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Augusto (imperatore romano)

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Nota disambigua - Se stai cercando altri significati di Ottaviano e Augusto, vedi Ottaviano (disambigua) e Augusto (disambigua).
L'imperatore Augusto/1
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Gaio Giulio Cesare Ottaviano (Roma, probabilmente Velletri, 23 settembre 63 a.C. - Nola, 19 agosto 14) fu il primo imperatore romano.

Ci si riferisce a lui, prima che divenga imperatore, come a Gaio Ottaviano Cepia o, più semplicemente, Ottaviano. Il nome/titolo di Augusto gli fu accordato dal Senato il 16 gennaio 27 a.C., ed a lui come imperatore ci si riferisce come Cesare Augusto, Ottaviano Augusto o semplicemente Augusto.

Indice

[modifica] Biografia

Apparteneva per nascita alla gens Octavia, una ricca famiglia di Velletri, e fu adottato per testamento da Giulio Cesare, suo prozio, come figlio ed erede. La madre di Ottaviano, Azia era infatti figlia della sorella di Giulio Cesare. Il suo nome era in origine Gaio Ottavio Turino, ma secondo l'usanza romana, Ottavio prese il nome dello zio come parte del suo al momento dell'adozione. Quando Giulio Cesare morì Ottaviano aveva 18 anni. Il Senato, e in particolare Marco Tullio Cicerone, lo credevano un puer inesperto pronto ad essere manovrato dall'aristocrazia - in realtà da subito il giovane rivelò un'autonomia e un'abilità politica assolutamente eccezionali. Nel 43 a.C., su incarico del Senato, sconfisse Marco Antonio nella battaglia di Modena. Ma dopo avvenne ciò che nessuno si sarebbe mai aspettato: insieme a Marco Antonio e Lepido formò il Secondo Triumvirato per governare Roma. Frutto di questa alleanza furono le "liste di proscrizione": i cittadini romani in esse nominati dovevano essere uccisi e i loro beni confiscati. Questo portò al massacro di centinaia di cittadini, soprattutto aristocratici ed equites, sia per appropriarsi dei loro beni sia per eliminare scomodi oppositori politici. Ne fu vittima Cicerone, ucciso per volere di Marco Antonio, che intendeva vendicarsi delle Filippiche.

Nel 42 a.C. Antonio e Ottaviano si scontrarono con Cassio e Bruto, che avevano partecipato alla congiura per uccidere Cesare, e li sconfissero nella battaglia di Filippi (Macedonia orientale).

Successivamente nacquero i primi contrasti: il fratello di Antonio, Lucio Antonio si ribellò ad Ottaviano e fu sconfitto a Perugia nel 40 a.C. (bellum perusinum) e il trattato di Brindisi definì i limiti della sfera di influenza dei triumviri: ad Antonio l'Oriente, ad Augusto l'Occidente e a Lepido l'Africa. L'accordo fu suggellato dal matrimonio di Antonio con Ottavia, sorella di Ottaviano.

Nonostante il rinnovarsi degli accordi formali, i contrasti aumentarono, finché Ottaviano non sconfisse definitivamente Marco Antonio e la sua alleata Cleopatra, regina d'Egitto, nella Battaglia di Azio il 2 settembre del 31 a.C..

Nel frattempo Ottaviano, già marito di Claudia, figlia di prime nozze di Fulvia, in seconde nozze moglie di Antonio (ripudiata nel 41 a.C.), aveva sposato prima Scribonia, madre dell'unica figlia Giulia, e poi, nel 38 a.C., Livia Drusilla che dovette appositamente divorziare da Tiberio Claudio Nerone, dal quale aveva già avuto i figli Tiberio, il futuro imperatore, e Druso. Riguardo quest'ultimo, tutt'ora, non si hanno delle notizie certe: alcuni sostengono sia figlio di Claudio Nerone, altri che sia figlio della stesso Ottaviano. A riprova di questa tesi c'è la grande disperazione che Ottaviano provò dopo la morte di Druso, avvenuta attorno al 9 a.C. in seguito ad una caduta da cavallo.

