Pelagio
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Pelagio (360 ca – 420 ca) era un teologo dei primi anni del Cristianesimo.
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[modifica] La vita
Nome latinizzato di Morgan, marino, monaco inglese o irlandese nato, intorno al 354. Era, secondo descrizioni di san Girolamo e di Marius Mercator, grande e corpulento, con ampie spalle, fronte prominente, collo taurino e andatura da tartaruga.
Visse a Roma verso il 384, dove strinse amicizia con l’avvocato Celestio, con il quale si rifugiò, in seguito al sacco di Roma del 410, dapprima ad Ippona, nel Nordafrica, conoscendo forse sant'Agostino, e poi a Cartagine, dove elaborarono la dottrina detta appunto pelagianesimo.
Era un uomo di grande talento, oratore, scrittore ed esegeta molto apprezzato, rimase "dottore laico e indipendente". Suo scopo era di reagire contro una religione superficiale, quella dei pagani convertiti in massa al cristianesimo. Pelagio era soprattutto un moralista severo e intransigente, predicava infatti:
- il distacco dalle ricchezze,
- la povertà e la castità.
Combatté con forza qualunque rilassamento, insistendo sull'esistenza dell'Inferno e del Paradiso.
Successivamente, Pelagio si trasferì in Palestina dove scrisse vari testi e lettere, in gran parte pervenuti in frammenti, attraverso citazioni di Agostino.
Nel 415, san Girolamo e Paolo Orosio, discepolo di Agostino, chiesero la sua condanna nel sinodo di Gerusalemme, ma il vescovo Giovanni, favorevole al pelagianesimo, e la stessa difesa di Pelagio, fecero sì che il sinodo non prendesse alcuna decisione.
Lo stesso risultato si ebbe nel sinodo di Diospolis, convocato in seguito alla denuncia dei vescovi francesi Ero di Arles e Lazzaro di Aix. Ma l’anno seguente furono convocati due sinodi, a Cartagine e a Milevi, in Numidia, che condannarono il pelagianesimo e gli atti dei concili, insieme con una lettera di Agostino, furono inviati a papa Innocenzo I (401–417) che in un sinodo a Roma nel 417 condannò ancora il pelagianesimo.
Dopo la morte di Innocenzo I, il successore Zosimo (417-418) venne in un primo tempo convinto da Celestio dell'ortodossia del pelagianesimo; successivamente, nel 418, convocò un sinodo a Cartagine dove i 200 vescovi presenti condannarono nuovamente il pelagianesimo stabilendo nove dogmi:
- la morte non deriva da Adamo per necessità fisica ma attraverso il peccato;
- i bambini appena nati devono essere battezzati a causa del peccato originale;
- la grazia giustificante serve non solo a evitare i peccati passati ma anche a evitare quelli futuri;
- la grazia di Cristo non solo permette di conoscere i comandamenti di Dio ma dà anche forza alla volontà di eseguirli;
- senza la grazia di Dio non solo è difficile ma assolutamente impossibile realizzare opere buone;
- non solo per umiltà ma con tutta verità dobbiamo confessarci peccatori;
- i santi riferiscono il dettato di Nostro Signore, "perdona le nostre offese", non solo agli altri ma anche a loro stessi;
- i santi pronunciano la stessa supplica non solo per umiltà ma con tutta verità.
- Il nono canone: i bambini che muoiono senza battesimo non vanno in un luogo intermedio perché la mancanza del battesimo esclude tanto dal Regno dei Cieli come dalla vita eterna, per la sua sgradevole spietatezza, fu poi escluso dal novero degli articoli di fede della Chiesa cattolica.
Anche l'imperatore Flavio Onorio (395-423) emanò nel 418 un ordine di espulsione dal territorio italiano per i pelagiani e per coloro che non approvassero l’Epistola tractoria di condanna inviata dal papa Zosimo a tutti i vescovi: tra gli altri, furono esiliati Celestio e Giuliano di Eclano.
L'ordine non riguardò Pelagio che da tempo non interveniva più nelle polimeche e, forse sempre residente in Palestina o forse in Egitto, morì pochi anni dopo.
[modifica] Opere
Per approfondire, vedi la voce Pelagianesimo. |
De libero arbitrio; De natura; De Trinitate; Epistulae ad Augustinum; Epistula ad viduam; Epistula ad Paulinum Nolanum; Epistula. ad Demetriadem; Epistula ad Constantium; Epistula ad Innocentium, exhibens libellum fidei; Expositiones XIII epistolarum Pauli; Liber Testimoniorum seu Eclogárum.
[modifica] La Lettera a Demetriade
Uomo rigoroso fino all'ascetismo, secondo la testimonianza dei suoi stessi avversari, la sua concezione, di impronta classica, può essere compendiata dal seguente passo: