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Lorenzo Bandini - Wikipedia

Lorenzo Bandini

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


Lorenzo Bandini

Italia
Carriera in Formula 1
Stagioni 1961-1967
Scuderie Centro-Sud, Cooper, Ferrari, BRM
Miglior risultato 4° (1964)
GP disputati 42
GP vinti 1
Pole-positions 1

Statistiche

Stagioni | Gran Premi | Circuiti | Persone | Piloti | Scuderie | Fornitori | Vetture


Tutte le voci sulla Formula 1

Bandini nel 1966 al Nürburgring
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Bandini nel 1966 al Nürburgring

Lorenzo Bandini (Barce, Libia Italiana, 21 dicembre 1935 - Montecarlo, Principato di Monaco, 10 maggio 1967) è stato un pilota italiano di Formula 1, vincitore del Gran Premio d'Austria del 1964 e deceduto a causa delle conseguenze di un incidente, durante il Gran Premio di Monaco 1967.

Indice

[modifica] Biografia

Bandini nasce a Barce, in Libia (all’epoca colonia italiana), ma già tre anni dopo la famiglia torna in Italia, stabilendosi a San Cassiano, piccolo centro presso Faenza. Il padre acquista un albergo in zona, garantendo alla famiglia un buon tenore di vita, ma allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale viene chiamato al fronte, dove sarà fatto prigioniero e fucilato. La famiglia si trasferisce così da parenti a Reggio Emilia e il giovane Lorenzo trova lavoro nell’officina per motociclette di Elico Millenotti, un meccanico che aggiusta motociclette.

Nel 1950 Bandini si trasferisce a Milano, dove si era trasferita la sorella Gabriella. L’ormai nata passione per i motori lo porta a trovare impiego presso il Garage Rex di via Plinio, di proprietà di colui che sarà l’uomo più importante di Lorenzo: Goliardo Freddi. Padre di Margherita, futura moglie di Bandini, sarà proprio Freddi che lo lancerà nel mondo delle corse automobilistiche. La Formula 1 sta vivendo in quegli anni una stagione magica, con nomi leggendari quali Alberto Ascari, Giuseppe Farina, Juan Manuel Fangio, Luigi Musso, Eugenio Castellotti e il vecchio ma sempre grandissimo Tazio Nuvolari.

[modifica] Debutto agonistico

Freddi, nel 1956, decide di aiutare quel giovane di belle speranze prestandogli la propria auto, una FIAT 1100 TV bicolore, per iscriversi alla gara Castell'Arquato–Vernasca. Bandini giunge quindicesimo, ma ormai ha trovato la sua strada e cerca di maturare quanta più esperienza possibile. Dopo aver raccolto il ventitreesimo posto alla Bolzano-Mendola, si piazza secondo alla Garessio–San Bernardo, per poi arrivare primo alla Lessolo-Alice. Giunge infine terzo alla Trento–Bondone, quarto alla Pontedecimo–Giovi si procura una nuova auto da corsa, la Fiat 8V.

Nel 1958 la prima vittoria importante: su una Lancia Appia coupé è primo della classe 2000 Gran Turismo alla Mille Miglia. Con una Volpini junior invece arriva terzo alla Coppa d’Oro di Sicilia. Nel 1959, con una Stanguellini, è di nuovo terzo alla Coppa d’Oro di Sicilia, e primo di categoria nella Coppa Madunina e ad Innsbruck. Ma corre anche la Coppa Sant’Ambroeus (quarto di categoria), il circuito di Sassari (sesto), la Coppa Junior a Monza (ventiduesimo), la Pontedecimo-Giovi (secondo), la Catania-Etna (primo di categoria), la Coppa Shell a Roma (sesto), il Gran premio di Montecarlo junior (quarto), il Gran Premio di Pau (quinto), il Trofeo Crivellari Junior (primo).

Nel 1960 è pilota ufficiale della Stanguellini, al Gran Premio della Libertà a Cuba, che vince, e a Monza, dove conosce un giovane pilota italiano appassionato come lui, Giancarlo Baghetti. Bandini si sta creando una fama, ma vuole fare il salto di categoria: la Formula 1. Il 1961 è l’anno giusto. Dopo aver conquistato il primo posto alla Coppa Junior Monza giunge la notizia di una grande occasione: la Scuderia Ferrari, in cerca di nuovi talenti, intende mettere a disposizione di un giovane una propria vettura. Bandini spera, ma il prescelto è l’amico Baghetti.

