Scavi archeologici di Ercolano
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La città di Ercolano, già gravemente danneggiata dal terremoto del 62, venne distrutta dall'eruzione del Vesuvio (79), che la coprì con un'ingentissima massa di fango, cenere ed altri materiali eruttivi trascinati dall'acqua piovana che, penetrando in ogni apertura, si solidificò in uno strato compatto e duro di 15-20 metri.
Queste particolari circostanze che hanno portato al seppellimento di Ercolano, se da un lato ne hanno reso e ne rendono tuttora assai arduo lo scavo, dall'altro hanno permesso la conservazione di materiali altamente deperibili, come il legno, i papiri e gli stessi alimenti, sigillati nel fango.
[modifica] La storia degli scavi
Dopo molto secoli dal suo seppellimento e dopo che su parte del territorio s'era installata la città moderna di Resìna, la riscoperta d'Ercolano avvenne in circostanze del tutto casuali, al principio del XVIII secolo, quando il principe austriaco D'Elboeuf, proprietario d'una villa a Portici, seppe che un pozzo scavato nell'orto dei Frati Alcantarini s'era imbattuto in un antico edificio adorno di marmi: il teatro di Ercolano. L'Elboeuf continuò l'esplorazione del monumento, asportando statue, marmi di rivestimento, colonne, iscrizioni e bronzi, che vennero raccolti nella Villa Reale di Portici.
Fra il 1738 e il 1765 si svolse la prima regolare campagna di scavo sotto il patrocinio di Carlo di Borbone e la direzione dell'Alcubierre (assistito da Carlo Weber) prima e di Francesco La Vega poi. Condotta in condizioni d'estrema difficoltà, l'esplorazione si svolse tramite cunicoli sotterranei che, una volta asportate le opere d'arte, venivano richiusi; furono raggiunti alcuni templi, la cosiddetta Basilica e la Villa dei Papiri. Fortunatamente Carlo Weber iniziò la stesura di una pianta in base alle scoperte effettuate, completata da Francesco La Vega, importantissima per le ricerche successive.
Dal 1828 al 1835 e dal 1869 al 1875 gli scavi, condotti finalmente a cielo aperto, non diedero che modesti risultati. Ripresi nel 1927 da Amedeo Maiuri, sono tuttora in corso. Recenti ritrovamenti hanno dimostrato che, come a Pompei, non tutti gli abitanti d'Ercolano riuscirono a mettersi in salvo dall'eruzione, come si pensava, non avendo trovato vittime nell'area urbana. Numerosi scheletri sono stati, invece, rinvenuti nella fascia di terra che separava la città dal mare: uomini, donne, bambini d'ogni ceto sociale, colti dal fiume di fango mentre tentavano di fuggire, alcuni portando con sé monili ed altri oggetti.
Ercolano ci appare oggi solo in una parte della sua estensione, quella più vicina al mare, mentre restano ancora sepolti parte del Foro, i templi, numerose case e le necropoli, specialmente per il fatto che vengono a trovarsi sotto il moderno abitato di Resìna.
La visita della città può essere iniziata dal Cardine III, su cui affacciano numerose abitazioni.
[modifica] Gli edifici
[modifica] Casa di Aristide e Casa d'Argo
La prima sulla sinistra è la Casa di Aristide, cui segue la Casa d'Argo, che deve il suo nome ad una scena con "Io ed Argo", già dipinta su una parete della grande sala del peristilio, oggi completamente scomparsa. Doveva essere questa una delle più nobili dimore ercolanesi, con un ampio giardino circondato da uno splendido peristilio con colonne e pilastri.
[modifica] Casa del Genio
L'adiacente Casa del Genio è ancora in parte da scavare, ma dalla zona attualmente visitabile, limitata all'ingresso secondario, pochi ambienti ed il peristilio, s'intuisce il suo carattere signorile. Il nome della casa deriva da una statuetta marmorea di amorino o genietto che fu qui rinvenuta e che costituiva la decorazione di un candelabro. Molto curata doveva essere la sistemazione del giardino, al centro del quale si vede ancora la vasca d'una fontana, di forma rettangolare piuttosto allungata e con due absidi sui lati corti.
[modifica] Casa dello Scheletro
Nell'abitazione di fronte i primi esploratori del 1831 rinvennero dei resti umani, ed in virtù di questo fatto, essa viene tuttora denominata Casa dello Scheletro. Della costruzione, originariamente a due piani, rimane solo il pianterreno, col suo atrio dal tetto completamente chiuso e senza la vasca sul pavimento. Un elegante ninfeo s'affaccia sul vasto triclinio, mentre in un cortile che dava aria e luce ad una grande sala absidata è un altro ninfeo con un sacello finemente decorato.
[modifica] Casa dell'Albergo
Tornando sui nostri passi, raggiungiamo la Casa dell'Albergo, così chiamata solo per la sua ampiezza, mentre era sicuramente un'elegante e ricca abitazione privata, in splendida posizione panoramica verso il mare. Le sue strutture architettoniche e la disposizione risultano molto interessanti, anche se la casa c'è pervenuta in pessimo stato di conservazione, per i danni causati durante l'eruzione dal torrente di fango e per i cunicoli scavati dai primi esploratori. Edificata in età augustea e successivamente alquanto modificata, comprende numerose stanze ai fianchi dell'atrio, un bagno privato, un grande peristilio (col giardino ad un livello inferiore a quello del portico) ed un ampio quadriportico-belvedere, sotto al quale erano stati ricavati alcuni ambienti. Da alcune trasformazioni subite dalla casa sembrerebbe che, danneggiata dal terremoto del 62 d. C., sia stata venduta a dei nuovi proprietari, che l'avrebbero convertita in abitazione mercantile con botteghe ed officine.
