Santa Maria del Fiore
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Questa voce fa parte della serie |
Voci principali |
Nelle immediate vicinanze: |
Visita il Portale di Firenze |
La chiesa di Santa Maria del Fiore è il Duomo di Firenze. È la quarta chiesa d'Europa per grandezza, dopo la San Pietro, St Paul a Londra e il Duomo di Milano. È lunga, infatti, 153 metri mentre il basamento della cupola è largo 90 metri. Ha una pianta peculiare, composta com'è di un corpo basilicale a tre navate saldato ad una enorme rotonda triconca che sorregge l'immensa Cupola del Brunelleschi, la più grande Cupola in muratura mai costruita. Al suo interno è visibile uno dei più grandi cicli affrescati; 3600 metri quadri di affreschi, eseguiti tra il 1572-1579 da Giorgio Vasari e Federico Zuccari.
La costruzione, iniziata sulle antiche fondamenta della chiesa di Santa Reparata nel 1296 da Arnolfo di Cambio, fu continuata da Giotto a partire dal 1302 fino alla sua morte avvenuta nel 1337. Francesco Talenti e Giovanni di Lapo Ghini la continuarono nel 1357. Nel 1412 il nome fu cambiato in Santa Maria del Fiore. La chiesa fu consacrata il 25 marzo del 1436 al termine dei lavori della cupola del Brunelleschi da papa Eugenio IV.
Attualmente è cattedrale dell'arcidiocesi di Firenze.
[modifica] Gli edifici pre-esistenti
Alla fine del 13° secolo la Platea Episcopalis, il complesso episcopale fiorentino, presentava i tre edifici che ancora la compongono in redazioni e rapporti spaziali completamente differenti. L'attuale Piazza S. Giovanni era poco più di uno slargo attorno al Battistero di San Giovanni, allora il vero fulcro del complesso, appena completato col suo attico ed il tetto in marmo a piramide ottagonale. Ad est, subito fuori della Porta del Paradiso, non ancora ornata dalle porte bronzee del Ghiberti, il portico della chiesa di Santa Reparata, che disponeva all'estremità orientale di un vero e proprio coro armonico munito di due campanili.
A coronamento della Platea Episcopalis sorgevano anche l'antica chiesa di San Michele Visdomini, poi spostata più a nord, che si trovava sullo stesso asse Duomo-Battistero, ed il più antico Spedale Fiorentino; a sud sorgevano le abitazioni dei Canonici, organizzate intorno ad un chiostro centrale
La Cattedrale di Santa Reparata, pur antica e veneranda, non conveniva più come chiesa cattedrale di una città in fortissima espansione, ricca e potente, che aveva appena regolato i suoi conti con la rivale Siena (Battaglia di Colle Val d'Elsa, 1269) ed imposto, sia pure a fatica, la sua egemonia nel caotico scacchiere toscano. Santa Reparata veniva descritta dal Villani come molto di grossa forma e piccola a comparazione di sì fatta cittade e nei documenti del comune come Cadente per estrema età. Tra l'altro, come in altre strutture religiose, vi venivano tenute anche le sedute del governo del Comune di Firenze che, infine, nel 1294, decise la ricostruzione della chiesa con dimensioni tali da eclissare le cattedrali delle città avversarie, tra cui Pisa e Siena.
Venne posto un particolare accento alla ricchezza della fabbrica così da usarla come una icona della potenza cittadina.
[modifica] Il nuovo cantiere e la critica
Il cardinale Pietro Valeriano, legato di papa Bonifacio VIII, pose solennemente la prima pietra della nuova basilica nella festa della Natività della Madonna del 1296. La costruzione dell'edifico fu un vasto progetto che durò almeno 170 anni (molti di più se si considera fino alla realizzazione della facciata dell'Ottocento), vi parteciparono numerosi artisti importanti e fu al centro degli sforzi collettivi di molte generazioni.
La costruzione di Santa Maria del Fiore, uno dei momenti di maggiore importanza nello sviluppo dell'ingegneria moderna, è quindi frutto di un cantiere durato secoli e che ha risentito delle alterne vicende della storia politica ed economica di Firenze, dei cambiamenti di gusto e delle diverse personalità dei capomaestri che si sono alternati alla guida del cantiere.
[modifica] I problemi con gli studi sul cantiere
Lo studio di questo cantiere, oltretutto, risente del fatto che si tratta di uno dei massimi capolavori dell'architettura (e che contiene capolavori assoluti di scultura, pittura, etc.) e che, quindi, più che ad un oscuro lavoro di verifica, invitava alla formulazione di teorie generali valide per l'intera storia dell'arte italiana. Gli studiosi che vi si sono dedicati non hanno, se non raramente, rivolto la loro attenzione ai dati scientifici e d'archivio che la ricerca forniva e che continua a fornire. Avviene così che, ancora oggi, si basino descrizioni e teorie su dati obsoleti e spesso inesatti. Le piante e le sezioni di G. B. Nelli, che non riflettono affatto la reale forma della cattedrale ma ne costituiscono una versione regolarizzata, che non registra i cambi di direzione nell'asse della Cattedrale rispetto all'asse di Santa Reparata, le larghezze variabili dei valichi del corpo basilicale o le notevoli differenze di larghezza tra i vari spicchi della Cupola, sono ancora oggi regolarmente usate. Così come le ipotesi di Camillo Boito sulla pianta prevista da Arnolfo sono ancora oggi usate come se riflettessero un dato di fatto, mentre già gli scavi del Toker mostrarono la scarsa rispondenza dell'ipotesi alla realtà.
Nonostante in anni recenti una mole di dati sia stata resa disponibile, non sono poche le pubblicazioni recenti che preferiscono ricorrere ancora alle vecchie ma ormai consolidate teorie, che riflettono, più che il vero stato di cose, l'impostazione ottocentesca dei primi studiosi che le formularono.
[modifica] L'impronta arnolfiana
I lavori iniziarono con lo scavo delle fondazioni, poi con l'elevazione dei muri delle navate laterali; si procedette così per lasciare il più a lungo possibile la chiesa di Santa Reparata in grado di funzionare come cattedrale.
