Mi'raj
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Mi‘rāj ( معراج ) è il termine arabo per indicare l'ascensione, narrata dal Corano nelle sure XVII:1, LIII:1-12 e LXXXI:19-25, del profeta Muhammad in cielo e delle sue relative visioni delle pene infernali e delle delizie paradisiache fino alla finale visione di Allah.
In particolare il versetto 1 della sura XVII (la Sura del Viaggio notturno) dice: «Gloria a Colui che rapì di notte il Suo servo dal Tempio Santo al Tempio Ultimo, dai benedetti precinti, per mostrargli dei Nostri Segni. In verità Egli è l'Ascoltante, il Veggente» (trad. A. Bausani).
Dopo aver trascorso la notte in casa della cugina Umm Hāni’ - che in gioventù era stata promessa a Muhammad per contrarre il tradizionale "matrimonio preferenziale" - il Profeta raccontò ai suoi seguaci una visione o un fatto realmente accadutogli di notte (se si fosse trattato di un'esperienza mistica o di un miracolo effettivo a lungo i dotti musulmani questionarono, optando infine per la seconda soluzione). Muhammad sarebbe stato svegliato da un angelo e trasportato di notte (da qui il termine isrā’) grazie a una straordinaria cavalcatura volante, Burāq, dal volto umano femminile, dal corpo a metà strada fra il mulo e l'asino, dalle lunghe orecchie e dal lungo dorso, dal santuario che s'identificò nella Ka'ba di Mecca fino alla spianata sacra di Gerusalemme (dove, in effetti, fu poi costruita la moschea detta al-Aqsa, cioè "Ultima".
Il viaggio notturno avrebbe consentito a Muhammad di assistere alle varie pene inflitte ai dannati in funzione dei loro peccati commessi in vita e avrebbe permesso poi al Profeta di percorrere i 7 cieli, incontrando vari profeti (Adamo, Yahya/Giovanni Battista, Yūsuf/Giuseppe, Hārūn/Aronne; Mūsà/Mosè, Ibrāhīm/Abramo) che l'avevano preceduto sulla Terra, fino alla visione beatifica di Dio, avvicinandosi a Lui alla distanza di "due archi e meno ancora" ( fa-kāna qāba qawsayni aw adnà ).
Quest'ultima esperienza sarebbe per definizione sovrasensibile e impossibile in vita agli uomini, che non potrebbero vedere l'infinità di Dio e, comunque, sopportarne la Potenza e sarebbe permessa da Dio all'uomo solo una volta morto allorché questi verrebbe dotato di particolari sensi, che sopravanzerebbero di molto quelli terreni.
Il miracolo voluto da Dio (che, essendo Onnipotente, non conosce limiti alla Sua Volontà) sarebbe proprio quello di aver permesso al Suo profeta ultimo qualcosa di straordinario ma l'ineffabilità della visione non rende possibile che questa possa essere razionalmente descritta e immaginata, sì da costringere a espressioni dalle forti coloriture poetiche e simboliche. Il settimo cielo, dove Muhammad contemplerebbe presso la "sidrat al-Muntahà ‘inda-hā jannatu l-Mā’wà ("il loto di al-Muntahà presso al quale è il Giardino di al-Mā’wà" ), è chiaramente un'espressione mistica sulla quale, infatti, non pochi sufi a lungo e profondamente argomenteranno.
Il racconto dell'ascesa ai Cieli si conobbe anche nel mondo cristiano occidentale, originando una vastissima letteratura nelle varie lingue neo-latine, germaniche e slave, i cui tali libri sarebbero stati definiti "della Scala[ta]".
La struttura topografico-concettuale dell'Inferno e del Paradiso ha quasi certamente influenzato la Divina Commedia dantesca. L'ipotesi, affacciata per la prima volta dallo studioso gesuita Miguel Asín Palacios, ha creato una feroce polemica fra dantisti - che rifiutavano preconcettualmente qualsiasi possibile "contaminazione" islamica del capolavoro di Dante - e islamisti che, senza mettere in alcun modo in discussione l'originalità poetica e ideologica della Divina Commedia, non accettavano l'ovvietà che l'Alighieri, da uomo di grande e vivace cultura, ignorasse alcune fra le tante versioni dei Libri della Scala redatti in lingue volgari. La questione sembra essere stata definitivamente risolta da Enrico Cerulli che, in due magistrali suoi lavori di censimento e collazione della letteratura europea riguardante i Libri della Scala, ha potuto dimostrare come una versione in volgare italiano fosse stata già predisposta ai suoi tempi dal notaio Bonaventura da Siena e come, alla luce di ciò, fosse davvero incredibile che un intelletto curioso come quello di Dante non ne fosse venuto a conoscenza. Né si dimenticava la missione ufficiale espletata nel 1264 per conto della Repubblica fiorentina da Messer Brunetto Latini, uno dei maestro di Dante (ricordato nel suo stesso capolavoro), presso la corte omayyade di Cordova e dell'implausibilità che l'autore del Tesoretto non avesse portato con sé, al suo ritorno in patria, materiale su questo genere letterario grandemente diffuso in terra spagnola, di cui parlava ad esempio nel suo Dittamondo Fazio degli Uberti.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Bibliografia
- Miguel Asín Palacios, La escatología mudsulmana en la Divina Comedia, Madrid, 1919.
- Miguel Asín Palacios, Historia y crítica de una polémica, Madrid-Granada, 1924.
- Enrico Cerulli, Il "Libro della Scala" e la questione delle fonti arabo-spagnole della Divina Commedia, Città del Vaticano, 1949.
- Enrico Cerulli, Nuove ricerche sul Libro della Scala e la conoscenza dell'Islam in Occidente, Città del Vaticano, 1972.
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