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Dialetto gallurese

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Gallurese (Gadduresu)
Creato da: {{{creatore}}} nel {{{anno}}}
Contesto: {{{contesto}}}
Parlato in: Italia
Regioni:Parlato in: Sardegna (Gallura)
Periodo: {{{periodo}}}
Persone: ~100.000
Classifica: non in top 100
Scrittura: {{{scrittura}}}
Tipologia: SVO
Filogenesi:

Lingue indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Corso
    Gallurese
     
      
       
        
         
          
           
            
             
              

Statuto ufficiale
Nazioni: nessuna
Regolato da: accademia della lingua gallurese
Codici di classificazione
ISO 639-1 co o sc
ISO 639-2 cos o srd
ISO 639-3 {{{iso3}}}
SIL SDN  (EN)
SIL {{{sil2}}}
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1
Tutti l'omini nascini libbari e pari in dignitài e diritti. So' iddi dutati di rasgioni e di cuscenzia e deni operà l'unu cu' l'altu cu' ispiritu di fratiddanza.
Il Padre Nostro
Tutti l'omini nascini libbari e pari in dignitài e diritti. So' iddi dutati di rasgioni e di cuscenzia e deni operà l'unu cu' l'altu cu' ispiritu di fratiddanza.
Traslitterazione
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Lingua - Elenco delle lingue - Linguistica
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Diffusione geografica del Gallurese
Distribuzione geografica del Gallurese
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Il gallurese (nome nativo Gadduresu) è un dialetto essenzialmente còrso, parlato in Gallura (Gaddura), nella parte nord-orientale della Sardegna e si avvicina più particolarmente al dialetto oltremontano parlato nella parte meridionale della Corsica, in particolare nei distretti di Sartene e dell'Alta Rocca. La sua più antica documentazione letteraria risale ai primi decenni del Settecento ed è costituita da componimenti poetici ma vari documenti bassomedievali inducono a datarne la formazione - almeno nei suoi tratti fondamentali - ai primi decenni del Quattrocento.

Le traccie del sardo logudorese sono ben visibili nel lessico gallurese, dove si stima ne costituiscano poco meno del 20% del totale, anche se la pronuncia, la sintassi e la grammatica sono invece tipicamente e chiaramente Còrse. Appartiene, unitamente al sassarese, al gruppo dei dialetti corso-sardi. In base al suo lessico e alla sua struttura grammaticale il gallurese può infatti essere classificato come un dialetto linguisticamente "corso" ma geograficamente "sardo".


Indice

[modifica] Area di diffusione

Il gallurese è diffuso nei seguenti comuni delle province di Olbia-Tempio e Sassari: Tempio Pausania, La Maddalena, Arzachena, Calangianus, Aggius, Bortigiadas, Santa Teresa Gallura, Luogosanto, Palau, Aglientu, Trinità d'Agultu e Vignola, Telti, Golfo Aranci, Santa Maria Coghinas (SS), Badesi, Viddalba (SS), Sant'Antonio di Gallura, Loiri Porto San Paolo, San Teodoro e Erula (SS). È inoltre parlato in parte dei comuni di Valledoria (SS), Perfugas (SS), Berchidda, Monti, Oschiri, Padru e Budoni.

Pur compresi nella Gallura, a Olbia, a Luras, a Padru e in parte dei territori di Golfo Aranci e di Budoni viene parlato prevalentemente il sardo logudorese nella variante logudorese settentrionale. I dialetti castellanesi parlati a Castelsardo (SS) e nel nord dell'Anglona a Sedini (SS) e La Muddizza di Valledoria (SS) sono dialetti di transizione tra il gallurese e il sassarese, con maggiori influenze da parte di questi ultimi.