[modifica] Casa dell'Atrio a Mosaico
Uscendo da quest'ultima casa sul Cardine IV, ci si trova di fronte la Casa dell'Atrio a Mosaico, con l'ingresso e l'atrio a mosaico. Il tablino, in asse con gli altri due ambienti, è chiuso sul fondo e diviso da due file di pilastri in navate. I restanti ambienti si trovano di fianco a questi e sono orientati verso il mare, per goderne la vista. Un portico finestrato con al centro il giardino mette in comunicazione l'atrio col triclinio e le altre stanze di rappresentanza. Sul lato orientale del portico si aprono quattro cubicoli, con pitture su fondo rosso, disposti ai lati d'un'esedra finemente decorata con pitture architettoniche e con le scene del "Supplizio di Dirce" e di "Diana al bagno", entrambe ambientate in ariosi paesaggi. La casa termina, al di là del triclinio, con un loggiato ed una terrazza. Ai lati del loggiato sono due piccoli padiglioni che avevano anche la funzione di belvedere. Numerose parti lignee della casa sono state rinvenute e ricollocate al loro posto: ben conservati sono una culla ed un tavolino in legno.
[modifica] Casa dell'Erma di bronzo
Poco oltre, a sinistra, c'è la Casa dell'Erma di bronzo, di forma stretta e allungata, che può essere considerata un esempio d'abitazione sannitica. Nel tablino è conservata un'erma vigorosa ed incisiva, anche se di fattura piuttosto grossolana, probabilmente raffigurante il proprietario della casa. A destra del tablino una scala conduceva alle stanze del piano superiore.
[modifica] Casa a Graticcio
Segue la Casa a Graticcio, interessante per la particolare tecnica costruttiva, l'opus craticium: le pareti, al piano inferiore come a quello superiore, sono realizzate con pilastri laterizi ed intelaiature lignee riempite di opus incertum. Si tratta d'un tipo di costruzione molto economico e di rapida realizzazione, che doveva essere piuttosto diffuso tra il ceto popolare, di cui però questo d'Ercolano è il più compiuto e meglio conservato esempio. Anche la disposizione degli ambienti lascia intuire che qui coabitavano più famiglie. La facciata della casa si presenta con un piccolo portico sovrastato da un loggiato. Il largo ingresso conduce, invece che nell'atrio, in un cortiletto scoperto da cui prendono luce gli ambienti dei due piani. Particolarmente interessanti sono le stanze del piano superiore, con la povera suppellettile ancora al suo posto: i telai lignei dei letti, una tavola di marmo, un armadio con le stoviglie e pochi oggetti di corredo, le statuette dei Lari, ci fanno sentire straordinariamente vicini alle persone che abitarono qui. La casa comprendeva un altro quartierino, reso indipendente da una scala e scarsamente illuminato, ad eccezione della facciata, dov'erano sistemati il letto tricliniare ed un piccolo larario domestico.
[modifica] Casa dell'Alcova
Dall'altro lato della strada è la Casa dell'Alcova, risultato dall'unione di due abitazioni, la prima delle quali composta da ambienti piuttosto modesti, probabilmente rustici, mentre l'altra costituiva la dimora signorile, ed era riccamente decorata. L'atrio è coperto e conserva la pavimentazione in opus tessellatum ed opus sectile. Si apre su una sala bicliniare con pitture del quarto stile e su un grande triclinio originariamente pavimentato in marmo. Un corridoio conduce ad altri ambienti che prendono luce da un piccolo cortile, tra cui un'alcova absidata.
[modifica] Casa della Fullonica
Adiacente è la Casa della Fullonica (lavanderia): una modesta dimora nella quale una famiglia d'artigiani viveva ed esercitava il proprio mestiere. Vi si possono ancora vedere le vasche in cui venivano lavati i panni.
[modifica] Casa del tramezzo di legno
Dirimpetto è la Casa del tramezzo di legno, risalente all'età sannitica, ma alquanto trasformata in epoca augustea. Particolarmente interessante è la facciata, in ottimo stato di conservazione. La casa, originariamente un'elegante e nobile dimora signorile, intorno alla metà del I secolo d. C., venne divisa in quartieri d'affitto per più famiglie, che potevano altresì usufruire di alcuni servizi comuni. Per realizzare questa trasformazione, fu necessario costruire un secondo piano al di sopra dell'atrio, mentre alcune stanze che s'affacciavano sulla strada vennero adibite a botteghe. Particolarmente maestoso è il grande atrio tuscanico con al centro l'impluvium (la vasca per la raccolta delle acque piovane), e dal quale si può accedere al cubicolo situato a destra della fauce, con un mosaico pavimentale a disegni geometrici. Qui è conservata una mensa in marmo rinvenuta al piano superiore, cui fa da base una statuetta della divinità frigia Atthis. La casa deve il suo nome al grande tramezzo ligneo dividente l'atrio dal tablino, conservato per due terzi (manca una delle tre porte a due battenti: doveva trattarsi d'un elemento piuttosto comune nelle case romane, ma la deperibilità del materiale in cui era realizzato – il legno – rende il suo rinvenimento in questa casa quanto mai eccezionale. Nelle bacheche sistemate nell'atrio si vedono gli oggetti trovati nella casa, tra cui alcuni legumi secchi. Dal tablino si passa in un giardinetto con portico a pilastri, su cui affacciano alcune stanze ed il triclinio.
[modifica] Terme
Oltrepassata un'abitazione a pianta stretta ed allungata con la sala di fondo ornata da pitture di quarto stile, voltiamo a sinistra, trovandoci nel Decumano inferiore, di fronte all'imponente complesso delle Terme Centrali. Composte, com'era consueto per questo di tipo di edifici, da due parti, una riservata agli uomini e l'altra alle donne, risalgono all'età augustea, ma subirono rifacimenti in posteriore. Si accede alla sezione maschile dal Cardine III, dove un lungo corridoio immette nella palestra porticata su tre lati, che veniva usata dai frequentatori delle terme non solo per gli esercizi ginnici, ma anche come luogo d'attesa o di ritrovo. Di qui si passa nello spogliatoio (apodyterium), con volta a botte, sedili su tre lati e mensole per appendere le vesti. Una grande vasca a forma di labrum in marmo cipollino è ancora al suo posto, nell'abside della parete di fondo, mentre ben poco resta della piccola vasca rettangolare che si trovava nelle vicinanze. Dallo spogliatoio si passa direttamente nel frigidarium e nel tepidarium. Il primo, di dimensioni piuttosto ridotte, presenta una volta a cupola dipinte con animali marini raffigurati sul fondo d'un mare grigio-celestino, che, riflettendo nelle acque della vasca centrale, dava l'impressione di trovarsi, a chi vi s'immergesse, in un mare popolato di pesci.
Il tepidarium, riscaldato mediante circolazione d'aria calda sotto al pavimento, rialzato da colonnine di terracotta (suspensurae), conserva un'interessante pavimentazione musiva, con un tritone circondato da quattro delfini. Una porta immette nel grande calidarium, riscaldato sempre col sistema delle suspensurae, dotato di vasca per i bagni d'acqua calda e di labrum per le abluzioni con acqua fredda. Più piccole e sobrie nella decorazione, ma meglio conservate, sono le terme femminili, con ingresso dal Cardine IV: una porta immetteva nella vasta aula che fungeva da vestibolo, ma sicuramente anche da sala d'attesa. Di qui un piccolo e stretto vestibolo conduce all'apodyterium, simile nella decorazione a quello della sezione maschile e con sul pavimento un mosaico del tipo di quello del tepidarium maschile, raffigurante un tritone con una pala di timone sulla spalla, circondato da un amorino, quattro delfini, un polpo ed una seppia. Sempre per quanto riguarda la parte femminile delle terme, interessante è il pavimento musivo del tepidarium a disegni geometrici e pannelli con emblemata decorativi; ampio e spazioso è il calidarium, illuminato da un occhio aperto sulla sommità della volta. A questi si devono aggiungere altri ambienti, come quello dov'erano sistemate le caldaie per il riscaldamento d'entrambe le sezioni; annessi alla palestra erano infine alcune stanzette ed uno sferisterio per il gioco della palla.
[modifica] Casa di Galba
Tornando sul Cardine III, c'è sulla sinistra l'Insula VII, in gran parte ancora da esplorare, perché si trova al di sotto dell'abitato moderno. Vi è stata portata alla luce parte di due abitazioni, una delle quali, detta Casa di Galba, aveva un bellissimo peristilio d'epoca preromana, le cui colonne doriche in tufo furono poi ricoperte di stucchi, mentre si provvedeva a chiudere gli intercolunni con un podio.
[modifica] Casa a due atri
Oltrepassate le terme, si raggiunge la Casa a due atri con una pianta piuttosto singolare, probabilmente scelta per sfruttare nel miglior modo possibile lo spazio, non molto ampio, a disposizione. Al primo atrio, col tetto sorretto da quattro colonne, segue il tablino, quindi un altro atrio ed infine una vasta sala; gli alloggi sono disposti lungo il lato sinistro. La facciata della casa, piuttosto semplice, presenta un portale con architrave tufaceo ed una cornice laterizia che segna all'esterno la divisione in due piani.
[modifica] Casa del Colonnato Tuscanico
Antica e nobile era la Casa del Colonnato Tuscanico: fu eretta in epoca sannitica con grandi blocchi di tufo e successivamente restaurata. Dopo il terremoto del 62 d. C., dovette almeno in parte perdere il suo carattere signorile, poiché due ambienti prospicienti la pubblica via furono convertiti in botteghe. La casa si distingue per il suo splendido peristilio con un maestoso colonnato tuscanico, su cui affacciano il triclinio, alcune sale di rappresentanza e gli alloggi signorili. La decorazione degli ambienti venne effettuata in due epoche differenti, cosicché possiamo vedere pitture sia di terzo che di quarto stile. Nella casa è stata rinvenuta una grossa somma di monete d'oro (circa 1.400 sesterzi) nascosta dal suo ricco proprietario, probabilmente poco prima di lasciare la casa.
Poco oltre il cardine sbocca nel Decumano Massimo, la principale arteria di Ercolano, centro della vita cittadina.
[modifica] Sacello degli Augustali
Il primo edificio che s'incontra, già nell'area del Foro, è il cosiddetto Sacello degli Augustali, probabilmente centro del culto imperiale e al tempo stesso sede del Collegio degli Augustali, o forse Curia cittadina. Si tratta di una grande sala simile ad un atrio tetrastilo d'abitazione privata: il tetto, infatti, è sostenuto da quattro colonne e la luce piove dall'alto, tramite un lucernario. Al centro della parete di fondo è un piccolo ambiente, il sacello vero e proprio, dove si dovevano svolgere i riti in onore dell'Imperatore; le sue pareti sono decorate da fini pitture, tra cui due pannelli figurate, uno con Ercole, Giunone, e Minerva e l'altro con Nettuno ed Anfitrite.
[modifica] la Basilica
Dall'altra parte della strada sorgeva l'edificio comunemente chiamato Basilica, parzialmente esplorato mediante cunicoli tra il 1739 ed il 1761. Era, come risulta dalle descrizioni e da una pianta del tempo, una vasta aula rettangolare, divisa in tre parti da file di colonne. Nella parete di fondo era un'esedra con ai lati due nicchie minori, dov'erano raffigurati "Teseo col Minotauro" ed "Ercole con Telefo". Tutte le pareti, del resto, erano ornate da un'interessantissima serie di dipinti, alcuni dei quali sono stati staccati e si trovano al Museo Nazionale di Napoli, mentre altri sono andati irrimediabilmente perduti. Nell'edificio, inoltre, venne rinvenuto un gran numero di sculture marmoree e bronzee, tra cui due statue equestri di M. Nonio Balbo, le statue-ritratto del padre, della madre e delle figlie di questi ed alcune statue imperiali.
[modifica] Il Foro
Il Foro di Ercolano era attraversato dal Decumano Massimo, la cui carreggiata raggiungeva la notevole ed inconsueta larghezza di 12-14 metri, venendo così a costituire la platea del Foro, riservata al traffico pedonale. Dei cippi posti alle sue estremità e gradini sistemati allo sbocco dei Cardini interdivano il traffico ad ogni tipo di veicolo. Il Foro civile era separato dal mercato da un grande arco quadriforme rivestito di marmi e stucchi e adorno di statue. Sul lato settentrionale della parte commerciale del Foro è stato portato alla luce un singolare complesso, preceduto da un portico a colonne e pilastri, sotto il quale si apre tutta una serie di botteghe; superiormente c'erano almeno altri due piani, con abitazioni d'affitto.
[modifica] Casa del Salone Nero
Dall'altro lato della strada, tra botteghe ed officine, è l'ingresso ad una delle più lussuose dimore d'Ercolano, la Casa del Salone Nero, che ancora conserva uno dei battenti in legno della porta. Deve il nome ad una grande sala che s'affaccia sul peristilio, decorata da pilastri e candelabri dipinti su fondo nero. Ben conservato è un larario a forma di tempietto, con colonnine lignee sormontate da piccoli capitelli marmorei.
[modifica] Casa del Bicentenario
La casa più grande ed elegante della zona del Foro era però la Casa del Bicentenario, portata alla luce nell'ottobre del 1938, quando ricorreva il secondo centenario degli scavi di Ercolano. Regolare nell'impianto, la casa presenta un ampio e solenne atrio tuscanico con tetto compluviato e pavimento a mosaico bianco e nero. Le pareti sono decorate con finte architetture ed animali, secondo il quarto stile pittorico. Sul fondo è il tablino, fiancheggiato dalle due alae, di cui quella a destra risulta separata dall'atrio mediante un elaborato cancello ligneo a transenna: forse qui erano conservati degli oggetti preziosi, oppure vi s'esponevano le imagines maiorum. Ben conservato è il tablino, col pavimento in opus tessellatum bianco listato di nero includente al centro un quadro rettangolare in opus sectile contornato da una fascia a treccia. La decorazione pittorica è finissima: in basso corre uno zoccolo nero con elementi vegetali; quindi la parete risulta divisa da eleganti fasce con tralci, volute, mascherette e vasi in tre pannelli, di cui quello centrale ornato da un quadro figurato, mentre in quelli laterali sono dei piccoli medaglioni; al di sopra è una fascia con amorini cacciatori su fondo nero. Al piano superiore erano dei modesti alloggi, probabilmente dati in affitto a qualche famiglia quando la casa perse, almeno in parte, il suo carattere nobile. Qui, sulla parete di fondo d'un piccolo ambiente, si vede un pannello d'intonaco con un grande segno di croce tracciato in profondità, nel quale poteva essere incassata una croce lignea in seguito asportata. Due pannelli in legno dovevano proteggere da sguardi indiscreti la croce, al di sotto della quale era un piccolo armadio ligneo, vicino nella forma agli altari sui quali venivano innalzati i larari domestici ad Ercolano e Pompei. Tutti questi elementi sembrerebbero provare che ci troviamo di fronte alla più antica testimonianza del culto della Croce e quindi un elemento importantissimo per la storia della religione cristiana, che sappiamo diffusa in Campania da San Paolo, sbarcato a Pozzuoli nel 61 d.C.
[modifica] Casa del Bel Cortile
Imbocchiamo il Cardine IV dove, dopo una modesta abitazione a carattere utilitario con bottega sul Foro, sorge la Casa del Bel Cortile, articolata su due piani e con una disposizione degli ambienti piuttosto insolita ed originale. La stanza d'ingresso, allungata e con un basso soffitto, svolge la duplice funzione di vestibolo e di atrio. Alla sua destra sono tre piccole stanze rustiche, mentre dal fondo s'accede al suggestivo cortile. Qui una scala esterna con parapetto e ballatoio, simile a quelle tipiche dell'architettura civile italiana del Medioevo, conduce al piano superiore, dove sono gli alloggi, messi in comunicazione l'uno con l'altro dal ballatoio, ed una balconata in legno sporgente dal prospetto della casa.
