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Vangelo

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I Vangeli sono libri che raccontano la vita e la predicazione di Gesù Cristo. "Vangelo" è una parola d'origine greca, ευαγγέλιον (euangelion), che arriva all'italiano attraverso il latino evangelium e significa letteralmente "lieto annuncio", "buona notizia". In senso lato, con "Vangeli" si intendono complessivamente 19 testi che raccontano la vita e la predicazione di Gesù Cristo. In senso proprio, si intendono usualmente solo i 4 scritti composti in greco nel I secolo d.C e accettati da tutte le confessioni cristiane: Matteo, Marco, Luca, Giovanni.


Indice

[modifica] I vangeli canonici

[modifica] Il canone dei vangeli

Per approfondire, vedi la voce Evangelista.

Le attuali chiese cristiane riconoscono come "canonici", cioè facenti parte della Bibbia (e precisamente del Nuovo Testamento), quattro Vangeli: secondo Matteo, secondo Marco, secondo Luca e secondo Giovanni. I libri canonici sono considerati dai cristiani ispirati da Dio. Questi Vangeli prendono il nome da coloro che, secondo la tradizione, ne furono gli autori:

Il Canone della Bibbia fu fissato nel corso del IV secolo, ma già il Canone muratoriano del II secolo riporta un canone in gran parte uguale a quello odierno (in particolare i Vangeli sono i 4 canonici). La chiesa cattolica fissò definitivamente e ufficialmente la lista dei libri dell'Antico e del Nuovo Testamento nel 1546 durante il Concilio di Trento, confermando quello che da lunga data era il canone de facto, per rispondere a Lutero che respingeva l'ammissione al canone di alcuni libri (i cosiddetti deuterocanonici). Questa controversia comunque non riguardò i Vangeli.

I vangeli che non rientrano nel Canone sono detti apocrifi.

[modifica] Vangelo secondo Matteo

Per approfondire, vedi la voce Vangelo secondo Matteo.

Il Vangelo secondo Matteo era destinato ad un pubblico di origine ebraica. Lo si evince dalla frequenza con cui sono riportate le citazioni dall'Antico Testamento: v. p.es. 1,23; 2,6; 2,13; 2,18; 2,23; 3,3; 4,4; 4,6; 4,7; 4,10...

Secondo la tradizione cristiana, l'autore sarebbe uno dei dodici apostoli, in certi passi chiamato Matteo, in altri Levi. Era un pubblicano, cioè esattore delle tasse: Gesù lo chiamò mentre sedeva al banco delle imposte (l'episodio è rappresentato ad esempio in un celeberrimo quadro di Caravaggio).

È probabile che il testo greco come ci è pervenuto non sia opera di Matteo: secondo molti studiosi (v. teoria della priorità aramaica), riprendendo alcune antiche testimonianze di Papia, Eusebio di Cesarea, Origene e Girolamo, il vangelo di Matteo fu scritto originalmente in ebraico o aramaico. Non si conosce l'autore della traduzione greca, anche se non si può escludere che sia stato lo stesso Matteo a riversare in greco lo stesso materiale da lui precedentemente redatto. Prendendo l'espressione alla lettera, quindi, il vangelo di Matteo potrebbe non essere stato scritto da Matteo.

Questo Vangelo, ricco di parabole, contiene il celeberrimo discorso della montagna, generalmente considerato come il passo più ricco di valore morale e che per secoli ha ispirato genti di ogni cultura e religione.

[modifica] Vangelo secondo Marco

Per approfondire, vedi la voce Vangelo secondo Marco.

Il Vangelo secondo Marco ha un tono narrativo e ricco di particolari, nel quale predominano, a discapito dei discorsi, la descrizioni di avvenimenti e miracoli relativi a Gesù. Si preoccupa di spiegare gli usi ed i costumi ebraici (7,3-4; 14,12; 15,42), di tradurre parole aramaiche (5,41; 15,22; 15,34), di fornire alcune precisazioni geografiche (7,31; 11,1; 13,3) ad uso dei destinatari dell'opera (i cristiani di origine non ebraica della comunità di Roma). Il vangelo di Marco, inoltre, fornisce un quadro storico e sociale della Palestina (movimento battista, sadducei, farisei, erodiani, sommo sacerdote, sinedrio, dominazione romana, popolazione rurale dominata da elite intelletual-religiosa filo-romana...) compatibile con le descrizioni del più attendibile storico giudeo-romano dell'epoca, Giuseppe Flavio.

