e nasce l'ARMIR, formato dall'8. Armata italiana.
- 22 giugno: a Sortanhlati, sul Lago Ladoga, arrivano quattro MAS della Regia Marina.
- 24 agosto: il reggimento Savoia Cavalleria va alla carica presso Isbscensky, nel bacino del Don.
- 19 novembre: i sovietici rompono il fronte della 3a Armata romena e della 4a Armata tedesca.
- 10 dicembre: l'8a Armata italiana, composta da 220.000 uomini e 7.000 ufficiali, è schierata: la densità in linea è di un soldato ogni sette metri.
- 11 dicembre: l'Armata Rossa inizia la battaglia di logoramento contro il II Corpo d'armata italiano (Operazione Saturno).
- 16 dicembre: inizia la battaglia di rottura. Entrano in campo i carri armati e l'aviazione sovietica per una manovra a largo raggio. La difesa dell'ARMIR vacilla.
- 19 dicembre: punte corazzate sovietiche raggiungono con una manovra aggirante le retrovie italiane. Il 20 e il 21 i sovietici completano l'attacco. Inizia la ritirata italiana con due colonne, la prima formata dalle divisioni Ravenna, Pasubio, Torino; la seconda da aliquote della Pasubio, dalla Celere, e dalla Sforzesca.
- 24 dicembre: la prima colonna italiana, chiusa nella conca di Arbusovka, rompe l'accerchiamento ma parte della Pasubio e della Torino restano accerchiate a Certcovo. Nella notte del 28 dicembre anche la seconda colonna italiana raggiunge le linee tedesche a Skassisrkaia. Il Corpo d'armata alpino (divisioni Cuneense, Julia e Tridentina) è ancora schierato sul fronte del Don.
[modifica] 1943
- 15 gennaio: una ventina di carri armati sovietici irrompe su Rossosch, sede del comando del Corpo d'armata alpino, che è costretto a muovere a est, verso Podgornoje.
- 17 gennaio: all'alba il Corpo d'armata alpino è praticamente accerchiato. Alle 10.00 riceve l'ordine di ripiegare dal generale Gariboldi. Inizia una ritirata a trenta gradi sotto zero.
- 18 gennaio: la situazione si aggrava ulteriormente; uomini sfiniti ripiegano disordinatamente, mentre molti muoiono di congelamento. La marcia continua fino al 25 gennaio mentre la Julia e la Cuneense si sacrificano nella difesa.
- 26 gennaio: alle 12.00 comincia la battaglia di Nikolajewka. Un'enorme massa di sbandati si rovescia sul villaggio, guidata dalla Tridentina, l'unica delle divisioni italiane ancora in grado di combattere, poi riesce a proseguire.
- 31 gennaio: i primi uomini della Tridentina raggiungono gli avamposti tedeschi. A Scebekino gli alpini sfilano di fronte al generale Gariboldi: circa 20.000 uomini sono usciti dalla sacca. La Tridentina prosegue ancora per 700 chilometri per raggiungere Slobon.
- aprile-maggio: l'ARMIR rimpatria. Anche le divisioni Ravenna e Cosseria, che erano rimaste a Gomel arrivano in Italia a maggio.
[modifica] Epilogo
Le cifre ufficiali parlano di 26.115 morti, 43.166 feriti e 63.684 dispersi; i soldati impiegati al fronte sono stati circa 220.000.
A guerra conclusa, nel 1946 l'Unione Sovietica consentì il rimpatrio di circa 10.000 prigionieri di guerra italiani.
A seguito di una lunga campagna promossa dai reduci per la restituzione delle salme dei caduti, solo nel 1989 fu possibile la restituzione dei primi resti. In seguito fu consentito dalle autorità russe l'accesso a 72 dei molti cimiteri di guerra italiani in quel territorio e sono state iniziate le operazioni di rimpatrio di circa 4.000 salme. Ai caduti della "guerra di Russia" è dedicato un tempio a Cargnacco, presso Udine, ove sono raccolti anche gli ignoti.
In Italia, il riconoscimento giuridico della qualità di ente morale dell'Associazione dei Reduci è stato numerose volte chiesto ed altrettante rifiutato, sino al 1996.
[modifica] Onore delle armi
Il bollettino n. 630 del Comando supremo russo, emesso da Radio Mosca l'8 febbraio 1943 avrebbe recitato:
«... soltanto il Corpo d'armata alpino deve ritenersi imbattuto sul suolo di Russia...»
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Sono tuttora discordanti le opinioni sull'esattezza della citazione: alcuni asseriscono che nel testo, annunciando il travolgimento delle forze dell'Asse sul fronte del medio Don e la caduta di Stalingrado, si precisò:
«... soltanto il Corpo d'armata alpino italiano deve ritenersi imbattuto sul suolo di Russia...»
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Per amore della verità storica, non esistono prove che tale citazione sia vera, che pare essere stata inventata in Italia durante la Guerra Fredda. Ciò non toglie che gli alpini in Russia hanno comunque ampiamente meritato tale onore delle armi.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Bibliografia
- Giovanni Messe, La guerra al fronte russo, Mursia, 2005, ISBN 8842533483
- Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve, Einaudi Ragazzi, 2001, ISBN 8879263595
- Nuto Revelli, La strada del Davai, Einaudi Tascabili Saggi, 2004, ISBN 8806170600
- Giulio Bedeschi, Centomila gavette di ghiaccio, Mursia, 1994, ISBN 8842517461
- Cristoforo Moscioni Negri, I lunghi fucili, Il Mulino, 2005, ISBN 8815104879