Dopo Azio, Ottaviano è di fatto il padrone dello stato, anche se formalmente Roma era ancora una Repubblica e Ottaviano stesso non è rivestito di alcun potere ufficiale, dato che la potestas di triumviro è scaduta nel 32 a.C.: nelle Res Gestae riconosce di aver governato in questi anni in virtù del "consensus universorum". Il Senato gli va man mano conferendo onori e privilegi, ma il problema che Ottaviano deve risolvere consiste nel come riuscire a trasformare la sostanza dei rapporti istituzionali, lasciando intatta la forma repubblicana. La fredda analisi gli consente di individuare nell' imperium e nella tribunicia potestas i cardini del potere, in quanto l'imperium conferisce a chi ne è titolare il potere esecutivo, legislativo e militare e la tribunicia potestas la facoltà di opporsi alle decisioni del senato, controllandone la politica. Il nodo da sciogliere è come conciliare l'attribuzione di tali poteri senza alterare le istituzioni repubblicane, ossia senza farsi eleggere a vita console e tribuno della plebe. Ottaviano vuole evitare di ripercorrere le infauste orme di Cesare che aveva individuato nella carica di dittatore, prima annuale poi a vita, l'unico mezzo per controllare e dirigere lo Stato.


La svolta si ha nel 27 a.C., quando Ottaviano restituisce formalmente i poteri straordinari, che aveva assunto per la guerra contro Marco Antonio, nelle mani del Senato e del popolo Romano, e riceve in cambio il titolo di Augusto e l'imperium proconsulare (comando militare) sulle province non pacificate. Da questo momento le province sono dunque suddivise tra senatorie, rette dal Senato, e imperiali, rette da Augusto. L'escamotage istituzionale è stato trovato: Augusto ottiene i poteri dei consoli, senza essere console; gli vengono conferite funzioni esecutive, legislative e militari disgiunte dall'assunzione effettiva della carica. L'imperium gli consente di assumere direttamente il comando delle legioni stanziate nelle province "non pacatae" e di avere così costantemente a disposizione una forza militare su cui puntellare il proprio potere, nel nesso inscindibile tra esercito e proprio comandante che era stato creato dalla riforma di Gaio Mario, ormai vecchia più di un secolo. L'imperium gli garantisce, inoltre, la gestione diretta dell'amministrazione e la facoltà di emanare decreta, decisioni di carattere giurisdizionale, ed edicta, decisioni di carattere legislativo.

[modifica] Potere imperiale

Conseguito così il controllo dei vertici dell'amministrazione civile e militare, Ottaviano rimaneva però scoperto nei confronti del senato, che dall'una parte curava le truppe di stanza nelle province senatoriali, le quali rispondevano al proconsole o propretore, dall'altra avrebbe potuto in qualunque momento emanare un senatusconsultum limitando il potere di Ottaviano. La costituzione del potere imperiale si va rafforzando negli anni successivi secondo le seguenti modalità: nel 23 a.C. (ma secondo alcuni già dal 28 a.C.), fu conferita a Ottaviano, ormai Augusto, la tribunicia potestas a vita, che divenne la vera base costituzionale del potere degli imperatori: comportava infatti l'inviolabilità della persona e il diritto di intervenire in tutti i rami della pubblica amministrazione, e questo senza i vincoli repubblicani della collegialità della carica e della sua durata annuale. Particolarmente significativo era il diritto di veto, che garantiva ad Augusto la facoltà di bloccare qualunque iniziativa legislativa che considerasse pericolosa per la propria autorità. Nello stesso anno l'imperium di cui già gode viene ampliato fino a comprendere anche le province senatorie: tutte le forze armate dello stato romano dipendono da lui.

Infine, quando il Pontefice Massimo di Roma, Lepido, morì, nel 12 a.C., egli ne prese il titolo divenendo il capo religioso di Roma.

La politica estera di Augusto fu dominata in Oriente dalla risoluzione diplomatica del conflitto con i Parti, con la restituzione nel 20 a.C., da parte del re parto Fraate IV, delle insegne perdute da Crasso. In Occidente il tentativo di conquista della Germania fu fermato da Arminio che nel 9 d.C. annientò tre legioni guidate dal generale Varo nella Battaglia della Foresta di Teutoburgo.

