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Giovanni De Lorenzo

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Giovanni De Lorenzo (Vizzini, CT, 1907-1973) fu un generale dell'esercito ed un politico italiano; fu capo del SIFAR (1955-1962), comandante generale dell'Arma dei Carabinieri (15 ottobre 1962 - 31 gennaio 1966) e capo di stato maggiore dell'esercito. Divenne noto per il ruolo avuto nello sviluppo del c.d. "Piano Solo".

Indice

[modifica] Ufficiale e partigiano

Figlio di un ufficiale di carriera dell'Arma di Artiglieria, seguì ancora bambino il padre dalla natia Sicilia a Genova, dove si laureò in ingegneria navale. Successivamente divenne ufficiale di cavalleria.

Durante la seconda guerra mondiale, col grado di tenente colonnello partì per la Russia con l'ARMIR, come vice-capo dell'ufficio operazioni.

Dopo l'8 settembre 1943 divenne partigiano, operando dapprima sul fronte alpino, poi a Roma in àmbiti di spionaggio militare; come tale, entrò in rapporti diretti e riservati con i vertici del CLN e del CLNAI, dai quali vennero poi molti importanti esponenti della politica repubblicana.

[modifica] L'incarico al SIFAR (1955-1962)

Nel 1955 assunse il comando del SIFAR.

Nel Servizio portò a compimento un annoso processo di trasformazioni strutturali e di indirizzo che dalle ceneri del precedente, esiguo e disordinato Servizio Informazioni Militari (SIM) generarono un organismo corposo, ordinato ed in parte finalmente anche efficiente.

I rapporti tra De Lorenzo e Gronchi, presidente della Repubblica, furono stretti e frequenti (i loro mandati furono peraltro quasi contemporanei). Forse oltre le previsioni istituzionali.

Secondo il giornalista Renzo Trionfera, Enrico Mattei, favorevole ad un secondo mandato per il Presidente uscente (con cui aveva intessuto amicizia quando era ministro dell'industria ed egli lottava per non chiudere l'Agip), avrebbe offerto un miliardo di lire a Gronchi per corrompere alcuni elettori al fine di rieleggerlo. De Lorenzo, sempre secondo questa tesi, sarebbe stato colui che si sarebbe materialmente occupato della distribuzione delle bustarelle. Ma la vicenda era molto più complessa: il presidente uscente Gronchi, sponsor storico dell'ascesa di Mattei, competeva per il Quirinale con Segni e, con minori chances e solo come eventuale outsider, con Fanfani, allora presidente del Consiglio. Il 28 marzo del 1962 il Sifar di De Lorenzo annotava che Giuseppe Saragat aveva promesso all'Internazionale Socialista che Mattei sarebbe stato ridimensionato, anzi defenestrato, e che la non rielezione di Gronchi sarebbe stata condizione opposta dal leader socialdemocratico a Fanfani, "non proprio sfavorevole" ad un ricambio al vertice dell'Eni (Fanfani aveva ripetutamente sfoggiato notevoli virtuosismi dialettici per "spiegare" agli americani il cosiddetto "neoatlantismo" matteiano). Gronchi, come si sa, non fu rieletto, ma si è supposto che abbia continuato ad avere rapporti privilegiati con De Lorenzo, visto che il 22 luglio dello stesso anno inviò il suo segretario Emo Sparisci ad avvisare Mattei che l'OAS aveva ricevuto incarico di "convincere" il condottiero dell'Eni a desistere dalla lotta contro le "sette sorelle", informazione che solo dal Sifar poteva provenire al politico.

Tecnicamente ed operativamente, il Sifar funzionava molto bene sotto questo comando. Ricevuti ausilii tecnologici e istruttori da Servizi di paesi alleati, De Lorenzo siglò con questi accordi riservati come il Piano Demagnetize, nei quali il Sifar assumeva un ruolo, vista la portata, in precedenza riservato alle sole autorità politiche governative. Iniziava per il generale italiano una fase in cui avrebbe assunto in proprio una sorta di "delega" alla sicurezza nazionale, scavalcando il governo, in genere poco interessato, e manlevando il Quirinale (altro polo istituzionale costituzionalmente interessato) dall'occuparsi dei dettagli. Come l'Eni di Mattei in campo economico, così il Sifar di De Lorenzo in campo militare e strategico: entrambi sopperivano alla scarsa dedizione dei politici eletti per la gestione di materie vitali con l'accentramento di poteri in capo a due condottieri in molte cose simili.

