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San Galgano

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Il Cavaliere
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Il Cavaliere

San Galgano, al secolo Galgàno Guidotti, è una figura leggendaria vissuta secondo la narrazione trecentesca nel basso medioevo toscano, santo della Chiesa cattolica anche se la sua esistenza non è comprovata da dati storici certi.

Nacque probabilmente nel 1148 a Chiusdino, ora in provincia di Siena, da Guidotto e Dionigia, in una famiglia della piccola nobiltà locale, e morì il 3 dicembre 1181, giorno della celebrazione liturgica (alcuni autori indicano come data della morte il 30 novembre 1180).

Secondo la leggenda, fu un figlio a lungo desiderato e destinato, per i costumi dell'epoca, ad una vita da guerriero, quale cavaliere medievale, e nacque in quella parte del Medioevo che si esprimeva nel suo territorio - quello che è oggi appunto il senese - con le lotte dei signori locali, Gherardesca, Pannocchieschi ed altri, per la supremazia. Era un'epoca di violenze, soprusi e stupri vissuti anche in modo ludico, come manifestazione di vigore e vitalità, ma sempre tesi ad affermare la propria forza e ad ampliare la propria sfera di dominio.

In questo contesto storico, Galgano ebbe una gioventù improntata al disordine più sfrenato, salvo in seguito convertirsi alla vita religiosa e ritirarsi in un eremitaggio vissuto con la medesima intensità con cui aveva precedentemente praticato ogni genere di dissolutezze.
Il luogo del suo eremitaggio è conosciuto oggi come la Rotonda di Montesiepi.

Indice

[modifica] Lo scenario

Per comprendere appieno il significato della parabola esistenziale di Galgano occorre inquadrare storicamente l'intero periodo di lotte per la successione della Gran Contessa Matilde di Canossa. Il patrimonio della Gran Contessa era immenso, estendendosi dalla Toscana settentrionale alle sponde adriatiche della Padania, e fu lasciato, alla sua morte, alla Chiesa. Iniziò una lunga diatriba politico-legale che attraversò il periodo e che culminò nello scontro fra i massimi poteri universali, Impero e Chiesa, sempre latente, i cui protagonisti principali sarebbero stati prima Innocenzo III e poi Ludovico il Bavaro.

Matilde di Canossa
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Matilde di Canossa

Il testamento di Matilde fu impugnato dall'imperatore Enrico IV, che per diritto feudale rivendicò il possesso dei beni canossiani. Fu un secolo di contese che attraversò la Toscana e vide il disfacimento del cosiddetto stato canossiano. Questi problemi lambirono Chiusdino e il suo territorio, strettamente controllati dal vescovo di Volterra, senza tuttavia coinvolgerlo direttamente. Chiusdino e la valle del Merse erano un feudo del Vescovo di Volterra cui rimasero fedeli fino alla loro conquista da parte di Siena. Il vescovo Pagano Pannocchieschi, esponente del mondo feudale, ormai al tramonto, guidò la resistenza del castello di Chiusdino contro Siena, ma dovette arrendersi al nuovo e sottomettersi: il comune di Siena aveva vinto, correva il 1215.

[modifica] La vita

Fu tra questi fermenti che si svolse la vicenda umana, o, per meglio dire, la leggenda, di Galgano, leggenda che non ha una base storica documentata, ma indizi e testimonianze postume, oltre a quegli edifici reali edificati in sua memoria che ne esaltano la bellezza ed il mito.

La vita di Galgano è circondata dal mistero, si confonde con la leggenda, ed è essa stessa leggenda. Non esistono documenti contemporanei e tutto quello che si sa di lui deriva da biografie successive. Tutto è presunto, anche la sua esistenza e le sue reliquie, mentre ne è certo il culto e gli edifici sacri a lui dedicati: la Rotonda che custodisce la spada infissa nella roccia e l'abbazia i cui resti grandiosi testimoniano l'importanza e la diffusione del suo culto.

La sua vita è succintamente narrata in tre Vitae del Trecento: l'anonima Vita beati Galgani, la Legenda sancti Galgani confexoris del Blasius e l'anonima Leggenda di santo Galgano confessore.[1]

Galgano è un giovane violento e lussurioso, ma è predestinato a cambiare vita e diventare un Cavaliere di Dio come profetizzatogli da Misser santo Micchele arcangelo: ha, infatti, due visioni successive in cui l'arcangelo Michele gli indica il suo percorso di vita.