L'autore è Giovanni Marco, citato più volte negli Atti degli Apostoli, che accompagnò Paolo e Barnaba in uno dei loro viaggi in Asia minore, conclusosi con un abbandono da parte dello stesso Marco in seguito a un non ben delineabile e momentaneo alterco col focoso Paolo (At14,13;15,28, che si rivela concluso in Col4,10). La tradizione cristiana ha concordemente aderito alla interpretazione di Papia di Gerapoli, che già nel 150 sosteneva che Marco, nel suo vangelo, avesse messo per iscritto la predicazione di Pietro (donde l'epiteto "interprete di Pietro"), affiancandola in misura minore a testimonianze e documenti d'origine diversa. Non si sa se abbia conosciuto direttamente Gesù: tuttavia, la presenza nel solo vangelo di Marco del racconto del "giovinetto vestito di un lenzuolo" che tentò di seguire Gesù dopo l'arresto (14,51-52) e la sua inutilità all'interno della trama ha fatto concordemente ritenere ai biblisti che tale racconto fosse di origine autobiografica, seppure a riguardo non vi può essere assoluta certezza.

[modifica] Vangelo secondo Luca

Per approfondire, vedi la voce Vangelo secondo Luca.

Il terzo Vangelo, di Luca, è un tutt'uno con gli Atti degli Apostoli: scritti dallo stesso autore, presentano il medesimo stile e hanno lo stesso destinatario, un certo Teofilo. Circa quest'ultimo non si hanno ulteriori notizie: probabilmente potrebbe anche non esistere, ma essere un destinatario immaginario o un epiteto rivolto al lettore (il nome, in greco, significa infatti Amico di Dio).

Secondo la tradizione, l'autore è Luca, compagno di San Paolo in alcuni dei suoi viaggi. Luca era un medico (Col4,14, a meno che non si tratti di un caso di omonimia), probabilmente di Antiochia, non ebreo e quindi escluso dalla cerchia dei proseliti. Stando alle testimonianze di Tertulliano e Ireneo, Luca riferiva gli insegnamenti di Paolo.

La presenza nel solo vangelo di Luca del racconto dell'infanzia di Gesù dal punto di vista di Maria indica l'esistenza una fonte privata di cui si è servito il solo Luca. L'esistenza di un legame diretto con la madre di Gesù, tanto cara alla devozione cristiana (l'Europa è piena di presunti ritratti di Maria ad opera dell'evangelista), spiega con immediatezza la presenza di tale fonte, ma non può essere dimostrata.

Il cuore dell'opera è l'attività di Gesù a Gerusalemme, la predicazione dell'inizio di una nuova era, il riscatto degli uomini e l'amore per i poveri.

[modifica] Vangelo secondo Giovanni

Per approfondire, vedi la voce Vangelo secondo Giovanni.

Il Vangelo secondo Giovanni, per stile e contenuto, è molto diverso dagli altri tre: ci sono meno parabole, meno "segni", non vi è accenno all'Eucaristia, al Padre nostro, alle beatitudini, mentre sono aggiunti altri miracoli come quello delle nozze di Cana e della risurrezione di Lazzaro. Il motivo di tale diversità potrebbe essere spiegabile con una redazione di molto successiva a quella degli altri tre, cioè verso la fine del I secolo: l'autore, pertanto, non ritenne necessario riportare materiale già abbondantemente presente nei precedenti vangeli, mentre aggiunse o ampliò materiale da essi tralasciato o solo abbozzato. Compaiono inoltre nuove espressioni per indicare Gesù, prima fra tutte quella di logos (letteralmente parola, ma anche progetto, senso), resa poi col latino verbum, donde l'espressione Verbo di Dio. Alcuni ritengono che questo vangelo origini nell'ambito dello gnosticismo.

Il testo fa intendere (cfr. Gv 21,20-24) che ne sia autore il discepolo che Gesù amava, che la tradizione identifica (seppur in maniera non unanime) con l'Apostolo Giovanni, figlio di Zebedeo e fratello dell'altro apostolo Giacomo. Egli è ritenuto l'autore anche delle tre lettere conosciute sotto il suo nome e dell'Apocalisse.

Secondo il presbitero Gaio, Giovanni non sarebbe mai esistito e i suoi scritti (Apocalisse e Vangelo) in realtà sono del maestro gnostico Cerinto. Più in generale, all'interno della chiesa primitiva si formò una fazione (gli Alogoi) che negava l'autenticità dei testi giovannei. Tale impostazione tuttavia non gode di alcuna fortuna presso gli esegeti moderni.

Secondo alcuni studiosi (Schonfield e altri), il Vangelo di Giovanni sarebbe stato redatto da un altro Giovanni, detto l'Anziano, un greco cristiano che basò i suoi testi su testi ebraici, e sui ricordi di un altro Giovanni, detto il Sacerdote. Il "discepolo che Gesù amava" sarebbe stato quest'ultimo, un sacerdote ebraico amico del Nazareno, che avrebbe ospitato nella sua casa l'ultima cena.

[modifica] Le analogie tra i vangeli sinottici

Per approfondire, vedi la voce vangeli sinottici.

