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Forme di stato e forme di governo - Wikipedia

Forme di stato e forme di governo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Per forma di stato si intende il modo in cui lo Stato risulta strutturato nella sua totalità, ed in particolare il modo in cui si atteggiano i rapporti tra gli elementi costitutivi del medesimo.

La forma di governo, invece, indica il modo con cui le varie funzioni dello Stato sono distribuite ed organizzate tra i diversi organi costituzionali.

Sinteticamente, si può affermare che forma di Stato e forma di governo è concetto impiegato per indicare il modo di essere del rapporto tra Stato-autorità e Stato-società, avendo particolarmente riguardo, rispettivamente, all'aspetto finalistico e all'aspetto strumentale.

[modifica] Forme di Stato

Sebbene quella di forma di Stato sia innanzi tutto una categoria storica, Da un punto di vista più prettamente storiografico, si deve notare come allo Stato gentilizio, tipico dell'antichità, sia andato sostituendosi lo Stato territoriale.

Quest'ultimo, in una sua prima fase, non costituisce ancora una forma di Stato, ma solo un ordinamento giuridico (mancano infatti gli elementi costitutivi dello Stato, essendo popolo e territorio soltanto dei meri presupposti materiali; e manca l'elemento della politicità), che per la sua struttura a carattere privatistico, fondata sul diritto reale, viene indicato come ordinamento a regime patrimoniale.

Ad esso segue lo Stato di polizia, con evoluzione determinata da fattori culturali (la riscoperta nell'Europa occidentale della cultura classica, ed in particolare greca, con il concetto di polis, e di libertà nello Stato, prima che di libertà dallo Stato), religiosi (la Riforma protestante), da dottrine politiche (in particolare, di Hobbes e Bodin), nonché da fattori di natura sociale ed economica (la frequenza di guerre e lo sviluppo di traffici e commerci), che comportano l'accentramento delle funzioni e dell'autorità dello Stato, con la nascita dei funzionari del Re (ciò che, con termine moderno, chiamiamo burocrazia), l'introduzione di elementi di politicità dell'ordinamento giuridico (identificandosi il fine pubblico con il benessere completo di ogni individuo e, per il tramite di esso, il benessere generale), e la costruzione di un sistema tributario. Nello Stato di polizia, innanzi tutto, si riscontra una forte diminuzione della trascendenza, non essendo più il Re estraneo rispetto all'ordinamento, di cui invece costituisce un elemento intrinseco (con la conseguente pubblicizzazione della sua funzione: si pensi alla legge di successione o all'istituzione della Corona, che solo ora viene distinta dal suo titolare). Si registra, poi, soprattutto nella fase dell'assolutismo illuminato, una concentrazione delle funzioni sovrane nelle mani del Re, ed una conseguente attenuazione delle autonomie locali. Si introduce, infine, una tutela giurisdizionale del singolo nei confronti degli atti di gestione posti in essere dallo Stato (ma soltanto per quelli di natura privatistica, non essendoci ancora nessuna tutela nei confronti degli atti di imperio, ossia di quelli atti attinenti all'esercizio della sovranità), cui si affianca la nascita e lo sviluppo di due istituti di garanzia: il fisco (patrimonio dello Stato con il quale possono essere soddisfatte le pretese creditorie private) e la distinzione tra legge (atto generale, che vincola tutti i consociati e l'amministrazione) ed ordinanza (atto particolare, che non vincola l'amministrazione).

Sul continente europeo, in virtù di cause contingenti di carattere economico, della perdita delle prerogative della nobiltà, a fronte del mantenimento dei suoi privilegi, e dell'aumento della tassazione e delle imposte, lo Stato di polizia entra progressivamente in crisi.

Così come in Inghilterra, in seguito alle due rivoluzioni (prima rivoluzione inglese, 1649, gloriosa rivoluzione, 1688), in Francia, in seguito agli eventi della rivoluzione iniziata nel 1789, inizia a svilupparsi lo Stato liberale. In questa forma di Stato, che si fonda sulla classe borghese e assume le finalità di questa (Stato negativo o non interventista: si sviluppa il concetto di libertà dallo Stato), la legittimazione del potere (cui si affianca la legittimità dello stesso, e di conseguenza la nascita dello Stato di diritto, nel suo duplice aspetto di Stato legale e di Stato di diritto propriamente inteso) risiede ora nei singoli: si sviluppano, quindi, i concetti di nazione e di sovranità nazionale (e quello distinto, ma collegato, di unità della nazione raggiunta per il tramite dei suoi rappresentanti).