[modifica] Formula 1

Bandini è deluso, ma Mimmo Dei, titolare della Scuderia Centro–Sud, lo ha notato, e gli offre di correre sulle sue macchine, delle Cooper 1500 a motore posteriore Maserati. Esordisce su una Cooper a Pau, e arriva terzo, dietro a Jim Clark e Joakim Bonnier che guidano due Lotus-Climax. Soddisfatto del risultato, Dei lo iscrive alla sua prima gara del Campionato Mondiale di F1, il Gran Premio del Belgio. La corsa si conclude con un ritiro ma Dei è fiducioso, e affida a Bandini una Ferrari 250 Testa Rossa 3 litri a motore anteriore, che lo stesso Enzo Ferrari ha promesso alla Centro-Sud.

È con questa vettura che Bandini si impone alla 4 Ore di Pescara, in coppia con Giorgio Scarlatti: è la svolta. le grandi scuderie si avvicinano a Lorenzo. A dicembre Enzo Ferrari gli offre di correre su una sua macchina: Dei lo libera dal precedente contratto e Bandini diventa pilota ufficiale del "Cavallino". Debutta a Pau, dove arriva quinto, poi corre nella Targa Florio, in coppia con l’amico-rivale Giancarlo Baghetti, dove arrivano secondi.

Giunge primo al Gran Premio del Mediterraneo, terzo al Gran Premio di Monaco, primo al Gran Premio di Enna, e ottavo al Gran Premio di Monza. Ma Ferrari esita ad utilizzarlo come primo pilota in F1: ad affiancare John Surtees per il 1963, chiama Willy Mairesse. Solamente dopo un incidente a quest’ultimo, richiama Bandini. Nell’intervallo, in un’altalena di speranze e di delusioni, Bandini corre per il mondiale marche su Ferrari, per la F1 con la Cooper-Maserati e la BRM.

Coglie un'ottima affermazione alla 24 Ore di Le Mans, con Ludovico Scarfiotti: giungendo primi, al volante di una Ferrari, 24 ore e 4.561 chilometri percorsi ad una velocità media di 190 km/h, nuovo record. Lorenzo è lanciato: decimo al Gran Premio di Reims, primo al Trofeo d'Auvergne, quinto al Gran Premio di Gran Bretagna a Silverstone, quarto al Gran Premio Solitude, in Germania, e altri piazzamenti ad Enna, Pergusa, Stati Uniti, Sudafrica; alla fine dell’anno è “Campione Italiano Assoluto”.

Per il 1964 il posto in Ferrari è assicurato, insieme a Surtees. Il Patron comincia a vedere in lui l’autentico appassionato motorista, il pilota nato dal meccanico, l’innamorato della fabbrica, cosa che apprezza. Bandini contribuisce alla vittoria del mondiale da parte del suo compagno di squadra, soprattutto all’ultimo Gran Premio, quello del Messico, riuscendo a impedire il sorpasso di Graham Hill, anch’egli in corsa per il titolo. E si porta a casa una bella vittoria, al Gran Premio d’Austria, la sua prima (ed unica) affermazione in una gara di F1 valida per il Campionato. Ormai le gare a cui partecipa sono quelle più note, il Gran premio di Francia, d’Europa, di Germania, d’Italia, e per la seconda volta consecutiva si laurea a fine stagione Campione Italiano Assoluto.

Lorenzo Bandini - Ferrari 312
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Lorenzo Bandini - Ferrari 312

Arriva anche il 1965, con una vittoria, quella alla Targa Florio con Nino Vaccarella. Ma per il resto è una stagione opaca e non molto fortunata, che si chiude con un’inattesa doccia fredda, le parole di Ferrari alla conferenza stampa di dicembre: «Per ora abbiamo un corridore e mezzo: premesso che da noi lavora l’ingegnere collaudatore Parkes, vincolato fino al 1967 e premesso altresì che abbiamo un pilota, John Surtees, ora purtroppo infortunato, e che è con noi impegnato fino al dicembre del 1966, ci dichiariamo disponibili ad allenare, come abbiamo già iniziato, piloti italiani. Bandini è come un altro, continueremo a farlo correre, continueremo a provarlo. Se Bandini andrà più forte degli altri ovviamente correrà sempre. Quando uno ha due vetture bisogna che le affidi ai due che vanno più forte: con questo non intendo sottovalutare Bandini, ma non intendo neanche creare delle inamovibilità per chiunque corre su una Ferrari. Metteremo sopra quelli che ci daranno maggiore affidamento».