Tra i quattro Vangeli, tre di essi, Matteo, Marco e Luca, sono detti Sinottici, perché mettendoli in colonna l'uno di fianco all'altro (syn-opsis = "una sola vista" in greco) si scopre che hanno una struttura letteraria praticamente parallela, come se si fossero copiati l'uno dall'altro o avessero attinto a una fonte comune, mentre quello di Giovanni è completamente diverso:

  • lo stile dei primi tre vangeli è in genere molto immediato, quello di Giovanni sembra più ponderato;
  • Giovanni riporta pochi episodi, molto sviluppati, gli altri vangeli tantissimi episodi, spesso appena abbozzati;
  • in particolare, Giovanni non riporta l'istituzione dell'Eucaristia, mentre è l'unico a raccontare la lavanda dei piedi.

Fin dall'antichità cristiana si è preso atto di tale situazione. I vangeli sinottici probabilmente derivano questa loro somiglianza dai contatti che hanno avuto tra loro quando sono stati scritti; tra le varie teorie che sono state addotte come spiegazione la più comunemente accettata è la teoria delle due fonti.

[modifica] I vangeli apocrifi

Per approfondire, vedi la voce Vangeli apocrifi.

In un ampio lasso di tempo che va dal 150 circa al XIV secolo prendono forma altri vangeli, detti oggi apocrifi, i più antichi dei quali sono scritti in greco. Il primo di tali scritti è il Vangelo di Giacomo, chiamato Protovangelo per la sua primazia cronologica, del quale molti racconti sono stati ripresi nei vangeli apocrifi successivi. Risale circa al 150.[1] Gli altri vangeli apocrifi sono: Pseudo-Tommaso; Pseudo-Matteo; arabo-siriaco; armeno; Ebioniti; Nazarei; Ebrei; Pietro; Nicodemo; Bartolomeo; Tommaso; Filippo; della Verità; Giuda.

La maggior parte di tali vangeli nascono nel contesto di corrente teologiche giudicate eretiche dalla chiesa cristiana del tempo, soprattutto di stampo gnostico ed ermetico. Per questo, a differenza dei quattro vangeli canonici, non sono stati riconosciuti come ispirati né dalla chiesa di allora, né da nessuna delle chiese cristiane di oggi. Il documento ecclesiale più antico che distingue chiaramente i 4 vangeli canonici dai restanti, detti poi appunto apocrifi, è il canone muratoriano, del 170.

I vangeli apocrifi contengono dei riferimenti alle vicende umane di Gesù che non compaiono negli scritti canonici, mostrano un interesse per i miracoli, per l'infanzia di Gesù, per le vicende degli apostoli non menzionati negli Atti, ma anche per gli aspetti più esoterici e misteriosofici cari alla dottrina gnostico-ermetica.

Diversi sono gli elementi che portano a dubitare della validità storica dei dati in essi contenuti. Principalmente:

  • la propensione dei vangeli apocrifi per un eccessivo miracolismo che appare spesso gratuito, a differenza dei sobri racconti dei vangeli canonici, e che porta a supporre i racconti apocrifi come frutto di fantasia.
  • la datazione relativamente tarda di tali vangeli, che ne rende impossibile la stesura ad opera di testimoni diretti degli eventi narrati, cosa invece possibile per gli autori dei 4 vangeli canonici, la cui stesura si concluse all'interno del I secolo.

Tale consapevolezza critica è però stata sviluppata solo in epoca recente, vale a dire a partire dal XVIII secolo, parallelamente allo sviluppo del metodo storico-critico in campo biblico. Nei secoli precedenti pertanto, seppure non ne furono accolte le istanze teologiche in essi contenute, i vangeli apocrifi hanno avuto una certa influenza nella tradizione e nell'iconografia: ad esempio la presenza del bue e dell'asinello nella grotta della Natività e il nome dei genitori di Maria (Gioacchino e Anna) ci giungono proprio dal protovangelo di Giacomo.

[modifica] Storicità dei vangeli canonici

Per approfondire, vedi la voce Nascita dei vangeli.

I cristiani affermano che i quattro vangeli canonici e gli altri scritti del Nuovo Testamento sono ispirati da Dio e raccontano fedelmente la vita e l'insegnamento di Gesù; anche i numerosi miracoli e in particolare la sua resurrezione, sarebbero realmente avvenuti.

I non cristiani, invece, generalmente interpretano gli eventi soprannaturali narrati dai Vangeli come racconti mitici elaborati dai primi cristiani.

È tuttora materia di discussione fra gli storici quali, tra le parole che i Vangeli attribuiscono a Gesù, siano state effettivamente da lui pronunciate. Generalmente sono accettate come probabilmente storiche le parole presenti in vangeli che siano stati redatti sulla base di documenti indipendenti[2], ad esempio il vangelo di Giovanni rispetto ai vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca).

I dubbi sull'autentico valore storico dei racconti evangelici discendono dal fatto che essi sono presumibilmente una trascrizione di precedenti trasmissioni orali, messe per iscritto alcuni decenni dopo la morte di Gesù; i più antichi manoscritti noti risalgono al II secolo (a parte il frammento 7Q5 la cui attribuzione è discussa).