A capo del cantiere venne posto Arnolfo di Cambio che già aveva probabilmente lavorato alla vasta chiesa di Santa Croce in Firenze e nello stesso torno di tempo dirigeva la costruzione del Palazzo della Signoria. Sono ancora in discussione sia la questione della reale esistenza di un progetto di Arnolfo di Cambio, sia della sua visibilità nella struttura odierna: alla luce dei pochi ed incompleti scavi condotti non è possibile dare una risposta certa, ma nel complesso è innegabile che alcuni caratteri della cattedrale attuale paiano fortemente arnolfiani anche se furono eseguiti da altri capomaestri, quindi l'esistenza di un progetto originario è probabile.
Si ritiene tradizionalmente che nella rappresentazione della Chiesa trionfante negli affreschi di Andrea di Bonaiuto nel Cappellone degli Spagnoli in Santa Maria Novella, sia presente una plausibile raffigurazione del modello ligneo presentato da Arnolfo. Non mancano, comunque, le perplessità: il campanile, troppo simile a quello veramente realizzato, è più tradizionalmente "spostato" nell'area absidale; la cupola, seppure gotica nell'ornamentazione, è una tradizionale cupola semisferica; inoltre, potrebbe più semplicemente riflettere, più che il modello di Arnolfo, quello presentato all'Opera del Duomo dallo stesso autore dell'affresco.
Probabilmente, già Arnolfo aveva pensato una chiesa dotata di una grande cupola, ispirata al modello romano di Santa Maria della Rotonda (il Pantheon), e con l'intento di superare le dimensioni del Battistero. Nonostante alcune incertezze dei critici, gli scavi hanno confermato che le prime fondazioni che sia possibile attribuire a Santa Maria del Fiore si trovano sotto l'attuale facciata (il cosiddetto muro 100) e sotto i muri laterali, estendendosi poi a sud della facciata, venendo così a confermare l'ipotesi che Arnolfo avesse progettato una chiesa larga quanto l'attuale, seppur con asse ruotato pochi gradi più a sud, e munita di un campanile isolato a sud della facciata. L'esiguo spessore di queste fondazioni rende probabile una altezza progettata assai inferiore a quella poi raggiunta. La facciata fu subito iniziata, nonostante secondo la prassi fosse un elemento generalmente posposto rispetto alla costruzione di altre parti della chiesa, perché con la demolizione della prima campata di Santa Reparata, decisa per lasciare maggiore spazio al Battistero, si rese necessario chiudere l'antica chiesa in modo da garantirne un uso provvisorio più lungo possibile.
Anche il grande ballatoio sporgente, pur essendo stato eseguito materialmente da Francesco Talenti, è un indizio di carattere tipicamente arnolfiano. I critici lo accostano al cornicione di Santa Croce (tradizionalmente attribuitagli) ed a quello di altre opere analoghe come il Duomo di Orvieto e quello di Siena. In particolare, Angiola Maria Romanini, studiosa dello scultore, sottolinea come il cornicione-ballatoio sia una costante immancabile [...] in tutte le architetture arnolfiane.
Alla morte di Arnolfo (1302), contemporanea a quella di altri promotori del cantiere, come il Vescovo Monaldeschi e il Cardinale Matteo d'Acquasparta, legato papale, i lavori subirono un rallentamento e furono in seguito sospesi per circa 30 anni.
[modifica] L'aspetto dell'antica facciata
Oggi si tende ad essere d'accordo circa la presenza di una facciata incompiuta progettata e in parte eseguita da Arnolfo di Cambio, pur se accresciuta e inglobata dall'opera dei capomastri successivi, anche se la questione è stata oggetto di forti controversie in passato.
Nel Museo dell'Opera del Duomo sono conservate numerose statue e frammenti, molte di altissima qualità e di chiara mano di Arnolfo che provengono probabilmente in massima parte da Santa Maria del Fiore. La decisione del Governo del Comune di Firenze di esentare Arnolfo dal pagamento di tributi per sé e per i suoi rimane un forte indizio dell'apprezzamento per i primi lavori per la nuova cattedrale: Magnifico et visibili principio. Poiché onori del genere erano tutt'altro che consueti nell'oculata amministrazione cittadina, bisognerà credere che si trattasse di costruzioni davvero impressionanti, per quanto solo abbozzate.
Sopravvivono anche alcune testimonianze [1] che, oggetto di recenti studi, hanno portato ad una ricostruzione virtuale dell'aspetto della facciata trecentesca. La fascia basamentale ad ornati cosmateschi e gli straordinari gruppi scultorei delle lunette dei portali sono così attribuibili, senza alcuna discussione, all'opera di Arnolfo. Restano i dubbi su quanta parte della facciata distrutta fosse da riferirsi al progetto originale, visto che le proporzioni della costruzione erano state nel frattempo radicalmente alterate.
Secondo la ricostruzione proposta nel 2005, in occasione di una esibizione temporanea all'Opera del Duomo, da Erica Neri e Silvia Moretti, la facciata sarebbe stata caratterizzata nei livelli portati a termine da grandi protiri pensili sovrastanti i tre portali, seguiti da un registro di bifore cuspidate, che simulavano una galleria aperta; mosaici in stile cosmatesco, una novità per Firenze, ma una costante dell'opera arnolfiana, che a Roma era stato in contatto con le famiglie dei marmorari romani, adornavano lo zoccolo basamentale tra i portali con fasce di false finestre (ritrovati in parte nel 1970 rimuovendo alcuni lastroni riutilizzati per il pavimento). Arnolfo impiantò una struttura su scala monumentale che culminava nella grandiosa decorazione statuaria delle grandi lunette che sovrastavano le entrate.
Nelle tre lunette raffigurò il ciclo mariano, già consolidato iconograficamente, che iniziava con la Nascita della Vergine a sinistra, seguito dalla Madonna in trono e santi nel portale centrale, dove figuravano i santi fiorentini come San Zanobi e Santa Reparata, infine la cosiddetta Dormitio Virginis, cioè il Compianto sulla Vergine nel momento della morte, raffigurata nell'atto di addormentarsi. Sui pilastri aggettanti erano stati collocate le statue di quattro profeti e degli apostoli. Nella galleria del secondo registro erano, invece, stati collocati (in epoca più tarda, circa nel 1390, quindi forse secondo un progetto diverso) i santi protettori di Firenze.
