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Ipazia - Wikipedia

Ipazia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Ipazia di Alessandria Raffaello, La scuola di Atene
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Ipazia di Alessandria
Raffaello, La scuola di Atene

Ipazia (Hypatia) di Alessandria (Alessandria d'Egitto 370 - 415) fu matematica, scienziata e filosofa greca vissuta tra il quarto e il quinto secolo dopo Cristo.

Indice

[modifica] Biografia

È difficile stilare una biografia completa di Ipazia a causa delle poche notizie frammentarie della sua vita che ci sono giunte. Figlia di Teone, geometra, filosofo e ultimo direttore del museo di Alessandria, Ipazia riuscì ad avere la possibilità di studiare l'astronomia, la matematica, la filosofia e le scienze, nonostante il pesante clima di emarginazione dalla cultura che vi era nei confronti delle donne. Grande seguace di Platone, in breve tempo Ipazia riuscirà a mettersi a capo della locale accademia neoplatonica (il Serapeo di Alessandria) e otterrà notevole fama per la sua competenza ed il suo fascino; non a caso il pagano Pallada le dedica un raffinato epigramma: “Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza della parola, astro incontaminato della sapiente cultura.”


Ella era pagana (anche se ebbe tra i suoi allievi Sinesio di Cirene, che diventerà un vescovo cristiano), e tutti i suoi scritti furono caratterizzati da una pesante critica, seppur senza mancanza di rispetto, nei confronti del cristianesimo. Queste sue dure osservazioni nei confronti della dottrina cristiana le causarono prima molti problemi di censura e poi la morte.

[modifica] Cause della morte e del martirio di Ipazia e conseguenze

È ad ogni modo storiograficamente assodato che Ipazia morì assassinata da monaci cristiani, anche se sono state fatte varie ipotesi circa il movente dei prelati cristiani: la più plausibile, enunciata da vari storici, afferma che la causa indiretta fu il terzo editto del 391 dell'imperatore Teodosio, che in pratica legalizzava e favoriva la persecuzione anti-pagana, che ovviamente s'intensificò: molti fedeli cristiani crostoamo si sentirono autorizzati dalla legge teodosiana ad avviare una vera e propria caccia all'uomo nel tentativo di eliminare fisicamente i pagani e di distruggere i loro templi.

In quel momento il vescovo di Alessandria era Teofilo: egli avviò una violenta e dura campagna di distruzione dei templi. In particolare, il Serapeo, tempio dedicato a Serapide, divinità greco-egizia che riuniva dentro di sé Zeus ed Osiride, venne assediato dai cristiani. Il vescovo Teofilo ed il prefetto Evagrio, insieme con gli uomini della guarnigione militare, iniziarono l'opera di demolizione. Il vescovo Teofilo volle dare il buon esempio dando il primo colpo contro la colossale statua del dio Serapide. Contigua al tempio vi era la biblioteca del Serapeion, la minore delle due di Alessandria (l'altra era la celebre biblioteca del Museo)che fu incendiata dai soldati incitati dai cristiani. Nel 412 Teofilo morì e il suo incarico fu preso dal nipote Cirillo (Teofilo era suo zio), che divenne tra l'altro anche Patriarca di Alessandria. Il prefetto di Alessandria Oreste ebbe dei contrasti con Cirillo e fu amico di Ipazia: questa amicizia scomoda gli costerà caro durante la fasa più acuta della repressione.

Nel culmine della campagna persecutoria anti-pagana, una banda di monaci cristiani catturò Ipazia mentre ella camminava per la strada. La filosofa fu colpita con un grosso macigno e il suo corpo moribondo fu trascinato di forza fino in una chiesa dove la sua carne venne fatta a pezzi con tegole acute e i suoi resti bruciati in un rogo creato per l'occasione.

Molti sostengono che il vescovo Cirillo fu responsabile di questo atto vergognoso in quanto "non poteva non sapere". Secondo alcuni, Cirillo fu contrario a questo gesto barbaro, secondo altri invece egli fu il mandante dell'omicidio. In ogni caso, tutto ciò avvenne durante l'impero del minorenne Teodosio II (retto dalla sorella Pulcheria), pertanto dovrebbe collocarsi intorno al 415 dopo Cristo.

Dopo la morte di Ipazia, i suoi fedeli allievi scapparono da Alessandria, abbandonando il tal modo la città al suo destino: in questo modo, il famosissimo centro egizio perdeva la sua peculiriatà di città della cultura.

[modifica] Opere

Ipazia scrisse tre opere, o per meglio dire tre commentari, importanti che però non sono pervenuti ai giorni nostri:

  • Commentario sull'Almagesto di Tolomeo, lavoro inizito ma non finito dal padre in cui si occupò di astronomia
  • Commentario sull'Arithmetica di Diofanto di Alessandria, in cui si occupò di matematica
  • Commentario sulle Coniche di Apollonio di Perga, in cui parlò di scienza.

È molto probabile che ella abbia scritto molte opere filosiche, tra cui una Vita di Platone e che abbia tenuto pubbliche orazioni riguardo temi filosofici e religiosi.

[modifica] Curiosità

Ipazia odiava il fatto che gli uomini notassero in lei solo la bellezza fisica e non la bellezza dell'animo, di cui andava fiera. Ad uno spasimante che osservava sempre le sue orazioni solo per poterla osservare meglio ella mostrò le sue mutande mestruali gridando: "Di questo, e non di altro, ti sei innamorato!".

Pare che il suo ammiratore, che lì per lì provò un forte senso di vergogna, in futuro sarebbe diventato il suo miglior allievo.

È a lei dedicata l'opera teatrale Ipazia, il messaggero (1979) scritta e diretta da Orazio Costa. Di recente anche Umberto Eco cita la triste storia di Ipazia nel suo libro Baudolino.

[modifica] Bibliografia essenziale

  • Adriano Petta e Antonino Colavito, "Ipazia, scienziata alessandrina. 8 marzo 415 d.c.", 2004, Edizioni Lampi di Stampa, Milano, pag. 287, prefazione di Margherita Hack
  • Contini Caterina, Ipazia e la notte, 1999, Longanesi (romanzo storico)


[modifica] Collegamenti esterni

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