Parole quasi ovvie in bocca ad un costruttore, che deve agire nell'interesse della sua scuderia, ma anche amare per chi come Lorenzo riteneva il suo contratto, in scadenza il 31 dicembre 1965, automaticamente rinnovato. Ma Baldini reagisce col terzo posto in Belgio e col secondo a Montecarlo che lo portano al comando del Campionato di F1: potrebbe aspirare al titolo, ma l’illusione dura fino al Gran Premio di Reims. La stagione si chiude soltanto con l’ennesimo titolo di Campione Italiano Assoluto.

Il 1967 si apre con due importanti vittorie: la 24 ore di Daytona e la 1000 km di Monza, con Chris Amon, sulla Ferrari 330 P4. Ora è tornato ad essere la prima guida Ferrari in F1, e lo aspetta Montecarlo. Per il 1967 ci sono i presupposti per il trionfo iridato. L’unico vero avversario non é un pilota di un team rivale, ma il suo compagno Ludovico Scarfiotti, il secondo italiano in squadra. È lui che Bandini teme in maniera particolare, dal giorno della vittoria di questi al Gran Premio di Monza del 1966. «Vedeva in Scarfiotti – dirà anni dopo Enzo Ferrari – tutto quello che lui, Lorenzo, non era riuscito ad essere. Lodovico era il ragazzo ricco, felice, che aveva trovato nella sua vita le tappe già tracciate, anche se per questo aveva voluto guadagnarsi con il rischio qualcosa di suo. Lorenzo sentiva epidermicamente questa differenza. Lo ingelosiva quell’amico che aveva affrontato la carriera agonistica con la tranquillità di trovare una strada e superare la normale routine. Lui si sentiva il figlio del modesto meccanico di San Casciano di Romagna». Con questi fantasmi e queste rabbie inespresse arriva a Montecarlo, Ferrari lo capisce e gli affida la prima guida.

[modifica] La drammatica fine

È il 7 maggio 1967. Il 25° Gran Premio di Monaco inizia in una eccezionale cornice di pubblico, oltre centomila visitatori, e alla presenza degli augusti Principi Ranieri e Grace. È preceduto, contro ogni regolamento, da una gara di monoposto di Formula V e una immancabile sfilata di auto d’epoca. È Louis Chiron, l’ex grande pilota monegasco, a scandire i secondi prima del via di questa corsa, l’unica al mondo (all'epoca assieme al circuito di Pau, in Francia) ancora ospitata su un circuito cittadino. La partenza della vettura numero 18, la Ferrari di Bandini, è fulminea: prende subito il comando, e alla fine del primo giro ha già un secondo e mezzo su Denny Hulme. Alle sue spalle, però, Jack Brabham rompe il motore inondando d’olio la pista e provocando scompiglio tra gli inseguitori. Quando arriva Bandini, ignaro di quanto successo, sbanda sull’olio che copre il circuito ed è costretto a lasciar sfilare Hulme e Stewart, ritrovandosi in terza posizione intruppato con Surtees, Gurney, McLaren e Clark. A questo punto si scatena l’inseguimento di Bandini, reso avvincente anche dal ritiro di Stewart, e dall’incalzare di Surtees, McLaren e Clark.

