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K2 - Wikipedia

K2

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K2

La vetta del K2
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La vetta del K2
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Località: Cina
Baltistan, Pakistan
Altezza: 8.611 m s.l.m.
Catena: Karakorum
Coordinate: 35° 53' Nord; 76° 31' Est
Nomi e significati: Chagori (bantì)
Dapsang (bantì)
Godwin-Austen (desueto)
Data prima ascensione: 1954
Autore prima ascensione: Achille Compagnoni e Lino Lacedelli
Si invita a seguire lo schema del Progetto Montagne


Il K2, conosciuto anche come Monte Godwin-Austen, Chogori (lingua Bantì) o Dapsang, si trova nel gruppo del Karakorum che appartiene alla catena dell'Himalaya ed è con i suoi 8611 metri la seconda montagna più alta della Terra dopo l'Everest.

Si trova al confine tra la Cina e la parte del Kashmir controllato dal Pakistan

Il nome K2 (che sta per Karakorum 2, cioè la seconda cima del Karakorum) fu creato da T.G. Montgomery, un membro del gruppo che, guidato da Henry Godwin-Austen, effettuò i primi rilevamenti nel 1856.

Indice

[modifica] La conquista della vetta

Cinque tentativi di scalare il K2 furono fatti a partire dal 1902, ma a parte la spedizione del 1909 guidata da Luigi Amedeo di Savoia duca degli Abruzzi, che scoprì la via di salita lungo lo sperone est della montagna (il leggendario Sperone degli Abruzzi), non ci sarebbero stati grandi risultati fino al 1954, quando il 31 luglio una spedizione italiana guidata da Ardito Desio raggiunse la vetta. La notizia giunse in Italia a mezzogiorno del 3 agosto, e fu accolta con grande entusiasmo e come simbolo della rinascita del paese nel dopoguerra: da quel momento il K2 divenne per tutti la montagna degli italiani. I due alpinisti che raggiunsero effettivamente la vetta furono Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, anche se il merito va sicuramente all'intero gruppo, guidato con piglio di ferro da Desio (un uomo, sia detto per inciso, con enorme esperienza di spedizioni nell'Asia Centrale). L'attitudine quasi militare di questi, pur probabilmente giustificata dalla complessità dei problemi da affrontare (e dalla responsabilità di un'impresa che era stata caricata in Italia di molti significati extra-alpinistici) è tutt'ora oggetto di discussione.

La spedizione fu inizialmente segnata dalla tragedia della morte di Mario Puchoz, una guida di Courmayeur colpita da polmonite probabilmente complicata da edema polmonare. L'insistenza di Desio nel far continuare immediatamente le operazioni finì per creare una significativa frattura fra il capo spedizione e il gruppo di alpinisti, soprattutto il cosiddetto "gruppo di testa", composto da Compagnoni, Lacedelli, Walter Bonatti (considerato tra il 1954 e il 1965 uno dei migliori alpinisti al mondo), Erich Abram (una guida alto atesina) e Ubaldo Rey (un'altra guida di Courmayeur). Abram, Bonatti e Rey fecero il grosso del lavoro di messa in opera delle corde fisse sulla cosiddetta Piramide Nera, la difficile zona rocciosa poco sotto i 7000 metri che contiene il famoso Camino Bill.

Il 30 luglio, il giorno prima della salita finale, si rischiò un altro dramma: Bonatti e il pachistano Mahdi, che portavano le bombole d'ossigeno al nono campo dove Compagnoni e Lacedelli, designati per conquistare la cima, li attendevano, non riuscirono a raggiungere la tenda e, al sopraggiungere dell'oscurità, si trovarono impossibilitati sia a salire che a scendere. Essi dovettero quindi bivaccare all'aperto in condizioni climatiche proibitive, in una buca scavata alla meglio nella neve, senza tenda e senza coperte, e sopravvissero solo grazie alla loro eccezionale forza fisica. Mahdi riportò un congelamento che obbligò all'amputazione di tutte le dita dei piedi.