Le statue, in parte disperse, sono, comunque, conservate in larga parte nelle collezioni del Museo dell'Opera del Duomo. Arnolfo impiegò tutta la sua maestria tecnica nella realizzazione delle sculture, dando forte tridimensionalità ai rilievi pur impiegando lastre di spessore piuttosto contenuto. Concepite per essere osservate dal basso, creavano una sorta di effetto trompe l'oeil (effetto col quale in pittura si simulano decorazioni tridimensionali) , che è stato accostato agli effetti ricercati in alcuni affreschi opera di Giotto ed altri.
[modifica] La costruzione del Corpo Basilicale
Nel 1330 il ritrovamento sotto Santa Reparata delle reliquie del venerato vescovo di Firenze San Zanobi diede nuovo impeto alla costruzione. L’Arte della Lana, che aveva ricevuto l’incarico di sovrintendere alla costruzione, nel 1334 affidò la direzione dei lavori a Giotto, assistito da Andrea Pisano. Giotto si concentrò sul Campanile di cui fornì un progetto (un disegno conservato nell'Opera del Duomo di Siena ne è probabilmente un riflesso; anche il programma iconografico dei rilievi basamentali è almeno in parte suo) e riuscì ad iniziare la costruzione, ma morì dopo soli 3 anni nel 1337. Andrea Pisano continuò i lavori, anch'egli soprattutto sul campanile, ma morì con l'arrivo della peste nera nel 1348 e i lavori furono di nuovo bloccati, per ripartire sotto la guida di Francesco Talenti.
La costruzione del corpo basilicale deve essere vista come un'opera corale, in cui capomastri e operai, che sapevano bene di avventurarsi in un'opera mai tentata prima, procedettero con cautela, chiedendo consulti, facendo prove in scala, decidendo modifiche in corso d'opera, preparando modelli alternativi e discutendo con grande continuità durante tutto l'arco della costruzione. Altri architetti impegnati furono in seguito Alberto Arnoldi, Giovanni d'Ambrogio, Neri di Fioravante e l'Orcagna
Non si aspettò molto per riprendere i lavori e già nel 1349 il progetto passò a Francesco Talenti, al quale si deve il completamento del campanile ed un nuovo progetto che alterò quello arnolfiano muovendo dalla facciata, con una intricata (e costosissima) decorazione marmorea delle pareti laterali. Talenti, tra critiche, dibattiti e minacce (gli operai proposero di multarlo per costringerlo ad essere più presente sul cantiere) mise a punto il modello dei titanici pilastri della navata, realizzando i primi due valichi.
Dopo il 1359 gli successe alla direzione dei lavori Giovanni di Lapo Ghini (1360–1369) che ultimò le prime tre campate, la cui principale caratteristica era la pianta pressoché quadrata in luogo delle tradizionali campate a pianta rettangolare molto pronunciata del gotico francese, allora il modello dominante. Le immense campate fiorentine (appena tre metri più basse delle volte di Beauvais, le più alte del gotico francese) dovevano coprire un immenso spazio con pochissimi sostegni. La navata era, quindi, pensata come una sala in cui i vuoti prevalevano sulle pur ragguardevoli strutture architettoniche. Il ritmo dei sostegni era decisamente diverso dalla foresta di pietra tipica del gotico d'oltralpe, o di chiese fedeli a quel modello, come il Duomo di Milano. Non vi sono precedenti per dimensioni e struttura che possano essere citati come antefatti di questo progetto. Nel 1375 l'antica chiesa di Santa Reparata fu definitivamente abbattuta. Le navate furono completate con la copertura tra il 1378 ed il 1380.
Le pareti furono ricoperte all'esterno da una sfarzosa decorazione a marmi policromi da Campiglia, poi Carrara (marmo bianco), Prato (serpentino verde), Siena e Monsummano (rosso), Lavenza e qualche altra località. Le bande in marmo ripresero sia la decorazione del Battistero, sia quella del Campanile.
Furono realizzate quattro porte laterali, fra le quali spiccavano per bellezza la Porta dei Canonici verso sud, in stile gotico fiorito, e la Porta della Mandorla verso nord, detta così per l'elemento contenuto nella cuspide gotica con l'altorilievo dell'Assunta, opera di Nanni di Banco (1414-1421). La porta della Mandorla è considerata la palestra di tutti gli scultori della nuova generazione fiorentina, che introdurrà il rinascimento nel cantiere; Donatello, forse Jacopo della Quercia, che scolpisce anche il rilievo della lunetta, poi sostituito dal mosaico del Ghirlandaio, Luca della Robbia. Le sei bifore laterali, dal disegno tipicamente gotico con fini ornamenti, sono piazzate al centro di specchiature scandite da lesene; le ultime quattro verso il transetto danno luce all'interno. Talenti, che probabilmente doveva fronteggiare alcuni problemi statici, chiuse le altre, che d'altronde, a causa dell'ondivago andamento dei lavori, non sarebbero risultate simmetriche se viste dall'interno. Infatti la realizzazione dell'esterno dell'edificio non rispecchia il ritmo delle campate all'interno; è questo uno dei motivi che portò infine alla rimozione di Talenti, richiamato più tardi per dedicarsi esclusivamente al ballatoio.
Le finestre superiori della navata centrale sono invece occhi circolari, una caratteristica dettata dalla volontà di evitare di alzare troppo la navata maggiore e assicurare comunque una buona illuminazione. Le aperture circolari, inoltre, erano meno problematiche dal punto di vista strutturale. Le necessità statiche resero indispensabile il ricorso ad archi rampanti per scaricare parte del peso delle volte della navata centrale nei muri esterni; tali espedienti, già previsti forse da Arnolfo (si ritrovano ben in vista nel dipinto di Andrea da Bonaiuto), non dovevano proprio andar giù ai fiorentini, che alla fine decisero di occultarli rialzando le pareti laterali con un attico a rettangoli di pietra verde appena riquadrati di bianco; la soluzione univa la volontà di imitare l'attico del Battistero alla coloritura scura che rendeva meno evidente l'espediente. Tale attico è generalmente (ed erroneamente) indicato come la prova del fatto che i muri esterni furono cominciati secondo un progetto arnolfiano e poi furono rialzati dal Talenti. La prova definitiva della falsità di questo assunto è stata data dalla scoperta che le fitte lesene che caratterizzano il muro delle navate laterali a partire da ovest erano inizialmente previste anche per la navata maggiore (sono ancora visibili nei sottotetti) che sappiamo progettata e in parte eretta dal Talenti.