[modifica] L'"optimum status"

L'ambizione di Augusto fu quella di essere fondatore di un optimus status, facendo rivivere le più antiche tradizioni romane e nel contempo tenendo conto delle problematiche dei tempi. Il mantenimento formale delle forme repubblicane, nelle quali si inseriva il nuovo concetto della personale auctoritas del Principe, serviva a risolvere i conflitti per il potere vissuti nell'ultimo secolo della Repubblica.

A questo sforzo politico si affiancò l'elaborazione in tutti i campi di una nuova cultura, di impronta classicistica, che fonde gli elementi tradizionali in nuove forme consone ai tempi. In campo letterario la rielaborazione del mito delle origini di Roma e la prefigurazione di una nuova età dell'oro trovano voce in Virgilio, Orazio, Livio, Ovidio, il circolo di letterati raccolto attorno a Mecenate.

Augusto preparò per tempo la propria successione: inizialmente pensò al nipote Marcello, figlio della sorella Ottavia e del suo primo marito, Claudio Marcello, al quale diede in sposa la figlia Giulia. Alla precoce morte di Marcello nel 23 a.C. Giulia andò in sposa a Marco Vipsanio Agrippa, suo generale e collaboratore e nel 17 a.C. Augusto ne adotta i figli, Gaio e Lucio Cesari. Dopo la morte prima di Agrippa, nel 12 a.C. e poi dei nipoti, nel 2 e nel 4 d.C. adottò quindi il figliastro Tiberio che effettivamente gli succederà alla sua morte, dando origine alla Dinastia Giulio-Claudia.

Secondo l'opera di Svetonio De vita Caesarum (La vita dei Cesari), 97-99, le sue ultime parole furono «Acta est fabula» («La commedia è finita»). La frase completa sarebbe «Acta est fabula, plaudite!», un finale comune nelle commedie del teatro romano antico.

[modifica] Atti del Divino Augusto (Res Gestae Divi Augusti)

Augusto stesso lasciò alla sua morte un dettagliato resoconto delle sue opere nel testamento. Il testo ci è giunto trascritto in un'iscrizione incisa sulle pareti del tempio di Roma e Augusto ad Ancyra in Asia Minore (Monumentum Ancyranum) sia in latino che nella traduzione greca. Secondo il volere di Augusto il testo era stato inciso in origine su tavole di bronzo all'ingresso del suo Mausoleo. Altre copie incise sulle pareti dei templi a lui dedicati sono giunte ad oggi frammentarie.

In uno stile volutamente stringato e senza concessioni all'abbellimento letterario, Augusto riportava gli onori che gli erano stati via via conferiti dal Senato e dal Popolo Romano e per quali servizi da lui resi, le elargizioni e i benefici concessi con il suo patrimonio personale allo stato, ai veterani e alla plebe, e i giochi e rappresentazioni dati a sue spese, e infine gli atti da lui compiuti in pace e in guerra.

Il documento non menziona il nome dei nemici e neppure di nessun membro della sua famiglia, ad eccezione dei successori designati, Agrippa, Gaio e Lucio Cesari e Tiberio.

Racconta Augusto che all'età di 19 anni costituì un esercito a sue spese e con la benedizione del Senato. Nello stesso anno fu eletto Console. Con questi mezzi riuscì ad esiliare e punire gli assassini di Giulio Cesare, suo padre adottivo.

Si rende conto quindi delle sue conquiste militari e si ricorda l'atteggiamento verso i popoli vinti, ai quali venne concesso di continuare a seguire i propri costumi e di mantenere le precedenti forme di governo purché pagassero i tributi a Roma.