Ma lo Stato liberale, che si propone di assicurare la libera esplicazione e la massima estensione dei ceti detentori delle forze economiche, e di garantire il mantenimento dello status quo, riservando i diritti politici agli appartenenti della classe dominante, contiene al suo interno le contraddizioni che porteranno al suo superamento.

Infatti, la nascita di uno spirito di classe nei ceti non possidenti, accompagnata da un processo di trasformazione che tende a realizzare il principio democratico (inizialmente, soltanto a livello sociale, mediante una politica assistenziale), soltanto rallentata dal sorgere dello Stato totalitario-nazionalista in Paesi di scarsa tradizione democratica (forma di Stato che prevedeva un assoggettamento attivo del singolo alla collettività, al fine di perseguire l'interesse nazionale), porta allo sviluppo dello Stato liberale in Stato sociale, ossia in una nuova forma di Stato che si propone di intervenire nei rapporti sociali per modificarne l'assetto in favore di alcuni gruppi o classi, non eliminando i presupposti, ma gli effetti del meccanismo di accumulazione del capitale (attraverso un sistema tributario progressivo e, per il tramite di esso, il finanziamento del così detto welfare state).

[modifica] Forme di governo

Le forme di governo possono essere classificate in base al modo della scelta del soggetto cui è affidato il potere sovrano (ossia la funzione primaria, che condiziona e dirige lo svolgimento di tutte le altre funzioni dello Stato, e che può essere definita come funzione di indirizzo politico), al modo attraverso il quale si forma la volontà dell'organo cui è affidato il potere sovrano, o in base ai titoli e alle garanzie previste dall'ordinamento.

Applicando il primo criterio, si potrà distinguere tra forme di governo dirette (monarchica o popolare) e rappresentative (pure o composite). Avendo riguardo al secondo criterio, considerando il numero di soggetti sovrani, avremo forme individuali (monarchie o diarchie) e forme collettive (aristocrazie o democrazie), mentre considerando le loro qualità avremo un governo di istituzioni o, con riguardo alle forme, forme di governo pure o miste. Il terzo criterio, infine, si integra con i precedenti; tra le garanzie da esso previste, particolarmente rilevanti sono, tra quelle interne, la separazione dei poteri (per cui una data funzione spetta ad un dato organo, e funzioni diverse competono ad organi diversi), e tra quelle esterne la giustizia costituzionale.

Nello Stato moderno, le principali forme di governo sono rappresentate dal governo parlamentare inglese e dal regime assembleare francese, sistemi entrambi che, partendo da una forma dualista, in cui la sovranità è divisa tra potere legislativo e potere esecutivo, pervengono ad una forma monista, in cui la funzione di indirizzo politico viene attribuita all'assemblea legislativa elettiva.

La transizione da Stato moderno a Stato contemporaneo (dunque, a livello di forma di Stato, da Stato liberale a Stato sociale) comporta una serie di modifiche anche a livello di forma di governo. Il mutamento (rectius, allargamento) della base sociale dello Stato, di cui ora fanno parte, rompendone l'omogeneità, anche altri ceti oltre la borghesia, porta con sé la nascita di partiti politici di massa e non più parlamentari, l'esigenza che, di fronte all'eterogeneità della società e dei fini dell'ordinamento, si mantengano comunque efficienza, stabilità e continuità della direzione politica, la configurazione di una struttura costituzionale di checks and balances, per evitare l'instaurazione di un regime (conservatore o progressista che sia) da parte delle forze politiche di maggioranza, nonché quella che è stata definita come tendenza razionalizzatrice del sistema parlamentare. Le realizzazioni storiche della forma di governo parlamentare nello Stato contemporaneo sono date dal governo maggioritario nel Regno Unito, dal complesso sistema della Costituzione di Weimar, che per i suoi difetti intrinseci sfocia prima in una tendenza alla supremazia del Capo dello Stato e poi nel regime nazista, dal regime assembleare previsto dalla Costituzione francese del 1946, dal sistema semipresidenziale, configurato dalla Costituzione francese del 1958, dal cancellierato della Costituzione tedesca.

Un ultimo cenno, in considerazione del collegamento esistente tra forme di Stato e forme di governo, e della loro collocazione, insieme ai sistemi parlamentari, tra le così dette democrazie occidentali, meritano i sistemi in cui viene espressamente escluso ogni elemento di coordinazione tra potere legislativo e potere esecutivo, e in cui manca perciò ogni tendenza razionalizzatrice: il sistema presidenziale degli Stati Uniti d'America e il sistema direttoriale della Confederazione elvetica e nel breve periodo dopo la Rivoluzione Francese, nel quale vi fù il direttorio guidato da Napoleone.

[modifica] Voci correlate

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