La semplificazione della decorazione dei muri esterni venne decisa non tanto per motivi stilistici o di gusto quanto per contenere le spese (bisognerà tenere a mente che il rivestimento marmoreo del Campanile di Giotto alla fine era costato quasi due milioni di fiorini, una cifra senza precedenti. Infine, venne innalzato il tamburo ottagonale con le stesse grandi finestre circolari. Nel 1421 la basilica era terminata e restava solo da costruire la cupola.
[modifica] La Cupola
Per approfondire, vedi la voce Cupola del Brunelleschi. |
Era rimasta nella cattedrale una grande cavità larga 43 metri e posta su un tamburo ad un'altezza di circa 60 metri, alla cui copertura nessuno, fino ad allora, si era ancora posto il problema di trovare una vera soluzione.
Nel 1419 fu indetto un concorso pubblico per la progettazione della cupola, o anche solo di macchine atte al sollevamento di pesi alle altezze mai raggiunte prima da una costruzione a volta, cui parteciparono numerosi concorrenti; il concorso, generalmente considerato come l'inizio della costruzione della cupola, non ebbe alcun vincitore ufficiale: il cospicuo premio messo in palio non fu infatti assegnato. Filippo Brunelleschi, che era tornato da Roma appositamente per lavorare alla cupola, stava già (come gli archivi registrano) costruendo un modello per conto dell'Opera. Alla fine venne deciso di affidare la costruzione a lui e a Lorenzo Ghiberti, il quale aveva già strappato a Brunelleschi il contratto per la Porta del Paradiso. Nella descrizione dei lavori che Filippo stilerà per gli Operai dell'Arte della Lana (responsabili del buon andamento della costruzione) si stabilisce che si comincerà a costruire la cupola fino all'altezza di trenta braccia e poi in base al comportamento delle murature si deciderà come continuare. L'altezza indicata è quella alla quale i mattoni avrebbero dovuto essere posati ad un angolo tale (rispetto all'orizzontale) da non poter essere trattenuti al loro posto dalle malte a lenta presa conosciute ai muratori dell'epoca (la tecnica romana della pozzolana non era più in uso) con conseguente rischio gravissimo di scivolamento all'interno della muratura. Un grave problema era anche la differenza in larghezza dei lati del tamburo, che richiedevano così una estrema precisione per la posa dei letti di mattoni in modo da non creare pericolosissime interruzioni nella tessitura muraria. A ricordare i pericoli di una costruzione poco accurata bastava guardare alcuni metri più in basso per vedere la vistosa crepa che si era aperta nella muratura ancora fresca di una delle semicupole del grande triconco basamentale.
Il 7 agosto 1420 ebbe inizio la costruzione della cupola, e, dopo un diverbio fra i due architetti, nel 1425 Ghiberti venne estromesso dai lavori che passarono interamente in mano a Brunelleschi.
Quest'ultimo aveva un'idea ben precisa di come realizzare l'impresa, avendo potuto studiare il Pantheon a Roma. Costruì un modello ligneo con l'aiuto di Donatello e Nanni di Banco (alcuni ritengono sia quello oggi al Museo dell'Opera del Duomo). Fra i prototipi creati per convincere della fattibilità dell'opera il Vasari racconta anche che il grande architetto accettò la commissione di costruire una cappella per la famiglia Rinuccini dotandola di una versione in miniatura della cupola; tale cappella si trovava nella chiesa di San Jacopo Soprarno ed è, purtroppo, andata perduta. In ogni caso, una cupola con un diametro di pochi metri non costituiva affatto un modello probante per l'immensa costruzione in progetto.
Il vero problema della costruzione della cupola è nella sua forma, che non è una "cupola di rotazione", come nel Pantheon, ma una volta cupoliforme (cioè con la chiave di volta ad una altezza molto superiore a quelle degli archi d'imposta) a pianta ottagonale. Mentre costruire senza sostegni una cupola del primo tipo è sempre possibile, non si può fare a meno di centinatura per costruire una cupola come quella della Cattedrale fiorentina. Il problema era che sarebbe stato necessario usare una quantità colossale di legname per costruire impalcati e centine di quella dimensione a quell'altezza, e che travi della lunghezza necessaria sarebbero state praticamente impossibili da reperire. Brunelleschi risolse, però, tutti questi problemi costruendo con successo una cupola interna con uno spessore enorme (due metri e mezzo alla base!) ed anche una cupola esterna di spessore inferiore ad un metro; quest'ultima serve solo per proteggere la cupola interna dalla pioggia e farla apparire, secondo le parole dell'architetto più magnifica e gonfiante all'esterno. Il "segreto" che rese possibile la costruzione della cupola fu compreso pienamente solo negli anni sessanta, e descritto nei loro lavori (vedi bibliografia) da Mainstone e Di Pasquale. Un cantiere di restauro aveva reso necessaria la rimozione delle tegole che coprono uno degli spicchi della cupola, il che consentì di osservare come le facce dei mattoni non erano perfettamente parallele, ma sistemate lungo rette originate da un punto situato al centro dell'ottagono di base della cupola. La disposizione dei mattoni a spinapesce serviva soprattutto a creare un appiglio per le file dei mattoni con la malta ancora fresca in modo da impedirne lo scivolamento fino alla presa della malta. Numerosi rinforzi di pietra e metallo consolidarono la struttura.
