Arminio
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«Arminius turbator Germaniae»
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Arminio (16 a.C. - 21 d.C.) fu un generale e capo dei Cherusci, popolo di origine germanica.
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[modifica] Biografia
Ampio resoconto degli eventi legati a questa figura ci viene dagli Annales di Tacito (I, 55 - II, 68), altre notizie ci sono tramandate nelle Historiae Romanae di Velleio Patercolo.
Come uomo politico e comandante militare appare negli storici come logotentente collaboratore con le manovre dell'esercito romano contro la Pannonia, in cui la sua popolazione costituiva un distaccamento ausiliario delle legioni regolari.
Al suo ritorno in Germania il crescente controllo romano del territorio natio gli instillò il disegno di unire le forze ostili a Roma sotto la sua guida. Alla sua trama parteciparono i Catti, i Marsi e i Bructeri.
Il risultato della sua tattica fu la clades Variana, la battaglia di Teutoburgo contro l'esercito romano guidato dal console Publio Quintilio Varo che in quella battaglia perse la vita.
Gli anni successivi a questa battaglia videro Arminio lungamente attivo a tentare di respingere con un fronte unitario le campagne belliche romane, ma con sempre maggior difficoltà.
Nel 15 d.C., a seguito della riscossa dei Romani per opera di Germanico furono rapiti la moglie e il suocero.
In realtà si trattò di una mossa diplomatica: Segeste e sua figlia si erano spontaneamente consegnati ai Romani in segno di lealtà all'impero e di pace, Arminio ne fu reso ancor più furente: sollevò dunque gli ardori libertari dei Cherusci e dei popoli confinanti.
Alla fine l'inimicizia dei parenti della moglie gli fu fatale, e fu ucciso in un'imboscata in battaglia dai suoi stessi luogotenenti nel 21 d.C.
[modifica] Considerazioni
Arminio è descritto da Tacito come un feroce guerrafondaio, e la sua figura di persona perfida e ostile è contrapposta a quella del suocero Segeste, a cui Arminio aveva rapito la figlia.
La sua fine e il suo epitaffio è narrato con la tipica acredine tacitiana nei confronti di Roma:
Reperio apud scriptores senatoresque eorundem temporum Adgandestrii principis Chattorum lectas in senatu litteras, quibus mortem Arminii promittebat si patrandae neci venenum mitteretur, responsumque esse non fraude neque occultis, sed palam et armatum populum Romanum hostis suos ulcisci... Ceterum Arminius abscedentibus Romanis et pulso Maroboduo regnum adfectans libertatem popularium adversam habuit, petitusque armis cum varia fortuna certaret, dolo propinquorum cecidit: liberator haud dubie Germaniae et qui non primordia populi Romani, sicut alii reges ducesque, sed florentissimum imperium lacessierit, proeliis ambiguus, bello non victus. Septem et triginta annos vitae, duodecim potentiae explevit, caniturque adhuc barbaras apud gentis, Graecorum annalibus ignotus, qui sua tantum mirantur, Romanis haud perinde celebris, dum vetera extollimus recentium incuriosi.
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Ricavo presso gli storici e i senatori contemporanei agli eventi che in senato fu letta una lettera di Adgandestrio, capo dei Chatti, con la quale prometteva la morte di Arminio se gli fosse inviato un veleno atto all'assassinio. Gli fu risposto che il popolo romano si vendicava dei suoi nemici non con la frode o con trame occulte, ma apertamente e con le armi... del resto Arminio aspirando al regno mentre i Romani si stavano ritirando a seguito della cacciata di Maroboduo, ebbe a suo sfavore l'amore per la libertà del suo popolo, e assalito con le armi mentre combatteva con esito incerto, cadde tradito dai suoi collaboratori. Indubbiamente fu il liberatore della Germania, uno che ingaggiò guerra non a un popolo romano ai suoi inizi, come altri re e comandanti, ma a un impero nel suo massimo splendore. Ebbe fortuna alterna in battaglia, ma non fu vinto in guerra. Visse trentasette anni, e per dodici fu potente. Tuttora è cantato nelle saghe dei barbari, ignorato nelle storie dei Greci che ammirano solo le proprie imprese, da noi Romani non è celebrato ancora come si dovrebbe, noi che mentre esaltiamo l'antichità non badiamo ai fatti recenti. |
[modifica] Curiosità
Il femminile di Arminio, Arminia, ha dato il nome alla squadra tedesca dell'Arminia Bielefeld.
Il fratello di Arminio, Ezio, militava nell'esercito romano e rimase anche successivamente la battaglia di Teutoburgo un leale e fedele ufficiale delle legioni.
[modifica] Bibliografia
[modifica] Fonti
- Tacito: Annales.
- Dione Cassio Cocceiano: Storia Romana
- Gaio Plinio Secondo (il vecchio): Storia Naturale
- Gaio Svetonio Tranquillo: Vite dei dodici Cesari
- Gaio Velleio Patercolo: Storia Romana
[modifica] Enciclopedie e lessici
- Hubert Cancik und Helmuth Schneider (a cura di): Der neue Pauly: Enzyklopädie der Antike. Stuttgart/Weimar, 1996 - 2003
- Georg Wissowa (a cura di): Paulys Realenzyklopädie der klassischen Altertumswissenschaft. Stuttgart, 1893 - 1979 (Pauly-Wissowa)
- J. Hoops: Generallexikon der Germanische Altertumskunde, Berlino, 1984
- Meyers Lexicon: Arminius, Vienna, 1893
[modifica] Altri testi
- Klaus Bemmann: Arminius und die Deutschen. Essen: Magnus Verlag 2002. 228 S., ISBN 3-88400-011-X
- J. Bühler: Deutsche Geschichte. Lipsia, 1934
- Alexander Demandt, Rainer Wiegels und Winfried Woesler (a cura di): Arminius und die frühgermanische Staatenbildung. In: Arminius und die Varusschlacht, Paderborn/München/Wien/Zürich 1995, S. 185-196
- Duenzelmann: Der Schauplatz der Varusschlacht, Gotha, 1889
- Ralf G. Jahn: Der Römisch - Germanische Krieg (9-16 n. Chr.). Inaugural-Dissertation zur Erlangung der Doktorwürde der Philosophischen Fakultät der Rheinischen Friedrich-Wilhelms-Universität zu Bonn. Bonn 2001
- Manfred Millhoff: Die Varusschlacht – Anatomie eines Mythos: eine historische Untersuchung der „Schlacht im Teutoburger Wald“. Berlin, 1995
- Theodor Mommsen: Die Varusschlacht. Berlino, 1885
- F. Stieve: Geschichte des Deutschen Volkes. Monaco di Baviera, 1943
- Dieter Timpe: Arminius-Studien. Heidelberg, 1970
- G. J. Wais: Die Alamannen. Berlino, 1943