[modifica] Casa del Mosaico di Nettuno e Anfitrite
Adiacente è la Casa del Mosaico di Nettuno e Anfitrite, appartenuta all'ignoto mercante, ricco e raffinato, che esercitava il suo commercio nella vasta bottega aperta sulla strada e comunicante col resto dell'edificio. Arredata con estrema cura, la bottega è giunta sino a noi in ottimo stato di conservazione, con ancora le merci sul bancone e le anfore vinarie sistemate in ordine in una scansia. La sistemazione degl'ambienti della casa è semplice: dall'atrio s'accede al tablino, e quindi al triclinio estivo con una mensa tricliniare in muratura rivestita di marmo e con le pareti coperte da fini mosaici. Sul lato di fondo è un ninfeo con una nicchia centrale absidata affiancata da due nicchie rettangolari di minori dimensioni, il cui prospetto è rivestito da un mosaico a paste vitree: da quattro vasi (cantaroi) posti alla base degli stipiti delle nicchie prendono origine altrettanti cespi di vite che salgono sinuosamente fino agli architravi delle nicchie laterali; qui iniziano due scene di caccia (con cani e cervi su un fondo azzurro intenso) sovrastate da festoni di foglie e frutta e riquadrate da un'elegante cornice. Gli orli delle nicchie ed il loro fondo sono ornati da conchiglie e madreperla, mentre alcune maschere teatrali ed una vigorosa testa di sileno sono collocate sul fastigio del ninfeo e sulla parete di fondo del cortile. Sulla parete a lato del ninfeo è il quadro musivo che ha dato il nome alla casa, con Nettuno ed Anfitrite inquadrati in una fantasiosa ed elaborata composizione architettonica. Le stanze del piano superiore, il cui interno ci appare fin dalla strada, in quanto il terremoto che s'accompagnò all'eruzione abbatté le loro pareti sul prospetto, conservano parte della loro decorazione pittorica e della loro suppellettile. Una statuetta di Giove che si trovava nell'atrio ed una piccola erma bronzea di Ercole confermano il gusto raffinato del proprietario della casa.
[modifica] Casa del Mobilio Carbonizzato
Elegante dimora signorile, anche se sobria e di modeste dimensioni, la Casa del Mobilio Carbonizzato è stata edificata in epoca preromana, come dimostra la disposizione degli ambienti intorno all'atrio e al piccolo cortile posteriore, e venne completamente ridecorata con pitture di terzo e quarto stile in età claudia. L'ampio portale immette in una fauce che ha sulla destra il triclinio, con alle pareti pitture di quarto stile: finte architetture in cui sono inseriti i realistici quadretti d'un galletto e d'una natura morta. Sul fondo dell'atrio s'aprono due ambienti: il tablino ed una stanza con un finestrone che dà sul cortiletto. Da questo medesimo cortile prende luce, mediante tre finestre, una saletta dove si possono ancora vedere un letto tricliniare ed un tavolino di legno, insieme con del vasellame in terracotta ed in vetro. Il cortiletto, che poteva fungere anche da piccolo giardino, con un'aiuola centrale ed alcune piante, era usato per la raccolta dell'acqua piovana, conservata poi in una cisterna. Sul fondo è un larario domestico a forma di tempietto decorato da stucchi e pitture, con un grazioso timpano sorretto da due colonnine.
[modifica] Casa del Telaio
Del tutto diverso era il carattere della vicina Casa del Telaio dove un artigiano aveva la sua umile abitazione ed il suo laboratorio.
[modifica] Casa Sannitica
La Casa Sannitica è tra le più antiche dimore di Ercolano e conserva ancora in parte il suo aspetto originario, risalente agli ultimi decenni del II secolo a.C.. La facciata è preceduta da un marciapiedi eseguito molto accuratamente; l'elegante portale con i piedritti in blocchi di tufo sovrastati da capitelli corinzi dà accesso alla fauce, con decorazione di primo stile (bugnato in stucco policromo ad imitazione del marmo). Interessantissimo è l'atrio, nella cui parte alta è un elegante loggiato di colonnine ioniche i cui intercolunni sono chiusi da una graziosa transenna marmorea rivestita di stucco. Vi si possono anche vedere alcuni oggetti rinvenuti nella casa, come una statuetta frammentaria di Venere e parte dei piedi d'un tavolo in legno, a forma di cani. Gli ambienti del pianterreno mostrano, con la loro fine decorazione, l'originario carattere signorile della casa. Per quanto riguarda il piano superiore, invece, si vede chiaramente che in un secondo tempo vi furono ricavati piccoli appartamenti d'affitto, resi indipendenti grazie ad una ripida scala di legno. La casa originariamente possedeva un giardino, in seguito ceduto all'attigua Casa del Gran Portale.