Un altro fattore di primaria importanza nella costruzione della cupola fu la necessità di progettare macchine innovative per il sollevamento di migliaia di tonnellate di materiali da costruzione alla vertiginosa altezza della cupola; Brunelleschi diede prova di genio assoluto disegnando numerose macchine che facevano uso di demoltipliche e ingranaggi di tipo assolutamente nuovo. Molti artisti che videro quelle macchine in funzione per anni - furono, infatti, usate, anni dopo la morte dell'architetto, per issare la sfera in cima alla cupola, poi rimasero in vista a marcire perché era impossibile destinarle ad altri scopi - le studiarono e disegnarono con grande attenzione; fra loro il giovane Leonardo da Vinci, nei cui codici si trovano ancora alcuni disegni di macchine brunelleschiane attribuite così al da Vinci da numerosi entusiasti.
I lavori terminarono nel 1436 e la chiesa fu solennemente consacrata da Papa Eugenio IV il 25 marzo, il capodanno fiorentino.
Per realizzare la lanterna fu bandito un nuovo concorso, vinto anche questa volta da Brunelleschi, con un progetto sempre basato sulla forma ottagonale che si ricollega con le colonne e gli archi alle linee dei costoloni bianchi della cupola. La costruzione della lanterna iniziò nel 1446, pochi mesi prima della scomparsa di Brunelleschi. Dopo un lungo periodo di stallo, durante il quale vennero anche proposte numerose modifiche, fu terminata definitivamente da Michelozzo nel 1461. In cima alla copertura a cono fu posta nel 1469 una grande sfera dorata opera di Verrocchio. La sfera cadde nel 1492 (si dice che fu un infausto presagio della vicina morte di Lorenzo il Magnifico) e di nuovo durante una tempesta la notte del 17 luglio 1600. Un disco di marmo bianco sul retro di Piazza del Duomo ricorda ancora il punto dove si arrestò la sfera, che fu sostituita con quella ancora più grande che si può ammirare ancora oggi (ricollocata nel 1602)..
La decorazione con il ballatoio, visibile solo sullo spicchio est, fu realizzata nel Cinquecento da Baccio d'Agnolo, ma interrotta presto per via dell'opposizione di Michelangelo che la definì una gabbia pe' i' grilli, intendendo che la ridondanza di questa decorazione avrebbe fatto assomigliare la cupola ad una di quelle gabbiette ornate che si usano per la Festa del grillo.
A questo punto del cantiere della cattedrale rimaneva solo la facciata incompiuta dopo una parziale costruzione decorativa che risaliva addirittura ad Arnolfo di Cambio.
[modifica] La nuova facciata
La facciata di Santa Maria del Fiore è stata per secoli il grande problema irrisolto del complesso episcopale fiorentino; circondata da capolavori dell'architettura di tutti i tempi, tutti coperti di una veste smagliante di marmi multicolori, la facciata incompiuta in pietraforte spiccava in modo inaccettabile.
Fra il 1587-1588 il Granduca Francesco I ordinò all'architetto di corte Bernardo Buontalenti di rimuovere tutti i marmi e le sculture, coprire la martoriata facciata con un soprammattone su cui fosse eseguita una facciata dipinta, di gusto manierista, la quale giunse fino al XIX secolo. Nessuno dei progetti presentati all'epoca (oltre a quello del Buontalenti stesso, uno di Giovanni Antonio Dosio ed uno del Giambologna) fu accettato ed un concorso pubblico si risolse in un grande scandalo di corruzione. Intanto si avvicendavano facciate posteccie provvisorie, erette in occasione di eventi speciali, come i matrimoni dinastici e altri festeggiamenti. Queste architettura temporanee erano in genere in legno, tele dipinte e gesso.
Una nuova competizione si svolse nel 1864, per la quale pervennero a Firenze i più disparati progetti, da quelli di gusto neogotico d'oltralpe, a quelli più rispettosi dello stile italiano, ad altri di gusto pienamente eclettico tipico dell'epoca. Questi progetti si possono oggi vedere al Museo dell'Opera del Duomo. Il vincitore fu Emilio De Fabris (1808-1883) scelto nel 1871, con un progetto ispirato al gotico trecentesco, ma inevitabilemnte di maniera. I lavori iniziarono nel 1876 e furono completati nel 1887, con vari stralci polemici. Per esempio non si sapeva decidere su come eseguire il coronamento delle navate laterali: con un ballatoio piano, come nelle antiche basiliche, o con delle cuspidi come nel Duomo di Siena o in quello di Orvieto? Per dirimere la questione si arrivò addirittura erigere entrambe le versioni contemporaneamente, facendo decidere i fiorentini stessi con un referendum popolare. Della singolare facciata in opera, durante la fase dell'indecisione resta una fotografia d'epoca. Venne scelta la versione con il ballatoio, e nel 1887 la facciata completata poteva essere inaugurata.
L'infelice facciata a marmi policromi (definita, fra gli altri, da Enzo Carli "uno degli episodi tragici del cantiere della cattedrale") si armonizza cromaticamente con gli edifici vicini, campanile e battistero, ma tradisce la sua modernità nell'eccessivo zelo tipicamente ottocentesco, caratterizzato da una sovrabbondante presenza di decorazioni. Inoltre, rispetto ai fianchi della cattedrale, fu utilizzata una proporzione maggiore di marmo rosso di Siena, per motivi patriottici legati al tricolore della appena riunificata Italia.
Il tema dominante della decorazione è il tributo a Maria. Le tre grandi porte bronzee risalgono al periodo dal 1899 al 1903 e sono decorate con scene della vita della Madonna. Le lunette a mosaico sopra la porta furono disegnate da Niccolò Barabino e raffigurano (da sinistra): La Carità fra i fondatori delle istituzioni filantropiche fiorentine, Cristo in trono con Maria e San Giovanni Battista e Artigiani, mercanti e umanisti fiorentini rendono omaggio alla Vergine. Nel frontone sul portale centrale è stato collocato un bassorilievo di Tito Sarrocchi con Maria in trono con uno scettro di fiori. Nella parte alta della facciata corre una serie di nicchie con i dodici apostoli e, nel mezzo, una Madonna con bambino. Fra il rosone e il timpano è stata realizzata una galleria di busti di fiorentini illustri.
[modifica] L'interno
La cattedrale è costruita sul modello della basilica, con un'elaborazione della tipica pianta a croce latina con le absidi disposte in cerchio con una forma che dall'alto ricorda quella di un fiore. È divisa in tre navate sorrette al centro da quattro paia di grandi pilastri compositi.
