Filippo Maria Visconti
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Filippo Maria Visconti (23 settembre 1392 - 13 agosto 1447), figlio del Duca Gian Galeazzo e di Caterina Visconti, fu l'ultimo Duca visconteo a reggere il Ducato di Milano.
[modifica] La vita e le azioni
Sin dalla più tenera infanzia l'esistenza di Filippo Maria fu segnata da numerosi problemi fisici. Ancór prima che egli ed il suo fratello maggiore - Giovanni Maria - fossero concepiti, la madre ebbe diversi aborti, probabilmente da attribuire al rapporto endogamico della coppia ducale: Gian galeazzo e Caterina erano infatti cugini in primo grado. Temendo la mancata comparsa di una propria discendenza - problematica anche per ragioni di opportunità e di prestigio politici - la coppia fece voto di offrire alla Madonna i proprî futuri figlî. Caterina rimase incinta del primogenito Giovanni nel 1388, che nacque lo steso anno, e nel 1392 venne alla luce Filippo. Ad entrambi fu imposto il secondo nome Maria per ringraziare la Santa Vergine della grazia ricevuta. Sebbene fósse dichiarato sano e robusto - probabilmente per compiacere i genitori, il piccolo Filippo Maria soffrì sin dai primi anni di rachitismo, che gli impedì, anche da adulto, di camminare o stare in piedi per lunghi periodi.
Nel 1402 morì Gian Galeazzo, che sette anni prima, nel 1395, aveva ottenuto l'elevazione al rango di Duca di Milano. Il titolo e la signoria sui vasti possedimenti viscontei passò al primogenito Giovanni Maria, il quale - essendo appena tredicenne - fu affidato alle tutela della madre Caterina, nominata Reggente. Il piccolo Filippo Maria, invece, fu inviato a Pavia, nel territorio che il testamento del padre gli aveva assegnato come Contea.
Il governo di Giovanni Maria fu pesantemente segnato dagli scontri tra le opposte fazioni politiche che allora cercavano il predominio nell'ex Ducato di Gian Galeazzo. Durante le lotte prese il sopravvento il condottero Facino Cane, che riuscì a fomentare la rivalità fra il giovane Duca e la Reggente. Determinato a raggiungere l'obiettivo, egli vide l'esito della propria opera concretizzarsi nel 1404, quando Giovanni Maria fece arrestare e confinare la madre nel Castello di Monza. Davvero un'ironia della sòrte, perché quello stesso Castello le era stato donato il giorno delle nozze dal marito Gian Galeazzo ventiquattro anni prima. Dopo circa due mesi di prigionia Caterina morì, nell'indifferenza déi grandi tumulti politici. Solo Filippo Maria s'era preoccupato di lei, ma senza poter fare granché: trincerato dietro le mura del Castello di Pavia, assisteva impotente allo sgretolamento dello Stato creato dal padre e dai suoi antenati, mentre il fratello maggiore si inimicava sempre più l'aristocrazia ed il popolo milanese, arrivando ad arrestare la loro stessa madre. Era già molto, anzi, che Giovanni Maria non riservasse al fratello lo stesso trattamento della genitrice: ma il dodicenne Visconti era un avversario - almeno per il momento - di poco conto, considerata la sua fragile salute e la mancanza di mezzi con cui trascorreva la sua esistenza pavese. Esistenza che dal 1410 fu messa ancór più "in forse", poiché in quell'anno Facino Cane riuscì ad occupare la stessa Pavia.
Per Filippo Maria il grande cambiamento arrivò nel 1412, quando nell'arco di pochi giorni sia Facino Cane sia Giovanni Maria morirono. Da entrambi Filippo Maria ricevette cospicue eredità: da Facino Cane la vedova del condottiero - Beatrice - che lo stesso Facino aveva affidato a Filippo Maria insieme ad una cospicua dote, in cambio della promessa di sposarla; dal fratello Giovanni Maria, invece, il titolo ducale e la signoria sui territorî soggetti a Milano. Eredità, quest'ultima, sicuramente più difficile da gestire della prima, poiché lo Stato visconteo si trovava in una situazione di profonda crisi politica ed economica.
Filippo Maria - personalità paranoica, superstiziosa ma anche spregiudicata e cinica - diede dimostrazione di notevole abilità politica. Sposò Beatrice Lascaris di Tenda, quarantaduenne vedova ed erede di Facino Cane, matrimonio caldeggiato dal vescovo di Milano, Bartolomeo Capra e con le risorse economiche e militari apportate in dote dalla moglie riuscì a riassestare parzialmente lo stato. Quando la moglie si dimostrò troppo interessata agli eventi politici la fece decapitare nel 1418 presso il castello di Binasco, accusandola pretestuosamente di adulterio.
Fu sospettato di atteggiamenti lussuriosi, nella sua corte si era infatti circondato di paggi che lo seguivano ovunque, intratteneva inoltre un rapporto stabile con Agnese, figlia del conte palatino Ambrogio del Maino e probabilmente dama di compagnia della moglie. Nel 1425 dalla relazione nacque Bianca Maria, unica erede naturale di Filippo Maria.
Alla morte di Giorgio Ordelaffi, signore di Forlì, quando il figlio di costui Tebaldo Ordelaffi era ancora piccolo, Filippo Maria Visconti, come tutore di Tebaldo nominato da Giorgio, colse l'occasione per tentare la conquista della Romagna (1423). Scoppiò allora una guerra con Firenze, fermamente decisa a contrastarne le ambizioni.