Una parte della critica rifiuta in blocco il valore storico dei Vangeli, affermando che essi sono documenti "di parte" e quindi non attendibili. È difficile però che i vangeli, che in alcune parti presentano resoconti storici corretti, affermazioni sulla vita di Gesù provenienti da fonti indipendenti e fatti coerenti con la Palestina del I secolo, siano completamente frutto di invenzione[2].

[modifica] I manoscritti più antichi

Per approfondire, vedi la voce Fonti del testo greco della Bibbia.

Si conoscono diverse decine di manoscritti dei Vangeli scritti su papiro e risalenti ai primi secoli del cristianesimo. I più antichi sono i seguenti:

  • papiro 7Q5, ritrovato nelle grotte di Qumran e datato tra il 50 a.C. e il 50 d.C. Contiene poche lettere (9 identificabili con certezza) che secondo Padre José O’Callaghan (1972) corrispondono a Mc 6,52-53. Ernest Muro (1997) ha invece attribuito il frammento a Gen 46,20 (LXX).
  • papiro p52 (Rylands): datato tra il 120-130 circa, è un frammento di un singolo foglio contenente nel fronte e retro 5 versetti di Giovanni (18,31-33;37-38). Originario dell'Egitto, è attualmente conservato a Manchester.
  • papiro p66 (Bodmer II): datato al II secolo, contiene in 104 pagine danneggiate parti del vangelo di Giovanni: i primi 14 capitoli quasi completi e parti degli altri 7. È attualmente conservato a Cologny, presso Ginevra.
  • papiro p45 (Chester Beatty I): datato inizio del III secolo, contiene in 55 fogli ampi frammenti dei Vangeli. Conservato a Dublino.
  • papiro p46 (Chester Beatty II): datato inizio del III secolo, contiene in 86 fogli frammenti del corpus paolino più della lettera agli Ebrei.
  • papiro p72 (Bodmer VIII): III-IV secolo, contiene frammenti delle epistole cattoliche più altri testi patristici. I fogli delle lettere di Pietro sono presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, mentre il resto è conservato a Cologny, presso Ginevra.
  • papiro p75 (Bodmer XIV-XV): inizio del III secolo, contiene in 27 fogli ampi frammenti di Luca e i primi 14 capitoli di Giovanni. È attualmente conservato a Cologny, presso Ginevra.

Vi sono inoltre centinaia di codici su pergamena, i più antichi dei quali, il Codice Vaticano e il Codice Sinaitico, risalgono all'inizio del IV secolo. Entrambi contengono i quattro vangeli completi, oltre a gran parte dell'Antico e del Nuovo Testamento.

Nessuno di questi manoscritti contiene testi sostanzialmente diversi dagli altri o dalle copie dei vangeli più recenti.

[modifica] Analisi storico-filologica

Così come per un importante sito archeologico esistono più strati ciascuno dei quali appartenente ad epoche diverse nel caso dei Vangeli l'analisi storico-filologica ricava dall'esame dei testi una struttura "a strati".

In realtà qualcosa di simile è dichiarato dagli evangelisti stessi, ad esempio Luca, nel proemio, scrive:

Poiché molti hanno intrapreso ad esporre ordinatamente la narrazione delle cose che si sono verificate in mezzo a noi, come ce le hanno trasmesse coloro che da principio ne furono testimoni oculari e ministri della parola, è parso bene anche a me, dopo aver indagato ogni cosa accuratamente fin dall'inizio, di scrivertene per ordine, eccellentissimo Teofilo, affinché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate.

Nei Vangeli si possono riscontrare almeno le seguenti componenti stratificate:

  • a - testi o tradizioni orali attribuiti a Gesù (vedi ipotesi fonte Q);
  • b - testi o tradizioni orali basati risalenti alle sette cosiddette giudeo-cristiane (nelle lingue semitiche di allora: aramaico);
  • c - testi o tradizioni orali, ispirate dall'insegnamento di San Paolo in contrasto con alcuni apostoli (Simone e Giacomo) circa l'apertura del cristianesimo ai gentili e che operando in ambienti romano-ellenistici hanno prediletto la lingua colta dell'epoca: il greco;
  • d - varianti testuali.

Kropotkin ragiona su alcune presunte modifiche avvenute rispetto al testo originale. Nella sua opera incompiuta L'etica, egli sostiene che la morale dei primi cristiani fosse estremamente diversa da quella assunta poi dalla chiesa; in origine il cristianesimo sarebbe stato una religione che tendeva a emancipare i poveri e gli sfruttati. In epoca di persecuzioni romane contro i cristiani, i trascrittori dei vangeli sarebbero stati costretti a modificare alcuni passi non fondamentali. Kropotkin ipotizza ad esempio il "date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" come frase probabilmente mai pronunciata da Gesù ma aggiunta successivamente. In realtà la gran maggioranza degli esegeti vede questo detto ben inquadrato nel contesto del tempo di Gesù, ed è quindi propenso ad accettarne in pieno l'autenticità gesuana.