[modifica] Storia

Già in periodo romano la Gallura risulta abitata da popolazioni di origine corsa. In periodo medioevale nel Giudicato di Gallura era divenuto in ogni caso prevalente l'elemento linguistico sardo-logudorese, nella cui lingua "nazionale" venivano redatti gli antichi atti ufficiali del Giudicato anche se non è da escludere una presenza sporadica di elementi di origine corsa specie nelle campagne. Di questo substrato sardo sono oggi rimaste tracce nelle due isole linguistiche logudoresi di Luras e Olbia (anche se in quest'ultima pregiudicate dalle immigrazioni degli ultimi secoli) e in diversi toponimi galluresi (tra cui gli stessi nomi di Gortiglata/Bortigiadas, Agios/Aggius, Nuches/Nugues/Nuchis, Luras, Calanjanos/Calangianus). Dal 1100 si aggiungono influssi pisani (sia in Gallura che nel Sassarese) e genovesi (soprattutto a Sassari) che si affiancano nell'amministrazione dei governi giudicali fino al 1300, anno in cui la regione viene conquistata dai catalano-aragonesi e viene registrata una consistente presenza di immigrati corsi in tutta la Sardegna, in particolare in Gallura, a Castelgenovese ed a Sassari. Nel periodo compreso tra il 1347-48 e il 1400 la Gallura si spopola a seguito di un'epidemia e di incursioni piratesche e ha inizio l'insediamento di massa di numerose famiglie provenienti dal sud della Corsica (allora dominio genovese) che importano nella Gallura interna i propri dialetti orali (ormai fortemente influenzati dall'influsso pisano e genovese in Corsica) assimilando contestualmente diversi vocaboli e toponimi dalle parlate logudoresi, (circa il 18-20% del lessico attuale), nonché alcuni termini catalani. Questa immigrazione è stata tra l'altro sostenuta dal governo aragonese al fine di ripopolare le deserte terre galluresi. Al periodo tra 1445 e 1470 risale l'epigrafe della chiesa di Santa Vittoria nelle campagne tra Erula e Perfugas (area ai margini della Gallura e ai confini con l'area di diffusione del logudorese), primo testo scritto ascrivibile al corso-gallurese ("OPerAIU | MALU E FO | rA / LErIMITA"). A metà del XVI secolo la Gallura viene documentata come ormai chiaramente abitata da corsi insediati per cellule isolate in quella tipologia ancor'oggi caratteristica della Gallura e della Corsica ("stazzi"). Al 1683 risale la prima attestazione letteraria ascrivibile all'area gallurese-sassarese, Fioriddu, trascritto da un ispano-sardo durante i festeggiamenti della Vergine di Luogosanto e conservato nel canzoniere Ispano-Sardo della Biblioteca di Brera a Milano, che, sia pure nell'incertezza della trascrizione ortografica presenta caratteristiche intermedie tra le due varianti, attestandone la comune origine nonché lo stretto legame con la poesia còrsa dell'Alto Taravo e dell'Alta Rocca (Suta un arboru fioriddu/ si dormia la donna mia/ et tantera addormentada/ que isvillar no si podia/ et yo li tocay lu pedi/ et issa mi disse a'a'/ et amuri si mi uoy bene/ un altru pocu piu en goba tua). Nel 1700 l'immigrazione corsa alimenta gli scambi ed il contrabbando con la vicina isola e ha ormai portato all'accrescrimento dell'Alta Gallura e dei suoi centri (in particolare Tempio che gradatamente assume configurazione urbana e ruolo di capoluogo) e al ripopolamento delle campagne con popolazioni sparse di pastori abitanti in stazzi, talvolta raggruppati in piccoli agglomerati ("cussogghji"), mentre la costa gallurese maggiormente esposta alle incursioni arabe resta sostanzialmente spopolata. A questo particolare periodo storico risale il detto Pa’ noi non v’ha middori, non impolta lu ch’ha vintu, o sia Filippu Quintu o Càrralu imperadori!. All'epoca la Gallura - nonostante la notevole estensione - conta solo 7 comuni (Tempio, Terranova, Bortigiadas, Aggius, Nuchis, Luras, Calangianus) di cui 6 con centro nella Gallura interna. In questo periodo il gallurese ha ormai raggiunto la maturità, quanto a forma e ambito di diffusione, e dignità letteraria con forme degne di nota con i componimenti di Gavino Pes (1724-1795). Con l'800 si assiste al freno dell'immigrazione e degli scambi con la Corsica anche per effetto della più restrittiva politica doganale sabauda, allo sviluppo delle cussorge in villaggi e alla diffusione del gallurese anche nella fascia costiera. Nell'isola di La Maddalena il dialetto "isulanu" viene invece portato direttamente da pescatori e pastori corsi dell'entroterra di Bonifacio. L'area di diffusione del gallurese si presenta da allora in fase di continua espansione, accogliendo alcuni comuni in cui era tradizionalmente parlato il sardo nella variante logudorese (nel corso del '900 Bortigiadas e parte degli agri di Perfugas, Erula, Monti, Berchidda, Padru e Budoni), mentre ha mantenuto le due enclave linguistiche logudoresi di Luras e Olbia (centri dalle spiccate economie mercantili e legate agli scambi, nelle queli il gallurese è comunque sempre compreso e spesso anche parlato). Sono in gallurese due canzoni di Fabrizio De Andrè: Zirichiltaggia (Zirichiltagghja) e Monti di Mola.

[modifica] Elementi costitutivi tipici

Il Gallurese si presenta con caratteri di notevole omogeneità e uniformità che ne marcano le notevoli differenze rispetto alle adiacenti parlate logudoresi e la similitudine con quelle corse meridionali. Anche le norme di scrittura differiscono da quelle della lingua sarda e ricalcano grosso modo quelle in uso nella lingua corsa con alcune differenze legate a una maggiore influenza dell'ortografia italiana.

