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Polizia di Stato

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La Polizia di Stato è la forza di polizia direttamente dipendente dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza, che rappresenta l'apparato amministrativo centrale per mezzo del quale il Ministero dell'Interno (Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza) gestisce l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica in Italia.

Indice

[modifica] Simboli

La Polizia di Stato è rappresentata da:
1) uno stemma araldico
2) una bandiera d'istituto
3) una marcia d'ordinanza ("Giocondità")
4) un santo patrono (San Michele Arcangelo)

[modifica] Uniformi

Così come per le altre FF.AA. e di Polizia, la Polizia di Stato dispone di diverse divise:

1) L'uniforme ordinaria invernale ed estiva: si compone di una camicia bianca con colletto inamidato, di una giubba di colore blu con bottoni bombati dorati rigati e spalline bordate di cremisi (sul bavero della giubba sono apposte due mostrine di colore cremisi ed oro e su ogni mostrina vi è una fiamma dorata su campo cremisi alla base della quale vi è il monogramma "RI" ossia "Repubblica Italiana"), di un paio di pantaloni di colore grigio azzurro (detto anche colore "bigio") recanti una filettatura di colore cremisi (la tradizione vuole che la filettatura di colore cremisi raffiguri il sangue versato dai Caduti della Polizia italiana), di un paio di scarpe basse di pelle nera, di un paio di guanti di pelle nera (da indossare solo con l'uniforme ordinaria invernale), di una cravatta di colore blu e di un paio di calze di colore blu. Le fondamentali differenze tra l'uniforme ordinaria invernale e quella estiva consistono nella differenza dei tessuti e nell'uso dei guanti di pelle nera. L'uniforme ordinaria comprende, altresì, un berretto rigido di panno blu con visiera e con un'aquila dorata con uno scudo cremisi ed un monogramma "RI". Infine l'uniforme consta di un cinturone bianco (nero per i Poliziotti di quartiere, per gli agenti dei Reparti Prevenzione Crimine e per gli istruttori di tiro) [il cinturone comprende una fondina ad estrazione rapida, un correggiolo, un porta manette di sicurezza, un porta caricatore e un porta sfollagente) da indossare in caso di servizi esterni o presso i corpi di guardia delle Questure, delle Prefetture U.T.G., dei Commissariati di P.S. e delle caserme. Nel settembre del 2006 è stata emanata una nuova ordinanza sull'uso dello spallaccio bianco, il quale dovrà essere indossato solo in caso di rappresentanza. In caso di freddo o pioggia l'uniforme può essere completata da un maglione a collo a "V" e bottoni bombati dorati rigati, dal giaccone in goretex e termofodera in "pile". Il personale femminile può indossare le scarpe di pelle nera con tacco alto e la gonna di colore grigio azzurro con filettatura cremisi solo se espressamente comandato. Infine per quanto concerne le mostrine sono lunghe e ricamate per i funzionari, corte e ricamate per gli ispettori superiori sostituti commissari e di metallo per il restante personale di Polizia. Il personale della Polizia Scientifica, in ufficio, indossa l'uniforme ordinaria (o gli abiti civili) sostituendo la giubba blu con il camice bianco con le mostrine sul bavero. Il personale di servizio presso gli uffici indossa l'uniforme ordinaria (o gli abiti civili) sostituendo la giubba blu con il camice grigio verde con le mostrine. In caso di servizi di ordine pubblico l'uniforme può essere completata indossando il casco azzurro "ubott" e "super ubott".

2) L'uniforme estiva di servizio: si compone di una camica a mezze maniche di colore blu con colletto inamidato, bottoni bombati dorati rigati e con un paio di mostrine apposte sul colletto, di un cinturone bianco (nero per i Poliziotti di quartiere, per gli agenti dei Reparti Prevenzione Crimine e per gli istruttori di tiro), di un paio di pantaloni di colore grigio azzurro con filettatura cremisi, di un paio di calze blu, di un paio di scarpe basse di pelle nera, di un berretto rigido di panno blu con visiera e con aquila dorata con scudo cremisi e monogramma "RI". In caso di freddo l'uniforme può essere completata indossando il maglione blu con collo a "V" e bottoni dorati.

3) L'uniforme per servizi di ordine pubblico (nota come "divisa O.P." o "tuta O.P."): si compone di una giubba blu con cerniera, di un paio di pantaloni di colore grigio azzurro, di un basco di colore blu con aquila dorata e scudo cremisi con monogramma "RI". L'uniforme comprende, altresì, un maglioncino di colore azzurro a collo alto (nel periodo estivo viene sostituito con una maglietta a mezze maniche di colore azzurro), un paio di stivaletti anfibi di pelle nera, un cinturone bianco con fondina "chiusa" ed un fazzoletto di colore cremisi che avvolge il collo. Questa uniforme è utilizzata quasi interamente dai Reparti Mobili e dai Reparti cinofili, ma anche dal personale di alcune Questure quando è comandato in servizi di ordine pubblico. In caso di freddo o pioggia l'uniforme può essere completata indossando la termofodera interna della giubba, il giaccone blu in goretex con termofodera in "pile". L'uniforme può essere completata indossando il casco azzurro "ubott" e "super ubott".

4) L'uniforme di rappresentanza: comprende una giubba blu con mostrine sul bavero, bottoni rigati bombati dorati, spalline bordate di cremisi, di un paio di cordelline di colore oro per i funzionari, di colore bianco e celeste per gli ispettori, e di colore oro e cremisi per i sovrintendenti, gli assistenti e gli agenti. L'Uniforme consta, altresì, un paio di guanti bianchi, una camicia bianca con colletto inamidato, una cravatta blu, un paio di pantaloni grigio azzurri con doppia banda di colore cremisi, un paio di scarpe basse di pelle nera, di un berretto rigido con visiera analogo all'Uniforme Ordinaria e di una mantella di colore blu con mostrine da indossare in caso di freddo.

5) L'uniforme storica: è indossata dal plotone d'onore che effettua il cambio della guardia d'onore al palazzo del Quirinale e dalla Banda Musicale in alcune occasioni quali la parata militare del due giugno e la festa della Polizia di Stato.

[modifica] Organizzazione

A capo della Polizia di Stato è posto un prefetto, con la qualifica di Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, o più semplicemente Capo della Polizia (attualmente il Prefetto Gianni De Gennaro). Lo affiancano altri tre prefetti con qualifica di vice capi della Polizia:

  • vice direttore generale per l'espletamento delle funzioni vicarie (Pref. Antonio Manganelli)
  • vice direttore generale per l'attività di coordinamento e di pianificazione (Pref. Giuseppe Procaccini)
  • vice direttore generale - direttore centrale della polizia criminale (Pref. Alessandro Pansa)

Come previsto dalle regole dell'ordinamento ministeriale, il Dipartimento è organizzato in Direzioni centrali e in Uffici di pari livello, anche a carattere interforze.

Dal Dipartimento dipendono pure le Direzioni Interregionali della Polizia di Stato:

  • Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria (con sede a Torino);
  • Lombardia ed Emilia Romagna (sede: Milano);
  • Veneto, Trentino - Alto Adige e Friuli - Venezia Giulia (sede: Padova);
  • Toscana, Umbria e Marche (sede: Firenze);
  • Lazio, Sardegna e Abruzzo (sede: Roma);
  • Campania, Molise, Basilicata, Puglia (sede: Napoli);
  • Sicilia e Calabria (sede: Catania).

[modifica] Storia della Polizia in Italia

[modifica] L'Ottocento: la nascita, la crescita

Le origini dell'amministrazione della pubblica sicurezza, in senso moderno, vengono fatte risalire al re Carlo Alberto, che la costituì nel 1848 come amministrazione civile. Nella riorganizzazione dello stato sabaudo, alla diffusione territoriale delle forze di controllo militare (dapprima Granatieri di Sardegna e Carabinieri, poi solo questi ultimi), fu dunque affiancata una struttura civile composta di delegati di polizia. Ben presto, la peculiarità delle esigenze di questi, unitamente all'osservazione di quanto andava sviluppandosi in altri stati, richiese l'istituzione di forze armate appositamente dedicate a funzioni di polizia, preferenzialmente svincolate da taluni degli obblighi tipici delle forze militari tradizionali.

I primi corpi che diedero vita alla polizia dell'epoca furono la Milizia Comunale e la Guardia Nazionale. Successivamente, con la legge 11 luglio 1852, n.1404, venne creato il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, che aveva due compagnie a Torino ed a Genova (oltre a qualche stazione). La legge 13 novembre 1859, n. 3720, ne estese la competenza territoriale a tutti gli stati (meno la Toscana) che via via andavano annettendosi al Regno di Sardegna; la stessa norma attribuiva il comando delle funzioni di pubblica sicurezza ai questori delle città capoluogo di provincia con più di 60.000 abitanti, e per la prima volta fu istituito il ruolo degli ispettori.

Il regio decreto 9 ottobre 1861, n. 255, creò la Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, potenziando quindi temporaneamente la struttura, allora cresciuta sino al rango di Divisione, ma l'anno successivo, con l'istituzione del Segretariato Generale del ministero dell'Interno, l'amministrazione fu ricondotta al rango di Divisione e posta sotto la responsabilità del Segretario Generale. Le attività del Corpo furono poi distinte, nel 1880, in polizia amministrativa, polizia giudiziaria e divisione affari riservati

Con il regio decreto 3 luglio 1887, n.4707, il governo De Pretis ripristinò la Direzione Generale. Nel dicembre del 1890 (Ministro dell'Interno Francesco Crispi) dall'unione delle Milizie Comunali e del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, nacque il Corpo delle Guardie di Città.

[modifica] Il Novecento: la scienza e la politica

Nel 1902, ad opera principalmente di Salvatore Ottolenghi, allievo di Cesare Lombroso (che aveva creato la disciplina della criminologia scientifica), fu fondata la Scuola di Polizia Scientifica durante il governo Giolitti, la scuola di polizia scientifica, poi resa obbligatoria ai funzionari, durante il governo Zanardelli, con a capo il suo fondatore, lo stesso Ottolenghi, primo emerito studioso delle tecniche di investigazioni scientifiche.

Nel 1917 fu istituito l'UCI, ufficio centrale investigazioni, che raccoglieva in parte l'eredità della divisione affari riservati politici e che si sarebbe dedicata ad attività di controspionaggio; il comando fu assegnato al Gasti.

Nell'agosto del 1919, durante il governo Nitti, furono sciolte le Guardie di Città e furono costituiti la Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza (12 divisioni, 40.000 uomini), deputata al mantenimento dell'ordine pubblico e alquanto svincolata da eventuali influenze della politica, ed il Corpo degli Agenti Investigativi (8.000 uomini), specializzato in compiti di polizia giudiziaria.

[modifica] La Polizia nel regime

Il 31 dicembre 1922 Benito Mussolini, capo del neonato governo, sciolse i due corpi (provocando reazioni violente di una certa gravità da parte delle truppe interessate), che furono poi assorbiti all'interno dell'Arma dei Reali Carabinieri. Nell'ambito della stessa manovra, veniva creata la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.

Tra le molte ragioni che si sono prospettate per questa scelta, molti studiosi propendono per considerare più verosimile l'esigenza del nuovo premier di sottoporre a più facile controllo tutte le strutture dello stato (ciò che sarebbe stato poi di maggior evidenza quando tutte le amministrazioni fasciste vennero organizzate in forma paramilitare): se la truppa dei due corpi di polizia era certamente militare, la parte alta della catena gerarchica era invece civile, perciò non sottoposta ai rigori delle regolamentazioni cui soggiacevano gli uomini in divisa, primo fra tutti appunto la ferrea concatenazione gerarchica. Con l'unificazione nei Carabinieri sarebbe stato più facile il controllo su tutta la polizia attraverso il controllo della sola Arma, che Mussolini considerava alla sua portata. La costituzione della Milizia, sollecitata anche da Dino Grandi, rispondeva invece all'esigenza di inquadrare in forme legalmente accettabili (ed anche contrabbandabili come grato "riconoscimento") le "truppe di fatto" degli squadristi.

Ciò malgrado, la distinzione di un'apposita funzione di polizia occorreva ancora al fascismo, potendosi però risolvere la questione con l'accentramento del comando presso il ministero dell'Interno, che avrebbe potuto disporre delle forze del ministero della guerra (antenato del dicastero odierno della difesa). Le cariche di diretta emanazione governativa furono perciò mantenute al loro posto, con anzi qualche piccolo intervento che segnalava costanza di attenzione. Con il regio decreto 11 novembre 1923, n. 2395, la figura del Direttore Generale della Pubblica Sicurezza fu rinominata (senza altre sostanziali modificazioni) in "Intendente Generale della Polizia", subito ricorretta dal regio decreto 20 dicembre 1923, n. 2908, che la convertì all'ancora vigente denominazione di "Capo della Polizia".

Nell'aprile del 1925 fu (ri)costituito il Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza, che riprendeva se non altro la tradizione dei disciolti corpi, in parte anche per riguadagnare il consenso presso le forze dell'ordine, sceso a livelli di scarsa sufficienza a causa dello scioglimento precedente (che aveva collateralmente minato anche l'armonia interna fra i Carabinieri, nei quali erano stati indiscriminatamente versati gli ex-poliziotti) e della crescita di potere della Milizia, con la quale vi furono, durante il fascismo, numerose interferenze di competenze o di fatto. Alla ricostituzione del Corpo si giunse però anche perché i Carabinieri, di più antiche tradizioni, erano restati più fedeli alla corona e, si è sostenuto, il tentativo di guadagnarne il controllo fu fermato prima di scontrarsi con un'inopportuna sconfitta.

[modifica] Il regime di Polizia

Nel 1926 fu nominato Capo della Polizia Arturo Bocchini, pochi giorni dopo la sua nomina fu emanato il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), che regolamentava con minuzia allora inusitata la vita quotidiana, e poco dopo ancora fu istituito il Tribunale Speciale (che aveva come compito la lotta agli oppositori politici) e fu reintrodotta la pena di morte. Bocchini ebbe sempre come suprema missione la salvaguardia dell'incolumità del Duce ed in questo compito tradusse la sua non comune capacità organizzativa creando nel 1930 l'OVRA (Organismo di Vigilanza per la Repressione dell'Antifascismo). Inoltre, introdusse notevoli modifiche organizzative e tecniche nel funzionamento delle questure (molte delle quali non soppresse in età repubblicana) così da poter allestire agevolmente una imponente collezione di dati in tempo reale che a Palazzo Venezia venivano analizzati anche per monitorare il consenso popolare.

Dal punto di vista operativo, con la conquista delle colonie, Bocchini ideò un apposito mini-corpo di polizia per i nuovi territori, la PAI, Polizia dell'Africa Italiana dotato di uniformi ed equipaggiamenti inconsueti, riecheggiati dalle esperienze degli esploratori inglesi, e munito in anteprima dell'appena sfornata mitraglietta Beretta MAB 38, caratteristica per una sorta di radiatore per il raffreddamento della canna.

Bocchini fu un Capo della Polizia assai particolare, che riuscì a gestire praticamente da solo un'organizzazione presto ridivenuta imponente e delicatissima, un corpo il cui controllo era ovviamente essenziale per la buona tenuta del governo e che pare egli stesso abbia voluto ricreare, dopo il discioglimento del '22, al fine di costituirne una sorta di armata a disposizione del governo (il quale peraltro già aveva inquadrato nella Milizia elementi dello squadrismo). La polizia dunque al governo, mentre i Carabinieri erano fedeli al Re. Bocchini fu perciò il vero autore di una duplicazione delle strutture nazionali militari e di polizia (e di intelligence) che rappresentava al meglio la ragione dei sostanziali equilibri fra la corona ed il fez. In questo ruolo Bocchini era uno dei pilastri fondamentali su cui poggiava l'edificio del regime. Fu Bocchini incaricato di eseguire le più delicate schedature) e degli altri esponenti più in vista della società italiana del periodo, contribuendo alla creazione del famoso "archivio segreto" di Mussolini. Fu ancora Bocchini a riportare personalmente al Duce il gravissimo malcontento popolare causato dalle leggi razziali.

A questo proposito si ebbe, fra i tanti Caduti della Polizia (attraverso le sue varie denominazioni), il nobile caso, non unico, di Giovanni Palatucci, funzionario dell'Ufficio Stranieri di Fiume, che impedì la deportazione di migliaia di ebrei e che per questo fu deportato egli stesso, morendo a Mauthausen.

Morto Bocchini in circostanze che qualcuno ha considerato "non limpide" (anche perché di pochissimo successive alla sua presentazione di un'informativa nella quale si ammoniva Mussolini sullo scarsissimo consenso delle forze armate e della popolazione dinanzi alla prospettiva di seguire la Germania nella guerra), gli successe Carmine Senise, che secondo alcuni era uomo di Badoglio, cioè del Re. Anche Senise, in verità, era conscio del malcontento ed anzi premonì la possibile destituzione del Duce da parte del Re, ma riuscì a mantenere la sua figura ben distinta dal regime.

[modifica] La Polizia di guerra

La guerra condusse le forze di polizia ad aggiornare le proprie finalità d'impiego, per far fronte a situazioni di ordine pubblico ovviamente eccezionali. In questo, è stato notato, lo zelo repressorio fu portato quasi fisiologicamente a scadere, registrandosi un'infinito numero di reati comuni commessi per reali cause di grave necessità, mentre per quanto riguardava i reati politici la competenza era stata quasi completamente ceduta alle forze militari.

Senise fu sostituito nell'aprile del 1943, in occasione di un generale rimpasto dell ecariche istituzionali voluto da Mussolini; questo rimpasto (che privava la corona di un uomo sempre più fidato su una poltrona tanto delicata) è stato da alcuni storici considerato il vero momento in cui dal Quirinale si decise, avvicinando Dino Grandi, di liberarsi di Mussolini. È vero del resto, che dopo il 25 luglio, Senise fu subito rinominato da Badoglio Capo della Polizia. Va menzionato che Senise fu una delle pochissime autorità che non seguirono il Re e Badoglio nella fuga al Sud dopo l'armistizio di Cassibile e che per questo fu catturato a Roma dai Tedeschi (da Erich Priebke) e fu deportato in un lager dal quale fu liberato alla fine della guerra.