Le dimensioni sono enormi: 153 metri di lunghezza per una larghezza di 38 metri (90 all'altezza del transetto). L'altezza delle volte nella navata è di 23 metri, mentre dal pavimento alla cime della cupola interna è di 90 metri. La copertura è apparentemente a volte, in realtà le navate sono sostenute da capriate, nascoste dalle volte non strutturali.
L'interno, piuttosto semplice ed austero, dà una forte impressione di vuoto aereo.
Molte delle decorazioni della chiesa sono state rimosse nel corso del tempo, a volte distrutte a volte spostate nel vicino Museo dell'Opera del Duomo, come le magnifiche cantorie di Luca della Robbia e di Donatello, a causa dei restauri ottocenteschi dell'architetto Baccanti, che coprì di intonaco bianco le pareti.
Alcune opere della cattedrale rispecchiano la sua funzione pubblica, con monumenti dedicati ad illustri uomini ed a comandanti militari di Firenze. Nel Quattrocento, infatti, il cancelliere fiorentino Coluccio Salutati vagheggiava il progetto di trasformarlo in una sorta di Pantheon dei fiorentini illustri,con opere d'arte celebrative. A quel programma decorativo risalgono essenzialmente:
- Dante con in mano la Divina Commedia di Domenico di Michelino (1465), interessante anche per la precisa veduta cittadina del 1465.
- Affreschi staccati dei condottieri, sulla parete sinistra, raffiguranti i monumenti a due figure eroiche in cavalcatura trionfante. Entrambi presentano una prospettiva incerta, con due punti di fuga diversi per il piedistallo e la statua equestre; inoltre, i cavalli non potrebbero in realtà stare in piedi perché hanno le zampe alzate entrambe dallo stesso lato. Lo strappo è stato fatto nel XIX secolo.
- Statua equestre di John Hawkwood (Giovanni Acuto) di Paolo Uccello (1436). Dipinto in bicromia con terra verde.
- Statua equestre di Niccolò da Tolentino di Andrea del Castagno (1456), in pendant con il precedente, disegnato a imitazione del marmo, forse più bello nella decorazione e nel senso di movimento dell'altro.
Più tardi sono invece i busti, realizzati tra il XV e il XVI secolo (tranne quello di De Fabris per ovvie ragioni).
- Busti nella navata sinistra:
- Busto di Emilio de Fabris (fine del XIX secolo)
- Busto di Antonio Squarcialupi (celebre organista della cattedrale)
- Busto di Arnolfo di Cambio
- Busti nella navata destra:
- Busto di Giotto (di Benedetto da Maiano)
- Busto di Brunelleschi (del Buggiano - 1447),
- Busto di Marsilio Ficino
Sopra il portale centrale un grande disco dell'orologio affrescato con ritratti di evangelisti di Paolo Uccello (1443). L'orologio, di uso liturgico, è uno degli ultimi funzionanti che usa la cosiddetta hora italica, un giorno diviso in 24 "ore" di durata variabile a seconda delle stagioni, che comincia al suono dei vespri, in uso fino al XVIII secolo. I ritratti degli evangelisti non sono identificabili col tradizionale ausilio degli animali-simbolo, ma attraverso i tratti fisionomici che richiamano l'animale (o, nel caso di Matteo, l'angelo) simbolico.
Le 44 vetrate colorate antiche sono fra le più importanti in Italia relativamente al periodo fra il Trecento e il Quattrocento. Le bifore della navata e del transetto ritraggono Scene di santi del Vecchio e Nuovo Testamento, mentre le finestre circolari sul tamburo rappresentano scene mariane. Numerosi artisti rinascimentali disegnarono i cartoni per le finestre, fra i quali Donatello (l'Incoronazione della Vergine sul tamburo, l'unica visibile dalla navata), Lorenzo Ghiberti, Paolo Uccello e Andrea del Castagno. Il rosone raffigura Cristo incorona Maria su disegno di Gaddo Gaddi (inizio del Trecento). La vetrata ovest del tamburo è la sola rimasta non istoriata.
Il bel monumento funebre al vescovo Antonio d'Orso (1323), vescovo di Firenze, fu realizzato da Tino da Camaino.
Il Crocifisso dell'altare maggiore è di Benedetto da Maiano (1495-1497). Gli stalli del coro attorno all'altare maggiore sono forse l'opera più riuscita dello scultore Baccio Bandinelli. I dodici pannelli bronzei della porta della sacrestia furono realizzati da Luca della Robbia, che realizzò anche le due terracotte policrome invetriate all'interno della medesima: angelo con candeliere e Resurrezione di Cristo. All’interno delle sacrestie delle messe, sulla destra, le tarsie lignee dal forte valore prospettico ed illusionistico furono disegnate, sul lato frontale, da Alesso Baldovinetti, Maso Finiguerra ed Antonio del Pollaiolo e messe in opera da Giuliano e Benedetto da Maiano.
Sul retro dell'abside centrale è presente l'altare dedicato a San Zanobi, primo vescovo di Firenze. Il sacrario d'argento è un capolavoro di Lorenzo Ghiberti e contiene le reliquie del santo. Il comparto centrale raffigura il miracolo della resurrezione di un bambino, che sarebbe avvenuto in città nell'attuale Via del Corso (una targa commemora ancora l'episodio sul cosiddetto Palazzo dei Visacci). Il dipinto sovrastante è un'Ultima cena di Giovanni Balducci, mentre il mosaico in pasta di vetro del Busto di San Zanobi un tempo qui, oggi si trova nel Museo dell'Opera del Duomo.
Nelle pareti interne che sostengono la cupola sono state collocate 8 statue di apostoli, realizzate nel Cinquecento, dopo che Michelangelo abbandonò la commissione lasciando un San Matteo soltanto abbozzato, oggi al Museo dell'Accademia.
Fra le decorazioni del XVI secolo, relative al periodo granducale, figurano il pavimento marmoreo, attribuito a Baccio d'Agnolo e Francesco da Sangallo (1520-26). Durante i restauri effettuati in seguito all'alluvione del 1966 si scoprì che nel pavimento furono usati, capovolti, alcuni marmi presi dalla facciata incompiuta, demolita in quegli anni.
