Scuola toscana
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La scuola, o maniera toscana, nacque in Toscana in seguito alla caduta in disuso della scuola siciliana, fondata da Federico II di Svevia e perpetrata dai sui figli Manfredi ed Enzo. Anche se proprio dalla scuola siciliana deriva (infatti spesso è chiamata scuola siculo-toscana) si differenzia da quest'ultima per alcuni aspetti.
Caratterizzata da una certa municipalità (per questo motivo sarà ripudiata da Dante) essa si collega direttamente alle tematiche provenzali e sicule dell'amore, arricchendole con stilemi del tutto originali, quali, ad esempio, la politica e l'etica. I poeti di tale corrente erano poeti-cittadini, legati quindi alle vicende dei comuni di provenienza, in cui erano perfettamente inseriti. Essi, perciò, erano portati a discutere con molta vigoria degli argomenti politici a loro più vicini, ed oltre a ciò poetavano anche su argomenti teologici, non tanto intesi come argomenti divini, quanto come argomenti morali ed etici.
Grazie ai suoi maggiori esponenti, la scuola toscana ha riesumato vecchi componimenti, come le ballate, accompagnate da una melodia (e forse anche da una danza) e ha inoltre istituito un nuovo tipo di sonetto, doppio e rinterzato.
Poiché i suoi rappresentanti provengono da varie zone della regione, non si può parlare di una lingua base nella quale si è sviluppata questa poesia, bensì di una sorta di polilinguismo, che ci porta ad affermare, paradossalmente, che la poesia di questa nuova corrente abbia di comune rispetto alla poesia siciliana l'ispirazione. Il contatto tra le due culture toscana e siciliana, leggendariamente, si attribuisce ad Enzo, figlio di Federico II, il quale, preso una volta prigioniero presso Bologna, impartì alcune nozioni della poesia del suo regno agli abitanti di quel comune.
I maggiori esponenti di questo nuovo modo di fare poesia sono: Guittone d'Arezzo, Bonagiunta Orbicciani, Chiaro Davanzati e Compiuta Donzella.