[modifica] Casa del Gran Portale
Si entra nella Casa del Gran Portale per il suo elegante ingresso affiancato da due colonne laterizie inizialmente stuccate e dipinte in rosso, sormontate da capitelli in pietra, corinzi ma con figurette di "Vittorie alate". Sopra i capitelli corre l'architrave in mattoni, sormontata da una cornice dentellata. All'interno, la disposizione degli ambienti è piuttosto inconsueta: manca l'atrio, e le varie stanze affacciano su un vestibolo molto allungato, comunicante col cortiletto scoperto da cui prendono luce gli ambienti e dove avveniva la raccolta delle acque piovane. Le pareti dei vari ambienti mostrano fini pitture di quarto stile. Notevole è la decorazione del triclinio, che ha sulla parete di fondo un quadretto dionisiaco. Sul fondo del vestibolo si nota una parete con eleganti architetture dipinte su fondo nero, includenti al centro un grazioso quadretto con farfalle ed uccelli che beccano ciliegie. Fa parte dell'edificio anche una bottega aperta sulla strada, completamente indipendente dal resto della casa e forse concessa in affitto.
[modifica] Casa della Stoffa
Percorrendo il Cardine V verso sud, vediamo sulla destra la Casa della Stoffa, dove abitava e lavorava una famiglia d'artigiani e mercanti di stoffe, com'è provato dai numerosi brani di tessuto rinvenuti in uno stanzino del pianterreno.
[modifica] Casa dei Cervi
Quella seguente è la più raffinata ed elegante dimora finora rinvenuta nella città. Fa parte di quel gruppo di case dette "panoramiche", in quanto costruite in modo da poter sfruttare al massimo lo splendido panorama del golfo che s'apriva dinanzi a loro. Databile all'epoca claudio-neroniana, la Casa dei Cervi appare razionalmente divisa in due zone distinte: quella dell'ingresso, con l'atrio ed il triclinio, e quella delle terrazze panoramiche, messe in comunicazione da un grande portico chiuso da finestre. La fauce immette in un atrio di modeste dimensioni e privo dell'apertura del tetto (compluvium) che della vasca per la raccolta delle acque (impluvium). Segue una grande sala tricliniare con le pareti ornate sobriamente da fini architetture ed altri motivi su fondo nero e con un pavimento in mattonelle di diversi tipi di marmo. Qui si possono ammirare i due celebri gruppi marmorei raffiguranti "Cervi assaliti da cani", rinvenuti nel giardino della casa. Sempre in questa parte dell'edificio sono due salette, una delle quali è finemente decorata con pitture sempre di quarto stile, su fondo rosso, e ha al centro una statuetta in marmo di un "satiro con l'otre". Un'anticamera conduce alla dispensa, alla cucina e ad una latrina. Il vasto quadriportico non ha colonne, ma è costituito da quattro bracci d'un corridoio coperto finestrato, includente al centro il giardino, un grande triclinio e due saloni di soggiorno. Il quadriportico era variamente decorato con quadretti di diverso soggetto, molti dei quali, staccati, si trovano al Museo Nazionale di Napoli. Il confortevole giardino era ornato da sculture e mense di marmo, mentre il grande portale che dal portico conduce nel giardino era decorato a mosaico: al centro del frontone si vede ancora la personificazione di "Oceanus", simboleggiato da una grande testa barbuta; sull'architrave corre un fregio con amorini cavalcanti ippocampi. Sul giardino si apre il grande triclinio estivo, che conserva, purtroppo, solo una minima parte della sua sontuosa decorazione, affiancato da due spaziose sale. La magnifica loggia panoramica comprendeva al centro una pergola col tetto sostenuto da quattro pilastri (viridarii) e due cubicoli ove riposarsi durante il giorno. Sul davanti era una grande terrazza scoperta, il solarium. Nel cubicolo orientale si può vedere un'altra interessante statuetta, quella dell' Ercole ebbro.
Uscendo dalle mura cittadine per la Porta Marina (in fondo al Cardine V) si può visitare l'area suburbana, all'estremo limite meridionale della città, dove recenti scavi hanno portato alla luce un'area sacra, con sacelli ed altri ambienti, accanto alla quale è lo spiazzo per la statua onoraria di uno dei più influenti cittadini di Ercolano, Nonio Balbo. Oggi, purtroppo, restano solo un'area marmorea con l'iscrizione onoraria, la testa e la base della statua.
[modifica] Terme Suburbane
Su questo spiazzo si apre l'ingresso principale alle Terme Suburbane, costituito da un portale le cui colonne sostengono un timpano triangolare. Una breve gradinata conduce in un vestibolo illuminato da un lucernario a pozzo, sorretto da quattro colonne a fusto liscio su cui s'impostano archetti a tutto sesto. Qui si può ancora ammirare la bella e malinconica erma marmorea di "Apollo", sostenuta da un pilastro da cui sgorgava l'acqua che s'andava a raccogliere nel bacino posto di fronte. Da questo ambiente si può accedere alle varie parti, tutte ottimamente conservate, delle terme che non avevano, come di consueto, una sezione maschile ed una femminile. Probabilmente era riservata ai soli uomini o veniva usata, alternativamente, dagli appartenenti ad entrambi i sessi. Un'unica sala, in gran parte occupata dalla piscina, fungeva sia da apodyterium (spogliatoio) che da frigidarium. Fra tepidarium e frigidarium è una stanza elegantemente decorata da stucchi e marmi e dotata di sedili e marmorei sistemati lungo le pareti: si doveva trattare d'una sorta di sala d'aspetto. Le pareti presentano un zoccolo ed un podio rivestiti di marmi policromi, sopra i quali, in una campitura di stucco bianco, sono grandi pannelli riquadrati da cornici e separati da pilastrini, in ognuno dei quali è una figura a rilievo di guerriero in stucco. La decorazione delle pareti è conclusa, in alto, da un largo fregio su fondo rosso. È notevole anche il pavimento, con quadrelli di marmo nero. Piuttosto ampia era la vasca del tepidarium, collegato col laconicum, piccola stanza a pianta circolare, nella quale si prendevano bagni di sudore. Il calidarium, come di norma, ha una vasca di modeste dimensioni, per l'acqua calda, ed un bacino per le abluzioni d'acqua fredda. Dietro il calidarium è l'ambiente con le caldaie per il riscaldamento delle terme: il praefurnuim.