  • Il plurale dei nomi finisce per vocale e si forma aggiungendo la -i ("ghjanni" o "polti" [porte]) come in corso ed in italiano, e non la -s come in sardo ("jannas"), latino, spagnolo, catalano, etc;
  • Il plurale non varia nel genere maschile e femminile ("la tarra/li tarri", "la donna/li donni", "lu campu/li campi"), come nel corso meridionale ("a tarra/i tarri", "a donna/i donni", "u campu/i campi") e a differenza dal sardo ("sa terra/sas terras", "sa femina/sas feminas", "su campu/sos campos") e del corso settentrionale ("a terra/e terre", "a donna/e donne", "u campu/i campi");
  • L'assenza del fenomeno fonetico della metafonia (cambio vocalico), tipico del sardo;
  • La caduta delle consonanti finali, ampiamente presenti in sardo;
  • La conservazione del finale in -u atona, caratteristica comune al còrso e al sardo;
  • Gli articoli determinativi in lu, la, li, li esattamente come in corso antico e nell'odierno capocorsino (nella restante Corsica oggi sono "u", "a", "i", "i") originati dal latino ille, mentre in Sardo sono "su", "sa", "sos", "sas" (dal latino ipse);
  • La presenza della doppia -dd- cacuminale /ɖ:/ al posto dei gruppi -gli- e -ll- o (come "piddà", "casteddu", "beddu", "nieddu", "stedda" [prendere/pigliare, castello, bello, nero, stella]) come in corso meridionale (mentre é "piglià, "castellu", "bellu", "neru/niellu", "stella" in corso settentrionale); lo stesso suono è presente anche in sardo ma secondo regole differenti (cfr. sardo "picare", "casteddu", "bellu", "nieddu", "istella"), nel còrso del sud, nel siciliano e in alcuni paesi delle Alpi Apuane;
  • La qu- modificata in c- velare /k/ all'inizio di diverse parole ("cattru", "chici", "chiddu", "candu" per il corso "quattru", "quici", "quiddu/quillu", "quandu" e l'italiano quattro, qui, quello, quando), sul modello del sardo ("battor", "inoghe" e "cussu" sono molto diverse ma si veda "cando") ma talvolta presente anche al sud della Corsica (corso e gallurese "calchi", qualche);
  • L'esito dell'iniziale in c- palatale /ʧ/: "centu" (cento), "cincu" (cinque), "centru" (centro), "citài" (città) come in còrso e toscano a differenza del sardo che mantiene la /k/ velare o -nelle innovazioni- la trasforma in /ts/ ("chentu", "chimbe", "tzentru"/ant."chentru", "tzitade/ant."chitade");
  • I trattamenti di -r- in -rt-, -rd-, -rc-, -rg-, -rp- e -rb- modificati in -l- e -lt-, -ld-, -lc-, -lg-, -lp- e -lb- ("poltu" [porto], "impultanti" [importante], "palchì" [perché], "cialbeddu" [cervello] mentre è "portu", "impurtanti", "parchì", "ciarbeddu/ciarbellu" in corso); Il fenomeno è assente nel sardo logudorese centrale ma presente nella sua più recente variante settentrionale ai confini con l'area gallurese.
  • La -b- al posto della -v- ("abà, abali" [adesso] per il corso "avà, avali/avale");
  • L'elisione della -v- a seconda di ciò che la precede ("lu 'entu", "iddu è vecchjiu" per il corso "u ventu", "iddu è vechjiu"), fenomeno, seppur meno diffusamente presente anche nel còrso, e talvolta presente anche nel sardo ("su 'entu", "issu est (b)'etzu");
  • L'elisione della -v- e della -g- intervocaliche ("nii" [neve], "ghjoanu" [giovane], "Ghjuanni" [Giovanni], "chjai" [chiave], "taula" [tavola], "teula" [tegola], "aè" [avere]) ugualmente presente in alcune variètà di còrso e nel vicino sardo ("nie", "zoanu", "Juanne", "crae", "mesa", "teula", "aere");
  • La presenza dei suoni occlusivo-palatali ("intricciati") -chj- /c/ e -ghj- /ɟ/ ("ghjesgia" [chiesa], "occhji" [occhi], "aricchji" [orecchie in Italiano pl. irr.], "ghjnocchji" [ginocchia in Italiano pl. irr.]), "ghjattu" [gatto], "figghjulà" [guardare], "chjamà" [chiamare], "chjodu" [chiodo] come in corso, a differenza dal sardo in cui non sono presenti ("cresia", "ogros", "oricras", "gattu", "bidere", "abbochinare", "tzou") come pure nei dialetti sassaresi e di transizione; Il gruppo ghj- in posizione iniziale viene talvolta eliso e pronunciato come "i" semiconsonantica (/je:ʒa/, /jat:u/ per "ghjesgia", "ghjattu" ma ugualmente trascritto nel testo), come nel corso meridionale;
  • La presenza di suoni in -sgi- /ʒ/ ("casgiu" [formaggio], "ghjesgia" [chiesa], "basgiu" [bacio]) come in corso e diversamente dal sardo ("casu", "cresia", "basu");
  • Il passaggio a -rr- del gruppo -rn- ("turrà" [tornare], "carri" [carne]) come nel corso meridionale;
  • Il passaggio a -ss- del gruppo -rs- ("cossu" [corso], "videssi" [vedersi]);
  • Il trattamento di -gn- e -ng- come nei dialetti corsi e toscani: "castagna" (castagna), "Saldigna" (Sardegna), "tigna" (tigna), "linga" (lingua); Il fenomeno -gn- si presenta in alcuni casi anche in alcune varietà settentrionali del sardo per influenza spagnola e italiana (ad es. "Sardigna/Sardinnia", cfr. invece "castanza"/ant."castanja", "tinza" e il particolarissimo "limba");
  • La conservazione della distinzione latina tra vocali toniche e atone -i-/-e- e -u-/-o- come presente sia nel còrso meridionale che nel sardo: "pilu" (pelo) rispetto a "tela" (tela), "gula" (gola) rispetto a "soli" (sole);
  • L'assenza del fenomeno della lenizione per le consonanti -t- e -c-, ("andatu" [andato]), ("locu" [luogo]) come nel corso meridionale, presente invece nel sardo e in alcune varietà di corso settentrionale ("andadu", "logu").
  • Il terminale di vocaboli in -ai ("citai" [città], "trinitai" [trinità]), come in corso antico ma ancora in uso in alcune varietà (sartinese), in sardo "tzitade" e "trinidade";
  • La pronuncia di -dor- al posto della -tor- "imperadori" [imperatore], "cacciadori" per il corso "imperadori/imperatore", "cacciadori/cacciatore", analogamente anche alla pronuncia sarda "imperadore", "catzadore";
  • La terminazione del gerundio presente in -endi, mentre in corso è -endu/-andu, similmente a quanto avviene con -ende nel sardo;

