Raid di Tokyo
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Raid di Tokyo | |||||||
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Parte della seconda guerra mondiale | |||||||
Un B-25 decolla dalla portaerei USS Hornet |
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Schieramenti | |||||||
Stati Uniti d'America | Impero Giapponese | ||||||
Comandanti | |||||||
James Doolittle | |||||||
Effettivi | |||||||
16 bombardieri B-25 Mitchell | |||||||
Perdite | |||||||
2 morti e 8 prigionieri | circa 50 morti e 400 feriti |
Campagna Pacifico 1941-42 |
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Pearl Harbor – Thailand – Malaya – Hong Kong – Filippine – Forza Z – Isole Wake – Borneo – Rabaul – Balikpapan – Ambon – Singapore – Stretto di Makassar – Palembang – Darwin – Stretto di Badung – Timor – Mare di Java – Java – Oceano Indiano – Raid di Doolittle – Mar dei Coralli – Midway |
Il raid di Tokyo, conosciuto anche come Doolittle Raid, del 18 aprile 1942 fu il primo attacco aereo che gli Stati Uniti d'America condussero sul suolo giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa missione fu davvero incredibile in quanto l'unica in cui bombardieri dell'USAAF, in particolare 16 North American B-25 Mitchell, decollarono dal ponte di una portaerei della Marina; inoltre fu incredibile anche per il solo fatto che aerei di quella dimensione siano riusciti a decollare in così poco spazio.
Il bombardamento venne organizzato come rappresaglia in seguito all'attacco a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941 ed ebbe più valore "psicologico" che tattico o strategico: servì a far capire ai giapponesi che gli USA avrebbero combattuto fino alla fine e servì anche per risollevare il morale del popolo e delle truppe americane.
Il raid fu pianificato e condotto dal Tenente Colonnello Jimmy Doolittle, un famoso aviatore e ingegnere aeronautico civile prima della guerra (vinse anche un'edizione della Coppa Schneider). L'idea però venne al capitano della marina Francis Low: osservò che in particolari condizioni un bombardiere bimotore sarebbe potuto decollare con successo dal ponte di una portaerei. Successivi calcoli effettuati da Doolittle indicarono che il B-25 Mitchell avrebbe potuto decollare da un portaerei con un ragionevole carico di bombe, colpire un obiettivo in Giappone e atterrare in Cina.
Indice |
[modifica] Il volo
Il 1 aprile 1942, dopo due mesi di duro addestramento, 16 bombardieri medi North American B-25 Mitchell modificati per l'occasione, i loro equipaggi formati da 5 volontari e il personale di manutenzione furono caricati sulla USS Hornet ad Alameda, in California. Ogni aereo trasportava 4 bombe da circa 500 libbre, due mitragliatrici da 0.50 di calibro nella torretta dorsale, una mitragliatrice da .30 nel muso e taniche di carburante extra. Inoltre furono montate due mitragliatrici finte, fatte di legno, nella coda dell'aereo per scoraggiare eventuali attacchi giapponesi provenienti da quella direzione. Gli aerei furono caricati e disposti sul ponte di volo della Hornet nello stesso ordine in cui poi sarebbero partiti. La portaerei lasciò il porto di Alameda il 2 aprile e pochi giorni dopo raggiunse nell'oceano Pacifico la portaerei USS Enterprise e la sua scorta di incrociatori e cacciatorpedinieri. Gli aerei da caccia della Enterprise avrebbero fornito la protezione aerea necessaria dato che quelli della Hornet erano stati stivati sotto il ponte per far posto ai B-25. Le due portaerei e le navi di scorta procedevano quindi in silenzio radio fino al punto di lancio all'interno della acque controllate dai giapponesi.
La mattina del 18 aprile, ad una distanza di circa 1.200 km dal Giappone, la task force venne avvistata da un'imbarcazione giapponese che lanciò un allarme via radio; anche se l'imbarcazione venne rapidamente distrutta da un cacciatorpediniere della scorta, Doolittle e il comandante della Hornet, il capitano Marc Mitscher, decisero di far decollare subito i bombardieri, un giorno prima e circa 370 km più lontano dal punto previsto. Tutti gli aerei decollarono senza problemi e volarono in fila e a bassa quota (per evitare di essere individuati) fino al Giappone; lo raggiunsero verso mezzogiorno e bombardarono obiettivi militari a Tokyo, Yokohama, Kobe, Osaka e Nagoya. Dopo il bombardamento volarono sul Mar Cinese Orientale diretti in Cina, dove erano state allestite apposite basi di supporto.
Durante il volo verso la Cina incontrarono però molte difficoltà: il sole stava tramontando, il carburante era in esaurimento e le condizioni meteo stava rapidamente peggiorando. A causa di tutti questi problemi gli equipaggi capirono che probabilmente non sarebbero mai riusciti a raggiungere le basi di supporto, lasciandoli nel dubbio se lanciarsi sopra la Cina orientale o tentare un atterraggio di fortuna sulle coste cinesi. Quindici equipaggi scelsero di lanciarsi; uno invece, nonostante il consiglio di Doolittle, atterrò con successo a Vladivostok, in Russia, dove il loro B-25 fu sequestrato e l'equipaggio internato fino al 1943, quando riuscirono a fuggire in Iran.
Doolittle e i suoi uomini, dopo esser atterrati con il paracadute in Cina, ricevettero assistenza dal missionario americano John Birch, che fu poi in seguito raccomandato da Doolittle per lavorare con i servizi segreti del generale Claire Chennault.