[modifica] La decorazione interna della Cupola
Inizialmente la cupola sarebbe dovuta essere decorata da mosaici dorati, per riflettere al massimo la luce proveniente dalle finestre del tamburo, come suggerito dal Brunelleschi. La sua morte mise da parte questo costoso progetto e si provvide a intonacare semplicemente di bianco l'interno. Il Granduca Cosimo I de' Medici scelse il tema del Giudizio Universale per affrescare l'enorme calotta, ed affidò il compito a Giorgio Vasari. I lavori durarono dal 1572 al 1579 e furono terminati, dopo la morte del Vasari avvenuta nel (1574) da Federico Zuccari e collaboratori, come Domenico Cresti. Alla maestosa figura del Cristo, visibile dall'interno della chiesa, fa da contrappunto la scena infernale con Satana nella superficie opposta. Nella parte più vicina alla lanterna sono raffigurati i Ventiquattro anziani dell'Apocalisse, interamente dipinti dal Vasari; altre porzioni rappresentano Coro di angeli, Cristo, Maria e i santi, Le Virtù, i doni dello Spirito Santo e le Beatitudini; nella parte inferiore Inferno ed i sette vizi capitali. Questi affreschi, se visti da vicino durante il percorso della salita alla cupola, mostrano le deformazioni prospettiche e di colore usate per ottimizzare la veduta dal basso. La tecnica usata è mista: affresco per il Vasari, tecniche a secco per lo Zuccari, che qui ha eseguito il suo capolavoro.
[modifica] Il livello sotterraneo
Per approfondire, vedi la voce Santa Reparata. |
Sotto la cattedrale furono realizzati dei difficili lavori di scavo fra il 1965 e il 1974. La zona sotterranea della cattedrale fu usata per la sepoltura dei vescovi fiorentini per secoli. Recentemente è stata ricostruita la storia archeologica di quest'area, dai resti di abitazioni romane, ad una pavimentazione paloecristiana, fino alle rovine della vecchia cattedrale di Santa Reparata. Si accede agli scavi da una scala nella navata sinistra, e vicino all'entrata è presente la tomba di Filippo Brunelleschi, a riprova della grande stima dei fiorentini verso il grande architetto della cupola.
[modifica] Avvenimenti storici avvenuti nella Cattedrale
Nella cattedrale si svolse il Concilio di Firenze del 1438-1439, durante il quale Cosimo il Vecchio presiedette alla riunificazione fra la chiesa latina, rappresentata da Papa Pio II, e quella bizantina, rappresentata dall'Imperatore Giovanni VIII Paleologo e dal patriarca Gennadio. In realtà, questo accordo rimase solo sulla carta ed era il tentativo disperato dell'Imperatore di Bisanzio di ottenere aiuto dall'occidente in vista dell'assedio sempre più stretto dei turchi alla sua capitale (l'Impero Romano d'Oriente cadrà infatti poco dopo nel 1453). Nonostante ciò, l'arrivo degli illustri personaggi segnò la raggiunta importanza di Firenze a livello europeo e l'esotico corteo dei dignitari stranieri ebbe un notevole impatto sugli artisti della città, come raffigurato nella Cappella dei Magi di Benozzo Gozzoli.
Il momento più tragico della storia del Duomo si ebbe con la Congiura dei Pazzi, quando fu teatro del brutale assassinio di Giuliano de' Medici e del ferimento di suo fratello maggiore Lorenzo, il futuro Magnifico. Il 26 aprile 1478, dei sicari si appostarono durante la messa per colpire i rampolli di casa Medici, su mandato della famiglia dei Pazzi con aiuti esterni, di papa Sisto IV e di suo nipote Girolamo Riario, tutti interessati a bloccare l'egemonia medicea. Giovan Battista da Montesecco però, che avrebbe dovuto uccidere Lorenzo, si rifiutò di agire in un luogo consacrato, così fu sostituito da uno di minor esperienza. Mentre Giuliano cadeva sotto le numerose coltellate, Lorenzo riuscì, così, a fuggire nella Sacrestia barricandosi dentro, mentre la popolazione fiorentina, favorevole ai Medici, si accaniva contro gli assassini e sui presto scoperti mandanti, in giornate molto drammatiche nelle quali la folla inferocita linciò e fece impiccare sommariamente la maggior parte dei responsabili.
Dal 1491 in Santa Maria del Fiore, inoltre, pronunciò le sue famose orazioni Girolamo Savonarola, frate del Convento di San Marco, improntate all'assoluto rigorismo morale ed ispirate da un grande fervore religioso, durante le quali esprimeva tutto il suo disgusto per la decadenza dei costumi, per il rinato paganesimo e per la sfrontata ostentazione della ricchezza.
[modifica] Astronomia in Cattedrale
La cupola del Brunelleschi ospita anche uno strumento astronomico per lo studio del sole, rappresentato dal grande gnomone creato da Paolo Toscanelli e restaurato da Leonardo Ximenes. Più di uno gnomone vero e proprio, inteso come asta che proietta un'ombra su una zona illuminata, si tratta di un foro gnomonico presente sulla lanterna ad un'altezza di 90 metri, che dà una proiezione del sole su una superficie in ombra, in questo caso il pavimento della cattedrale.
Uno strumento del genere esisteva anche nel Battistero di San Giovanni già attorno all'anno Mille (oggi il foro è stato chiuso), ma nel 1475 l'astronomo Toscanelli approfittò del completamento della cupola per installare una lastra bronzea con un foro circolare di circa 4 centimetri di diametro, che desse un'immagine ottima dell'astro. Studiando infatti il rapporto tra altezza e diametro del foro si ottenne una vera a propria immagine solare stenopeica, cioè in miniatura, capace di mostrare anche le macchie solari o l'avanzare delle eclissi in corso, oppure il raro passaggio di Venere tra il sole e la terra. L'utilizzo più importante dello gnomone al tempo della sua creazione fu quello di stabilire il solstizio esatto, cioè la massima altezza del sole nel cielo a mezzogiorno durante l'anno e, quindi, la durata dell'anno stesso, osservazioni che porteranno insieme ad altre analoghe rilevazioni, come quella del 1510 ricordata da un disco di marmo nel pavimento della cappella Della Croce nell'abside destra della cattedrale, a convincere papa Gregorio XIII circa la necessità di riformare il calendario, allineando la data solare con quella ufficiale e creando il calendario gregoriano (1582).