[modifica] Lessico gallurese

Il gallurese si caratterizza per la presenza di elementi còrsi, sardi e di origine iberica.

  • Assoluta prevalenza di vocaboli e strutture grammaticali di origine còrsa e/o di influenza toscana; ad esempio "abà/abali" (adesso) da "avà/avali", "acciagghju" (acciaio), "aceddu" (uccello), "addisperu" (disperazione), "agghju" (ho), "aricchji" (orecchie), "arimani" (ieri), "avvidecci" (arrivederci) da "a videcci/avvedeci", "balconi" (finestra), "battaddolu" (batacchio), "brandali" (treppiede per cucinare), "brusta" (brace), "butiru" (burro), "calchi" (qualche), "chici/chinci" (quì) da "quici/quinci", "chistu" (questo) da "quistu", "chissu/chiddu" (quello) da "quissu/quiddu", "carrasciali" (carnevale) dal tosc. "carnasciale", "carri" (carne), "cagghjina" (contenitore in legno per liquidi), "casgiu" (formaggio), "chjai" (chiave) da "chjavi", "chjostru" (recinto per animali), "cenciu" (panno di cotone, foulard) dal tosc. "cencio", "cialbeddu" (cervello) da "ciarbeddu", "cincucentucattru" (cinquecentoquattro) da "cinquecentuquattru", "ciudda" (cipolla), "criasgia" (ciliegia) da "chjarasgia", "cruci" (croce), "cuddà" (salire, montare), "cunniscì" (conoscere), "dapoi" (dopo), "dugna" (ogni), "dumani" (domani), "èmu" (abbiamo), "fiddolu" (figlio), "figghjulà" (osservare), "fola" (favola), "frateddu" (fratello), "ghjacaru" (cane), "ghjastìma" (bestemmia), "ghjesgia" (chiesa), "ghjinnagghju" (gennaio), "ghjoi" (giovedì) da "ghjovi", "ciurrata" (giornata) da "ghjurnata", "Lisandru" (Alessandro), "fumaccia" (nebbia), "iddi" (essi) da "iddi/eddi", "inghjò" (giù) da "in ghjò", "innantu" (sopra) da "nantu/annantu", "lacà" (lasciare), "liccia" (leccio), "liceru" (leggero) da "ligeru", "listessu" (lo stesso), "mintuà" (menzionare, mentovare) da "mintuvà", "minnanna" (nonna), "muccichili" (muso), "occhji" (occhi), "ogghji" (oggi) da "oghji/oghje", "padulu" (palude), "paesi" (paese), "pagghjolu" (paiolo), "pastricciali" (piazzale intorno alla casa), "palchì" (perché) da "parchì", "piddà" (prendere), "rena" (sabbia), "salconi" (recinto dei capretti) da "sarconi", "scopa" (erica), "sirintina" (pomeriggio), "stazzu/stazzoni" (stazzo, dimora di campagna), "steddu/stiddoni" (ragazzo) da "ziteddu/ziteddoni", "sùaru" (sughero) da "suvaru", "suredda" (sorella), "tafoni" (roccia forata), "tamantu" (cotanto), "tandu" (allora), "tarra" (terra), "undi" (dove) da "undi/induve", "vagghjimu" (autunno), "vecchjiu" (vecchio), "vennari" (venerdì); È soprattutto notevole la similitudine del gallurese con antichi documenti còrsi e toscani di area pisana del periodo basso medioevale;
  • Vocaboli con radici presenti in entrambe le lingue còrsa e sarda in quanto neolatine: ad esempio "aiò!" (suvvia, dai!), ant."albu" (bianco), "ammintà" (ricordare), "barracocca" (albicocca), "busciaccara/busciacca" (borsa, tasca), "criatura" (bambino), "beddu" (bello), "bonu" (buono), "branu" (primavera), "falà" (scendere), "fora" (fuori), "listincu" (lentischio), "malu" (cattivo), "magghjori/maiori/maiò" (maggiore, grande), "minori" (minore), "multa" (mirto), "nieddu" (nero), "rumasinu" (rosmarino), "taula" (tavola), "strintu" (stretto), "trabaddu" (lavoro), "zinzula" (zanzara), "zuccaru" (zucchero);
  • Mancanza dei vocaboli fondamentali della lingua sarda ("vennari" e non "chenapura" per venerdì, "casa" e non "domo", "pecura" e non "'erveghe" per pecora, "chici" e non "inoghe" per quì, "carri" e non "petha" per carne), pur in presenza di un patrimonio lessicale di origine sarda pari a circa il 20% (comprendente il nome di alcuni mesi, diversi colori, etc.) spesso adattato alle regole di pronuncia del corso-gallurese e spesso in presenza di un sinonimo corsofono; Termini, nomi e toponimi di origine sarda presentano inoltre talvolta caratteristiche fonetiche che erano presenti nel logudorese antico fino alla metà del quattrocento; Ad esempio "biaittu" (blu), "catréa" (sedia) da "cadrèa", "chèna" (senza), "chèlcu" (quercia) da "chèrcu", "chisgìna" (cenere) da "chighìna/chisìna", "chìzzu" (presto, di buon'ora) dall'ant. "kitho"/od. "chìtto", "dì" (giorno) da "die", "èbba" (cavalla), "faiddà" (parlare) da "faeddare", "ghjanna" (porta) da "janna", "mannu" (grande), "ruiu" (rosso), "Santigaini" (Ottobre) dall'ant."Santigavini"/od."Santu Bainzu", "zilibrìccu" (cavalletta) da "thilipìrche", "ziràccu" (servo) da "thiràccu", "zirichelta" (lucertola) da ant. "thilikerta"/od."tilighèrta", "Nùcchisi" (Nuchis) ant. "Nukes"/od. "Nùghes", "Lùrisi" (Luras) ant. "Luris"/od. "Lùras".
  • Presenza di qualche decina di vocaboli di origine catalana, legati alla vita urbana e alle professioni ("matessi" [stesso], "carrera" [via], "grogu" (Tempiese) [giallo], "banduleri" [vagabondo], "barberi" [barbiere], "cara" [viso], "dismaià" (Temp.) [svenire], "tinteri" [calamaio], "chescia" (Temp.) [rimprovero], "elmosu" [bello], "caglià" [tacere], "agabbà" [smettere], "distempu" (Temp.) [tempo inopportuno], "gana" [voglia, appetito], "miccalori" [fazzoletto], "sindria" [anguria] rispettivamente da "mateix", "carrer", "groc", "bandoler", "barber", "cara", "desmaiar", "tinter", "queixa", "hermos", "callar", "acabar", "destemps", "gana", "mocador", "sindria"), peraltro spesso analogamente presenti anche in sardo (e ovviamente totalmente assenti in corso); Sono invece rarissimi (a differenza che nel logudorese) vocaboli inequivocabilmente ascrivibili alla lingua spagnola, ad es. "appusentu" [camera da letto] da "aposento";
  • Presenza di alcuni vocaboli di dubbia origine, forse ligure/settentrionale, ma non presenti nel corso (e senza analogie in sardo, catalano o spagnolo): "ea" [acqua] (prob. ant. "eva", cfr. sass. "eba", lig. "egua", piem. "eva", lad. "ega"), "micà/mecala" [smettere/smettila] (cfr. lomb. "mucà/mucala").