[modifica] Lingua

I più antichi manoscritti dei vangeli, come pure di tutto il Nuovo Testamento, ci sono pervenuti in greco. La maggior parte degli studiosi oggi ritiene che i quattro vangeli siano stati scritti originariamente in greco, la lingua franca dell'oriente romano.

Sulla traccia di alcuni commentatori antichi si è avanzata l'ipotesi che Matteo abbia scritto originariamente in aramaico il suo vangelo (detto vangelo degli ebrei) e che questo sia stato tradotto in greco con correzioni di Marco. Tuttavia non esiste alcun manoscritto in aramaico che possa provarlo, ma solo tarde traduzioni dal greco (Peshitta).

Lo studio dei vangeli ha sollevato numerosi interrogativi in quanto sia dal punto di vista linguistico che della coerenza interna, alcuni passi risultano ambigui. Sono perciò in corso numerosi tentativi di risolvere tali incongruenze lavorando su possibili traduzioni alternative.

Uno dei più recenti, ed interessanti, lavori è quello svolto dalla "scuola di Madrid". Secondo gli esperti di tale scuola il testo greco conosciuto sarebbe la traduzione di un testo precedente in aramaico, la lingua parlata da Gesù e dagli apostoli. Molte incongruenze si spiegherebbero quindi come errori di traduzione dall'aramaico al greco. Tale lavoro, che peraltro non modifica la dottrina della Chiesa con interpretazioni eterodosse, è ampiamente specialistico e i suoi risultati ancora all'esame della comunità scientifica. L'adozione di eventuali nuove traduzioni dovrà comunque essere sottoposta al giudizio del Magistero della Chiesa.

[modifica] Data di composizione

Sono state proposte per i Vangeli differenti datazioni che vanno dal 50 circa fino al 150 e oltre. Secondo la datazione più comunemente accettata, i vangeli sinottici sarebbero stati scritti intorno agli anni 70-80, quello di Giovanni verso il 100.

Il Vangelo di Marco è ritenuto il più antico dei quattro, di poco anteriore a quelli di Matteo e Luca, mentre il Vangelo di Giovanni sarebbe stato composto successivamente.

La datazione più comune si fonda principalmente sull'argomento che Gesù non possa aver realmente predetto la distruzione del Tempio di Gerusalemme, avvenuta nel 70: questa profezia sarebbe stata aggiunta a posteriori dagli evangelisti dopo che il fatto si era verificato.

Si presuppone quindi un periodo di alcuni decenni nel corso del quale la tradizione relativa a Gesù sarebbe stata trasmessa oralmente, o per mezzo di altri vangeli o documenti che non ci sono pervenuti (tra cui il presunto testo ebraico o aramaico originale di Matteo).

Un'altra ipotesi si basa sul fatto che gli Atti degli Apostoli terminano improvvisamente con la prigionia di San Paolo a Roma, che viene generalmente datata al 62 circa. È stato suggerito che questa interruzione sia dovuta al fatto che Luca terminava di scriverli in quel momento. Ne conseguirebbe che il terzo vangelo, di cui gli Atti sono il seguito, sia stato scritto prima di quella data. Inoltre, secondo l'interpretazione proposta dalla scuola esegetica di Madrid, un passo della Seconda lettera ai Corinzi (2 Cor 8,18), che è generalmente datata al 56 o 57, indicherebbe che, quando Paolo scriveva, Luca aveva già composto il suo vangelo ed esso circolava "in tutte le Chiese".

Una datazione ancora più antica si appoggia sull'identificazione (controversa) di un frammento di papiro trovato nelle grotte di Qumran (il frammento 7Q5), dove gli Esseni avevano nascosto un gran numero di testi religiosi, con un brano del Vangelo di Marco. Poiché il frammento in questione, secondo l'esame del radiocarbonio, è databile tra il 50 a.C. ed il 50 d.C., se si accetta la sua identificazione, occorre ammettere che i testi sulla cui base il Vangelo è stato composto risalgono a prima del 50.

Inoltre, se, come sostiene la scuola di Madrid, i Vangeli a noi pervenuti sono la traduzione di originali aramaici, questi devono essere stati composti nell'ambito della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme, che si disperse prima del 70.

La datazione più recente si basa invece sul fatto che i padri della Chiesa e gli altri scrittori cattolici non fanno riferimenti ai vangeli canonici prima della seconda metà del II secolo, pur parlando di quelli apocrifi. Alcuni ritengono quindi che i Vangeli risalgano al 150 circa; essi potrebbero comunque essere stati composti a partire da testi preesistenti (il che spiegherebbe la presenza del frammento 7Q5 a Qumran se questo venisse effettivamente riconosciuto come parte del vangelo di Marco).

[modifica] La chiesa e la lettura dei vangeli

Per approfondire, vedi la voce Lettura e interpretazione della Bibbia.