Il 6 settembre 1943, quando l'armistizio di Cassibile era già stato firmato in segreto, prima di darne notizia pubblica era stata sciolta la Milizia, riconferendo tutte le sue principali funzioni alla polizia.

Il 2 novembre 1944, interrompendo la tradizione che aveva visto la polizia sempre come corpo civile armato (salvo nel periodo del breve assorbimento nell'Arma dei Carabinieri), con un decreto legislativo luogotenenziale, venne nuovamente istituito il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, che aveva stavolta status di corpo militare.

La fine della guerra fu preceduta e seguita da situazioni di grave disagio dell'amministrazione, non in grado di assolvere ai suoi doveri istituzionali con risultati soddisfacenti. La divisione del Paese e la guerra civile, insieme al diffuso banditismo, impedivano di considerare l'Italia un paese "sicuro". In più, la polizia sotto la guida di Bocchini si era legata assai intimamente alle vicende governative, non riscuotendo più l'opportuna fiducia popolare. Poco prima della liberazione, fu perciò necessario impartire il divieto di appartenenza a partiti politici o sindacati per tutti gli appartenenti al Corpo, onde fugare il sospetto che l'attività di polizia potesse ancora subire "orientamenti". Alla spontanea copiosa effiorescenza di problemi, si univa anche il discusso utilizzo della polizia da parte del governo Badoglio, che ne fece un uso improntato ad un concetto alquanto spiccio sul modo di contrastare i moti di piazza ed i tafferugli: le animosità venivano sedate con frequente uso delle armi, provocando decine di morti che, malgrado i tempi fossero già abbondantemente insanguinati per loro conto, destarono vasta riprovazione nella società civile.

Nonostante la gravità della situazione generale, nel 1945 si diede vita alle specialità della Polizia Ferroviaria e della Polizia Stradale, il cui primo compartimento fu insediato presso la questura di Milano.

[modifica] Verso la nuova Polizia

Il dicastero dell'Interno, dopo la liberazione, fu assunto da Giuseppe Romita, che fece anch'egli un uso della polizia in seguito considerato discutibile da molte parti. Fu Romita a istituire la "Celere" (il cui nome resta tradizionalmente al femminile perché inizialmente progettata come "squadra" o "compagnia", anche se poi cresciuta al rango di reparto), forza di pronto impiego per l'ordine pubblico. La Celere fu munita dei primi manganelli di legno (raccogliendo il suggerimento della polizia inglese, che controllava in quel momento, ed in quel modo, la città di Trieste) e di alcune "campagnole" (fantasiosa traduzione burocratico-autarchica del termine straniero "jeep") avute in dono dall'esercito americano.

Romita, orgoglioso della sua creatura, volse grandi attenzioni alla Celere, che impiegò in modo ancora una volta spiccio e, talvolta, disinvolto: in occasione del referendum istituzionale del 1946 per l'opzione fra monarchia e repubblica, la parte monarchica levò gravissime accuse contro la polizia che avrebbe, secondo questa parte, ostacolato la libera tenuta dei suoi comizi, impedendo di fatto la corretta rappresentazione delle ragioni sabaude.

La Celere, però, crebbe ancora, perfezionando l'equipaggiamento (fu dotata di mitragliatrici pesanti ed addirittura di mortai) e distinguendosi come un vero e proprio reparto di pronto impiego militare, idoneo a situazioni belliche che l'insorgente guerra fredda rendeva non improbabili. Allo stesso tempo, l'organizzazione dell'amministrazione veniva rivista e talune specialità venivano distinte in separati servizi direttamente dipendenti dalla direzione generale. Erano fra questi la polizia postale, la polizia stradale, la polizia ferroviaria e la polizia di frontiera.

Nel dicembre 1959 nacque il Corpo di Polizia Femminile, composto evidentemente di personale femminile e dedicato a tematiche delicate e di grande rilievo morale, come la protezione della donna e la tutela dei minori; il corpo, parallelo alla polizia "tradizionale", aveva anche la funzione pratica di supportare questa per alcuni compiti che non era possibile affidare agli uomini, come ad esempio la perquisizione corporale delle donne. La quasi contemporanea introduzione della discussa legge Merlin, entrata in vigore nel settembre dell'anno prima e regolatrice della materia della prostituzione, contribuì ad un incremento delle competenzee delle esigenze di organico, rendendo il Corpo femminile di ancor più immediata utilità.

[modifica] Angelo Vicari e la nuova Polizia

Gli anni sessanta, dominati per la storia dai movimenti giovanili e dai cambiamenti della società, che al rifiorire dell'economia univa la revisione dei rapporti sociali, furono guidati nella polizia dalla figura del prefetto Angelo Vicari, che vi lasciò una traccia di fondamentale importanza.

Con Vicari nacque la polizia criminale (criminalpol), inizialmente come una divisione per il coordinamento (concetto ancora una volta mutuato da altri corpi stranieri) dell'Interpol con alcuni servizi investigativi interni. Si ebbe inoltre una revisione dell'organizzazione delle scuole di istruzione, costituite in divisione autonoma, e la trasformazione della Scuola Superiore di Polizia nell'Accademia di Polizia. In questa si formavano gli ufficiali militari, poiché l'amministrazione risultava divisa, nelle carriere, nella formazione e nelle mansioni, fra le funzioni militari e quelle più propriamente di polizia, ciò che determinava che i funzionari di carriera civile (carriera prefettizia) comandassero dalla questure la forza in armi.

Ad ogni buon conto, gli ufficiali "militari" furono addestrati e gestiti in modo affine agli ufficiali dei Carabinieri e, come per questi, una scelta selezione ne veniva anche inviata presso la Scuola di Guerra, per l'esigenza di mantenere aggiornata e coordinata la potenzialità di impiego bellico del Corpo (e soggettivamente per l'accesso ai gradi più elevati).

