Il nome della rosa (romanzo)
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Il nome della rosa | |
Titolo originale: | Il nome della rosa |
Autore: | Umberto Eco |
Anno (1a pubblicazione) : | 1980 |
Genere: | Romanzo storico |
Sottogenere: | Classico |
EDIZIONE RECENSITA | |
Anno: | 1984 |
Editore: | Bompiani |
Collana: | Letteraria |
Pagine: | 514 |
ISBN: | ISBN 8845207056 |
Progetto Letteratura |
Il nome della rosa è il primo romanzo scritto da Umberto Eco, ordinario di semiotica e presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici presso l'Università di Bologna.
Dopo aver scritto moltissimi saggi, Eco decide di scrivere il suo primo romanzo, edito per la prima volta nel 1980, dopo alcuni anni di meticolosa preparazione, cimentandosi in un genere abbastanza difficile come il giallo, in particolare con il sottogenere deduttivo.
L'opera è ambientata nel medioevo e viene presentata come il manoscritto di un anziano monaco che ha trascritto un'avventura vissuta da novizio, molti decenni addietro, in compagnia del suo maestro presso un monastero benedettino dell'Italia settentrionale.
La narrazione, suddivisa in sette giornate, scandite dai ritmi della vita monastica, vede protagonisti Guglielmo da Baskerville e il novizio Adso da Melk, il narratore della storia.
Indice |
[modifica] Trama
Guglielmo e Adso si recano ad un monastero benedettino posto tra i monti dell'Italia settentrionale, sede neutrale di un delicato convegno che vedrà protagonisti i Francescani, sostenitori delle tesi pauperistiche e alleati dell'Imperatore, e i loro nemici della curia papale insediata a quei tempi ad Avignone. I due monaci (Guglielmo è francescano e inquisitore "pentito", Adso è un novizio benedettino) si stanno recando in questo luogo lontano chiamati dall'abate, preoccupato che alcuni fatti misteriosi e, soprattutto, l'improvvisa e inspiegabile morte di un confratello possa far saltare i lavori del congresso e far ricadere la colpa su di lui.
Nonostante la quasi totale libertà di movimento concessa all'ex-inquisitore, le morti si susseguono e sembrano tutte ruotare attorno alla biblioteca, vanto e onore del monastero, e ad un misterioso manoscritto. La situazione è complicata dall'imminente convegno e dalla scoperta, fatta dall'inquisitore Bernardo Gui, di due eretici della setta dei Dolciniani profughi presso l'Ordine dei Benedettini (il cellario e il suo aiutante semianalfabeta): così, in un'atmosfera inquietante, tra discorsi sulle donne, oggetto della perdizione del mondo, e sull'eresia, così antichi e al tempo stesso così moderni e attuali, Guglielmo e Adso si avvicinano sempre più alla verità, fino a scoprire il misterioso manoscritto (il secondo perduto libro della Poetica di Aristotele, che tratta della commedia, e dunque del riso e dello scherzo) per cui così tanti monaci sono morti e il misterioso assassino (Jorge da Burgos, l'ex-bibliotecario, ormai cieco, che aveva sparso sulle pagine del manoscritto un letale veleno) che così bene ha colpito nel monastero.
Alla fine, scoperta ogni cosa, i due protagonisti si allontanano, mentre la biblioteca brucia nell'incendio verificatosi nella confusione: Jorge tenta di mangiarsi le pagine del manoscritto e poi fugge, alché un lumino caduto fa prendere fuoco ai libri. Jorge è quindi lucidissimo nel suo proposito di salvare l'umanità dalla pericolosa riscoperta del libro di Aristotele. In tema di citazioni e ammiccamenti più o meno nascosti (di cui il romanzo è disseminato dall'inizio alla fine) è abbastanza palese che tanto il nome di questo personaggio (Jorge de la Burges), quanto il trinomio cecità/biblioteca/labirinto a lui collegato, costituiscano un'allusione nemmeno troppo velata allo scrittore argentino Jorge Luis Borges.
Una curiosità legata al titolo del romanzo, è (parzialmente) svelata alla fine del libro, dove l'ormai vecchio narratore Adso da Melk conclude il suo racconto con un'espressione latina :"Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus" (Commento ) [la rosa primigenia esiste in quanto nome, possediamo i semplici nomi]. Si tratta di un messaggio che porta a riflettere affinché non si presuma di essere depositari di verità assolute in quanto queste saranno sempre contestabili, se non addirittura risibili.
[modifica] Personaggi
- Guglielmo da Baskerville, francescano, già inquisitore in visita presso il monastero dove si svolge l'azione.
- Adso da Melk (voce narrante), novizio benedettino al seguito di Guglielmo.
- Jorge da Burgos, anziano monaco cieco, profondo conoscitore dei segreti del monastero.
- Ubertino da Casale, anziano francescano spirituale.
- Venanzio da Salvemec, "sapiente di cose greche, devoto di quell'Aristotele che certamente fu "il più saggio tra tutti gli uomini".
- Malachia da Hildesheim, bibliotecario dell'abbazia.
- Berengario da Arundel, aiuto bibliotecario dell'abbazia.
- Severino da Sant'Emmerano, padre erborista.
- Remigio da Varagine, cellario dell'abbazia.
- Bernardo Gui, inquisitore dell'ordine domenicano.