Venezia, dopo alcuni rovesci dei fiorentini e persuasa dal Conte di Carmagnola, decise di intervenire (1425) a loro favore. La guerra si spostava in Lombardia, nel marzo del 1426 il Carmagnola fomentò la rivolta di Brescia che lui stesso aveva conquistato per il Visconti cinque anni prima. Dopo un lungo assedio e la distruzione della flotta ducale che portava cibo alla città assediata, Venezia conquistò Brescia e la sponda orientale del Garda. Filippo Maria chiese inutilmente aiuto all'imperatore Sigismondo e nel 1426 fu costretto ad accettare la pace alle condizione proposte da Papa Martino V, la cessione di Brescia e la restituzione al Carmagnola di tutti i suoi averi rimasti a Milano.
La pace fu mal accettata sia dalla popolazione milanese sia dall'imperatore e, proprio le rampogne di quest'ultimo, diedero a Filippo Maria il pretesto per ricominciare le ostilità che portarono però alla disfatta di Maclodio (12 ottobre 1427) citata anche da Alessandro Manzoni. Alla sconfitta seguì una nuova pace conclusa a Ferrara con la mediazione di Niccolò d'Este che comportò per il Ducato di Milano la definitiva perdita di Bergamo e Brescia.
Nel 1431 divenne papa Eugenio IV, veneziano e quindi ostile al Visconti.
Filippo Maria Visconti cedeva al Papa Forlì e Imola, anche perché si schierarono contro di lui pure Ferrara, Mantova, il Monferrato e i Savoia.
Nel 1428, trovandosi in un'impasse politica fece di tutto per allearsi con il Duca di Savoia e sposò Maria di Savoia, nell'urgenza degli eventi si disinteressò della dote e nel tempo ribaltò sulla giovane moglie l'astio per la situazione in cui si era venuto a trovare.
Nella tarda primavera del 1446, a fronte dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute, Filippo Maria di preoccupò della salvezza della sua anima incaricando un gruppo di teologi di dirimere il dubbio se un "signore temporale si possa salvare appresso Iddio". Rassicurato dal responso del collegio degli studiosi che lo invitavano, per la tranquillità dello stato, a pensare alla successione tentò un riavvicinamento con Francesco Sforza e la figlia Bianca Maria. I sostenitori dello Sforza presso la corte di Filippo vedevano in Bianca Maria, e quindi in suo marito, il successore naturale e soprattutto colui che li avrebbe difesi dall'avidità veneziana.
Francesco, a cui gli altanenanti umori del suocero erano ormai noti, tentennò e rinviò il rientro a Milano, chiedendo delle garanzie in cambio delle promesse del suocero e preferendo. Le trattative si prolungarono e subirono un arresto a causa dell'eccessivo entusiasmo con cui lo Sforza ero atteso a Milano. Il 5 maggio 1447 l'oratore sforzesco a Milano scrisse "il duca è entrato in grande gelosia e la mente sua non è sincera".
L'agonia di Filippo Maria scatenò la corsa alla successione. Il testamento di Gian Galeazzo Visconti disponeva che, in mancanza di discendenza maschile, la linea di successione dovesse essere quella della figlia Valentina. I francesi, forti di questo fatto rivendicavano il ducato per Carlo d'Orléans. Dall'altro lato gli spagnoli sostenevano che il testamento di Filippo Maria fosse a favore di Alfonso d'Aragona. Fra gli italiani, oltre allo Sforza, rivendicava il titolo Ludovico di Savoia, fratello della duchessa, invece valenti giuristi, fra i quali il Piccolomini, sostenevano che il titolo andasse rimesso all'Imperatore.
L'unico che avrebbe potuto fare chiarezza era Filippo Maria stesso che però aveva perduto ogni interesse per il governo del Ducato e alle ansiose domande sulla successione rispondeva che "dopo di lui tutto avesse a rovinare" anticipando il più celebre "Après moi le déluge" di Luigi XV.
Il 6 agosto rinunciò alle cure e l'11 subì un forte peggioramento. Nella notte fra il 12 e il 13 agosto chiese di essere voltato con il viso rivolto al muro e poco dopo morì, isolato e sdegnato così come era vissuto.
[modifica] Il personaggio storico
In Filippo Maria Visconti la vena di follia che da generazioni attraversava la dinastia Visconti non si manifestò con gli atteggiamenti perversamente cruenti e sanguinari che avevano caratterizzato il fratello Giovanni Maria e alcuni predecessori al titolo bensì con una paranoica misantropia che lo portava a vivere completamente isolato nella fortezza di Porta Giovia e a tessere da lì le sue trame circondato da un piccolo gruppo di fedelissimi.
Ipocondriaco e maniacalmente sospettoso anche nei confronti dei famigliari che erano costantemente sorvegliati da una rete di spie, persino i confessori della moglie e dell'amante gli riportavano ogni parola.
Filippo Maria era inoltre estremamente superstizioso, si circondava di astrologi incaricati di segnalargli luogo e momento più propizio per ogni azione. Ciononostante ebbe grande abilità politica e la capacità di scegliere e condurre ottimi condottieri (il Carmagnola, lo Sforza il Piccinino) che gli permisero di riportare il ducato di Milano al presitigio di cui godeva ai tempi di Gian Galeazzo Visconti.
[modifica] Successione
- Primo matrimonio Beatrice Lascaris
- Secondo matrimonio Maria di Savoia
- Illegittimi con Agnese del Maino
- Caterina Maria, morta subito dopo la nascita
- Bianca Maria Visconti
- Bianca Maria Visconti
Predecessore: Giovanni Maria |
Duca di Milano 1395-1402 |
Successore: Repubblica Ambrosiana |
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