Piano Solo
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Il Piano Solo fu un progetto militare di emergenza, volto ad assegnare all'Arma dei Carabinieri il potere in Italia, e fu sul punto di essere attuato nell'estate del 1964.
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[modifica] Il piano
Era, questo piano, un progetto di "enucleazione" con il quale si proponeva di assicurare all'Arma dei Carabinieri (il cui Comandante Generale era al tempo il generale Giovanni De Lorenzo) il controllo militare dello stato per mezzo dell’occupazione dei cosiddetti “centri nevralgici” e, soprattutto, del prelevamento e del conseguente rapido allontanamento dei personaggi ritenuti politicamente "più pericolosi": questi avrebbero dovuto essere raggruppati e raccolti nella sede del Centro Addestramenti Guastatori di Capo Marrargiu, in Sardegna (base militare segreta, il cui progetto originario già prevedeva anche questo possibile utilizzo, adattata a tempo di record dal SIFAR - di segreto però, almeno localmente, v’era ben poco), dove sarebbero stati "custoditi" sino alla cessazione dell'emergenza. Nel frattempo l'Arma avrebbe assunto il controllo delle istituzioni e dei servizi pubblici principali (compresi la televisione, le ferrovie ed i telefoni).
In pratica, all'ordine del Comandante Generale (che in teoria avrebbe potuto impartirlo anche sua sponte, cioè anche sprovvisto di istruzioni superiori), i carabinieri avrebbero catturato quei personaggi politici loro indicati e li avrebbero inviati in Sardegna via mare (una delle varianti del piano prevedeva l'uso di sommergibili, e la circostanza che gli unici adatti fossero posseduti dalla marina degli Stati Uniti diede origine a velenose congetture - si propese poi per ordinarie navi militari italiane, da chiedersi in prestito alla nostra Marina) o su aerei coi finestrini oscurati, detenendoli in uno dei siti più impervi del territorio nazionale. La lista dei soggetti da prelevare sarebbe stata ricavata ed elaborata sulla base delle risultanze dei famosi fascicoli del SIFAR, pretesi da De Lorenzo qualche anno prima.
[modifica] Solo o non solo?
Va detto che simili piani, o quantomeno piani preventivamente messi a punto per fronteggiare evenienze delle più varie nature, e quindi anche contro i rivolgimenti politici o le insurrezioni, sono in realtà normalmente sempre predisposti dai governi dei paesi più sviluppati, ed anche in Italia si avevano numerosi "piani emergenziali" (o "piani di contingenza"), per giunta solo qualche anno prima riordinati da una accurata circolare del Capo della Polizia, Angelo Vicari.
Uno degli aspetti, però, nei quali il Piano Solo differiva da quelli "ordinari" era la riserva operativa esclusiva a favore dell'Arma, mentre gli altri tuttora sono piani squisitamente interforze, coordinati a livello di prefettura; sono interforze per la ragione di voler sfruttare insieme le diverse competenze specialistiche, ma lo sono certo anche per non consegnare i poteri di emergenza ad una sola istituzione.
Il Piano Solo, del resto, fu chiamato così proprio perché "solo" i carabinieri lo avrebbero attuato.
Il piano, si è ricostruito ex post (ma non ancora con piena nitidezza), avrebbe avuto origine e integrazione insieme con altri progetti militari segreti volti a distribuire sul territorio forze in grado di operare per la reazione ad eventuali svolte sovversive od eversive, od a manovre di invasione (al tempo effettivamente da non potersi escludere - e peraltro rese meno improbabili dall'incontro fra Palmiro Togliatti e Tito, all'inizio del 1964, dal quale emerse una quasi soprendente concordia), attraverso una rete clandestina già seminata da organizzazioni e strutture del tipo "stay-behind ", coordinate dalla NATO attraverso gli uomini della SHAPE infiltrati nei comandi FTASE.
