Fica
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Fica è un termine volgare e di uso comune impiegato in alcune regioni per indicare l'apparato genitale femminile esterno. Nelle regioni del nord Italia è diffusa la dizione "figa".
Il termine viene dal tardo latino fica come femminile di ficus, l'albero del fico, che in latino è femminile. Il significato osceno era già presente nella parola greca (συκον) sykon che appunto significa fico. Si tratterebbe quindi di un calco che dal greco è passato alla lingua italiana tramite il tardo latino.
Fra le centinaia di definizioni locali, dialettali e regionali è probabilmente l'unica ad essere entrata di diritto nell'italiano corrente, anche nella variante figa, diffusa particolarmente nell'Italia settentrionale.
Il corrispondente termine maschile è cazzo, frutto di un'analoga selezione fra le definizioni locali, dialettali e regionali.
Come gli altri sinonimi, il suo significato è traslato da un termine di uso corrente (solitamente un nome di animale - mammifero, uccello o pesce - o vegetale). Il termine fica (o figa) deriva da una pianta e da un frutto, noto in italiano come fico e, nei diversi dialetti, come fica, figar, ecc.
Il termine fa parte di uno dei filoni principali della letteratura - a volte anche alta - e dello scrivere tipico della goliardia.
Numerose sono le opere letterarie parodiate: la più famosa di tutte rimane Ifigonia. Conosciute anche - nella costruzione di acronimi di pura invenzione - le sigle Federazione Italiana Giovani Atleti e Federazione Italiana Giovani Artisti.
Indice |
[modifica] La letteratura
Il termine appare in letteratura sin dal Medioevo, sia nella forma fica sia in quella figa. Franco Sacchetti, scrittore e mercante della Repubblica di Ragusa usò il termine nella raccolta Trecentonovelle scritta in Toscana intorno al 1390.
Nella forma più diffusa, il primo uso è dovuto probabilmente a Pietro Aretino che lo adottò nella commedia Il Marescalco del 1533. Il termine fu usato da Pedante alla fine del terzo atto.
Dante esordisce il venticinquesimo canto della Divina commedia (Inferno, versi 1-3) con
Al fine de le sue parole il ladro
le mani alzò con amendue le fiche,
gridando: "Togli, Dio, ch’a te le squadro!".
(riferendosi ad un gesto di scherno ancora utilizzato in alcune culture che prevede la chiusura del pugno con il pollice frapposto tra indice e medio, ad imitare appunto l'aspetto di una vagina).
Un grande utilizzatore del termine fu il poeta e scrittore vernacolare Giuseppe Gioacchino Belli, dove la terzina più nota è la finale del sonetto Er Lavore:
Va' in paradiso si cce sò mminchioni!
Le sante sce se gratteno la fica,
E li santi l’uscello e li cojjoni.
Sempre di Belli è un altro sonetto assai noto, "La madre de le Sante", datato 6 dicembre 1832 (il sonetto fa il paio con l'analogo "Er padre de li santi", steso nella medesima data) nel quale, della fica, sono goliardicamente riportati diversi sinonimi e circonlocuzioni utilizzati nel dialetto romanesco dell'epoca (alcuni scomparsi dall'uso ed alcuni sopravvissuti come termini volgari, con piccole varianti, anche nella terminologia attuale).
Come un licenzioso, ma non per questo meno affascinante, Cirano impegnato in una delle sue celebri tirate, recita Belli:
Chi vvò cchiede la monna a Ccaterina,
Pe ffasse intenne da la ggente dotta
Je toccherebbe a ddí vvurva, vaccina
E ddà ggiú co la cunna e cco la potta.
Ma nnoantri fijjacci de miggnotta
Dimo scella, patacca, passerina,
Fessa, spacco, fissura, bbuscia, grotta,
Freggna, fica, sciavatta, chitarrina,
Sorca, vaschetta, fodero, frittella,
Ciscia, sporta, perucca, varpelosa,
Chiavica, gattarola, finestrella,
Fischiarola, quer-fatto, quela-cosa
Urinale, fracosscio, ciumachella,
La-gabbia-der-pipino, e la-bbrodosa.
E ssi vvòi la scimosa,
Chi la chiama vergoggna, e cchi nnatura,
Chi cciufèca, tajjola, e ssepportura.
