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Boeing B-29 Superfortress

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Boeing B-29 Superfortress

Un B-29 in volo sul fiume Alabama
Descrizione
Ruolo Bombardiere
Equipaggio 11
Primo volo 21 settembre 1942
Entrata in servizio 5 giugno 1944 (prima missione operativa)
Costruttore Boeing
Esemplari costruiti oltre 3.900
Dimensioni
Lunghezza 30,2 m
Apertura alare 43,1 m
Angolo di freccia alare {{{freccia_alare}}}
Altezza 8,5 m
Superficie alare 161,3
Pesi
A vuoto 33.800 kg
Carico 54.000 kg
Massimo al decollo 60.560 kg
Propulsione
Motore 4 radiali Wright R-3350 turbocompressi
Potenza 2.200 cv l'uno
Spinta {{{spinta}}}
Prestazioni
Velocità massima 574 km/h
Autonomia 4.000-9.500km
Raggio d'azione {{{raggio}}}
Tangenza 10.200 m (quota operativa)
Capacità di carico {{{capacità}}}
Armamento
Mitragliatrici 12 Browning M-2 calibro 12,7 mm
Cannoni 1 cannone da 20 mm nella coda
Piloni {{{piloni}}}
Bombe fino a 9.072kg
Missili
Altro
Note
L'autonomia indicata in configurazione bellica era di 5.230 km a 320 kmh, 4.260 a 480kmh.
La lista di aerei militari presenti su wiki
Progetto:Aviazione


Il Boeing B-29 Superfortress (Boeing Model 341/345) era un bombardiere pesante quadrimotore a elica, famoso per aver preso parte alla campagna di bombardamento sul Giappone da parte dell'USAAF durante la seconda guerra mondiale, e per aver inaugurato l'era nucleare. Fu anche il più grande e pesante tra gli aerei ad aver prestato servizio operativo nel conflitto.

Nato come bombardiere diurno d'alta quota, venne invece spesso utilizzato per bombardamenti incendiari notturni a bassa e media quota sul Giappone, nonché per lo sgancio delle due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. I due esemplari che operarono il bombardamento atomico erano chiamati Enola Gay e BOCKSCAR.

Indice

[modifica] Storia

La necessità di disporre di una nuova generazione di bombardieri strategici in modo tale da colpire obiettivi in Europa o Asia diede luogo al programma di sviluppo per un aereo a lunghissimo raggio. Velivoli già in linea come il Boeing B-15 e il Boeing B-17 Flying Fortress, certamente considerati all'avanguardia, non potevano raggiungere il raggio d'azione necessario a questo scopo, poiché la loro autonomia era limitata, in assetto da combattimento, a circa 3.000 chilometri. Il problema non era soltanto il raggio d'azione: per esempio, il Fortress era grande, ma inabitabile nei lunghi viaggi (allargando le braccia all'interno, si toccavano le pareti in ogni punto della fusoliera), inoltre era da rimarcare la mancanza di pressurizzazione e la presenza di spifferi d'aria gelida, che obbligavano l'equipaggio a vestirsi con ingombranti abiti invernali e rischiavano di ghiacciare le mitragliatrici.

L'esigenza, maturata negli anni '30, era dunque quella di riprogettare l'intero aeroplano, sia pure partendo dalle esperienze con il B-17, con lo scopo di portare, nelle specifiche della United States Army Air Corps (l'aviazione dell'Esercito USA), 20.000 libbre (9.072 kg) di bombe per 5.300 miglia (8.580 km) a una velocità media di 400 miglia orarie (644 km/h), garantendo un minimo di comfort a bordo per chi avesse dovuto viaggiare, viste le circostanze, per dodici/quattordici ore nella sola andata.

Il rischio tecnico (e industriale) era altissimo: il solo prototipo sarebbe costato molto più di quanto poteva essere stanziato, e la produzione in serie avrebbe potenzialmente portato molte delle risorse disponibili al collasso; il tutto senza contare lo sforzo tecnico e ingegneristico che, all'epoca del progetto (1940) consisteva in una vera e propria sfida. I necessari stanziamenti arrivarono con l'entrata in guerra degli USA: il programma ottenne 3 miliardi di dollari per lo sviluppo e altrettanti per la fabbricazione in serie, con ordini iniziali per 1.600 bombardieri a Boeing, Bell e Martin.