Così, si sono avuti accostamenti della vicenda del Piano Solo con la tuttora oscura struttura di stay-behind detta "Operazione Gladio", quantunque i due progetti potessero sì marciare nella medesima direzione, ma su vie operative e con forze necessariamente del tutto diverse.
[modifica] Parate militari e parate di scherma
Nel giugno 1964, dopo che la tradizionale parata militare del 2 giugno era stata eseguita da un numero di militari straordinariamente più elevato del solito, in occasione delle successive celebrazioni per il 150° anniversario della fondazione dell'Arma, De Lorenzo fece sfilare l'appena rodata brigata meccanizzata, con la sua impressionante dotazione di armi e mezzi pesanti; dopo la sfilata, però, adducendo motivazioni di ordine logistico, il Comando Generale comunicò che le truppe affluite nella Capitale per le celebrazioni vi si sarebbero trattenute sino alla fine del mese successivo.
Fiutando un possibile pericolo, anche grazie a qualche "strano" eccesso di zelo dei carabinieri delle rispettive scorte, alcuni importanti esponenti di partiti della sinistra e dei sindacati preferirono rendersi irreperibili per qualche giorno ed evitarono di rincasare e di seguire le proprie personali abitudini; cripticamente, a volte usando allusioni colte che non sarebbero - speravano - state comprese dai loro "angeli custodi", riuscirono a mettersi vicendevolmente sull'allerta e l'opposizione parlamentare e sindacale fu per qualche tempo introvabile. Qualche giorno dopo, rimasto pretestuosamente senza maggioranza nella votazione di un finanziamento scolastico, il primo governo Moro fu costretto alle dimissioni.
Il dibattito politico seguitone finì col vertere principalmente sulla possibilità di ammettere le sinistre al governo, dando corpo a quel centrosinistra di cui da anni già si discuteva, ovvero sull'opportunità di escluderle sine die. Se negli Stati Uniti la presidenza Kennedy aveva in qualche modo mitigato la netta chiusura americana nei confronti di simili ipotesi, le strutture militari, diplomatiche e di intelligence non avevano però retrocesso di un solo passo e trovarono il modo di ricordare a Kennedy l'importanza del suo elettorato interno ed ai servizi segreti italiani (ed a De Lorenzo che li aveva sottoscritti) i ferrei patti stabiliti solo pochi anni prima, come il "Piano Demagnetize".
Durante i primi giorni del mese di luglio, coi cittadini opportunamente distratti dai campionati europei di calcio, De Lorenzo pose in preallarme le strutture interessate, convocando i comandanti delle più importanti divisioni e predisponendo l'eventuale richiamo in servizio di militari già congedati, e fece distribuire le liste con i nomi di coloro che si sarebbero dovuti "prelevare" (o "enucleare", secondo il più pacato burocratese di servizio); contemporaneamente, fatto inedito ed irripetuto per un comandante militare, fu convocato ufficialmente dal Presidente della Repubblica Antonio Segni nel corso delle consultazioni per la nomina del nuovo governo (passò quasi sotto silenzio, vista la preminenza della figura di De Lorenzo, la circostanza che insieme venne consultato anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa Aldo Rossi).
La contrapposizione politica che si stabilì, a livelli quasi di scontro, fra il Capo dello Stato ed il premier uscente riguardava appunto il centrosinistra: alle proposte di Moro (cui peraltro Segni doveva buona parte delle sue fortune politiche, compreso il Quirinale), che avrebbe aperto con anche maggior fiducia alla sinistra, col sostegno di una parte della DC ed un tiepido avvicinamento del PCI, rispose Segni proponendo o forse minacciando un governo di tecnici sostenuto dai militari. Moro, insieme a Nenni (che parlò pressoché apertamente di "rumor di sciabole"), optò per un più tranquillo e morbido ritorno alla formula governativa precedente, che avrebbe evitato rischi alquanto inquietanti, ed il PSI rilasciò prudenti comunicati di rinuncia ad alcune richieste di riforme che prima aveva avanzato come prioritarie. La crisi rientrò, nessun carabiniere dovette muoversi.