Nel corso del primo millennio, la Chiesa Cattolica non ha mai sentito la necessità di promulgare nessuna regola circa la lettura dei Vangeli in particolare e della Bibbia in generale: a tal proposito, infatti, l'Enchiridion Symbolorum (la raccolta dei documenti ufficiali della Chiesa Cattolica, a cura di H. Denzinger) non riporta alcun intervento. Dato il diffuso analfabetismo tra il popolo (plebe ma anche nobili) e l'elevato costo dei supporti fàtici (dapprima papiri, poi pergamene), la lettura e la meditazione personale avvenivano perlopiù all'interno dei monasteri o delle biblioteche personali ad uso del clero.

Tendenzialmente, monaci e clero secolare erano incoraggiati a leggere le scritture secondo le loro necessità spirituali, come scrive Ireneo in Contro gli eretici (3,4)[3].

Dall'inizio del secondo millennio cambia notevolmente il panorama teologico-sociale. Soprattutto nel sud della Francia e nel nord Italia compaiono le eresie di tipo gnostico, che sulla base di interpretazioni spiritualiste del messaggio dei Vangeli, in particolare Giovanni, arrivavano a negare la bontà della materia in genere e delle sue manifestazioni concrete: matrimonio e procreazione, stato e potere temporale, sacramenti e Chiesa, erano tutti visti come frutti malvagi della corruzione del peccato originale. Il perfetto credente, in tale ottica, era l'asceta estraniato dal mondo e contrario alla corporeità, legato spesso a movimenti sociali che potevano sfociare in rivolte sociali contro principi o 'vescovi grassi', come efficacemente sintetizza Umberto Eco ne Il nome della rosa.

La Chiesa pertanto, dietro pressante richiesta delle autorità politiche (Roberto II re di Francia, Guglielmo conte di Poitiers e duca di Aquitania, l'imperatore Enrico III)[4], inizia a contrastare la lettura personale della Bibbia in lingua volgare per evitare gli eccessi gnostici:

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«Proibiamo che qualsiasi laico possieda i libri del Vecchio o Nuovo Testamento tradotti in lingua volgare. Se una persona pia lo desidera, può avere un Salterio o un Breviario... ma in nessun caso dovrà possedere i libri sopra menzionati tradotti in lingua romanza.»
(Sinodo di Tolosa, sud della Francia, 1229, durante l'apice dell'uragano gnostico[5])

Da notare come:

  • la lettura biblica in lingua latina (traduzione della Vulgata) era permessa, pertanto è inesatto sostenere che in tale occasione la Chiesa vietò la Bibbia;
  • il Sinodo di Tolosa non era un Concilio Ecumenico, ma appunto un sinodo locale: le sue deliberazioni, tra cui quella sopra riportata, non avevano valenza universale ed eterna per tutta la Chiesa Cattolica, ma solo per i territori rappresentati dai partecipanti al sinodo (nella fattispecie, il sud della Francia) e solo per un limitato periodo di tempo (il periodo dell'emergenza gnostica).

La Chiesa infatti, in seguito, non si è opposta a priori alla diffusione di traduzioni bibliche in lingue moderne, ma solo a quelle che, a suo giudizio, veicolavano giudizi eretici. Queste le principali traduzioni volgari la cui lettura era permessa ai cattolici:

  • in spagnolo, la Bibbia Alfonsina, dedicata al re di Castiglia Alfonso X e realizzata in epoca pre-stampa nel 1280;
  • in tedesco, una traduzione integrale a cura di John Rellach, pubblicata a Costanza nel 1450;
  • in italiano, la Bibbia del Malermi (1471), ad opera del monaco camaldolese Nicolò Malermi, soppiantata poi nel 1778 dalla Bibbia di Antonio Martini;
  • in francese, la Bibbia di Jacques Lefèvre d'Étaples, pubblicata ad Anversa (1523-8);
  • in inglese, la Bibbia di Douai o Reims (1582 NT, 1609 intera Bibbia), tuttora la Bibbia cattolica ufficiale di lingua inglese.

Va sottolineato come tali Bibbie cattoliche, che si basavano sulla Vulgata latina e non sui testi originali greci ed ebraici, contenevano numerosi errori sia di stile che di significato originario. [6]

Dopo al sinodo di Tolosa, il divieto relativo alla traduzione, possesso e uso di traduzioni volgari non autorizzate venne ribadito molte volte da singole chiese locali allorquando si avvertiva il pericolo della diffusione di idee giudicate eretiche. In varie parti d'Europa si verificarono dunque roghi di copie non autorizzate e sanzioni di natura spirituale ai lettori di tali versioni (non sono infatti documentati processi e pene civili ai semplici lettori). Circa gli autori di traduzioni non autorizzate sono attestate solo due condanne capitali, entrambe in Inghilterra, relative a John Wycliffe e William Tyndale. Va sottolineato tuttavia che, per Wycliffe, la condanna a morte per eresia fu postuma (nel 1415 venne riesumato il corpo, sepolto alla morte nel 1384, e ne vennero bruciati i resti), e per Tyndale la condanna fu sancita non da un tribunale cattolico ma da un tribunale inglese, dunque anglicano, nel 1536. Non è pertanto corretto, dunque, sostenere che la Chiesa Cattolica ha ucciso chi traduceva la Bibbia.