Il velivolo da combattimento che ne derivò, dopo un'evoluzione passata attraverso la struttura stessa del B-17 (e attraverso alcune notevoli riprogettazioni, con velocità stimate anche superiori ai 640 km/h), aveva il doppio del peso, dello spessore del rivestimento esterno, della potenza, dell'autonomia e del carico utile rispetto al predecessore, con costi unitari di un ordine di grandezza superiori rispetto a quelli del Fortress, che già costava quanto una decina di Curtiss P-40: una recente stima [1] porta il costo dell'aereo a circa 639.000 dollari del 1942.

Il 21 settembre 1942 il primo prototipo decollò con successo, ma il 18 febbraio successivo si schiantò durante un altro test, uccidendo sul colpo l'intero equipaggio e diversi membri del personale a terra. I problemi che si erano presentati nella prima fase dello sviluppo furono esaminati e corretti faticosamente, con un lavoro che permise a quasi 600 ingegneri di eliminare progressivamente circa 10.000 difetti, ma anche in questo modo non fu possibile rendere pienamente operativi i modelli fino al gennaio 1945, anche se le campagne di bombardamento iniziarono già nel giugno 1944.

Ancor più dell'avanzato sistema di puntamento delle mitragliatrici (che prevedeva la sostituzione dell'originario Sperry a puntamento periscopico da parte di un General Electric con cupoline in plexiglass), il più grande rompicapo tecnico era il motore Wright R-3350. Sebbene questo propulsore abbia in seguito dato meravigliosa prova di sé tra quelli con propulsore a pistoni, i primi modelli risentivano di gravi problemi di affidabilità: l'impressionante rapporto potenza/peso andava a scapito della durabilità delle sue componenti.

Inoltre, la cappottatura disegnata dalla Boeing era stata costruita eccessivamente vicina al motore per migliorare l'aerodinamica delle ali: l'incorretta distribuzione dell'aria creava vibrazioni sulle aperture della lamiera e un surriscaldamento dei pistoni sottovento alle aperture stesse, situazione certo non aiutata dal decollo con pieno carico in regioni dal clima tropicale.

A esacerbare la situazione vi era la manutenzione, che diventava difficoltosa (quando non impossibile) in zone di combattimento: lo sforzo prolungato disfaceva le valvole dei cilindri, generando incendi che erano pienamente favoriti dall'albero a gomiti in lega di magnesio. L'incendio raggiungeva nell'arco di pochi secondi temperature tali da causare la consunzione del longherone alare e un fatale distacco dell'intera ala.

[modifica] Tecnica

B-29 a terra
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B-29 a terra

Il B-29 era un apparecchio da bombardamento pesante, con struttura monoplana e interamente metallica, con fusoliera a sezione cilindrica costante per circa il 70% della lunghezza, concepito per le alte quote, quadrimotore e complessivamente convenzionale nelle forme, anche se realizzato con tecnologie all'avanguardia: impiantistica schermata, armi telecomandate, abitacolo pressurizzato e un sistema elettrico ed idraulico di complessità senza precedenti.

In tempo di guerra, questo rendeva capace il B-29 di viaggiare a quote di 30.000-35.000 piedi (9.150-10.650 metri) a velocità fino a 350 miglia orarie (563 km/h, in vera velocità all'aria), nonostante quella di crociera non superasse le 230 (370 km/h). In tali caratteristiche di quota e di velocità consisteva la sua vera difesa: quei pochi caccia che fossero riusciti a raggiungerlo non avrebbero potuto attaccarlo efficacemente, e anche se fossero stati già in zona ad aspettarlo difficilmente avrebbero potuto eseguire più d'un passaggio. Inoltre, data la quota, era raggiungibile solo dai proiettili delle batterie antiaeree più pesanti, e quelle adatte non erano numerose nell'arsenale giapponese.

[modifica] Equipaggio

L'equipaggio aveva a disposizione, primo esempio per un bombardiere, la protezione e il confort di aree pressurizzate: essa era applicata ai due compartimenti principali di prua e poppa collegati da un tunnel pressurizzato sopra il vano bombe, attraverso il quale gli avieri potevano passare (inginocchiandosi) da un capo all'altro dell'aereo.