E, se a differenza del settore economico-petrolifero l'indirizzo di gestione strategica non era così nitidamente distinto da interessi potenziali di paesi terzi, come l'Eni, invece, anche il Sifar agiva con piena efficienza. Non solo il Servizio disponeva di ottime informazioni dall'esterno, che a volte poteva addirittura scambiare con servizi omologhi di paesi alleati (fatto con pochi ed episodici precedenti nella storia delle varie organizzazioni di intelligence italiane), ma aveva informazioni di massimo dettaglio su tutto quanto riguardava l'interno.

A posteriori si seppe infatti che durante il suo lungo comando (7 anni), De Lorenzo aveva iniziato una gigantesca opera di schedatura degli esponenti più in vista di tutte le istituzioni e di tutti i gruppi sociali (ma sarebbe più opportuno dire che aveva "ripreso" e abbondantemente superato una tradizione delle polizie nazionali che con l'OVRA di Bocchini e con l'archivio segreto di Mussolini aveva già operato schedature di vasta portata). Vi erano stati tentativi di ripristino di questa attività con Scelba, ma nulla a paragone di quanto sarebbe successo con De Lorenzo.

Dopo il suo passaggio al Servizio, fu detto umoristicamente da Andreotti, in Italia di ignoto era rimasto solo il Milite: politici, sindacalisti, imprenditori, uomini d'affari, intellettuali, religiosi (Papa compreso, in tutto circa 4.500) e naturalmente militari (tutti gli ufficiali superiori, nessuno escluso), furono indagati, così come tutti gli stranieri, e su ciascuno si raccolsero notizie circa frequentazioni, preferenze religiose e politiche, abitudini pubbliche e private. Avrebbe fatto non poco rumore, in seguito, la scoperta che di Saragat si fossero minuziosamente catalogate addirittura le marche e le quantità (non esigue) di alcoolici usualmente ingeriti (mentre pare soltanto una ben congegnata facezia la voce circolata sull'intitolazione in codice del suo fascicolo come "esercizi spirituali"). L'indagine, che veniva estesa anche alle amicizie dei soggetti osservati (secondo alcune stime, già 157.000 erano i "titolari" di fascicoli individuali), avrebbe quindi raccolto dati, direttamente o indirettamente su una quota davvero ingente della popolazione. Dai circa duemila fascicoli stilati poco dopo la sua nomina, si passò ai circa 17.000 del 1960, finché nel 1962 il numero dei fascicoli ammontava a 117.000, stimati in 157.000 dalla commissione Beolchini; il giudizio (politico) della commissione sulla qualità delle schedature sarebbe stato in realtà poco lusinghiero, avendole definite forzosamente enfatizzate su difetti e chiacchiericci e sottintendendone quindi finalità ricattatorie.

Divenuto generale di divisione, restò a capo del Servizio per effetto di una intervenuta legge (che Montanelli definì ad personam) grazie alla quale il comando del Servizio veniva equiparato a comando di grande unità, consentendogli di conservarne la guida e di ricavarne vantaggi di carriera, come la possibilità di accedere a comandi prestigiosi.

[modifica] Comandante dei Carabinieri (1962-1965)

Il 15 ottobre 1962 fu nominato Comandante generale dei Carabinieri, in un frangente internazionale di massima allerta (nell'imminenza della crisi di Cuba) e, per quanto riguarda l'Italia, solo pochi giorni dopo l'apertura del Concilio Vaticano II (che registra una certa freddezza fra Santa Sede e USA) e pochi giorni prima della morte di Mattei, che aveva da poco ottenuto un indiretto appoggio dall'Osservatore Romano.

Ottenuta quasi a fil di lama, strappata al generale Aloja per il decisivo parere del PCI, la nomina di De Lorenzo pareva incontrare il gradimento generale: delle sinistre, dei moderati e dei conservatori. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, Fanfani inviò subito in missione riservatissima ed urgente il fidato Ettore Bernabei, presidente della RAI, a conferire con Arthur Schlesinger, ufficialmente per trattare dei rapporti USA-Vaticano.

Suo vice sarebbe stato quel Giorgio Manes con cui presto sarebbe entrato in urto e che poi avrebbe redatto una nota relazione accusatoria sui fatti dell'estate del 1964.

Per approfondire, vedi la voce Arma dei Carabinieri.

Al comando generale di viale Romania, De Lorenzo si insediò con piglio e decisione, determinato a mettere ordine in una gigantesca struttura disorganizzata. Il suo comando è certamente quello più noto della storia dell'Arma ed è forse anche quello più ricco di significato, avendo apportato alla Benemerita innovazioni di primaria importanza fra le quali la reimpostazione in chiave militare dell'apparato.