[modifica] Grammatica

Articoli determinativi (sing./plur.): lu/li, la/li

Articoli indeterminativi: unu, una

Pronomi personali: eu, tu, iddu/idda, noi, voi, iddi

Pronomi e aggettivi possessivi: mèu/mè, tòiu/tò, sòiu/sò, nostru, vostru, sòiu/sò

Pronomi e aggettivi dimostrativi: chistu-chisti (questo-questi), chissu-chissi, chiddu-chiddi (quello-quelli)

Verbi: I verbi hanno tre coniugazioni (, , ). La struttura dei verbi ricalca quella corsa, con qualche differenza minore su parte della terza coniugazione. Similmente al còrso e a differenza del sardo il gallurese conserva l'uso parlato del passato remoto anche se ne modifica la struttura avvicinandola a quella dell'antico tempo sardo logudorese oggi in disuso.

Verbo esse (essere):

  • Indicativo presente: eu socu, tu sei, iddu è, noi semu, voi seti, iddi sò;
  • Indicativo imperfetto: eu era/eru, tu eri, iddu era, noi erami, voi érati, iddi erani;
  • Indicativo passato remoto: eu fusi, tu fusti, iddu fusi, noi fusimi, voi fusiti, iddi fusini;
  • Indicativo futuro: eu saragghju, tu sarai/saré, iddu sarà, noi saremu, voi sareti, iddi sarani;
  • Congiuntivo presente: chi eu sia, chi tu sii, chi iddu sia, chi noi sìami, chi voi sìati, chi iddi sìani;
  • Congiuntivo imperfetto: chi eu fussi, chi tu fussi, chi iddu fussi, chi noi fussimi, chi voi fussiti, chi iddi fussini;
  • Condizionale: eu sarìa, tu sarìsti, iddu sarìa, noi sarìami, voi sarìati, iddi sarìani;
  • Gerundio presente: essendi/sendi;
  • Gerundio passato: essendi/sendi statu;

Verbo (avere):