Nella prima visione è tracciato il suo destino di cavaliere sotto la protezione dell'arcangelo stesso. Nella seconda l'arcangelo lo invita a seguirlo: Galgano dietro l'arcangelo attraversa un ponte molto lungo al di sotto del quale si trovano un fiume ed un mulino in funzione, il cui movimento simboleggia la caducità delle cose mondane. Oltrepassato il ponte ed attraversato un prato fiorito, che emana un profumo intenso e soave, raggiunge Monte Siepi, dove incontra in un edificio rotondo i dodici apostoli. Qui ha la visione del Creatore: è il momento della conversione. In seguito, durante degli spostamenti, per due volte il cavallo si rifiuta di proseguire e la seconda volta, solo dopo una intensa preghiera rivolta al Signore, il cavallo da solo e con le briglie sciolte lo conduce a Monte Siepi, nello stesso posto dove la visione gli aveva fatto incontrare i dodici apostoli. Qui Galgano, non trovando del legname per fare una croce, ne fa una infiggendo la propria spada nella roccia, quindi, trasforma il proprio mantello in saio e come tale lo indossa. Sente anche una voce che viene dal cielo che lo invita a fermarsi in quel posto fino alla fine dei suoi giorni: inizia così la sua vita da eremita cibandosi di erbe selvatiche. Lotta e sconfigge con la sua fermezza il demonio che lo tenta.

Durante una sua assenza, per un pellegrinaggio alle basiliche romane, alcuni individui invidiosi cercano di estrarre la spada dalla roccia per rubarla, ma non vi riescono e la rompono abbandonandola. Il castigo di Dio è fulmineo: uno cade in un fiume ed annega, un altro è incenerito da un fulmine ed un terzo è afferrato per un braccio da un lupo e trascinato via, ma si salva invocando Galgano.

Al ritorno dal pellegrinaggio Galgano trova la spada rotta, prova grande dolore e se ne sente responsabile per essersi allontanato; Dio però, volendolo consolare, gli dice di ricomporre la spada posando il pezzo rotto sulla parte infissa nella roccia. Galgano obbedisce e i due pezzi si saldano perfettamente: la spada si ricostituisce più forte di prima. L'eremita costruisce poi un romitorio e conduce una vita di meditazione e preghiera fino al giorno in cui la voce di Dio, in una luce immensa, gli annuncia la sua morte. Galgano muore appoggiato alla sua spada: finisce la sua vita terrena, ma continua la sua leggenda.

Presenziano alla sua tumulazione Ildebrando Pannocchieschi, vescovo di Volterra, ed i vescovi di Siena e Massa Marittima.

Quattro anni dopo la sua morte, papa Lucio III lo proclama santo, dopo che una apposita commissione, diretta dal cardinale Conrad di Wittelsbach, ha condotto la relativa inchiesta.[2]

[modifica] San Michele Arcangelo

Il culto di san Galgano si diffuse rapidamente, specialmente nell'ambiente cavalleresco. Era un culto che parlava di cavalleria in cui accanto a Galgano vi era un coprotagonista, san Michele Arcangelo, un angelo, guerriero e vindice, quasi sempre rappresentato con la spada sguainata. Il culto di san Michele fu diffusissimo in tutto il Medioevo e fu particolarmente sentito presso i guerrieri, come i Longobardi e i Franchi, la cui devozione si espresse con riti e pellegrinaggi, con la costruzione di chiese come Mont Saint Michel in Francia e con la rappresentazione dell'angelo nella monetazione o negli stendardi.

San Michele Arcangelo
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San Michele Arcangelo

Era un culto particolarmente intenso, che spesso assunse anche aspetti pagano-scaramantici: san Michele accompagna sempre il guerriero, è sempre presente nell'animo del combattente, da qualunque parte stia. Appare nel VII secolo tra le truppe del re longobardo Cuniperto contro cui si pone Alachis col proprio esercito, e questa presenza, sentita come reale, dissuade per due volte Alachis dall'accettare la sfida a singolar tenzone lanciatagli dallo stesso Cuniperto. Alachis viene sconfitto ed ha tagliate le gambe e la testa, che finisce infilzata su una picca di Cuniperto. Quest'ultimo onorerà grandemente san Michele. Ed è ancora san Michele che, offeso dal comportamento poco rispettoso degli ultimi re longobardi, abbandona il regno longobardo causandone le caduta.[3]

Nel 1007 Tedaldo di Canossa addobbò riccamente, in onore, fra altri, di san Michele, il monastero di famiglia nel mantovano e così avrebbe continuato a fare il figlio Bonifacio.