- Adelmo da Otranto,monaco miniatore.
- Abbone, abate, è l'unico, insieme al bibliotecario e al suo aiutante, a conoscere i segreti della biblioteca.
- Salvatore, monaco che condivide con Remigio il suo passato; parla una lingua tutta sua, un misto di latino e altri volgari.
I personaggi, anche quelli minori, si offrono ad una doppia alle volte tripla lettura, alcuni sono di fantasia e altri realmente esistiti.
Fra' Guglielmo, oltre ad un medievale Sherlock Holmes, ricorda, anche in maniera palese il filosofo francescano inglese Guglielmo di Ockham, maestro del metodo deduttivo.
Alcuni epiteti di Jorge da Burgos sono direttamente tratti dagli strali lanciati dal "Doctor Mellifluus" Bernardo di Chiaravalle contro l'origine diabolica del riso.
L'ex dolciniano Salvatore ci riporta alle lotte intestine della chiesa medievale, alle volte anche sanguinose, tra i vescovi cattolici e il movimento degli spirituali portato avanti dai seguaci di Fra Dolcino da Novara.
Altri sono personaggi storicamente vissuti come il domenicano Bernardo Gui, Ubertino da Casale e Michele da Cesena tutti primi attori della disputa francescana conventuali-spirituali del periodo del papato avignonese di Papa Giovanni XXII e dell'impero di Ludovico il Bavaro.
[modifica] Piani di lettura
Attribuire un genere letterario al romanzo di Eco è assai difficile: esso infatti è stato particolarmente apprezzato per la presenza di molteplici piani di lettura, che possono essere colti dal lettore a seconda del suo background culturale. Pur presentandosi come un giallo, o come un romanzo storico ad una lettura superficiale, il libro è in realtà costruito attraverso una fitta rete di citazioni tratte da una miriade di altre opere letterarie (esemplare è in questo senso il sogno di Adso, brano costituito in una parte per collage da classici riferimenti alla storia della nascita della lingua volgare), dunque è, in un certo senso, un libro fatto di altri libri. È costante il riferimento linguistico e semiologico. È anche presente, appena sotto la superficie, una forte componente esoterica, e di fondo la storia può essere vista come una riflessione filosofica sul senso e sul valore della verità e della sua ricerca, da un punto di vista strettamente laico, tema del resto comune alle opere successive di Eco.
[modifica] L'ispirazione holmesiana
Sin dai nomi, dalle descrizioni dei personaggi e dallo stile scelto per la narrazione, risulta evidente l'omaggio che Eco fa a sir Arthur Conan Doyle e al suo personaggio di maggior successo: Sherlock Holmes.
Guglielmo, infatti, sembra ricavato, per descrizione fisica e per metodo d'indagine, dalla figura di Holmes: le sue capacità deduttive, la sua umiltà e il suo desiderio di conoscenza sembrano infatti riprendere e, a tratti, esaltare gli aspetti migliori del detective britannico. Inoltre proviene dalla contea di Baskerville, che riprende il nome dal miglior romanzo di Doyle, Il mastino dei Baskerville, che per atmosfera può tranquillamente essere considerato come una delle fonti del libro di Eco.
D'altra parte il giovane Adso è ricalcato proprio sulla figura del fido Watson. Non solo è il narratore in prima persona della vicenda, proprio come il buon dottore, ma ne riprende le caratteristiche iniziali: ottuso e poco attento, pur se volenteroso di imparare e pronto all'azione, Adso, a differenza di Watson, alla fine dimostra di non riuscire ad imparare quanto al contrario riesce ad imparare il buon dottore, quasi come se Eco stesso volesse prendere le distanze da Conan Doyle e porsi in una posizione di inferiorità rispetto al maestro inglese.
[modifica] Storia editoriale
Edito per la prima volta in Italia da Bompiani nel 1980 e più volte ristampato, riscosse da subito un notevole successo di critica e di pubblico, inducendo la riscoperta del genere del romanzo storico, benché possa essergli attribuita la commistione di più generi narrativi (giallo, esoterico, filosofico). Il romanzo ha avuto anche grande successo internazionale, essendo stato tradotto in numerose lingue. Nel 2002 è stato oggetto di un curioso fenomeno, grazie al lancio di un'iniziativa editoriale del quotidiano La Repubblica che lo ha distribuito in oltre un milione di copie.
[modifica] Opere affini
Oltre ad altre opere di Eco (Il pendolo di Foucault del 1988, L'isola del giorno prima del 1994, Baudolino del 2000), sulla stessa scia si pone Q di Luther Blissett, spy-story ambientata al tempo della riforma protestante. Evidenti sono anche i riferimenti nel romanzo di Eco a Brother Cadfael, monaco detective medievale protagonista di una serie di romanzi gialli della scrittrice inglese Ellis Peters (1913-1995) a partire dal 1977 con A Morbid Taste For Bones. Marginalmente, si ricorda infine che la ripartizione del testo in base alle ore del giorno (ore canoniche nel romanzo di Eco) è un prestito dal celeberrimo romanzo Ulisse di James Joyce.
Si ricorda, infine, che da questo romanzo Jean-Jacques Annaud ha tratto un film (sempre dal titolo Il nome della Rosa, con Sean Connery, F. Murray Abraham, Christian Slater e Ron Perlman).
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