[modifica] L'uso come sineddoche e il cambio di genere
In rivo all'Arno: questi i modi di dire |
In Toscana, patria della lingua italiana, il termine fica è usato sovente - anche al plurale fiche - in contesti che raramente sono accostabili a quelli comunemente usati in altre zone dell'Italia. Se ne riportano qui alcuni:
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Soprattutto nel gergo giovanile, il termine figa e il suo accrescitivo strafiga o figona sono spesso usati come sineddoche per indicare una "donna sessualmente attraente".
Con analogo significato è usata anche la forma maschile, figo o fico, ovvero "ragazzo/uomo attraente".
Da notare anche l'uso del diminutivo fighetto o addirittura fighetta (con articolo maschile) con significato di "damerino", ragazzo dai modi e dall'abbigliamento marcatamente curati allo scopo di piacere, con connotazione ironica o spregiativa.
Il termine e la sua corrispondente forma maschile sono stati usati nel gergo giovanile a partire dagli anni Settanta (Antonello Venditti sostiene di aver utilizzato per primo il termine in questa accezione) come aggettivi e interiezioni col significato neutro di "bello":
- "La tua moto è fighissima!" (qui il parlante intende rivolgere all'interlocutore un forte apprezzamento per la sua moto);
- "Figo!" (dove la "i" è spesso prolungata a piacere del parlante; qui si intende apprezzare un fatto appena accaduto o sentito o un oggetto appena visto o di cui si è appena sentito parlare).
Se ne registra inoltre l'utilizzo come intercalare in varie parti d'Italia, tra cui le zone di Milano,Cremona, Brescia, Lodi, Bergamo, Pavia, Piacenza e Parma.
Esistono inoltre diverse forme derivate, sia comuni sia artistiche:
- figata (cosa figa);
- figoso (che rende fighi o che è figo);
- Bella Figheira è stato un personaggio interpretato da Anna Marchesini nella parodia de I promessi sposi fatta insieme a Massimo Lopez e Tullio Solenghi.
Altro termine derivato che, avendo ormai perso quasi tutta la carica originaria di volgarità, è entrato nel gergo comune, tanto da essere usato da persone di tutte le età, è sfiga, col significato di sfortuna.
È interessante notare come in questo caso la "s" privativa iniziale ("sfiga" significa letteralmente "mancanza di figa") mentre da un lato ribadisce l'accezione positiva del termine base, assimilato ai concetti di fortuna, abbondanza, fertilità, con l'implicita deduzione che chi non ha un partner femminile è una persona sfortunata, sfigata, dall'altro, poiché, almeno in teoria, si potrebbe attribuire solo a maschi, sottointende una visione culturale maschilista dei rapporti fra i due sessi.
Da sottolineare che il termine con la c, da fico (la foglia con cui si coprì Adamo alla cacciata dall'Eden), ed il genere femminile sono utilizzati per indicare i genitali, mentre la sostituzione della c con la g (figo e figa) ha assunto, col tempo, il significato di bello, attraente e desiderabile (così come è indesiderabile la sfiga).
[modifica] Lessico
Come accade per il corrispettivo cazzo, termine volgare dell'organo di riproduzione maschile – il pene – anche per il lemma fica ci sono numerose altre denominazioni dialettali, colloquiali, familiari o, semplicemente, volgari che indicano l'organo genitale femminile.
Alcune di esse affondano le radici nella notte dei tempi; altre sono di più recente creazione e possono essere a tutti gli effetti considerate dei neologismi.
Ne vengono elencate qui in ordine alfabetico alcune fra le più note.