San Michele è un angelo che lotta, sempre incombente sia nelle battaglie che nelle scaramucce o nei duelli. Si vince o si perde grazie alla sua benevolenza o al suo abbandono, ma in questo è sempre il giusto vendicatore delle offese e delle ingiustizie: è il deus ex machina dello scenario bellico. È l'angelo che svetta su Castel Sant'Angelo a Roma, anche se mostra la spada mentre sta per essere rinfoderata per segnare la fine di una pestilenza.

[modifica] Il mito

La narrazione della storia di Galgano è ricca di simbolismi e l'atmosfera sembra quasi magica. La spada, strumento di guerra e di morte, è trasformata in strumento di pace e di speranza; il mantello, orgoglio di ogni cavaliere, diventa umile e povera veste eremitica. È quasi una anticipazione dell'avventura di San Francesco.

Galgano è il cavaliere che abbandona il suo mondo, disgustato dalle nefandezze commesse e da quelle che vede continuamente commettere, per dedicarsi ad una vita di eremitaggio e penitenza nella ricerca di quella pace che il suo tempo non consente e di quel desiderio e contemplazione di Dio che solo la vita ascetica può permettere.

Spada di san Galgano
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Spada di san Galgano

Il suo ha dei punti in comune con un altro mito, quello di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda a cui lo avvicina il suo stato di cavaliere, la purezza d’animo, il disprezzo della mondanità, la spada nella roccia ed anche il suo nome, Galgano, molto simile a quello del cavaliere Galvano.

La vita di Galgano anticipa temporalmente il ciclo bretone, che ne trae ispirazione. Anche l'architettura della Rotonda, la chiesetta che custodisce la spada, è carica di simbolismi. Vi sono richiami etruschi, ma anche celtici e templari: la cupola emisferica a cerchi concentrici, il disegno a linee alternate della pareti esterne, il luogo su cui è costruita, Monte Siepi, che richiama un sito boscoso idoneo ad un'ara pagana.

Tutto quello che ricorda Galgano ha il sapore del mito, e la visione di quella spada infissa nella roccia suscita ancora emozioni ancestrali.

[modifica] Le reliquie

Poche sono le testimonianze, vere o presunte, rimaste, molto è andato perduto o distrutto. La chiesa di San Michele di Chiusdino conserva la presunta testa di san Galgano (conservata fino al 1977 a Siena nella chiesa del santuccio), mentre il Museo dell'Opera del Duomo di Siena espone un reliquiario del XIV secolo precedentemente usato per custodirla. Lo stesso museo possiede il pastorale degli abati di San Galgano. Molti pittori, quali Domenico Beccafumi, il Sodoma, Ugolino Lorenzetti, Ventura Salimbeni ed altri rappresentarono in loro opere san Galgano.

[modifica] La Rotonda

La Rotonda
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La Rotonda

Negli anni immediatamente successivi alla sua morte venne costruita sul suo eremo una chiesetta, meglio nota come la Rotonda.

La Rotonda è una costruzione a pianta circolare che racchiude e custodisce la spada che Galgano infisse nella roccia. Lo stile architettonico è romanico-senese, caratterizzato da un susseguirsi di fasce cromatiche alternate bianche e rosse; la stessa successione di colori si ripete nella cupola, creandovi come un movimento di onde che si dipartono dal suo culmine per continuare sulle pareti.

Questo particolare cromatismo, sia delle pareti che della cupola, esprime una simbologia che richiama ricordi etruschi, celtici ed anche templari. Si è immaginato un tentativo dei cavalieri templari di costituire una loro base in Toscana per ricercare il Santo Graal: è il mito che tutto consente. Alla Rotonda è addossata una cappelletta detta del Lorenzetti per i suoi affreschi che la decorano.

Sulla spada è stata condotta una indagine metallografica, iniziata il 17 gennaio 2001 e coordinata dal prof. Luigi Garlaschelli dell'università di Pavia, che ha certificato la sua autenticità quale arma del XII secolo.

Collabora a Wikiquote
«La spada fino al 1924 circa era conficcata in una fessura della roccia e poteva essere estratta.»
(ex relazione, integrale nei collegamente esterni, del prof. Garlaschelli 12 settembre 2001)

Dopo una serie di atti vandalici fu fissata dal parroco di allora don Ciompi che

Collabora a Wikiquote
« bloccò la lama versando del piombo fuso nella fessura.»
(ibidem)

La spada continuò a subire atti vandalici finché fu deciso di cementarla e poi coprirla con una cupola di plexiglas tuttora presente.

L'analisi, come spesso avviene, non ha dato certezza storica alla leggenda che è rimasta tale.

[modifica] L'abbazia

Per approfondire, vedi la voce Abbazia di San Galgano.