[modifica] Casa della Gemma
Tornati al Cardine V si trova la Casa della Gemma, che deve il nome ad un gioiello d'età claudia ivi rinvenuto. L'atrio, di tipo tuscanico, ha le pareti dipinte in rosso e nero ed è diviso dal tablino mediante colonne; dal tablino s'accede ad un cubicolo e ad un gran terrazzo originariamente chiuso da finestre. Dal fondo dell'atrio, attraverso un vestibolo ed un corridoio, si raggiungono gli ambienti affacciati sulla terrazza panoramica: l'ampia sala usata come triclinio conserva ancora la fine decorazione musiva del pavimento, con un disegno geometrico a tappeto. Attraverso uno stretto corridoio alla destra dell'ingresso si raggiungono la cucina ed una latrina.
[modifica] Casa del Rilievo di Telefo
L'adiacente Casa del Rilievo di Telefo è una delle più nobili abitazioni della parte meridionale della città, nonostante le numerose irregolarità della sua pianta, dovute soprattutto alla natura del terreno su cui l'edificio sorge. Tramite un arioso vestibolo si entra nell'atrio, di forma alquanto originale, vicina a modelli tipici dell'architettura privata del mondo greco: esso risulta diviso in tre navate da due file di colonne, nei cui intercolunni sono appesi "oscilla" marmorei con maschere teatrali e figure di satiri. In una vetrina sono esposte alcune suppellettili domestiche, un'interessante collana di amuleti e delle vivande. La suggestiva atmosfera dell'ambiente è accresciuta dal vivace colore rosso delle colonne e delle pareti. Sul fondo dell'atrio si apre il tablino; sulla sinistra, invece, due piccole porte conducono al quartiere rustico, dotato anche d'una stalla (stabulum) dal soffitto molto basso. La restante parte della casa, oltre a seguire un diverso orientamento, si trova ad un livello più basso e viene raggiunta mediante un ripido corridoio in discesa situato a fianco del tablino. Un grande peristilio con colonne in laterizio circonda lo spazioso giardino, che conserva ancora al centro una vasca rettangolare e sul quale s'affacciano tre sale di rappresentanza, con ricca decorazione marmorea. Tramite un altro corridoio si giunge ad una terrazza panoramica, sulla quale si aprono altre sale, una delle quali è di stupefacente bellezza per la lussuosa decorazione in marmi pregiati, degna d'una dimora imperiale. In una piccola stanza nei pressi di questa sala fu trovato il rilievo neoattico col "mito di Telefo" (o di Oreste), che ha dato il nome alla casa.
[modifica] Casa del Sacello di legno
Dal lato opposto del Cardine, superato l'incrocio col Decumano Inferiore, sorge la Casa del Sacello di legno, antica e nobile dimora, per quanto di modeste dimensioni. Conserva frammenti della decorazione pittorica di primo e terzo stile, e dove la sua denominazione ad un sacello in legno a forma di tempietto “in antis” con sotto un armadio, rinvenuto nell'ambiente a destra dell'ingresso.
[modifica] Casa dell'Atrio Corinzio
La Casa dell'Atrio Corinzio s'affaccia sulla strada con un grazioso portichetto ed è caratterizzata da un atrio con sei colonne tufacee rivestite di stucco. Nella stanza a destra della fauce, pavimentata a mosaico con disegni geometrici, è una vetrina dove sono esposte una “trapeza” lignea ed un castello di fibra vegetale col coperchio, mentre altri oggetti rinvenuti nella casa si trovano in un'altra vetrina, sistemata nel triclinio.
[modifica] Pistrinum
Dal lato opposto del Cardine V è l'Insula Orientalis II, singolare testimonianza del rinnovamento edilizio iniziato ad Ercolano già nel I secolo d. C. L'intera insula è costituita da un unico corpo di fabbrica, edificato tutto nello stesso periodo in opus reticulatum, che si apre sul Cardine V, per oltre 80 metri, fino al Decumano Massimo, con botteghe e case d'affitto a più piani. Notevole è il Pistrinum, ossia un forno dove avveniva anche la macinazione del grano. In un cortiletto sono tuttora due macine in pietra, che erano azionate da un asinello (di cui sono state ritrovate le ossa); alla bottega sono annessi una stalla, due latrine e, ad un livello superiore, un quartiere d'alloggio elegantemente decorato.
[modifica] La Palestra
Tutta la parte orientale dell'insula è invece costituita da una grandiosa Palestra, con al centro un ampio spazio scoperto, nel quale si trovano una piscina di notevoli dimensioni ed una più piccola. Quest'area scoperta era circondata per tre lati da un portico con colonne ed aveva un criptoportico sul lato rimanente. La palestra, cui s'accedeva da due ingressi monumentali, uno sul Cardine V e l'altro sul Decumano Massimo, aveva tutta una serie d'ambienti accessori, destinati a vari usi.