[modifica] Dopo il volo
Dopo il raid, molti degli equipaggi che si lanciarono sulla Cina atterrarono senza problemi; due equipaggi (10 uomini in tutto) vennero però catturati. Il 15 agosto 1942 gli Stati Uniti seppero dal consolato svizzero di Shangai che 8 dei 10 uomini mancanti erano tenuti prigionieri dai giapponesi nella centrale di polizia della città; gli altri due perirono nell'atterraggio. Il 19 ottobre 1942 i giapponesi annunciarono di aver processato gli equipaggi e di averli condannati a morte, ma ad alcuni di loro la pena venne commutata con il carcere a vita; non furono inclusi nomi o altri dettagli nell'annuncio che venne fatto.
Dopo la guerra, la storia dei due membri mancanti venne scoperta durante un processo per crimini di guerra tenutosi a Shangai: 4 ufficiali giapponesi dovevano rispondere all'accusa di maltrattamenti sugli otto americani catturati. Gli altri due presenti a bordo, Dieter and Fitzmaurice, morirono quando si lanciarono dal loro B-25 sulle coste della Cina; gli altri otto, Hallmark, Robert J. Meder, Nielsen, Farrow, Hite, Barr, Spatz e DeShazer furono catturati. Oltre alle torture e alla fame, contrassero la dissenteria e il beriberi a causa delle pessime condizioni in cui venivano tenuti. Il 28 agosto 1942 i piloti Hallmark e Farrow e il mitragliere Spatz subirono un processo-farsa dai giapponesi di cui nessuno li aveva informati. Il 14 ottobre 1942 vennero informati che sarebbero stati giustiziati il giorno dopo; alle 16:30 del 15 ottobre furono trasportati su un camion nel cimitero pubblico e vennero fucilati.
Gli altri cinque rimasero nella prigione militare e la loro salute peggiorò rapidamente per la denutrizione. Nell'aprile del '43 vennero trasferiti a Naking, dove il 1 dicembre Meder morì per gli abusi subiti. I quattro rimanenti cominciarono a ricevere un trattamento leggermente migliore: fu consegnata anche una copia della Bibbia e pochi altri libri. Vennero liberati dalle truppe americane nell'agosto del 1945. I 4 ufficiali giapponesi processati furono giudicati colpevoli: tre furono condannati a 5 anni di lavori forzati, mentre il quarto a 9 anni.
Un altro raider (come vennero in seguito chiamati i partecipanti del raid) venne ucciso durante il lancio con il paracadute sulla Cina.
Subito dopo il raid, Doolittle confessò al suo equipaggio di temere di aver perso tutti e 16 gli aerei, che i danni inflitti fossero minimi, che il raid era stato un fallimento e che si aspettava una corte marziale una volta tornato negli Stati Uniti. Il successo di questa azione invece risollevò così tanto il morale americano che Doolittle venne insignito della "Medal of Honor" dal presidente F.D. Roosevelt ed ebbe una doppia promozione fino al grado di Brigadiere Generale, saltando il grado di colonnello. Gli furono assegnati i comandi del 12th Air Force in Nord Africa, il 15th Air Force nel Mediterraneo e l'8th Air Force in Inghilterra nei successivi tre anni.
Oltre alla medaglia d'onore di Doolittle, il mitragliere-ingegnere Corporal Dave Thatcher ricevette la "Silver Star"; tutti gli altri furono premiati con la "Distinguished Flying Cross" e quelli che furono feriti o uccisi ricevettero la "Purple Heart". Inoltre tutti i raiders ricevettero una decorazione dal governo Cinese.
[modifica] Gli effetti del raid
Paragonato ai devastanti bombardamenti portati avanti dai B-29 Superfortress qualche anno dopo, il raid di Doolittle provocò pochissimi danni materiali. Nonostante questo, quando la notizia del successo fu data agli americani il loro morale si risollevò tantissimo, considerano lo sconforto provocato dall'attacco a Pearl Harbor e dalla successiva avanzata giapponese nel Pacifico. Il raid ebbe anche un minimo impatto strategico: obbligò i giapponesi a richiamare dal fronte alcuni caccia per difendere la madrepatria diminuendo la loro capacità aerea contro gli alleati durante la battaglia delle Midway e in generale nel teatro del Pacifico.
[modifica] Libri e film
Il raid è stato il soggetto di due film del 1944: Thirty Seconds over Tokyo e The Purple Heart. Il primo era basato sull'omonimo libro scritto dal pilota Capitano Ted Lawson (che perse una gamba ed ebbe diversi altri problemi dopo il suo atterraggio di fortuna in Cina). Il secondo invece era soltanto ispirato alla storia dei raiders catturati ed era in gran parte una fiction.
La seconda parte del film 2001 Pearl Harbor è dedicata al raid e alla sua preparazione, ma è storicamente inaccurata e poco veritiera.
Tre ottimi libri furono scritti dopo la guerra. Doolittle's Tokyo Raiders, di C.V. Glines, racconta molto accuratamente l'impresa, comprese le storie di ogni equipaggio dei B-25. Guests of the Kremlin, scritto dal copilota Bob Emmens, narra delle vicende degli equipaggi che furono internati in Russia dopo il loro atterraggio a Vladivostok. Infine Four Came Home, sempre di C.V. Glines, racconta la storia di Nielsen, Hite, Barr, e DeShaze, i quattro che furono prigionieri nei campi di prigionia giapponesi per oltre tre anni.
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