Dal suo nuovo incarico riuscì a mantenere sempre un ruolo di primo piano nella vita della Repubblica, continuando ad avere contatti continui con il SIFAR ed il Quirinale. Ne sono testimonianza gli eventi svoltisi nel luglio 1964 in seguito alla crisi del Governo Moro I.

Il giorno 15 De Lorenzo venne infatti ricevuto dal Presidente della Repubblica Antonio Segni nell'ambito delle consultazioni per la formazione del nuovo Governo. Segni lo ricevette (in realtà insieme ad altri militari a lui superiori) per sapere se a suo giudizio delle eventuali elezioni anticipate avrebbero potuto turbare l'ordine pubblico. De Lorenzo rispose che "la situazione è controllata e controllabile senza fare nulla, senza fare piani". Di piani, nello specifico di piani di contingenza, De Lorenzo si intendeva bene, essendo considerato il massimo artefice della programmazione e dello sviluppo del Piano Solo.

Per approfondire, vedi la voce Piano Solo.

[modifica] Capo di Stato Maggiore dell'Esercito (1965-1967)

Nel dicembre 1965 fu promosso Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, ancora una volta con il gradimento delle sinistre.

La sua nomina fu infatti vista con favore oltre che da Aldo Moro, anche da esponenti della sinistra moderata come Pietro Nenni e Giuseppe Saragat (i quali si fidavano di un ex partigiano come De Lorenzo), ma fu invisa a qualche generale (come Paolo Gaspari, comandante della regione militare meridionale, che si dimise stilando una lettera estremamente polemica e che ebbe una moderata circolazione negli ambienti militari superiori).

[modifica] Il declino

L'ascesa di De Lorenzo durò poco: nel gennaio 1967 sui dossier voluti da De Lorenzo ai tempi del SIFAR vi fu una serie di interrogazioni parlamentari (presentate anche da esponenti democristiani, primo fra tutti il senatore Gerolamo Messeri, che recriminava di essere stato oggetto di spionaggio italiano durante un viaggio negli USA come membro di una missione parlamentare in ambito NATO).

Il Ministro della Difesa socialdemocratico Roberto Tremelloni riconobbe l'esistenza dei fascicoli, parlando di un'attività non ortodossa dei servizi che descrisse, assicurandosi la primogenitura dell'uso del termine in questo senso, di "deviazioni". In seguito al clamore suscitato dalla pubblica ammissione, il 15 aprile 1967, il Consiglio dei Ministri, con procedura eccezionale, mise a riposo il generale De Lorenzo.

Nel maggio seguente arrivò il colpo di grazia: il settimanale L'Europeo prima, e L'Espresso poi sostennero, riferendosi al Piano Solo, che nel 1964 Segni e De Lorenzo avevano tentato un golpe.

Secondo ricostruzioni che vanno guadagnando crescente credito, lo scoop de L'Espresso, più ricco di dettagli rispetto a quello della testata concorrente, sarebbe stato favorito dal KGB sovietico che, avendovi ovvio interesse, fornì ai giornalisti materiale sul Piano Solo, si è supposto per il tramite di Luigi Anderlini, senatore del PSIUP. Leonid Kolosov, capo della struttura italiana del Servizio di Mosca, avrebbe poi ammesso nel 1992 di aver favorito la diffusione di queste notizie, raccolte in tempo reale nel '64 grazie ad una talpa nel Sifar.

Il generale a riposo querelò il direttore de L'Espresso Eugenio Scalfari e l'autore degli articoli, Lino Jannuzzi. I due giornalisti vennero condannati in primo grado a diciassette mesi per diffamazione a mezzo stampa (anche se poi vi fu la remissione di querela).

In sede processuale Jannuzzi affermò che oltre ad Anderlini, a fornire informazioni erano stati anche Ferruccio Parri ed i generali Beolchini, Gasperi e Manes.

[modifica] L'attività politica

Alle elezioni politiche del 19 maggio 1968 De Lorenzo fu eletto alla Camera dei Deputati tra le fila del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica. Successivamente avrebbe militato per il Movimento Sociale Italiano.

[modifica] La militanza massonica

De Lorenzo era membro di una loggia massonica chiamata Giustizia e Libertà, dipendente dalla Gran loggia di piazza del Gesù.

Questa loggia aveva tra i propri membri diversi militari (come il generale Giuseppe Aloja, capo di Stato maggiore della Difesa dal 1966 e Capo di Stato Maggiore dell'Esercito prima di De Lorenzo), o come Vito Miceli.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Bibliografia

[modifica] Collegamenti esterni

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