A questa particolare situazione delle forze di polizia si era giunti per poter interpretare "all'italiana" le rigide disposizioni del "diktat", il trattato di pace che imponeva una pesante limitazione del numero di soldati che l'Italia poteva arruolare: con la militarizzazione delle polizie, che non erano state considerate dal trattato, i poliziotti potevano fungere da soldati "aggiuntivi", eludendo furbescamente le clausole della resa e rendendo al Paese le truppe che Roma riiteneva necessarie. Oltre a ciò, i costi per il mantenimento di organici tanto ampi si giustificavano sia con la disponibilità di forze di polizia capaci di assicurare una certa solidità al sistema, sia con una sorta di intervento di solidarietà (con l'arruolamento di disoccupati) che era anche facilitazione per certe forme di clientelismo politico (e dunque indiretto sostegno di consenso).

La polizia però non era solo un centro di raccolta di braccianti che la crisi dell'agricoltura spingeva verso l'emigrazione e costringeva in lavori nuovi, mal pagati e poco gratificanti: se da un lato questo mostrava d'essere, dall'altro crebbe tecnicamente e presto guadagnò presso la popolazione, che pure nutriva quasi assoluta fiducia nei Carabinieri, una nuova gratificante reputazione di efficacia. Lo storico fisiologico antagonismo con l'Arma fu svolto nei termini di competizione tecnologica, e fu l'epoca d'oro, per alcuni quasi mitologica, della trasformazione della polizia in un corpo di sofisticata efficienza. Nacquero numerose specialità, mentre le questure specializzavano apposite squadre dedicate ad alcune tipologie d'impiego: le squadre volanti, mobili, omicidi e molte altre, distinte per competenze.

L'Alfa Romeo Giulia Super, nella classica livrea "verdone", veicolo-simbolo della polizia degli anni '60
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L'Alfa Romeo Giulia Super, nella classica livrea "verdone", veicolo-simbolo della polizia degli anni '60

Complice un certo gusto giornalistico, che versava nei quotidiani gli echi della moda letteraria noir, grande enfasi fu dedicata alla polizia che ogni giorno ispirava le fantasie della gente comune. Dalle pagine della cronaca, che resero avvincenti anche paludati fogli sempre più politicizzati, si evocavano nomi di poliziotti che quotidianamente compivano azioni degne della cinematografia in voga e fra tutti va forse ricordato il nome del maresciallo Armando Spatafora, detto "Armandino", unico autorizzato alla guida in servizio dell'unica Ferrari (250 GTE), nera, in dotazione alla Squadra Mobile di Roma. Le "mirabolanti imprese" del maresciallo, che diedero origine a surreali leggende metropolitane quale il famoso inseguimento giù per la scalinata di Trinità dei Monti, rappresentavano un lato spettacolare del Corpo che tuttora ne costituisce un fascino sui generis.

Agevolavano il lavoro dei tanti colleghi di Spatafora alcuni ritrovati come la radio, che cambiò il modo di intendere il pattugliamento stradale. La prima centrale radio fu insediata alla questura di Milano, dove fu installato un gigantesco apparecchio "Westinghouse 21" di fabbricazione americana; l'iniziale della marca ("W") veniva resa nel codice radiofonico come "Doppia Vela" e "Doppia Vela 21" divenne perciò il nome in codice della centrale, mentre le auto desumevano i loro nominativi in codice radio dalla marca degli apparecchi di bordo, "Iris". La centrale era in realtà una sala operativa alla quale cominciarono ad affluire tutte le informazioni necessarie per un pronto intervento nelle aree urbane di competenza, e presto sarebbe diventata il terminale del numero unico di pronto soccorso, il 113.

Non versava però in buone acque finanziarie l'economato dell'amministrazione, che faticava a far fronte alle nuove esigenze che la realtà quotidiana, le promesse elettorali e gli accordi con le altre polizie e con l'Interpol imponevano. La "moderna" pistola Beretta modello "51", che come il nome indica era già da qualche tempo disponibile, tardava a sostituire la vecchia "34" (e la sua versione aggiornata, la "35") e laddove vi riusciva, vi erano talvolta problemi per le cartucce nell'innovativo calibro "9 parabellum". Ancor peggio andava per i moschetti, gli obsoleti Beretta "Mab", i cui caricatori restavano spesso vuoti e la cui funzione era spesso solo quella della deterrenza visiva, essendo del tutto innocui per mancanza di proiettili.

L'evoluzione delle tecnologie fu attentamente seguita anche dalla criminalità, che cominciava ad organizzarsi e che presto avrebbe scalzato le forze di polizia dal controllo di alcune parti del territorio. La vecchia "mala" si urbanizzò e si trasformò in una sorta di reticolo che restava sotterraneo rispetto alla vita quotidiana, alla quale affiorava per compiere rapine, omicidi ed estorsioni, per poi subito reimmergersi nell'anonimato delle nuove città metropolitane. La polizia, per ovvie ragioni costituita di selezionata "brava gente", faticò a trovare punti di contatto utili per la prevenzione e per la repressione, perdendo terreno in favore dei delinquenti nonostante i molti sforzi compiuti.

[modifica] Sotto assedio

Gli anni '70 videro il Corpo, ed i "cugini" Carabinieri, sotto un assedio operativo di gravità paragonabile a quella dei tempi di guerra.

In questo decennio si ebbero infatti vertiginose espansioni del crimine, che raggiunse numeri di tragica pericolosità contemporaneamente in molte "specialità", fra le quali (ma non solo) terrorismo, tentativi di golpe, banditismo (sequestri di persona), contrabbando, traffico di stupefacenti, rapine, estorsioni, grassazioni di mafia, insorgenza del racket e dell'usura, oltre all'effervescenza politica che per molti anni si tradusse in quotidiani scontri armati fra giovani di opposte fazioni e fra questi e la Polizia.

