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Battaglia di Stalingrado - Wikipedia

Battaglia di Stalingrado

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Battaglia di Stalingrado
Parte della seconda guerra mondiale
Data: 19 settembre 1942 - 2 febbraio 1943
Luogo: Stalingrado, Unione Sovietica
Esito: Decisiva vittoria sovietica
Schieramenti
Germania, Italia, Romania, Ungheria Unione Sovietica
Comandanti
Friedrich Paulus Vasilij Ivanovic Cujkov
Effettivi
500.000 uomini 1.700.000 di uomini
Perdite
40.000 morti nei primi 100 giorni, 100.000 rumeni e 87.000 italiani morti nella ritirata, 165.000 tedeschi morti nell'acccerchiamento (totale morti=392.000), 250.000 feriti, 91.000 prigionieri 478.741 soldati morti e dispersi (323.856 in operazioni difensive, 154.885 in operazioni offensive) e 651.000 feriti, da 40.000 a 100.000 civili morti (a seconda delle fonti)
Fronte Orientale (1941-45)
Barbarossa – Białystok-Minsk – Silberfuchs – Smolensk – Uman – 1a Kiev – Odessa – LeningradoTifone1a-Rostov – Mosca – Toropets-Kholm – Sebastopoli – 1a-Rzhev-Vyazma – Slavjansk – 2a-Kharkov – Operazione Blu – 1a-Voronezh – CaucasoStalingrado – Velikiye Luki – Urano – 2a-Rzhev-Sychevka – Saturno – Krasny Bor – Operazione Spark – 3a-KharkovKursk – Belgorod – 4a-Kharkov – Korsun – 2a-Kiev – Kamenets-Podolsky – Narva – Crimea – Târgul Frumos – Bagration – Lvov-Sandomierz – Romania – Debrecen – Baltico – Budapest – Vistola-OderBalatonBerlino – Halbe – Praga

La Battaglia di Stalingrado è stata una delle battaglie fondamentali della Seconda guerra mondiale. Si svolse sul fronte russo a Stalingrado (oggi Volgograd) tra il 1942 e il 2 febbraio 1943.

Nel settembre 1942 la Sesta armata, al comando del generale tedesco Paulus, raggiunse il centro della città, incuneandosi profondamente nel fronte russo (tecnicamente si parla di saliente) ma, nonostante i prolungati sforzi, non riuscì ad eliminare i numerosi nuclei di resistenza che, agevolati dalla totale distruzione della città, diventarono in pratica l'esca principale della gigantesca trappola russa. Capitava infatti spesso che i panzer tedeschi, formidabili in campo aperto, si ritrovassero vittima di imboscate negli angusti vicoli cittadini: i soldati dell'Armata Rossa si nascondevano negli edifici semi-distrutti, sprangavano i cingoli dei carri armati e andavano all'assalto con le famigerate bottiglie molotov.

Mostrando doti organizzative di prim'ordine, i sovietici predisposero un piano (Operazione Uranus) molto semplice nella sua articolazione ma complesso per le dimensioni richieste.

La complessità nasceva dall'esigenza di predisporre un'operazione prevedibile, nella più assoluta segretezza. Infatti, se un saliente non evolve in sfondamento, le buone regole della dottrina militare prevedono la rettifica del tratto di fronte interessato, prima che scattino le contromisure del nemico che attaccherà alla base e ai fianchi del saliente.

Ovviamente, per i sovietici si trattava di attaccare i due lati del saliente di Stalingrado, determinato, come detto, dal profondo incunearsi della Sesta armata nel fronte russo, nel tentativo - non riuscito - di sfondare e raggiungere il Volga. La disperata resistenza russa, a parte gli aspetti propagandistici legati al nome della città, ebbe, quindi, due importanti conseguenze: in primo luogo, impedì appunto alla Wehrmacht di attestarsi sul Volga, interrompendo i collegamenti russi con i campi petroliferi ceceni. In secondo luogo, diede allo Stavka (Stato maggiore russo), il tempo necessario a portare in linea forze adeguate alla gigantesca manovra programmata.

Le divisioni corazzate affluite da oriente, (dove si era ridimensionata la minaccia nipponica verso l'URSS) erano in maggioranza siberiane, idonee a uno sforzo bellico prolungato in periodo invernale.

I concentramenti per gli attacchi avvennero a 160 km a nord-ovest di Stalingrado sul Fronte del Don, (Konstantin Rokossovsky e Georgy Zhukov) e a 70 km. a sud (Vatutin e Eremenko).

Anche la scelta dei punti d'attacco mostra la cura con cui i sovietici scelsero le opzioni che offrivano le maggiori probabilità di ottenere risultati positivi: infatti, il tratto di fronte compreso fra i suddetti estremi era tenuto dalle forze rumene, collocate fra il contingente italiano (immediatamente a nord) e i reparti tedeschi a sud.

Fanti sovietici durante la battaglia di Stalingrado
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Fanti sovietici durante la battaglia di Stalingrado

L'attacco scattò il 19 novembre 1942, sul fronte del Don (già sufficientemente gelato per sopportare il passaggio dei pesanti T-34) dopo una preparazione d'artiglieria con 3.500 pezzi e, secondo tutte le testimonianze, risultò di estrema violenza.