[modifica] A
Azzittapreti [1]; Albicocca; Acchiappavampiri; Arancia;
[modifica] B
Baffona (pergolese); Baggiana; Balusa (espressione ravennate); Barbigia (trentino); Barbisa (Milanese); Bartagna (espressione in uso nella bassa mantovana); Belàn (espressione savonese); Bernarda; Berta; Bigioia (espressione usata in piemontese Böcc [2]; Boffa (abruzzo) Brëgna/Brigna (espressioni piemontesi, propriamente significano "prugna"); Bricia (espressione aretina) Broddoi (sardo, dorgali); Brogna/Brugna (espressione mantovana e bresciana) piacentina (Brügna); Buco; Buco Nero (gioco di parole sul nome dell'oggetto stellare);
[modifica] C
Castagna (Città di Castello - PG); Caverna; Cecca (parola campana, soprattutto dell'entroterra); Cella (parola abruzzese, soprattutto dell'entroterra marsicano); Cestunia (espressione napoletana che significa propriamente tartaruga); Chilla che guarda 'n terra (La smorfia Napoletana); Chitarrina [1]; Cianno / Cionna / Ciunna / Ciunno [3]; Cicala (espressione aretina); Ciccia baffetta (espressione aretina); Cicciabaffina (espressione romanesca); Cilla (espressione senese), cillina (espressione genovese); Ciorgna (espressione piemontese); Ciospa; Ciotu (espressione di Cirò); Ciucia (espressione napoletana); Ciuccia (espressione abruzzese); Ciuètta (espressione abruzzese-marchigiana); Cocchia (espressione centro-marchigiana); Cogna; Conchiglia; Connu (espressione sassarese); Cuniglia (espressione calabrese, da coniglio per la forma a muso di coniglio); Cunno, Cunnu [3]; Curcio (espressione salentina);
[modifica] F
Faddacca (espressione siciliana) Fagiana; Farfalla; Farfallina [1]; Fessa, Fissa; Ferita; Fia (la pronuncia toscana occidentale ha ridotto al grado 0 la consonante velare nella parola fica); figa; filippa; Figazza; Fiorellino; Fodero; Fregna (espressione romana e abruzzese); Fresca (espressione umbro-marchigiana); Frice (in Lingua Friulana); Fuinera (espressione milanese) Ciocia (espressione romana) Fiora (espressione veneta)
[modifica] G
Galleria; Giggia; Gnacchera [1]; Gnagna; Gnocca [4]; Guallera; Guersa (Genova);
[modifica] L
La lallera |
Il cantautore e menestrello fiorentino Riccardo Marasco ha scritto una canzone intitolata "La lallera". |
Lurba (espressione dialettale pavese); Lumaca; Lallera (fiorentino);
[modifica] M
Mafalda; Marbizza (espressione calabrese); Michetta (espressione ligure, Dolcedo, indica anche un dolce tipico, con marmellata di fichi) Micia;Mimma (espressione usata in toscana) Mona, Monazza (espressione usata in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia); Mozza (espressione abruzzese,marchigiana e carrarina); Mussa (espressione ligure)
[modifica] N
Neira (piemontese: "nera") Ndacca (espressione usata in Campania) 'Nicchio (espressione Messinese e Calabrese) Nicchia (espressione Quiesarotta prov.di Lucca)
[modifica] O
Obarra (termine usato nella sicilia meridionale) Obinna (termine prevalentemente usato nell'area basso padana, ormai in disuso)
[modifica] P
L'origine del mondo |
Quello qui riprodotto è forse il più celebre quadro mai dipinto sull'organo genitale femminile. |
Pacca (espressione usata a San Marco in Lamis); Pacchiarello (espressione Jenkkiana); Pacchio (espressione siciliana); Pacioccio (espressione sassarese); Paffia (espressione calabrese); Pagghiaro (letteralmete "pagliaio, fienile, usato per definire più i peli che la fica in dialetto tarantino); Parpagna; Parpaya topola (Dario Fo); Parussule (in lingua Friulana) Passera; Passerina; Patacca; Patafiola; Patàna (attestazione campana); Pataràcia (dialetto chioggiotto); Patata, patatina; Patonza; Patonzola; Pattàle (espressione del basso Salento); Pecchia (espressione in uso a Spoleto); Pelo; Pelosa; Pelosina; Pepaina (termine avellinese che indica un tipo di peperone rosso); Pertuso (espressione tarantina dal detto :"Per la legge del rattuso ogni buco è pertuso") ; Petalussa (estremo ponente ligure) Péttine (in napoletano); Pèscia (tra Napoli e Foggia per indicare il femminile di "Pesce") Pesce (in dialetto