Duilio Cambellotti
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Duilio Cambellotti (Roma, 10 maggio 1876 - Roma, 31 gennaio 1960), spirito eclettico e multiforme, si accostò inizialmente all’Art Nouveau, accogliendone però gli aspetti prettamente originari e pionieristici espressi dalle idee di William Morris. Egli, come il Morris, vide nell’arte una finalità sociale, globale, moralistica, pedagogica al fine di renderla fruibile a tutti e, come il “maestro”, divenne artista-artigiano per eccellenza. Per questo motivo viene, a ragione, considerato uno degli esempi più validi in Italia dell’Art Nouveau, che ha caratterizzato l’Europa tra la fine del XIX secolo e l'inizio del successivo.
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[modifica] Gli anni di studio
Nell'insorgere della sua vena artistica non fu certamente estraneo il mestiere del padre, intagliatore e decoratore. Ma la sua incredibile fantasia ed il suo impeto creativo lo portarono ad accostarsi a tutte le forme d’arti figurative; lui stesso ebbe a dichiarare di "...non aver mai disdegnato alcuna forma d'arte". E così di volta in volta fu pittore, scultore, architetto, scenografo, arredatore, illustratore, incisore, decoratore, ceramista.
Effettò i propri studi artistici tra il 1893 e il 1897, quando frequentò l'Accademia delle belle Arti di Roma (presso cui, artista oramai noto ed affermato, fu docente di ornato modellato) e vinse il concorso per la realizzazione dei pali di sostegno delle tranvie romane (1896).
[modifica] Gli esordi
Terminati gli studi iniziò la sua attività artistica come designer e, in tale veste, progettò lampade (le famose lampade di Cambellotti), specchi, cofanetti, cornici, spille per varie ditte francesi, tedesche, austriache e italiane.
In questo periodo viaggiò molto, soprattutto in Grecia e in Turchia, dove partecipò alla decorazione del padiglione in onore dell'Imperatore di Germania in vista di una sua visita al Sultano Ottomano.
Partecipò a numerosi concorsi, tra cui quello per il manifesto della Esposizione Nazionale di Torino (1898), dove presentò vari manifesti (famoso è rimasto “Incandescenza” [1], disegnato per la ditta Lipizzi) ed in questa sede venne notato ed elogiato da numerosi critici che ne apprezzarono lo spirito poetico.
Egli produsse le sue opere (lampadari, cofanetti, arredamenti, ecc.) utilizzando, nello spirito insegnato da Morris, elementi naturali portati all'estrema linearità e dimostrando, inoltre, una profonda conoscenza delle ricerche stilistiche di Victor Horta, Hector Guimard, Henri Clemens Van de Velde: creò ambienti di grande semplicità e linearità dove l'elemento decorativo è parte integrante dell'oggetto e la cui forma egli adeguò alle proprietà ed alle caratteristiche dei materiali utilizzati.
[modifica] L'incontro con il teatro
L’incontro con il funzionario del ministero della Pubblica Istruzione Alessandro Marcucci, profondo conoscitore delle teorie di Van de Velde, fu decisivo per lo sviluppo artistico di Cambellotti. Fu, infatti, tramite il Marcucci, che organizzava sulla terrazza di casa spettacoli teatrali, che Cambellotti si avvicinò al teatro. Egli comprese subito le enormi prospettive che il teatro poteva aprire al suo impeto creativo, ed infatti, per tutta la vita, vi si dedicò a più riprese come scenografo.
Fortunatissima fu, in tale veste, la sua collaborazione con il Teatro stabile di Roma e con l’Inda (Istituto nazionale del dramma antico), che ha lo scopo di far rivivere le opere drammatiche dell'antichità nel Teatro greco di Siracusa, uno dei più importanti teatri antichi.
Per l’Inda realizzò, tra l’altro, l’apparato scenografico per l’Agamennone di Eschilo, la cui memorabile rappresentazione inaugurò nel 1914 l’attività dell’istituto.