Al 61° giro, Bandini fa segnare un distacco di 7”6 da Hulme, da cui lo separano due doppiati. Uno è Pedro Rodriguez, che si lascia facilmente passare, il secondo è Graham Hill. Hill, forse ricordandosi del sorpasso negatogli da Bandini nel Gran Premio del Messico del 1964, non lo lascia passare tanto facilmente: gli resiste per due giri, facendogli salire il ritardo da Hulme a 8 e poi a 12 secondi. Qui avviene la svolta della gara. Quando Bandini riesce a superare Hill, sembra svuotato, sfinito. Dal 65° all’80° giro il distacco aumenta fino a 20 secondi. All’82° giro la Ferrari numero 18 entra nell’imbuto della chicane del porto ad una velocità visibilmente superiore a quella degli altri piloti e a quella tenuta da Bandini stesso fino a quel momento. La sua auto non tiene più la strada, carambola da una parte all’altra della curvetta d’immissione sulla banchina, si dirige con il muso contro una bitta di ormeggio. E poi si solleva in aria per ricadere rovesciata con il pilota tra le lamiere, ormai avvolto dalle fiamme, e percorre impazzita trenta lunghissimi metri, con le ruote in aria.

È un momento drammatico: sulla carcassa della vettura in fiamme intervengono con gli estintori i commissari di gara, convinti che il pilota sia stato sbalzato via nell'impatto. Lo si cerca nella banchina, c'è chi teme sia finito in mare, come Alberto Ascari nel 1955. Quando poi, dopo circa 3 minuti e mezzo dall'incidente, l'incendio della Ferrari è domato si scopre l'orrenda verità: Bandini è ancora lì, bloccato dalle cinture, privo di conoscenza e col volto sfigurato. I commissari di gara e due civili (il Principe di Borbone Parma e l’amico Giancarlo Baghetti) ribaltano la vettura ed estraggono Bandini ormai in fin di vita, sotto gli occhi attoniti della moglie Margherita, che pur rimane in un dolore composto («In caso d'incidenti, non fate drammi» aveva chiesto più volte Lorenzo). Viene chiamata una Lancia, che lo trasporta al Nosocomio di Montecarlo, dove viene immediatamente operato per asportargli la milza e tentare di tamponare le gravissime lesioni: le lamiere gli hanno perforato il fianco sinistro, danneggiandogli la milza e il polmone sinistro; ma soprattutto l’intero corpo, per il 60%, è coperto da ustioni gravissime. La situazione appare subito drammatica.

Ogni tentativo dei medici risulta vano e Lorenzo Bandini muore, dopo settanta ore di agonia, il 10 maggio 1967.

La monoposto del ferrarista verrà trovata in 5° marcia quando avrebbe dovuto essere in 3°: la tesi più accreditata sarà quindi quella della stanchezza del milanese, che aveva dato il massimo e forse anche di più. Ma tutto ha congiurato per rendere più terribile l’incidente. Per esempio, la presenza, alla curva della chicane, di sbarre metalliche per l’attracco delle navi, che impediscono alla vettura di finire in mare. La presenza di balle di paglia ai lati della pista: sono le prime ad incendiarsi e ad alimentare le fiamme all’interno della vettura. L’olio sparso sull’asfalto dalla vettura di Brabham, che può aver favorito la perdita di controllo. L’attrezzatura degli addetti ai servizi antincendio, che non indossano le speciali tute in amianto, come è invece diventerà obbligatorio di lì a poco in Inghilterra, e che perciò hanno impiegato più tempo per avvicinarsi alla vettura ad accorgersi del corpo del pilota ancora incastrato. Per tre minuti e mezzo Bandini rimane in balia delle fiamme, tanto che, esaurita la carica dei primi estintori, i vigili devono correre a prenderne degli altri più capaci, distanti qualche decina di metri: tutti preziosi istanti persi.

[modifica] Reazioni

Il Presidente della Federazione francese degli sport automobilistici, Claude Bourillot, dichiara: «Da anni ci rifiutiamo di seguire il progresso. Assomigliamo ad aviatori che vorrebbero atterrare con dei Boeing su aeroporti della prima guerra mondiale. Lanciare a centottanta all’ora, in città come Montecarlo o Pau, dei bolidi come quelli attuali è pazzesco». L’onorevole Loris Fortuna, del PSU, presenta una interrogazione alla Camera chiedendo che siano proibite le corse in Italia. I giornali si chiedono con angoscia se sia davvero utile uno sport così rischioso. Violente polemiche sorgono in Francia e in Italia sull’opportunità di organizzare competizioni automobilistiche. Giovanni Canestrini, sul periodico “L’Automobile”, scrive «Si dovrebbe confessare che dalle corse non abbiamo imparato niente: e allora tanto varrebbe abbandonarle, visto che in campo tecnico la loro funzione va gradualmente degradando».

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