Quest'ultimo punto fu forse il filo conduttore del travagliato decennio e trasse origine dagli echi del "maggio francese" (1968), giunti in Italia con un certo ritardo. I movimenti spontanei studenteschi, per lo più inquadrabili in un'area, pur di incerti termini, di sinistra, assunse il ruolo di opposizione ad un sistema la cui effettiva e sostanziale democraticità veniva seriamente posta in discussione. La fresca consapevolezza di essere restati invischiati nella prima ondata della modificazione in senso schiettamente capitalistico e consumistico del sistema economico, fu svolta nel senso di combattere lo stato che propugnava tale sistema attraverso le sue istituzioni ed i suoi simboli, il più evidente dei quali - e forse il più immediatamente attaccabile - era appunto la polizia (in questa intendendosi anche l'Arma).

Dai primi disordini scoppiati alla facoltà di architettura di Roma (Valle Giulia), si passò a violenze stradali di crescente frequenza in tutte le principali città italiane, che vedevano la polizia costretta in pratica ad organizzare vere e proprie azioni anti-guerriglia, rinfrescando peraltro, e non senza vantaggio, tattiche e strategie dell'esercito della Roma imperiale (ad esempio la testudo, formazione di militi che univa gli scudi per proteggersi dal lancio di oggetti contundenti). Fu accelerato lo studio dei proiettili lacrimogeni, sorta di granate capaci di sprigionare appunto gas lacrimogeno, e per questo i reparti di ordine pubblico furono nuovamente muniti del mai tramontato "Moschetto 91", cui veniva applicato un piccolo tromboncino per questo tipo di lanci. Furono prestamente (e costosamente) blindate auto e furgoni (poi chiamati direttamente "blindati"), si trovarono i fondi di bilancio per le pallottole e si introdusse la mitraglietta corta Beretta M12 (poi M12S), furono riveduti integralmente i servizi di antisabotaggio e scorta, e le schedature "politiche" furono potenziate come non era accaduto nemmeno nella polizia di Bocchini. Avvennero, d'altro canto, dei casi di violenze e repressioni dei movimenti da parte delle forze di polizia che fecero eco negli anni a seguire.

Da un punto di vista squisitamente di immagine, le uniformi vennero unificate: se prima le forze impiegate in ordine pubbligo indossavano il grigioverde, lasciando alle altre la "spezzata" (giubba blu e pantaloni grigio azzurri), tutte ora indossavano quest'ultima ed anche i veicoli (prima grigi per l'ordine pubblico e verdi, anzi "verdoni", per il resto) furono tutti riverniciati con l'innovativa livrea bianco-celeste. Scomparvero le differenze fra le uniformi degli ufficiali e quelle del personale dei ruoli inferiori (sebbene di recente siano state reintrodotte piccole differenze, ad esempio per gli alamari).

In genere i turni lavorativi dei poliziotti sono organizzati nel modo definito "in quinta", così chiamati perché in 4 giorni esaurivano un ciclo di impiego con riposo sul quinto giorno: il primo giorno dalle 19 alle 24, il pomeriggio seguente dalle 13 alle 19, il terzo giorno dalle 7 alle 13 e la sera stessa da mezzanotte alle 7 seguenti (smontante di notte) e riposo settimanale.

Si ebbe, nel cuore della sinistra, tra le altre, la voce contraria di Pier Paolo Pasolini, il quale con cruda onestà riconobbe nei poliziotti, arruolati fra talvolta pericolanti soglie dell'alfabetizzazione, incolpevolmente e spesso inconsapevolmente inviati contro i manifestanti, i veri concreti titolari dei diritti di quel proletariato in nome del quale le azioni di guerriglia (spesso solo teppistiche o vandalistiche) venivano scagliate - segnalava il poeta - da giovani "figli di papà", intenti a combattere pubblicamente una borghesia che forniva loro l'usbergo al quale privatamente rincasavano.

Indubbiamente, restano di piena vividezza nel dibattito politico i molti casi tuttora controversi, che furono erti a ragioni di bandiera: la morte di Giuseppe Pinelli, ad esempio, come quella del commissario Luigi Calabresi, già al momento in cui avvennero lasciavano prevedere che i rapporti fra una parte della cittadinanza e le istituzioni si sarebbero pesantemente incrinati.

Ma gli eventi riuscirono a superare le previsioni ed il terrorismo prese piede, da destra e da sinistra, con stragi, attentati, omicidi ed altri crimini (fra i quali le rapine per autofinanziamento), conferendo al decennio il funesto titolo di "anni di piombo". In questi, la polizia, intesa nell'insieme delle forze dell'ordine, lasciò un gravissimo tributo di vite umane, riguadagnando col sangue la solidarietà della popolazione.

L'emergenza fu affrontata dai governi in carica con alcune manovre legislative, che conferivano più elastici poteri agli agenti (ad esempio in materia di fermo di polizia), arroventandosi la polemica sulla legge Reale e sulla supposta "svolta autoritaria", mentre amministrativamente furono ristrutturate le branche dedicate alla lotta al terrorismo. Nacque l'UCIGOS, operante sul territorio attraverso le DIGOS di ciascuna questura ed attraverso i NOCS, corpo d'élite di pronto impiego per operazioni speciali.

Nel 1977 la legge di riordino dei servizi segreti, che da un lato ne centralizzava al governo il controllo politico diretto con la sottomissione al CESIS, ma dall'altro apriva a facilitazioni operative per il coordinamento dell'azione dei servizi e delle polizie, aprì la speranza degli operatori alla prospettiva di una riforma anche della polizia. Funzionari ed agenti reclamavano dallo stato, con voce sempre più pressante, una revisione delle condizioni di lavoro, di inquadramento di carriera, di snellimento e facilitazione delle mansioni, oltre ad un miglior rispetto della incombenza di sacrificio in cui si trovavano, peraltro per stipendi indecorosi, per ragione di professione.

[modifica] La riforma del 1981

La legge n. 121 del 1 aprile 1981 nacque per rispondere ad alcune di quelle istanze.