Incidentalmente, il collasso dell'Armata rumena coinvolse le truppe italiane (ARMIR) dislocate sul tratto di fronte adiacente che, ancorché investito marginalmente era, a quel punto, letteralmente sospeso nel vuoto, non esistendo più una qualsiasi linea di difesa rumena.

Nel contempo, da sud-est muoveva la seconda branca della tenaglia a incontrare le colonne corazzate del maresciallo Georgy Zhukov, che qui inizierà a costruire la sua fama di comandante abile e deciso.

Va sottolineato che questa offensiva si abbatté su reparti che già si erano attrezzati per il periodo di relativo rallentamento delle operazioni belliche.

In breve, l'accerchiamento della VI Armata tedesca fu completato e rapidamente consolidato, rendendo vani i tentativi di Manstein di intervenire in soccorso dall'esterno. Quando von Manstein arrivò a 50km dalla sacca aveva già esaurito tutta la sua forza propulsiva; a quel punto però Hitler impedì a Paulus di andare incontro a Manstein e da quel momento il fronte tedesco si allontanò sempre più da Stalingrado.

Due foto che raffigurano l'innalzamento da parte di un soldato sovietico della bandiera rossa e la felicità dei soldati dell'Armata Rossa per la vittoria
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Due foto che raffigurano l'innalzamento da parte di un soldato sovietico della bandiera rossa e la felicità dei soldati dell'Armata Rossa per la vittoria

Non va trascurata, naturalmente, la circostanza che favorì la perfetta riuscita del piano russo: Hitler, fermamente convinto che l'URSS non disponesse di ulteriori riserve da impiegare in operazioni di rilievo rifiutò qualsiasi suggerimento volto alla rettifica del saliente perché avrebbe comportato l'abbandono di Stalingrado e, a trappola scattata, mantenne sino alla fine quella posizione priva di qualsiasi logica da un punto di vista puramente tecnico. Non acconsentì infatti alla richiesta di Paulus di ripiegare per evitare l'accerchiamento da parte dei sovietici e anzi ordinò un attacco ad oltranza, con la famosa frase: 'Dove il soldato tedesco mette piede, là resta!. Il maresciallo tedesco obbedì e, pur circondato dal nemico continuò a combattere; quando furono terminate le munizioni la difesa proseguì all'arma bianca.

L'inevitabile conclusione per la VI Armata fu la resa, avvenuta il 2 febbraio 1943. Quella mattina infatti i sovietici fecero irruzione nella cantina in cui era asserragliato Paulus e lo arrestarono. Il maresciallo tedesco fu portato allora al quartier generale e il generale Chumilov in seguito narrò così la situazione: Davanti a me stava il generale dell'esercito tedesco, che aveva attuato il criminale piano barbarossa per distruggere la nostra patria. Lo invitai a sedersi ed esibire i documenti, così come si fa con tutti i soldati semplici. Gli ufficiali sovietici, increduli che un feldmaresciallo si fosse lasciato catturare, chiesero a Paulus come mai non fosse scappato via aria. Paulus li ammutolì dicendo che secondo l'usanza militare tedesca un comandante deve condividere la sorte dei suoi uomini. Anche per questa risposta il feldmaresciallo si guadagnò un'immensa stima dal governo sovietico.

Solo da parte russa vi furono circa un milione di morti. Dei circa 100.000 soldati tedeschi caduti in prigionia ne sopravvissero solo 6.000. In tutto morirono quasi un milione e mezzo di persone, a cui si aggiungono la perdita di oltre 2000 carri armati e 3000 aeroplani.

L'esito di questa battaglia determinò una svolta nelle vicende della Seconda Guerra Mondiale, in quanto fu l'inizio delle sconfitte militari tedesche sul fronte russo che si concluderanno con la Battaglia di Berlino due anni dopo (1945). Il generale sovietico Ivan Zaicev disse: La battaglia di Stalingrado ha rappresentato un punto di svolta decisivo per la liberazione della Russia dal nazismo e per l'esito della seconda Guerra Mondiale.

Nel quadro bellico complessivo, poi, Stalingrado fu, con El Alamein e Midway il "giro di boa" della guerra che sino ad allora aveva visto prevalere le forze del Tripartito.

Le condizioni climatiche in cui si svolse e l'elevato numero di morti da entrambe le parti e la distruzione della città fecero sì che questa battaglia divenisse un simbolo degli orrori della guerra.


Considerazioni di critica storica.

Per molti la battaglia di Stalingrado è il simbolo della disfatta tedesca. Una corrente storica relativamente recente però ha proposto una reinterpretazione della battaglia. La 6°Armata tedesca da sola teneva impegnate 7 armate russe. Queste 7 armate russe di fatto non potevano essere impiegate per ulteriori offensive e quindi erano bloccate sul posto. Se queste non avessero dovuto tenere accerchiato Paulus avrebbero potuto lanciarsi contro il malridotto fronte tedesco e sfondarlo. Uno sfondamento in quelle condizioni avrebbe decretato la fine del fronte sud tedesco. Con la 6°armata che resisteva a Stalingrado i tedeschi, dopo il tentativo di Manstein (vedi sopra), si stavano riassestando su un fronte più razionale anche se ci sarebbe voluto il tempo dovuto. Il fronte così accorciato avrebbe permesso di resistere con le forze esistenti. La domanda che si pone la critica storica è: senza Stalingrado che tenne impegnate 7 armate russe il fronte Sud avrebbe retto veramente per l'inverno e la primavera?


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