A partire dal 1218 fu costruita, poco lontano dalla Rotonda, l'abbazia di San Galgano, dalle caratteristiche architettoniche gotico-cistercensi.

Abbazia di San Galgano
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Abbazia di San Galgano

L'edificio è imponente e testimonia, così, la diffusione ed il grande seguito del culto di san Galgano. L'abbazia raggiunse, nel XIV secolo, una grande potenza, anche grazie alle immunità ed ai privilegi concessi da vari imperatori, tra i quali Federico II, ed alle munifiche donazioni ricevute; a ciò si aggiunse l'esenzione dalla decima da parte di papa Innocenzo III.

La ricchezza raggiunta nel Cinquecento fu tale da scatenare una contesa tra la Repubblica di Siena ed il Papato, che portò nel 1506 ad un interdetto del papa Giulio II contro Siena, che resistette ordinando ai sacerdoti la celebrazione regolare di tutte le funzioni liturgiche.

Dopo questo periodo di splendore, iniziò quella lenta decadenza che l'avrebbe ridotto ad un grandioso e mistico rudere. Sarebbe diventata cava di materiali edili, depredata ed abbandonata all'incuria degli uomini; si sarebbe arrivati a vendere le lastre di piombo che coprivano il tetto, esponendolo così alle offese del tempo. Quel che rimane, però, acquista un fascino particolare, circonfuso di magia e mistero che permane inalterato. Il rudere superstite ammalia e sconvolge precipitando il visitatore in quel Medioevo in cui ha avuto origine, forse, vagheggerebbe Calvino, proprio per questo ancora più vivo; ti sembra di sentire ancora: obsculta, o fili, praecepta magistri, et inclina aurem cordis tui....[4]

Interno dell'abbazia di San Galgano
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Interno dell'abbazia di San Galgano

Si direbbe quasi che non di un rudere si tratti bensì di un originale lasciato volutamente incompiuto. Le proporzioni, i materiali, l'assenza del tetto, il rosone vuoto, il silenzio, il cielo a vista avvolgono e stordiscono. È proprio la mancanza del tetto, crollato nel 1768, che esalta l'articolazione e l'eleganza architettonica delle linee che si slanciano verso il cielo aperto, un inno alla spiritualità, accomunandola in questo alle abbazie di Melrose e di Kelso, in Scozia.

È uno scenario di commovente e magica bellezza che richiama un passato duro e violento, fatto di sopraffazioni e ingiustizie verso quegli humiles che si sarebbero dovuti difendere, ma che allo stesso tempo ha generato una figura come Galgano, precursore di quel Francesco che darà una spallata formidabile alla società dell'epoca.

Tutto parla di Galgano e della sua epoca, ma anche di Artù e dei suoi cavalieri.

[modifica] Note

  1. Anonimo, Leggenda di santo Galgano confessore, Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Chigi M. V. 118
  2. Inquisitio in partibus, trascritta da Sigismondo Tizio in Historiae Senenses, Cod. Chigi G. I. 31, pubblicata da F. Schneider, Analecta toscana. IV. Der Einsiedler Galgan von Chiusdino und die Anfänge von San Galgano, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 17
  3. Paolo di Warnefrit, Storia dei Longobardi
  4. Benedictus, Regula monachorum

[modifica] Bibliografia

  • Cantarella G.M., I monaci di Cluny - Torino, Einaudi, 1997, ISBN 880614331.
  • Cardini F., San Galgano e la spada nella roccia, Siena, Cantagalli, 1999.
  • Duby G., Lo specchio del feudalesimo, Roma-Bari, Laterza, 1998, ISBN 8842056502.
  • Fumagalli V., Paesaggi della paura, Bologna, Il Mulino, 1994.
  • Le Goff J., L'uomo medievale, Roma-Bari, Laterza, 1999, ISBN 8842041971.
  • Marini M., Chiusdino. Il suo territorio e l'abbazia di San Galgano, Siena, Nie, 1995.
  • Moiraghi M., L'enigma di san Galgano. La spada nella roccia tra storia e mito, Milano, Ancora, 2005.
  • Piccinni G., I mille anni del Medioevo, Milano, Mondadori, 1999, ISBN 8842493554.
  • Rainini I., L'abbazia di San Galgano. Studi di architettura monastica cistercense del territorio senese, Milano, Sinai Edizioni, 2001.
  • Viti G., L'abbazia cistercense di San Galgano, Firenze, Certosa Cultura, 2002.
  • Menicacci,N., Costanzo,S., Poltronieri,M. Siena e San Galgano percorsi magici fra arte mito e scienza, Hermatena, Bologna, 2004.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni


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