Fino agli anni '80, sotto la voce Polizia venivano raggruppati soggetti appartenenti a tre distinte organizzazioni:

  • i funzionari della P.S., funzionari civili che avevano la responsabilità della gestione degli uffici del Dipartimento della P.S. e che nelle Questure e nei Commissariati avevano la responsabilità della conduzione degli uffici e dei servizi di Polizia Giudiziaria e Ordine Pubblico;
  • gli ufficiali, i sottufficiali ed i militari di truppa del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, che gestivano, secondo i rispettivi livelli di responsabilità, i servizi di Polizia Giudiziaria e Ordine Pubblico, nonché le specialità della Polizia Stradale, Polizia Ferroviaria, Polizia di Frontiera, Polizia Postale;
  • le ispettrici e le assistenti del Corpo di Polizia Femminile, che si occupavano di prevenzione e repressione dei reati in materia di buon costume, donne e minori;

Con la riforma imposta dalla legge n. 121, queste tre diverse componenti furono fuse nella Polizia di Stato, "corpo civile militarmente organizzato" per la tutela dello Stato e dei cittadini da reati e turbative dell'ordine pubblico. La nuova Polizia diveniva un corpo civile a tutti gli effetti (gli alamari non avevano più la stella, simbolo dei corpi militari, sostituita dal monogramma "RI", che sta per "Repubblica Italiana" e che da tempo veniva usato sugli stemmi militari in sostituzione della croce sabauda di ascendenza monarchica), aperto a uomini e donne.

Il divieto di far parte e di iscriversi a organizzazioni politiche o sindacali fu in parte mitigato dalla possibilità di costituire sindacati interni, i più autorevoli dei quali presto divennero il SIULP ed il SAP. Al giorno d'oggi dopo alcune sissioni ed uinioni fra nuovi sindacati appena nati (dato anche l'ingresso ai sindacati esterni con sindacati appositamente costituiti troviamo, oltre ai succitati SIULP e SAP anche il SIAP, il COISP, la CONSAP, la FSP, il SILP per la CGIL e la nuova nascente UILPS

I gradi furono rinominati, i ruoli ristrutturati con la creazione del ruolo Ispettori, inserito fra quello dei Sovrintendenti (in precedenza Sottufficiali) e quello dei Funzionari (in precedenza Ufficiali).

La riforma ha previsto l'organizzazione del personale in 3 differenti ruoli organizzativi: ruolo ordinario, ruolo tecnici e ruolo sanitario.

[modifica] Le qualifiche

I gradi furono sostituiti da qualifiche solo in parte corrispondenti ai gradi militari vigenti nell'Esercito Italiano, nell'Arma dei Carabinieri e nella Guardia di Finanza:

Polizia di Stato Arma dei Carabinieri
Guardia di Finanza
Esercito Italiano
 
Agente Carabiniere - Finanziere Primo Caporal Maggiore (VSP)
Agente Scelto Carabiniere Scelto - Finanziere Scelto Caporal Maggiore Scelto (VSP)
Assistente Appuntato Caporal Maggiore Capo (VSP)
Assistente Capo Appuntato Scelto Caporal Maggiore Capo Scelto (VSP)
 
Vice Sovrintendente Vice Brigadiere Sergente
Sovrintendente Brigadiere Sergente Maggiore
Sovrintendente Capo Brigadiere Capo Sergente Maggiore Capo
     
Vice Ispettore Maresciallo Maresciallo
Ispettore Maresciallo Ordinario Maresciallo Ordinario
Ispettore Capo Maresciallo Capo Maresciallo Capo
Ispettore Superiore sostituto Ufficiale di Pubblica Sicurezza
Maresciallo Aiutante
Primo Maresciallo
Ispettore Superiore Sostituto Commissario
Maresciallo Aiutante Luogotenente
Primo Maresciallo Luogotenente
 
Vice Commissario Sottotenente Sottotenente
Commissario Tenente Tenente
 
Commissario Capo Capitano Capitano
Vice Questore Aggiunto Maggiore/Tenente Colonnello Maggiore/Tenente Colonnello
Primo Dirigente
(Vice Questore Vicario)
Colonnello Colonnello
 
Dirigente Superiore
(Questore)
Generale di Brigata Generale di Brigata
(o Brigadier Generale)
Dirigente Generale di Pubblica Sicurezza Generale di Divisione Generale di Divisione
(o Maggior Generale)
Dirigente Generale di Pubblica Sicurezza di livello B Generale di Corpo d'Armata Generale di Corpo d'Armata
(o Tenente Generale)
Prefetto
(Capo della Polizia)
  Generale
(Capo di Stato Maggiore della Difesa)


La comparazione delle qualifiche fra le cinque Forze di Polizia (FF.PP.)


<

Polizia di Stato Arma dei Carabinieri
Guardia di Finanza
Corpo di Polizia Penitenziaria
Corpo Forestale dello Stato
 
Agente Carabiniere - Finanziere Agente
Agente Scelto Carabiniere Scelto - Finanziere Scelto Agente Scelto
Assistente Appuntato Assistente
Assistente Capo Appuntato Scelto Assistente Capo
 
Vice Sovrintendente Vice Brigadiere Vice Sovrintendente
Sovrintendente Brigadiere Sovrintendente
Sovrintendente Capo Brigadiere Capo Sovrintendente Capo
     
Vice Ispettore Maresciallo Vice Ispettore
Ispettore Maresciallo Ordinario Ispettore
Ispettore Capo Maresciallo Capo Ispettore Capo
Ispettore Superiore sostituto Ufficiale di Pubblica Sicurezza Maresciallo Aiutante Ispettore Superiore
Ispettore Superiore Sostituto Commissario Maresciallo Aiutante Luogotenente Ispettore Superiore Sostituto Commissario
(solo per il Corpo di Polizia Penitenziaria)
 
Vice Commissario Sottotenente Vice Commissario Penitenziario
Vice Commissario Forestale
Commissario Tenente Commissario Penitenziario
Commissario Forestale
 
Commissario Capo Capitano Commissario Capo Penitenziario
Commissario Capo Forestale
Vice Questore Aggiunto Maggiore/Tenente Colonnello Commissario Coordinatore Penitenziario
Vice Questore Aggiunto Forestale
Primo Dirigente
(Vice Questore Vicario)
Colonnello Primo Dirigente
 
Dirigente Superiore
(Questore)
Generale di Brigata Dirigente Superiore
Dirigente Generale di Pubblica Sicurezza Generale di Divisione Dirigente Generale
Dirigente Generale di Pubblica Sicurezza di livello B Generale di Corpo d'Armata
Prefetto
(Capo della Polizia)

[modifica] Le rincorse

Questa voce è di parte

Questa sezione è ritenuta di parte, o non neutrale, (vedi l'elenco delle voci non neutrali). Se vuoi contribuire alla voce, e per ulteriori informazioni, partecipa alla pagina di discussione relativa. (uso di questo tag) (voce segnalata nel mese di dicembre 2006)
Motivazione: gli appartenenti alle altre forze non sarebbero d'accordo con questa interpretazione Segnalazione di Tanarus

testo Da un punto di vista strettamente amministrativo, la riforma della "121" innescò un putiferio nelle altre polizie, le quali avevano simili mansioni ma ora differente trattamento economico, e la Polizia di Stato fu sospettata di aver in qualche modo ricevuto del favoritismo.