Sempre attraverso Marcucci si accostò ad un gruppo di amici intellettuali tra i quali Giacomo Balla, venuto a Roma nel 1895. Anche questo incontrò si rivelò fondamentale per la crescita artistica di Cambellotti.
[modifica] Il mondo contadino
Non meno importante del legame con il teatro fu, per Cambellotti, quello avvertito per il mondo contadino; ed infatti temi d'origine rurale (come la famosa spiga di grano presente nei suoi mobili o in altre opere) furono ricorrenti, sempre gli stessi, in tutto il suo percorso artistico.
Profondo conoscitore della civiltà contadina Cambellotti ritrovava in queste radici la genuinità di un mondo che la civiltà contemporanea andava dimenticando, ma allo stesso tempo egli era cosciente dell’arretratezza, delle fatiche, della miseria che troppo spesso caratterizzavano quel mondo.
A questo punto iniziarono le sue battaglie socio-politiche e si votò con lo stesso Marcucci, il torinese Giovanni Cena, Giacomo Balla, la scrittrice Sibilla Aleramo ed altri intellettuali romani, alla riqualificazione dell’agro romano, fondando nel 1905 le prime scuole per i contadini.
Lo stesso gruppo denunciò lo stato di abbandono delle campagne ed organizzò, in occasione dell'Esposizione Internazionale del 1911, la Mostra delle Scuole dell'Agro Romano.
Cambellotti, che si occupò di organizzare artisticamente la mostra (l’aspetto etnografico fu invece curato dal Cena), curò la progettazione di una grande capanna, simboleggiante un mondo contadino ancora puro ed incontaminato, all'interno della quale furono esposti mobili rustici intagliati dai contadini, sculture dello stesso Cambellotti e dipinti di Giacomo Balla ispirati alla campagna.
[modifica] Uno spirito eclettico
Cambellotti non poteva, nella sua eclettica attività artistica, trascurare quella, allora molto fiorente, di illustratore.
Ed infatti curò, dapprima, l’illustrazione dei sillabari e dei manuali delle Scuole dell'Agro Romano e in seguito si dedicò all’illustrazione della “Divina Commedia”, i “Fioretti di San Francesco” e di molte riviste: “La lettura” (rivista mensile del Corriere della Sera), “Rapiditas” (legata al mondo delle corse automobilistiche), “La Casa” (dedicata all’estetica, al decoro e al governo dell’abitazione), “Fantasio”, “Italia ride”, “L’Avanti della Domenica”, ecc.
Anche come architetto Cambellotti non venne meno alle sue idee ed ai suoi amori: si dedicò al progetto della casa delle famiglie contadine, restaurò e realizzò alcune ville come il villino De Grossi (distrutto durante la guerra) a Marino: Cambellotti lo progettò (1915) in funzione della bella vista sul lago di Castel Gandolfo, dandogli una forma ad L e creando portici, balconi e terrazze; le uniche decorazioni sono dei piatti in ceramica incastonati ed alcuni fregi in maiolica, di cui si conservano i bozzetti, della torretta.
A queste molteplici attività Cambellotti associò anche quella di pittore e lavorò ad affresco con l’intento di trasferire sull’architettura le immagini del paesaggio circostante (villino Vitale 1901-1902; scuola a Colle di Fuori).
Si dedicò anche alla realizzazione di vetrate artistiche: sue sono alcune delle più belle vetrate (ad esempio “Civette” e “Rondini”) della Casina delle Civette di Villa Torlonia a Roma, eseguì i bozzetti per molte vetrate come quelle della Cappella della Flagellazione a Gerusalemme e collaborò anche all’organizzazione della prima mostra delle vetrate artistiche italiane (1912).
[modifica] Voci correlate
[modifica] Fonti
- Natascia Moroni: Cambellotti e il concetto d'arte globale Roma Galleria Comunale d'Arte Moderna e Contemporanea: BTA