Nei secoli successivi, lo strumento ebbe modo anche di essere usato per indagini più ambiziose, come quella promossa dall'astronomo della corte granducale Leonardo Ximenes nel 1754, che si propose di studiare se l'inclinazione dell'asse terreste variasse nel corso del tempo, una questione molto dibattuta dagli astronomi del tempo. Le sue osservazioni, confrontate con quelle del 1510 furono incoraggianti e, ripetute per più anni, gli permisero di calcolare un valore dell'oscillazione terrestre congruente con quello odierno. Fu lui che tracciò la linea meridiana in bronzo sul pavimento della stessa Cappella dove è presente il disco di Toscanelli. Alla sua morte lasciò una rendita per l'istituzione di una cattedra di astronomia sperimentale, che divenne il nucleo primordiale dell'Osservatorio Ximeniano, pochi decenni dopo, però, lo gnomone di Santa Maria del Fiore divenne obsoleto, sia per la scoperta di nuove strumentazioni che permettevano osservazioni più precise con l'ingombro di pochi metri, sia perché ci si accorse che le misurazioni erano anche influenzate dai piccoli movimenti della cupola dovute alla temperatura esterna.
Oggi la rievocazione di tali osservazioni ha un carattere prettamente storico e spettacolare, ed ha luogo ogni anno il 21 giugno alle 11 (dato che il vero mezzogiorno avviene un'ora prima rispetto all'ora legale). Per la presenza di ponteggi sul lato sud della lanterna, l'osservazione non si è potuta tenere nel 2005 e 2006.
[modifica] Elenco dei principali artisti che decorarono la cattedrale
- Baccio Bandinelli, bassorilievi del recinto dell'altare
- Tino da Camaino (monumento funebre a Antonio d'Orso)
- Benedetto e Giuliano da Maiano (crocifisso, pannelli nella sacrestia, busti di fiorentini illustri)
- Andrea del Castagno (affresco di Niccolò da Tolentino sulla parete destra, disegno per alcune vetrate delle finestre a occhio)
- Luca della Robbia (rilievi in bronzo della Resurrezione e dell'Ascensione sulle porte della sacrestia; lavori nella sacrestia con Michelozzo; cantoria, ora nel Museo dell'Opera del Duomo).
- Nanni di Banco (rilievi dell'Assunzione della Vergine, esterno, lato sud)
- Domenico di Michelino (Dante con in mano la Divina Commedia, parete di destra)
- Donatello (teste di profeti e sibille, esterno parete sud; cantoria, oggi nel Museo dell'Opera del Duomo; disegno per la vetrata di una finestra)
- Lorenzo Ghiberti (disegni per le finestre della navata, Arca di San Zanobi)
- Davide e Domenico Ghirlandaio (mosaico dell'Annunciazione porta sud, esterno)
- Michelangelo (San Matteo, opera incompiuta per la decorazione del coro, oggi al Museo dell'Accademia; Pietà, oggi al Museo dell'Opera del Duomo)
- Michelozzo (lavori sulla porta della sacrestia, con Luca della Robbia)
- Paolo Uccello (decorazione dell'orologio nella controfacciata; affresco di Statua equestre di Sir John Hawkwood sulla parete destra; disegno per le vetrate di due finestre a occhio)
- Giorgio Vasari e Federico Zuccari (affreschi del Giudizio Universale, interno della cupola)
[modifica] Note e riferimenti
- ↑ L'antica facciata arnolfiana è testimoniata da: 1) l'affresco del primo trecento rappresentante la Madonna della Misericordia visibile nel Museo del Bigallo; 2)un disegno preparatorio per una lunetta di Bernardo Poccetti, eseguita poco prima della distruzione del 1587; questo disegno, il più citato, lascia irrisolte molte questioni, poiché i due lati della decorazione non sono simmetrici e la costruzione avrebbe forti problemi statici; anche qualora la descrizione fosse accuratissima si tratterebbe comunque non tanto della facciata di Arnolfo, ma dello stato finale della facciata dopo le probabili grandi modifiche apportate dai successivi capomaestri dell'Opera. 3) un disegno di Alessandro Nani del XVII secolo, copia da Bernardo Poccetti; 4) una miniatura con Storie di San Zanobi (1335); 5) un affresco attribuito a Piero Nelli conservato nel Museo di Santa Croce.
[modifica] Bibliografia
- Giuseppe Richa, Notizie Istoriche delle Chiese Fiorentine., Firenze 1757; rist. anast. Roma, Multigrafica, 1989
- Cesare Guasti, Santa Maria del Fiore - La costruzione della Chiesa e del Campanile, Firenze, Ricci, 1887; rist. anast. Bologna, A Forni, 1974
- Giuseppe Rocchi Coopmans de Yoldi, Santa Maria del Fiore - Piazza, Battistero, Campanile. Firenze, Università degli Studi, 1996
- Francesco Gurrieri, La Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze Firenze 1994
- Angiola maria Romanini, Arnolfo di Cambio, Milano 1969
- Francesca Corsi Masi, Il ballatoio interno della Cattedrale di Firenze, Pacini, Pisa, 2005
Per la biografia riguardante la Cupola, si veda la bibliografia della voce Cupola del Brunelleschi.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Altri progetti
- Commons contiene file multimediali su Santa Maria del Fiore
[modifica] Collegamenti esterni
- L'Opera del Duomo, Firenze
- Astronomia in Cattedrale, sito dell'Opera del Duomo
- Studio Geometrico e Strutturale della Cupola
PORTALE · PROGETTO · I' BARRE Geografia: Firenze · Provincia · Frazioni della provincia · Quartieri · Quartieri storici · Piazze · Strade |
||
Progetto Firenze | CATEGORIE · ABBOZZI · VETRINA · IMMAGINI | Pagina discussione |