Stimolati dai nascenti "COCER", sorta di sindacati informali di base, i Carabinieri reclamarono (non infondatamente) una riparatoria equiparazione di taluni gradi dei loro sottufficiali ai nuovi ispettori della Polizia di Stato.

Nel calderone della vicenda amministrativa, che avrebbe dato luogo ad una lunga teoria di sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali e del Consiglio di Stato, finirono infinite argomentazioni circa la parità di mansioni, competenze, attribuzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria dei marescialli e degli ispettori. Dopo anni, la questione sarebbe stata risolta con una riforma delle forze di polizia ad ordinamento militare, che portò alla suddivisione della categoria sottufficiali in due ruoli distinti, quello dei marescialli/ispettori e quello dei brigadieri/sovrintendenti, che ebbe una ricaduta, poco giustificabile data al differenza di compiti e mansioni, anche nelle delle forze armate.

Inoltre, la smilitarizzazione e la parziale libertà politico-sindacale, furono guardate con vivo interesse anche dalle altre polizie "pure" (non dai Carabinieri che restavano eminentemente un corpo militare e che ebbero poi altro tipo di soddisfazione con l'elevazione al rango di quarta Forza Armata).

Se il Corpo Forestale dello Stato cominciò a riorganizzarsi con l'istituzione di forze regionali autonome che lo smembravano, seguendo peraltro la travagliata storia del ministero dell'agricoltura e delle foreste (dal quale dipendevano), abolito da un referendum e subito reintrodotto con uno sconcertante escamotage istituzionale, il Corpo degli Agenti di Custodia, dipendente dal ministero di Grazia e Giustizia, fu presto trasformato (1990) nella Polizia Penitenziaria, smilitarizzata con una legge molto prossima alla "121".

Sempre alla "121" si ispirarono le successive istanze delle forze "minori" di polizia, le polizie regionali, provinciali e municipali dipendenti dagli enti locali.

termine sezione non neutrale

[modifica] Organizzazione e struttura

La Banda Musicale della Polizia di Stato
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La Banda Musicale della Polizia di Stato

La riorganizzazione della Polizia di Stato ha consentito il potenziamento e la ulteriore specializzazione di diverse branche operative, distinte in apposte divisioni o reparti di "specialità".

Reparti e specialità della Polizia di Stato:

  • Banda Musicale della Polizia di Stato (ex Banda Musicale del Corpo delle Guardie di P.S.)
  • Centro elaborazione dati della Polizia di Stato
  • Centri raccolta regionale\interregionale della Polizia di Stato
  • Direzione centrale anticrimine
  • Direzione centrale per gli istituti d'istruzione della Polizia di Stato
  • Fiamme Oro (gruppo sportivo della Polizia di Stato)
  • Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso il Ministero dei Trasporti e dell'av. civile
  • Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso il Ministero delle Comunicazioni
  • Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali
  • Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso il Palazzo del Viminale
  • Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso il Senato della Repubblica
  • Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso la Camera dei Deputati
  • Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso la Città del Vaticano
  • Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
  • Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso la Presidenza della Repubblica
  • Nucleo operativo centrale di sicurezza (NOCS)
  • Polizia dei giochi e delle scommesse
  • Polizia della montagna
    L'Alfa Romeo Giulia 1.600 Super del 1971
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    L'Alfa Romeo Giulia 1.600 Super del 1971
  • Polizia delle Comunicazioni (ex Polizia Postale e delle telecomunicazioni)
  • Polizia dell'immigrazione e delle frontiere
  • Polizia di frontiera aerea
  • Polizia di frontiera marittima
  • Polizia Ferroviaria
  • Polizia Scientifica
  • Polizia Stradale
  • Reparti Mobili della Polizia di Stato (ex Reparti Celeri del Corpo delle Guardie di P.S.)
  • Reparto a cavallo della Polizia di Stato
  • Reparto artificieri della Polizia di Stato
  • Reparto cinofili della Polizia di Stato
  • Scuola superiore di Polizia (ex Istituto superiore di Polizia\ex Accademia Guardie di P.S.)
  • Servizio aereo della Polizia di Stato
  • Servizio sanitario della Polizia di Stato

[modifica] Organico attuale

Attualmente la Polizia di Stato ha un organico di circa 110.000 unità, 16.000 delle quali sono donne.

Poco meno di 6.000 operatori sono distaccati in funzioni tecniche, destinate a fornire supporto logistico e di assistenza tecnica al restante personale.

Circa 1.500 agenti sono assegnati al servizio di "poliziotto di quartiere".

La Lamborghini Gallardo
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La Lamborghini Gallardo

[modifica] Curiosità

Il santo patrono della Polizia di Stato è San Michele Arcangelo, che secondo le scritture combatté Satana e viene tradizionalmente rappresentato con la spada rivolta verso il basso, nell'atto di trafiggere (ma non lo fa) il vinto.

Il motto è "sub lege libertas", che ha dato adito a due interpretazioni prevalenti: "nella legalità la libertà" oppure più letteralmente, ma criticamente, "al di sotto della legge, la libertà".

I sovrintendenti, per via dei cosiddetti "binari" presenti sui loro distintivi di qualifica, sono sovente chiamati (non ufficialmente) marescialli.

Le mostrine sono note come alamari.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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