  • Indicativo presente: eu agghju, tu hai, iddu ha, noi aèmu/èmu, voi aèti/éti, iddi ani;
  • Indicativo imperfetto: eu aìa/aìu, tu aìi, iddu aìa, noi aìami, voi aìati, iddi aìani;
  • Indicativo passato remoto: eu aìsi, tu aìsti, iddu aìsi, noi aìsimi, voi aìsiti, iddi aìsini;
  • Indicativo futuro: eu aragghju, tu arài/arè, iddu arà, noi aarèmu, voi aaréti, iddi aaràni;
  • Congiuntivo presente: chi eu agghjia, chi tu agghji, chi iddu agghja, chi noi àgghjimi, chi voi àgghjiti, chi iddi àgghjini;
  • Congiuntivo imperfetto: chi eu aissi, chi tu aissi, chi iddu aissi, chi noi aissimu, chi voi aissiti, chi iddi aissini;
  • Condizionale: eu aarìa, tu aarìsti/aarii, iddu aarìa, noi aarìami, voi aarìati, iddi aarìani;
  • Gerundio presente: aèndi;
  • Gerundio passato: aendi aùtu;

Coniugazione in -à - Verbo amà (amare):

  • Indicativo presente: eu amu, tu ami, iddu ama, noi amemu, voi ameti, iddi amani;
  • Indicativo imperfetto: eu amàa/amaia, tu amai/amaìi, iddu amaa/amaìa, noi amaami/amaìami, voi amaati/amaìati, iddi amaani/amaìani;
  • Indicativo passato remoto: eu amesi, tu amesti, iddu amesi, noi amesimi, voi amesiti, iddi amesini;
  • Indicativo futuro: eu amaragghju, tu amarè, iddu amarà, noi amarèmu, voi amaréti, iddi amarani;
  • Congiuntivo presente: chi eu àmia, chi tu ami, chi iddu àmia, chi noi àmiami, chi voi àmiati, chi iddi àmiani;
  • Congiuntivo imperfetto: chi eu amàssia, chi tu amàssi, chi iddu amàssia, chi noi amàssimi, chi voi amàssiti, chi iddi amàssini;
  • Condizionale: eu amarìa, tu amarìsti, iddu amarìa, noi amarìami, voi amarìati, iddi amarìani;
  • Gerundio presente: amèndi;
  • Gerundio passato: aendi amatu;

Coniugazione in -é - Verbo vidé (vedere):

  • Indicativo presente: eu vicu, tu vidi, iddu vidi, noi vidimu, voi viditi, iddi vidini;
  • Indicativo imperfetto: eu vidìa, tu vidìi, iddu vidìa, noi vidìami, voi vidìati, iddi vidìani;
  • Indicativo passato remoto: eu vidìsi, tu vidisti, iddu vidisi, noi vidìsimi, voi vidìstiti, iddi vidìsini;
  • Indicativo futuro: eu vidaràgghju, tu vidaré, iddu vidarà, noi vidarèmu, voi vidaréti, iddi vidaràni;
  • Congiuntivo presente: chi eu vidìa, chi tu vidìi, chi iddu vidìa, chi noi vidìami, chi voi vidìati, chi iddi vidìani;
  • Congiuntivo imperfetto: chi eu vidìssia, chi tu vidìssia, chi iddu vidìssia, chi noi vidìssiami, chi voi vidìssiati, chi iddi vidìssiani;
  • Condizionale: eu vidarìa, tu vidarìsti, iddu vidarìa, noi vidarìami, voi vidarìati, iddi vidarìani;
  • Gerundio presente: vidèndi;
  • Gerundio passato: aendi vidùtu;

I rari verbi di questa coniugazione ("aé", "cunviné", "cridé", "esse", "intindé","priidé", "sapé", "tiné", "vidé", "viné", "vulé") sono tutti irregolari.

Coniugazione in -ì - Verbo timì (temere): Questa coniugazione raccoglie in realtà due coniugazioni continuatrici di parte dei verbi in -ere (corrispondenti al differente esito -e/-a in corso): "timì" (temere), "biì" (bere), "cridì" (credere), "currì" (correre), "muì" (muovere), "nascì" (nascere), "punì" (porre), "ridì" (ridere), "vindì" (vendere); comprende inoltre gli esiti di -ire (il cui esito nel còrso meridionale è il medesimo del gallurese): "finì" (finire), "apparì" (apparire), "costruì" (costruire), "cuprì" (coprire), "dì" (dire), "drummì" (dormire), "fugghjì" (fuggire), "murì" (morire), "riscì" (riuscire), "suffrì" (soffrire);

  • Indicativo presente: eu timu, tu timi, iddu timi, noi timimu, voi timiti, iddi timini;
  • Indicativo imperfetto: eu timia, tu timìi, iddu timìa, noi timìami, voi timìati, iddi timìani;
  • Indicativo passato remoto: eu timìsi, tu timìsti, iddu timisi, noi timìsimi, voi timìstiti, iddi timìsini;
  • Indicativo futuro: eu timaragghju, tu timaré, iddu timarà, noi timarèmu, voi timaréti, iddi timaràni;
  • Congiuntivo presente: chi eu timia, chi tu timii, chi iddu timia, chi noi timiami, chi voi timiati, chi iddi timiani;
  • Congiuntivo imperfetto: chi eu timissi, chi tu timissi, chi iddu timissi, chi noi timissimu, chi voi timissiti, chi iddi timissini;
  • Condizionale: eu timarìa, tu timarìsti/aarii, iddu timarìa, noi timarìami, voi timarìati, iddi timarìani;
  • Gerundio presente: timèndi;
  • Gerundio passato: aendi timùtu;