tarantino, che in napoletano indica l'organo maschile); Pettera (dialetto massese); Picchia (dialetto ternano); Piccione (espressione usata con diverse varianti dialettali nel meridione d'Italia; all'origine un'analogia con l'omonimo volatile); Picioca [in dialetto stretto della valle Elvo (provincia di Biella)] Pigliapapero (Leo Ortolani); Pilu (Calabria meridionale e Sicilia nord-orientale) Pinca (espressione dialettale di San Giovanni Rotondo); Piricocco, Piricoccu (albicocca in Lingua sarda); Pirtusu; Pisaia (Espressione dialettale Romagnola); Pisciotto (Espressione dialettale Calabrese); Pisella (espressione familiare); Pitucco (puglia); Pittignone (può diventare "Pittignone gonfio"); Pontecàna (dialetto marchigiano); Poscia (dialetto campano) Potta (dal latino puta, è la parola usata dall'Aretino nei suoi Sonetti lussuriosi e Dubbi amorosi); Pòta (in dialetto bergamasco e in Dialetto Bresciano, utilizzato anche come intercalare); Proso (dialetto sassarese); Prugna; Pucchiacca [1]; Puscio (dialetto di Accettura); Pussi (inglesisimo);
[modifica] R
Rigoverna cappelle (Toscano Illustre)
[modifica] S
Sarchiapona; Sacapel (dialetto bellunese); Sbrago ( periferia ovest di Reggio Emilia); Sciula (dal Piemontese); Sépa, sepolìna (espressione dal dialetto chioggiotto riferito alla Seppia); Sfessa;(fessura-spacco in dialetto ferrarese) Sforna Creaturi (napoletano arcaico);Sgnacca; Sgnacchera; Sissina (francesismo); Sorca; Sorcia; Spacca; Speccia (espressione aretina); Sbroffa; Sticchio [5] Sugunnu o sugunna (lingua sarda) Sciorgio (dialetto tarantino) Sgnacchera (toscano illustre);
[modifica] T
Tabacchèra; Tafanariu (o Tafanario, tipico del dialetto di Tortorici, in provincia di Messina); Tana; Tegia (da -licar la tegia, leccare la padella - in ferrarese); Topa; Topina; Tunnel
[modifica] U
Udda (sardo nuorese)
[modifica] V
Vagia (con la 'g' dolce); Vaggiuola (termine usato nella periferia di Reggio-Emilia); Vagina (è il nome corretto, in lingua italiana, di una parte dell'organo genitale femminile interno; il suo uso, nel linguaggio colloquiale può risultare goffo, o eufemistico); Vello (espressione tipicamente abruzzese); Vergogna (riferito in generale ai genitali, sia maschili che femminili); Viola; Vongola; Vulva (è il nome corretto (in anatomia ed in lingua italiana) dei genitali esterni femminili.
[modifica] Z
Zia; Zazzera
[modifica] Note
- ↑ 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 Roberto Benigni, E l'alluce fu, Einaudi 1996. ISBN 8806141848
- ↑ (termine ticinese, "Böcc l'é böcc l'usel al g'ha mia l'öcc", traduzione "Buco è buco, il pene non ha l'occhio")
- ↑ 3,0 3,1 Termini simili nella diverse varianti pugliese, calabrese e sardo. Derivano probabilmente dal sinonimo latino "cunnus".
- ↑ (di origine romagnola, nato probabilmente per la somiglianza della vulva con gli appetitosi gnocchi fatti in casa.)
- ↑ utilizzata volgarmente nella lingua siciliana per indicare l'organo sessuale femminile, sticciu in alcune zone della Sicilia sud-orientale. E' il corrispondente femminile del termine minchia, che indica invece l'organo maschile, il pene. Curiosamente, nel volgare siciliano l'organo genitale maschile viene indicato con un sostantivo femminile (si dice "la minchia"), mentre quello femminile con un sostantivo maschile ("lo sticchio"). Il maggior senso del pudore che, soprattutto nel meridione d'Italia, ma non solo, ancora persiste attorno alla sfera sessuale femminile rispetto a quella maschile, fa sì che il termine sia meno conosciuto e diffuso, nel resto d'Italia, della parola minchia che, almeno come forma di esclamazione, ha visto parecchio crescere negli ultimi anni il suo utilizzo anche fuori dai confini siciliani. Non mancano, tuttavia, in Sicilia, anche per la parola sticchio, delle espressioni colorite che utilizzano il termine ora con funzione di imprecazione (es."sticchio della malora"), ora nel molto usato epiteto "pezz'i sticchio" (pezzo di sticchio), che sta ad indicare una donna fisicamente molto bella e attraente.