Nino Bixio
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Gerolamo Bixio detto Nino Bixio (pron. /ˈbiksjo/ basata sulla grafia, ma la pron. ligure originaria è /ˈbiʒo/; Genova 2 ottobre 1821 - Sumatra 16 dicembre 1873) è stato un militare ed un uomo politico italiano, oltreché un personaggio-chiave del Risorgimento italiano.
Da ragazzo venne convinto dai suoi genitori ad intraprendere la carriera militare nella marina del Regno di Sardegna. Dopo numerose avventure tra i mari del mondo nel 1846 tornò in patria per iscriversi alla Giovine Italia, l'associazione mazziniana che auspicava l'unione e l'indipendenza di tutti gli stati d'Italia. Un anno dopo inviò un telegramma a Carlo Alberto di Savoia in cui scrisse: "Oltrepassi il Ticino, Sire, e saremo tutti con lei".
Nel 1848 partecipò alla Prima guerra d'indipendenza e, dopo alcune sconfitte militari, si recò a Roma dove sotto il comando di Giuseppe Garibaldi tentò, invano, di difendere la neonata Repubblica Romana dall'attacco restauratore dei francesi.
Nel decennio che va dal 1849 al 1859 Bixio cambiò radicalmente le sue idee politiche, abbandonando l'ideologia mazziniana per aderire al movimento della Destra storica, seppur con poche influenze cavouriane. Ciononostante rimase un fedele alleato di Garibaldi, con cui nel 1859 fondò il gruppo paramilitare dei Cacciatori delle Alpi, che si segnalarono come protagonisti della Seconda guerra d'indipendenza: in particolare, al termine della vittoriosa battaglia di Varese, il militare genovese venne insignito della Croce Militare dei Savoia.
Seppur conservatore, Bixio rimase un uomo d'azione e nel 1860 fu tra gli organizzatori della spedizione dei Mille alla conquista del Sud Italia: sbarcato a Marsala alla testa delle famose "Camicie Rosse", egli fu di prezioso aiuto all'eroe dei due mondi nella battaglia di Calatafimi, tappa fondamentale affinché Garibaldi prendesse la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II. Durante la campagna di Sicilia Bixio si rese protagonista di un pessimo episodio: represse nel sangue una rivolta di contadini svoltasi a Bronte, in provincia di Catania, forse perché timoroso di una eventuale rivoluzione repubblicana.
Dopo la conquista di Palermo, il 21 agosto del 1860 i Mille entrarono a Reggio Calabria ed il 2 ottobre dello stesso anno sconfissero definitivamente il grosso delle truppe borboniche nella battaglia del Volturno, in cui il genovese si ruppe una gamba. Poco dopo il famoso incontro di Teano tra il monarca e Garibaldi, Bixio organizzò i plebisciti che sancirono l'annessione dell'Italia centro-meridionale (Lazio escluso) al Regno di Sardegna. Un anno dopo venne eletto deputato per conto del seggio dislocato a Genova: egli sedette tra le fila della Destra.
La maggior parte della sua azione parlamentare consistette nel vano tentativo di riconciliare le posizioni di Cavour e Garibaldi, soprattutto per quanto concerneva la questione romana: mentre lo statista piemontese professava una soluzione diplomatica, il nizzardo era disposto a passare all'azione anche in prima persona. Incapace nel fare andare d'accordo i due più grandi esponenti del nostro Risorgimento, Bixio tornò nel campo di battaglia nel 1866 al fine di combattere la battaglia di Custoza nell'ambito della Terza guerra d'indipendenza: la sconfitta italiana sul campo non pregiudicò il crollo militare dell'Austria, che dovette cedere il Veneto.
Il il 3 novembre 1867 alla battaglia di Mentana Bixio fu fatto prigioniero da un battaglione transalpino, ma riuscì a sfuggire e ricevette dal re Vittorio Emanuele II di Savoia una medaglia d'oro al valor militare.
Fatto senatore nel febbraio del 1870, si avvicinò al Partito d'azione garibaldino ed il 20 settembre dello stesso anno, dopo aver partecipato a qualche lieve scontro a Civitavecchia, sostenne l'esercito sabaudo nella Presa di Roma. Successivamente Bixio iniziò una carriera di imprenditore-esploratore, ma morì di colera durante una traversata commerciale delle isole della Sonda, in territorio olandese.