Pochissimo tempo dopo, nel successivo agosto, Segni fu colpito da un ictus cerebrale mentre teneva un'accesissima discussione con Moro e Saragat, e la reggenza del Quirinale fu assunta dal presidente del Senato Cesare Merzagora, che per combinazione era anche l'uomo cui il Piano Solo prevedeva di dover far riferimento per l'affidamento delle funzioni di governo e che si era poco tempo prima fatto notare per una singolare affermazione in cui dichiarava di attendersi che i partiti politici avrebbero avuto vita breve, invocando un governo di emergenza. Qualche mese dopo, perdurando la condizione di impedimento, Segni si dimise definitivamente (o, come si disse quando girarono alcune voci poi risultate infondate su un supposto avvelenamento, fu dimesso); al suo posto sarebbe stato eletto Saragat. De Lorenzo avrebbe lasciato l'Arma nel dicembre del 1965 per diventare Capo di Stato Maggiore dell'Esercito al posto del generale Giuseppe Aloja.
[modifica] La scoperta del piano
Il piano era stato tenuto ovviamente segreto, sebbene sin da subito alcune voci avessero preso a circolare (sempre più insistentemente, provocando nel '65 la metamorfosi del SIFAR, evolutosi nel pressoché identico SID, formalizzata l'anno successivo) e la sua scoperta pubblica si ebbe soltanto qualche anno dopo, grazie ad alcuni articoli de "L'Europeo", poi ripresi ed amplificati da "L'Espresso" grazie a contributi indirettamente ricevuti da soggetti legati al KGB, che era al corrente del piano sin dai tempi dell’acquisto dei terreni di Capo Marrargiu.
Immediatamente De Lorenzo fu rimosso dal suo incarico allo Stato Maggiore dell'Esercito e furono avviate procedure di inchiesta da parte di diversi enti; per i Carabinieri fu il vice-comandante generale, il generale Giorgio Manes, già precedentemente in urto col De Lorenzo (ed anche con uno dei suoi successori, Ciglieri) ed uno fra i primi ad ammettere pubblicamente l'esistenza del piano, a dirigere un'investigazione che si risolse nel famoso "rapporto Manes". Manes, in realtà, era ben partecipe (come subordinato) del piano ed anzi taluni suoi appunti privati del tempo furono in seguito esaminati in sede giudiziaria per ricostruire le fasi dell'approntamento del piano.
Il governo oppose sempre il segreto di stato (con i notissimi "omissis" di Moro) alle reiterate richieste di informazioni da parte delle diverse commissioni di indagine, facendo mancare perciò il necessaro materiale d'esame, ed anche la lista degli "enucleandi" andò perduta (mentre dei fascicoli SIFAR si dispose la distruzione).
Fu istituita una commissione parlamentare d'inchiesta che produsse una relazione di maggioranza indicante che non si era raccolto "un solo elemento di prova, un solo indizio" che dimostrasse il tentativo di golpe. Dalle opposizioni si obiettò che gli elementi di prova sarebbero stati celati dagli "omissis" e che, invece, di tentativo di svolta autoritaria si fosse trattato. De Lorenzo querelò Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi, estensori degli articoli de L'Espresso sul caso. I due giornalisti furono condannati malgrado la richiesta di assoluzione fatta dal pubblico ministero Vittorio Occorsio, che era riuscito a leggere gli incartamenti integrali prima che il governo li rendesse inutili con gli "omissis".
[modifica] Collegamenti esterni
- [1]
- Prima sessione del convegno organizzato da Alleanza Nazionale sul tema: "La guerra fredda e il caso de Lorenzo
- Seconda sessione del convegno organizzato da Alleanza Nazionale sul tema: "La guerra fredda e il caso de Lorenzo"