La mattina dopo Compagnoni e Lacedelli scesero a prendere le bombole, che garantivano una pressurizzazione alla quota di 6000 metri, dove Bonatti e Mahdi le avevano lasciate (a poche decine di metri dal campo), e con esse fecero la salita finale; l'ossigeno tuttavia, secondo il loro racconto, si esaurì due ore prima che raggiungessero la vetta, ed essi dovettero completare l'ascesa e affrontare tutta la discesa senza il supporto delle bombole. Al ritorno entrambi erano in condizioni psicofisiche difficili, e Compagnoni riportò gravi congelamenti alle mani, per i quali furono necessarie varie amputazioni.

[modifica] Le polemiche

L'esatto svolgersi degli avvenimenti del 30 e 31 luglio è stato a lungo controverso. Secondo quanto riferirono Compagnoni e Lacedelli, alla cui versione si attenne la relazione di Desio, essi avevano collocato il nono campo, la sera del 30, a circa 8060 metri di quota; da qui parlarono, a distanza e disturbati dal vento, con Bonatti e Mahdi, che si trovavano alcune decine di metri più sotto. Essi credettero che i due, lasciate le bombole, fossero ridiscesi all'ottavo campo; solo al mattino seguente, scendendo a prendere le bombole, videro da lontano Mahdi che stava scendendo in quel momento, ma fino al loro ricongiungimento con i compagni non capirono cosa fosse accaduto.

Nel 1964 fu pubblicato un articolo giornalistico che accusava Bonatti di aver quasi compromesso la spedizione per ambizione personale, tentando di raggiungere lui la cima con Mahdi, al quale aveva offerto del denaro perché lo aiutasse; in questo tentativo avrebbe usato le bombole di ossigeno, che per questo si sarebbero esaurite prima. Bonatti fu inoltre accusato di aver abbandonato Mahdi, scendendo all'ottavo campo senza attenderlo.

Bonatti fece causa per diffamazione e pubblicò una versione dei fatti alquanto diversa: egli confermò di avere offerto del denaro a Mahdi, ma solo per convincerlo a salire con lui al nono campo sostituendo Abram, che era stremato. La cattiva conoscenza dell'inglese da parte di entrambi forse generò un fraintendimento. Bonatti inoltre sostenne che Compagnoni e Lacedelli non avevano posto il campo a quota 8060, come era stato concordato, ma alcune decine di metri più in alto: fu per questo che lui e Mahdi non poterono raggiungerli e rischiarono la vita nel bivacco notturno, che secondo Bonatti avvenne poco sopra gli 8100 metri (invece dei 7990 indicati nella relazione ufficiale). Inoltre negò di aver abbandonato Mahdi, che al contrario era sceso prima di lui (gli altri alpinisti presenti all'ottavo campo lo confermarono) e smentì recisamente di aver usato le bombole, cosa impossibile in mancanza delle maschere che erano negli zaini di Compagnoni e Lacedelli.

Per confermare la sua versione, Bonatti mise in dubbio che l'ossigeno si fosse realmente esaurito prima della fine dell'ascesa: a prova di questo egli portò le fotografie scattate sulla cima, che ritraggono i suoi compagni ancora con le bombole in spalla e le maschere sul viso. Inoltre sostenne che il tempo di ascesa indicato da Compagnoni e Lacedelli, di due ore per gli ultimi 200 metri di dislivello senza l'aiuto dell'ossigeno, fosse inverosimile. Bonatti disse infine di non essere mai stato consultato da Desio per la stesura della sua relazione: questa inizialmente non menzionava neppure l'episodio del bivacco notturno che fu inserito solo dopo le sue rimostranze.

Il processo diede ragione a Bonatti e l'autore dell'articolo dovette pubblicare una smentita; tuttavia la versione di Compagnoni e Lacedelli rimase quella "ufficiale" ancora a lungo e le discussioni si trascinarono, con Bonatti che insisteva perché fossero riconosciute le sue ragioni. Alcuni sostennero che, essendosi scaricate le bombole d'ossigeno circa 200 metri sotto la vetta, lo sforzo di Bonatti non sarebbe stato così fondamentale. Finalmente nel maggio 2004, con l'avvicinarsi della spedizione italiana celebrativa del cinquantenario del primo successo sul K2, una commissione storiografica voluta dal CAI ha riconosciuto ufficialmente il ruolo svolto da Bonatti. D'altro canto, in un libro uscito nel 2004, Lacedelli (pur riconoscendo che Bonatti non fu trattato in modo corretto durante la spedizione, soprattutto nell'episodio del bivacco forzato) ha ribadito che la cima fu raggiunta con le bombole ormai svuotate.