Durante il XVI secolo compare nel Nord Europa la Riforma protestante, che ha spaccato il mondo cristiano fino ad oggi. Come è noto, per Lutero la Bibbia poteva essere letta e interpretata da qualunque cristiano, arrivando alle conclusioni che più reputava opportune (tale 'libertà' ermeneutica ha portato di fatto alla frammentazione della stessa chiesa riformata). Fu in seguito a tale crisi che si ebbe un pronunciamento ufficiale della Chiesa cattolica con valenza dogmatica, dunque universale ed eterna. In particolare il problema fu affrontato al concilio di Trento che così deliberò:

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«Il sacrosanto concilio tridentino ecumenico e generale [...] sa che questa verità e disciplina è contenuta nei libri scritti [della Bibbia] e nelle tradizioni non scritte [...]. Seguendo l'esempio dei padri della vera fede, con uguale pietà e venerazione accoglie e venera tutti i libri, sia dell'antico che del nuovo Testamento, essendo Dio autore di entrambi [...]. Lo stesso sacrosanto sinodo [...] stabilisce e dichiara che l'antica edizione della Vulgata, approvata dalla stessa chiesa da un uso secolare, deve essere ritenuta come autentica nelle lezioni pubbliche, nelle dispute, nella predicazione e spiegazione e che nessuno, per nessuna ragione, può avere l'audacia o la presunzione di respingerla. [...] Inoltre stabilisce che nessuno, fidandosi del proprio giudizio [...], deve osare distorcere la Scrittura secondo il proprio modo di pensare»
(Concilio di Trento, sessione IV, 8 aprile 1546, di Papa Giulio III, DS 1501-1508)

Da notare come:

  • non viene espresso un giudizio negativo sulla Bibbia;
  • non viene vietata la lettura della Bibbia, ma solo vincolata alla sua traduzione ufficiale latina;
  • non vengono vietate le traduzioni in lingue volgari per uso personale, che infatti continuarono a circolare liberamente, previa approvazione ecclesiastica.[7]

In tale ottica, dunque, non dovrebbe essere visto come in contrasto con le promulgazioni precedenti l'affermazione del Concilio Vaticano II nel 1965:

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«È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura.»

Secondo altri invece questa affermazione è vista come una conversione piuttosto controversa.[8]


[modifica] Utilizzo del termine "vangelo"

[modifica] Nell'Antico Testamento

In Isaia 52,7 si parla del messaggero di lieti annunci. L'espressione "lieti annunci" contiene nella versione greca la stessa parola vangelo. Il contesto è quello del ritorno a Gerusalemme degli esiliati in Babilonia.

Isaia 61,1 è un passo profetico ripreso da Gesù quando si presentò nella sinagoga di Nazaret, sua città natale. Parla dell'azione dello Spirito di Dio sul consacrato (messia) del Dio ebraico. L'opera del messia sarà una buona notizia ("vangelo") per i poveri, consistendo nella loro liberazione. Appunto Gesù applicherà a sé e alla sua opera questo annuncio dell'antico testamento.

[modifica] Nel Nuovo Testamento

[modifica] Vangelo come annuncio del Regno

Troviamo il termine nei vangeli sinottici, in bocca allo stesso Gesù:

Collabora a Wikiquote «Il tempo è compiuto, e il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete alla buona notizia (vangelo)»   (Mc 1,15)

Qui la parola indica l'irruzione di Dio nella storia degli uomini attraverso la persona di Gesù di Nazaret. Lo stesso significato si trova in san Paolo nella Lettera ai Filippesi, dove lungo tutta la lettera ritorna l'idea del vangelo-buona notizia che si è diffuso nella comunità di Filippi: parla della sua gioia per la loro "cooperazione alla diffusione del vangelo" (1,5) e della "grazia che mi è stata concessa sia nelle catene, sia nella difesa e nel consolidamento del vangelo" (1,7); riconosce che le sue "vicende si sono volte piuttosto a vantaggio del vangelo" (1,12); è cosciente di essere stato "posto per la difesa del vangelo" (1,16); invita i filippesi a comportarsi "da cittadini degni del vangelo" (1,27); ecc. ecc.