Un'interessante curiosità del gallurese, riscontrabile anche nel corso meridionale, è dovuta al fatto che esistono due modi, entrambi storicamente corretti di coniugare l'indicativo imperfetto di alcuni verbi, per esempio:

Verbo andà (andare):

  • Indicativo imperfetto standard: eu andàa. tu andài, iddu andàa, noi andàami, voi andaàti, iddi andàani;
  • Indicativo imperfetto alternativo: eu andaìa, tu andaìi, iddu andaìa, noi andaiami, voi andaìati, iddi andaìani.

I due modi riflettono le forme maggiormente in uso rispettivamente nella Corsica settentrionale (e in Toscana) e in quella meridionale. Nel secondo tipo di coniugazione e in alcune località, il suono semiconsonantico -i- viene spesso sostituito da -gghjì- (andaìami -> andagghjìami).

Numeri: unu, dui, tre, cattru, cincu, sei, setti, ottu, noi, deci, undici, dodici, tredici, cattoldici, chindici, sedici, dicessetti, diciottu, dicennoi, vinti, ..., trinta, caranta, cincanta, ..., centu, duicentu, ..., middi, duimilia, ...;

Giorni: luni, malti, màlcuri, ghjoi, vènnari, sabbatu, duminica;

Mesi: ghjinnagghju, friagghju, malzu, abrili, magghju, lampata, agliola, aùstu, capidannu, Santigaini, Sant'Andria, natali. (queste ultime sono forme sostanzialmente legate alla cultura agricola e tendono ad andare in disuso, sostituite da ghjugnu, luddu, sittembri, uttobri, nuembri, dicembri);

Stagioni: branu/primmaèra, statiali/istati, vagghjimu/ottùgnu, invarru/varru;

Colori: biancu/canu/ant.albu [bianco], nieddu [nero], ruiu/ant.russu [rosso], giallu/grogu [giallo], biaittu/blu [blu], tulchinu [celeste], veldi [verde], grisgiu/canu/murru [grigio], biaittògnu/purpurinu [viola], aranciu/aranciò [arancione], marrò/castagnu [marrone].

[modifica] Varianti locali

Il gallurese si presenta relativamente omogeneo nel territorio con minime differenze sostanzialmente riconducibili alla pronuncia.

  • La sua variante base, maggiormente diffusa e standardizzata è quella tempiese ("timpiésu"), diffusasi dal '600 in ampia parte del territorio gallurese; gode di particolare prestigio a Tempio dove è abitualmente parlata anche negli uffici e negli ambienti più prestigiosi; la parlata della città ha storicamente risentito di maggiori influssi catalani rispetto a quella delle campagne;
  • La variante parlata nella Gallura Costiera da San Teodoro a Vignola ricalca grosso modo quella tempiese; minime differenze sono osservabili solo nella pronuncia e in qualche decina di vocaboli specie tra Alta e Bassa Gallura per cui i cittadini di Tempio e Calangianus spesso non esitano a far notare ai galluresi della bassa Gallura (anticamente detti pasturini) il modo - alle loro orecchie - grossolano di parlare, per pronuncia ed espressioni;
  • La variante calangianese ("caragnanesu") si differenzia dal tempiese esclusivamente per alcuni aspetti di pronuncia (ad es. "friacchju" per "friagghju"/febbraio, "pucchju" per "bugghju"/buio, "spucchjià" per "sbucchjià"/sbucciare);
  • La variante aggese ("agghjesu"), parlata ad Aggius e ai confini occidentali della Gallura (Badesi, Trinità, Viddalba, Codaruina di Valledoria), se ne discosta esclusivamente per alcune forme lessicali e per l'utilizzo fonetico della Z al posto della C palatale: (it. "cielo", gall. "celu", agg. "zelu"; it. "cento", gall. "centu", agg. "zentu"), similmente a quanto avviene nel sassarese e nei dialetti castellanesi di transizione (Castelsardo, Tergu, Muddizza di Valledoria);
  • Il dialetto teresino delle Bocche di Bonifacio ("lungunesu") ha subito maggiori e più recenti influenze dal corso ma a parte qualche vocabolo caratteristico non registra sostanziali differenze strutturali dal gallurese comune;
  • Il maddalenino ("isulanu") parlato nell'isola di La Maddalena, essendo frutto di una immigrazione sette-ottocentesca e quindi più recente di popolazioni corse provenienti dall'entroterra di Bonifacio, pur influenzato dal gallurese comune, per la mancanza di un substrato linguistico sardo e per la vicinanza geografica ha mantenuto invece caratteristiche originarie che lo farebbero rientrare a pieno titolo tra i dialetti del sud della Corsica (es. articoli in "u", "i" per "lu", "li", "quiddu" per "chiddu", "avà" per "abà", "acqua" per "ea", "durci" per "dulci", "nosciu" per "nostru"). Presenta inoltre numerosi vocaboli di origine genovese e ponzese.