L'effetto finale di questa controversia è stato, purtroppo, che la prima salita del K2 è ora ricordata più per le polemiche che per il suo grande valore alpinistico.

[modifica] Percorsi e accessi

  1. Il versante pakistano - il più conosciuto
    1. Lo sperone degli Abruzzi (o cresta sud-ovest) - è la via utilizzata per la prima ascesa e, nonostante sia considerata tra le vie più "normali", è piuttosto difficile e pericolosa
    2. Cresta nord-est - via inaugurata da Rick Ridgeway, John Roskelly, Lou Reichardt e Jim Wickwire nel 1978
    3. Sperone sud sud-est - variazione dello Sperone degli Abruzzi, è forse la via più "sicura"
    4. Il pilastro sud-ovest (la "linea magica") - Reinhold Messner con una sola occhiata la giudicò una via suicida; scalata nel 1986 da un gruppo di polacchi, mantiene ancora oggi la sua fama
    5. Parete sud (la "via polacca") - non per tutti, forte pericolo di valanghe
    6. Cresta Ovest
  2. Il versante cinese - molto meno esplorato e frequentato, anche perché le autorità cinesi impediscono l'utilizzo di portatori locali quali gli sherpa nepalesi; ci sono solo 2 percorsi esplorati:
    1. Cresta nord - inaugurata da una grande spedizione giapponese nel 1982, è forse uno dei percorsi himalayani più interessanti; da affrontare in gruppi numerosi, anche se ci sono problemi di spazio al campo 1 e al campo 4
    2. Parete nord-ovest - inaugurata nel 1992, prevede il passaggio per la cresta nord-ovest per poi ricollegarsi al percorso precedente

[modifica] Difficoltà

La difficoltà del K2, molto maggiore di quella dell'Everest, è testimoniata dal fatto che fino al giugno 2000, solamente 189 persone hanno raggiunto la vetta (contro le circa 1500 che hanno raggiunto quella dell'Everest); 49 persone sono morte, dei quali ben 16 nel tragico 1986 e spesso nella fase di discesa. I problemi stanno soprattutto nei numerosi passaggi difficili e ripidi e nel microclima, rigido e difficilmente prevedibile, che il più delle volte con lo scatenarsi di pericolosissime tormente impedisce di raggiungere la vetta per un'intera stagione.

Interessante anche il rapporto tra il K2 e le donne: solo 5 alpiniste hanno raggiunto la vetta, ma nessuna di esse è ancora in vita; infatti 3 di loro sono morte durante la discesa dal K2, mentre le altre 2 sono morte successivamente in altre scalate. Per questo c'è chi parla di una maledizione, che colpirebbe le donne che hanno conquistato questa montagna.

[modifica] Il K2 oggi

Nel luglio 2004 la nutrita Spedizione celebrativa K2 1954-2004 (33 alpinisti, un numero troppo elevato secondo molti) ha tentato, portandola a termine, la scalata del K2 per festeggiare i 50 anni dall'impresa di Compagnoni e Lacedelli. Il 26 luglio - a tre anni di distanza da che l'ultimo alpinista aveva raggiunto la vetta - Silvio Mondinelli e Karl Unterkircher hanno (ri)conquistato il K2. Anche questa spedizione ha lasciato sul campo delle vittime: 5 sherpa sono affogati in territorio pakistano travolti da un'ondata di piena di un fiume che stavano guadando. Il drammatico evento è dovuto ad un cambio di percorso, fatto per raggiungere il campo base in tempi più rapidi per poter recuperare i 5 giorni persi per le nevicate precedenti. Probabilmente l'errore commesso è dovuto all'inesperienza o non conoscenza dei luoghi degli sherpa reclutati in vallate distanti. Infatti la spedizione italiana aveva molto materiale e non era riuscita a trovare nel luogo abbastanza portatori, tanto che era dovuto intervenire anche il governo per sopperire a questa mancanza.

Tuttavia, ancora molto resta da scoprire: i percorsi di salita attuali sono piuttosto tortuosi, il versante cinese è poco conosciuto, nessuno ha mai compiuto con successo un'ascesa invernale (più volte tentata da spedizioni polacche).

[modifica] Trasposizioni cinematografiche

[modifica] Collegamenti esterni

I quattordici ottomila
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