[modifica] L'Antiquarium
Nell' Antiquarium, di recente costituzione, si trovano numerosi oggetti d'uso comune e alcune pregevoli opere d'arte rinvenute nel corso degli scavi. Fra queste spiccano la statua della divinità egizia "Athum" e la statua marmorea di "Eros fanciullo".
[modifica] Il Teatro
Infine sul Corso Ercolano, a 350 metri dall'ingresso degli scavi c'è il Teatro. L'edificio, le cui possenti strutture poggiavano su un doppio ordine d'archi e pilastri, aveva una capacità di 2.000-2.500 spettatori ed era elegantemente decorato. Il muro alla sommità della cavea era ornato da una serie di statue bronzee di grandi dimensioni, raffiguranti personalità ercolanesi e membri della famiglia imperiale. Ricchissima poi era la decorazione della scena, ricoperta da lastre di marmi pregiati, con colonne di marmo africano e di giallo antico. Purtroppo il teatro ci appare oggi completamente spoglio. L'Elboeuf prima e Carlo di Borbone poi si sono accaniti con tenace vandalismo su questo monumento, asportando ogni opera d'arte ed ogni lastra marmorea, smembrando così irrimediabilmente quello che altrimenti sarebbe stato il teatro meglio conservato di tutta l'antichità.
[modifica] Gli scavi degli anni '80
Gli scavi effettuati negli anni ’80 hanno consentito di riscrivere una nuova pagina sugli ultimi giorni di Ercolano.
Le precedenti ricerche archeologiche avevano portato alla luce solo una decina di resti umani, per cui era condivisa l’opinione che la maggior parte della popolazione, stimata in circa 4500 unità, si fosse messa in salvo. Nel 1982 ebbero avvio nuovi scavi nella zona dell’antica spiaggia. Ben presto furono rinvenuti 270 scheletri umani, in gran parte all'interno dei fornici, mentre una decina di individui si trovava sull'arenile. Fu ritrovato anche lo scheletro di un cavallo.
Nei pressi delle terme suburbane emersero i resti di una grande barca.
Una muraglia alta 23 metri, costituita di materiale vulcanico che si depositò nella zona, emerse dagli scavi che hanno fatto riaffiorare i fornici.
Il Vesuvio, nella eruzione del '79 D.C., iniziò l'attività con l'apertura esplosiva del cratere e l'emissione di cenere bianca. Passò poi alla fase cosiddetta pliniana, durante la quale il vulcano iniziò ad emettere una colonna molto densa di materiale: ogni volta che il magma non riusciva a sostenere la colonna, questa collassava e una quantità enorme di materiale sospeso cominciava a scendere lungo i fianchi del monte. Si trattava di materia molto fluida che lungo la discesa si separava in due strati, uno - chiamato flow - molto lento perché in contatto col terreno che lo rallentava, che si raffreddava molto lentamente, e una parte, più leggera e più rapida perché scorreva al di sopra - chiamata surge - più liquida, scendeva assai veloce incuneandosi in ogni spazio.
Studi stratigrafici hanno permesso di comprendere la successione degli eventi.
In particolare è molto interessante comprendere cosa accadde nell'arenile e nei fornici, cioè in quella zona in cui si sono trovati i 270 scheletri. E' stata studiata la stratigrafia dei depositi vulcanici situati all'interno di un fornice e di una parte della spiaggia antistante. Si è trovato che il primo surge dopo aver invaso tutta la città, ricoprì la spiaggia, estendendosi anche nei fornici. Questo strato mostra che era carico di frammenti di rocce, laterizi, tegole e pezzi di intonaco, raccolti mentre la massa attraversava la città. Anche gli scheletri delle vittime vennero inglobati. Furono le ceneri che determinarono in brevissimo tempo la morte dei fuggitivi. Il secondo strato concerne il flow, che era più lento, più caldo e in maggior quantità: a circa 400 gradi era capace di carbonizzare i corpi e il materiale organico. Aveva più capacità di trasporto e per questo vi sono inglobati pezzi di colonne, di mura, di pareti.
Ogni fornice aveva ospitato decine di persone, che si erano raccolte verso il fondo, nell'illusione di proteggersi meglio. Gli scheletri sono stati rimossi quasi tutti, tranne che in alcuni fornici, dove è stato possibile rilevare che gli scheletri sono rimasti nella posizione originaria, con le parti ossee ancora in connessione, in evidente posizione composta: alcuni erano ancora abbracciati. Le ossa non presentavano fratture e traumi, e questo prova che il primo surge era costituito da materiale fino, leggero e non tanto caldo da bruciare i corpi. Oggetti preziosi di rara bellezza furono trovati accanto ad una decina di corpi: evidentemente gli abitanti più ricchi avevano tentato di portare in salvo i propri beni. Il ritrovamento di un intero corredo di strumenti chirurgici e del loro astuccio ha suggerito che tra le vittime potesse esservi anche un medico. Il ritrovamento di un numero così ingente di resti umani rappresentò e rappresenta tuttora un evento eccezionale.
[modifica] Bibliografia
- Pagano Mario, Ercolano: itinerario archeologico ragionato, Napoli 1997
- Fonti documentarie per la storia degli scavi di Pompei Ercolano e Stabia, a cura degli archivisti napoletani, Napoli 1979
- Paderni Camillo, Monumenti antichi rinvenuti ne reali scavi di Ercolano e Pompej, delineati e spiegati da d. Camillo Paderni romano / trascrizione e note di Ulrico Pannuti, Napoli 2000
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