Questi passi delle Res Gestae mostrano i cardini dell'ideologia augustea. Ottaviano, uscito vincitore dalle guerre civili, impone la propria lettura storica. Il suo intervento nelle guerre civili non è di parte, ma in difesa e per conto del senato e dello stato. I provvedimenti e la guerra contro gli uccisori di Cesare, da cui Ottaviano era stato adottato, sono un atto di diritto e di pietà filiale. Ottaviano insiste sulla sua opera di pacificazione e sulle donazioni di terre ai veterani, con cui cerca di riportare un ordine sociale dopo anni di guerre. L'elenco delle cariche ricoperte e di quelle offerte, ma non accettate mostra il potere di acquisto a Roma e fa luce sulla situazione di asservimento della classe dirigente. Lo scrupolo con cui elenca le cariche religiose è indice di un nascente processo di sacralizzazione del potere, che trova espressione anche nel titolo di Augustus, degno di venerazione, ottenuto dal senato. Fondamentale nell'ideologia politica del principato la differenza che Ottaviano definisce auctoritas e potestas ("autorità" e "potere").


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«All'età di diciannove anni per mia sola deliberazione ed a mie spese formai un esercito con il quale restituii la libertà alla repubblica dominata e oppressa da una fazione. Per questo il senato con decreti mi accolse nell'ordine suo attribuendomi il diritto di esprimere fra i consolari la mia sentenza e mi conferì il comando militare; e ordinò che io provvedessi, in qualità di pretore, insieme con i consoli, affinché lo stato non patisse danno. Il popolo in quell'anno medesimo mi fece console, essendo in guerra entrambi i consoli caduti, e triumviro con l'incarico di riordinare la repubblica.

Quelli che il mio padre trucidarono mandai in esilio punendo il loro delitto con procedimenti legali; e movendo poi essi guerra alla repubblica li vinsi due volte in battaglia. Guerre per terra e per mare civili ed esterne in tutto il mondo combattei spesso; e vincitore lasciai in vita tutti quei cittadini che implorarono grazia. Quasi cinquecentomila cittadini romani in armi sotto le mie insegne; dei quali più di trecentomila inviai in colonie o rimandai nei loro municipi, compiuto il servizio militare; e a essi tutti assegnai terre o donai denaro in premio del servizio.

Due volte ricevette l'onore trinfale dell'ovazione e tre curili trionfi celebrai; e fui ventuno volte acclamato imperator, pur decretando altri numerosi trionfi a me il senato, ai quali tutti io rinunziai. [...] Triumviro per riordinare lo stato fui per dieci anni continui. Princeps senatus fui fino al giorno in cui scrissi queste memorie per anni quaranta. E fui pontefice massimo, augure, quidecemviro alle sacre cerimonie, settemviro degli epuloni, fratello arvale, sodale Tizio, feziale. [...] Nel mio sesto e settimo consolato, dopo di aver estinto l'avvampare delle guerre civili, avendo io per consenso universale assunto il potere supremo, trasferii dalla mia persona al senato e al popolo romano il governo della repubblica. Per questo mio atto, in segno di riconoscenza, mi fu dato il titolo di Augusto per deliberazione del senato. Dopo di allora tutti sovrastai per autorità, ma potere non ebbi più ampio di quelli che in ogni magistratura mi furono colleghi.»
(Ottaviano Augusto)

[modifica] Roma antica, un milione di abitanti

Nel resoconto della sua ascesa al potere si mette in evidenza il suo rifiuto di contrastare le regole tradizionali dello stato repubblicano e di assumere poteri arbitrari in modo illegittimo.

Si narra inoltre che sotto il suo governo venne incrementato il numero dei patrizi e fu ordinato un censimento della popolazione, da cui risultò che gli abitanti di Roma sfioravano il milione.

Narrando dei propri donativi, si asserisce che le elargizioni erano sempre dirette a più di 250.000 persone e che in quattro occasioni avesse aiutato la tesoreria pubblica.

Vengono poi citati gli edifici costruiti, tra cui la Curia (sede del Senato) ed i Templi di Apollo e del Divo Giulio. Su alcuni di questi edifici non fece apporre il suo nome.

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

Predecessore: Imperatori romani
(Impero Romano)
Successore:
Gaio Giulio Cesare, Dittatore
59 a.C. - 44 a.C.
Augusto (imperatore romano)
27 a.C. - 14
Tiberio
14 - 37
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