Lo stesso significato appare nella Lettera agli Efesini, dove risalta che il Vangelo è l'annunzio di Cristo, trasmesso dagli apostoli:

Collabora a Wikiquote «In lui (Cristo) anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso»   (Ef 1,13)
Collabora a Wikiquote «I pagani cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo»   (Ef 3,6)

[modifica] Vangelo come kerigma

In altro contesto san Paolo usa invece la parola riferendosi all'annunzio fondamentale (kerigma) che egli faceva nelle comunità cristiane, annuncio incentrato nella Pasqua di Gesù. Nella Prima Lettera ai Corinzi afferma:

Collabora a Wikiquote «Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano! Vi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.»   (1Cor 15,1-8)

Appare già una leggera trasformazione semantica: dal messaggio della vicinanza di Dio e del suo regno siamo passati al contenuto della prima professione di fede, centrato sulla morte e risurrezione di Cristo.

[modifica] Vangelo nella lettera ai Galati

Nella Lettera ai Galati di San Paolo, scritta nel contesto del conflitto di Paolo contro l'obbligo della circoncisione e del rispetto globale della tradizione ebraica, come interpretata nelle chiese ellenistiche da lui fondate e diversamente dalla Chiesa di Gerusalemme, "vangelo" significa la condizione di libertà dalla legge mosaica che Cristo avrebbe portato. Tale libertà, diversamente dalle chiese giudeo-cristiane, a suo parere permetteva l'abolizione totale della legge mosaica e dell'obbligo della circoncisione per i cristiani provenienti dal paganesimo:

Collabora a Wikiquote «Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema!»   (Gal 1,6-8)

[modifica] Nella letteratura ellenistica del I secolo

Nella letteratura ellenistica euaggélion significa "buon annuncio". Così in Giuseppe Flavio, Beh. 2,42 appare l'espressione deinòn euaggélion = "splendida notizia": quella data al procuratore Gessio Floro sull'aggravarsi della situazione in Gerusalemme all'inizio della guerra giudaica nel 66 d.C.

[modifica] Vangelo come genere letterario

A partire dal II secolo, Vangelo passa ad indicare il genere letterario che racconta la vita di Gesù, i suoi insegnamenti, le sue opere, la sua morte e resurrezione (vedi la voce Vangeli).

Questo genere letterario si distingue da quello delle biografie: queste hanno di mira fornire un'informazione completa sulla vita di una persona; invece nei vangeli la finalità è trasmettere la predicazione della chiesa dei tempi apostolici riguardante colui che considerava il suo Signore e Messia, Gesù di Nazaret, incarnato, morto e risorto per la salvezza degli uomini.

Non stupisce quindi il fatto che nei vangeli non compaiono le informazioni sui primi trent'anni di vita di Gesù. E dove Matteo e Luca riportano alcuni episodi della sua infanzia, lo fanno in funzione teologica, per far risaltare l'identità di Gesù come Signore (Luca), e il compimento in lui delle scritture (Matteo).

[modifica] Riferimenti

  1. Tale datazione è suggerita da diversi fattori intrinseci al testo stesso (stile del testo, elementi teologici) ed estrinseci (la prima citazione circa il protovangelo pervenutaci è contenuta nel cap. 25 delCommentario al Vangelo di Matteo di Origene, datato inizio del III secolo). Il frammento manoscritto più antico del protovangelo pervenutoci risale parimenti al III secolo, conservato nella Bodmer Library di Ginevra (Papyrus Bodmer 5).
  2. 2,0 2,1 Bart D. Ehrman, "La verità sul Codice da Vinci", Mondadori, ISBN 88-04-54792-8
  3. Catholic encyclopedia, voce Scripture
  4. Cf. Rino Cammillieri, Storia dell'inquisizione, 1997, p.16.
  5. Citato da The Lollard Bible and Other Medieval Biblical Versions, di Margaret Deanesly (1920), pagina 36.
  6. Ancora oggi ad esempio la versione della CEI, rifacendosi alla Vulgata, traduce il termine greco agape con carità. Che tale traduzione sia poco appropriato è confermato anche da Papa Benedetto XVI, che nell'enciclica del gennaio 2006 "Deus caritas est" definisce agape come "l'amore fondato nella fede e da essa plasmato". Vedi Artur Noble "Può una Chiesa che ha bandito, bruciato e travisato la Bibbia essersi convertita fino a raccomandarne la lettura?" cit.
  7. Suonano pertanto come infondate affermazioni come questa di Indro Montanelli: "da quando il Concilio di Trento aveva formalmente ribadito che il credente non aveva affatto il dovere, anzi non aveva il diritto di leggere e d'interpretare le sacre scritture. Di esse era perfino proibita la traduzione in lingua italiana appunto per riservare al prete il compito di decifrarle. Il verbo doveva restare un'esclusiva di casta..." L'Italia giacobina e carbonara (1789-1831), Rizzoli, 1998, pag 21
  8. Ad esempio il Prof. Artur Noble dedica al tema l'articolo "Can a Church which has banned, burned and perverted the Bible now have been converted to recommending the reading of it?" ossia "Può una Chiesa che ha bandito, bruciato e travisato la Bibbia essersi convertita fino a raccomandarne la lettura?" http://www.ianpaisley.org/article.asp?ArtKey=connell

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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