[modifica] Esempio di testo in Gallurese

La più bedda di Gaddura (Nostra Signora di Locusantu, Regina di Gaddura) di Ciccheddu Mannoni:
(dal sito dell'Accademia della Lingua Gallurese)

Gallurese Italiano

Tu se’ nata par incantu
diliziosa elmosùra
la meddu di Locusantu
la più bedda di Gaddura.

Se’ bedda chi dugna cori
s’innammurigghja di te
pa l’occhj mei un fiori
ed è la meddu chi c’è.

E socu vecchju canutu
e socu a tempu passendi
parò sempri burrulendi
comu m’eti cunnisciutu

Cantu campu decu fà
sempri onori a Locusantu
ch’è la tarra di l’incantu
di ca' veni a istragnà.

La Patrona di Gaddura
l’emu noi in Locusantu
incurunata da lu cantu
cussì bedda criatura.

Tu sei nata per incanto
deliziosa bellezza
la migliore di Luogosanto
la piu bella di Gallura.

Sei (tanto) bella che ogni cuore
s'innamora di te
Per i miei occhi (sei) un fiore
sei la migliore che c'è.

Sono vecchio canuto
e il mio tempo stà passando
però sto sempre scherzando
come (quando) m'avete conosciuto.

Per quanto campo devo fare
sempre onore a Luogosanto
perché è la terra dell'incanto
per chi la viene a visitare.

La Patrona di Gallura
l'abbiamo noi a Luogosanto
incoronata dal canto
così bella creatura.

[modifica] Bibliografia

  • Canzoni Popolari, ossia raccolta di poesie tempiesi. Sassari: Dessì, 1859.
  • GUARNERIO, PE. I dialetti odierni di Sassari, della Gallura e della Corsica. In Archivio Glottologico Italiano. 1892-93, n. 13, p. 125-140, n. 14, p. 131-200/385-422.
  • CURRULEDDU, Pietro. Canti popolari in dialetto gallurese. Tempio: G. Tortu, 1910.
  • PES, Gavino.Canti di Gallura (Don Gavino Pes e poeti minori). Tempio: G. Tortu, 1929/1957.
  • WAGNER, Max Leopold. La questione del posto da assegnare al gallurese e al sassarese. In Cultura Neolatina. 1943 , n.3, p. 243-267.
  • ATZORI, Maria Teresa. Il lessico medico nel dialetto di Tempio. Modena: Societa' Tipografica Editrice Modenese, 1961
  • USAI, Andrea. Vocabolario tempiese-italiano, italiano-tempiese. Sassari: Ed. Poddighe, 1977.
  • PES, Gavino. Tutti li canzoni: le straordinarie rime d'amore e di gelosia del "Catullo gallurese" del Settecento. Cagliari: Ed. della Torre, 1981.
  • CORDA, Francesco. Saggio di grammatica gallurese. Cagliari: 3T, 1983.
  • COSSU, G.; FRESI, F. [a cura di] I poeti popolari di Gallura. Cagliari: Ed. della Torre, 1988.
  • TUSCERI, Gian Carlo. Tegghji: lastra di granito levigata dal vento: Poesie in dialetto Corso-Gallurese di La Maddalena. Cagliari : Tema, 1991
  • SARDO, Mario. Vocabolario italiano-gallurese. Cagliari: Ed. Castello, 1994.
  • COLUMBANO, Bruno. Piccolo dizionario gallurese di termini in disuso o raramente usati. Telti: Columbano, 1996
  • PABA, Tonina. Canzoniere Ispano-Sardo della Biblioteca Braidense. Cagliari: CUEC, 1996.
  • Gallura: brevi cenni intorno ad alcune sue particolarità culturali viste nel contesto sardo con una proposta ortografica per il gallurese. Attivita' Culturale-Dialettale Arzachena. 1997
  • GANA, Leonardo. Il vocabolario del dialetto e del folklore gallurese. Cagliari: Ed. della Torre, 1998.
  • MAMELI, Francesco. Il logudorese e il gallurese. Villanova Monteleone (SS): Soter, 1998.
  • ROSSO, Francesco. DEBIDDA, Anatolia. FRESI, Luca. Dizionario della lingua gallurese. Tempio: StampaSì, 2000
  • CORDA, Francesco. Gallurese: profilo storico e notazioni filologiche. Luogosanto/Sassari: EDES [Edizioni dell'Accademia della lingua gallurese], 2002.
  • PES, Giuseppe. Glossario gallurese di Calangianus. Sassari : Stampacolor, 2003
  • RUBATTU, Antonino. Sardo, italiano, sassarese, gallurese, Sassari: EDES, 2003.
  • CIBODDO, Pasquale. Dizionario fondamentale gallurese-italiano, Sassari: Magnum, 2003.
  • BRANDANU, Salvatore. Vocabulariu gadduresu-italianu - Vocabolario gallurese-italiano, San Teodoro: Icimar, 2004.

[modifica] Voci correlate

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