Con il B-29 l'aeronautica militare statunitense introdusse poi un concetto stesso di "equipaggio" completamente nuovo, di derivazione nautica. L'aereo venne organizzato come una vera e propria nave dell'aria, col pilota nel ruolo di comandante: prima del decollo, l'equipaggio si disponeva in fila nei pressi della botola d'entrata, per sottoporsi a una regolare ispezione; in volo, il capitano "chiamava", anziché "eseguire" da solo, le modifiche di volo (come la manetta e i flap), esattamente come in mare vengono imposti "avanti tutta" o "timone a tribordo".

Un'altra innovazione, introdotta dall'estrema complessità del mezzo, era il numero di calcoli necessari per la corretta esecuzione delle manovre, fatto sconosciuto prima di allora. Il pilota di un B-17 aveva un manuale di volo, che però dava solo dati approssimativi sulla "performance" del mezzo nelle diverse manovre, e i piloti potevano fare affidamento solo sull'istinto e sull'esperienza. Il manuale del B-29 forniva tabelle per calcolare esattamente le velocità di decollo e atterraggio sulla base del peso, dell'elevazione dell'aeroporto, sulla temperatura e le condizioni meteo, forniva formule per stabilire precisamente la manetta da dare ai motori sulla base della quota di crociera, del peso e della vera velocità all'aria desiderata, e molto altro. In volo stabile era necessario ricalcolare tutti i parametri ogni due ore, e comunque bisognava farlo anche ad ogni cambio di altitudine. Oggi la routine di questi calcoli fa parte dell'aviazione di tutti i giorni, ma nel 1944 la novità era tale da rompere qualunque certezza: eppure, i benefici in termini di autonomia e controllo del mezzo furono inconfutabili.

Il B-29 era, per gli standard dell'epoca, un aereo relativamente facile da pilotare, e poteva volare anche senza due dei quattro motori. La mancanza di comandi servoassistiti, peraltro, richiedeva che il manovratore della cloche fosse comunque dotato di una certa forza fisica. Secondo i piloti decollare col B-29 significava "tirare per il collo" i motori: infatti il velivolo impiegava circa 72 minuti per raggiungere i 9.000 metri e aveva un rapporto potenza/peso meno elevato del suo predecessore.

[modifica] Motori

Per approfondire, vedi la voce Wright R-3350.
Il Wright R-3350
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Il Wright R-3350

A muovere il B-29 erano 4 motori Wright R-3350 raffreddati ad aria, con 18 cilindri nella configurazione a doppia stella in tandem, e una cilindrata complessiva di 55 litri. Il propulsore era dotato di un serbatoio dell'olio autostagnante congruo con le proporzioni generali del gigante che sostenevano: 322 litri, più del serbatoio di benzina dell'Heinkel He 112. Avevano una potenza al decollo di 2.200 CV, ma un impianto a doppio turbocompressore della General Electric consentiva a 25.000 piedi (7.600 metri) di ristabilire una potenza di ben 2.300 CV, in casi d'emergenza. Avevano anche un impianto estintore ed erano raffreddati da 12 flabelli (una sorta di "portello" che si apre per favorire il flusso d'aria del raffreddamento ai motori radiali) a controllo automatico o manuale.

Per quanto avanzatissimi, oltre ad essere soggetti agli incendi per vari problemi sia strutturali che di raffreddamento, erano in verità insufficienti per la mole della macchina: 8.800 cavalli non bastavano per le 60 tonnellate lorde del Superfortress, e la carriera operativa svolta nel caldo torrido delle latitudini tropicali non poteva che peggiorare gli sforzi.

Spesso sui B-29 parcheggiati al sole senza protezione esplodevano i cilindri appena si dava gas ai motori. Nell'impiego operativo in Egitto e in India incidenti e guasti erano materia quotidiana, e questo rallentò molto il dispiegamento del bombardiere in Estremo Oriente.

Le eliche erano quadripala a giri costanti Hamilton del diametro di 505 centimetri e del peso di 500 chili, per sfruttare al meglio tutta la potenza disponibile senza abusare dei limiti fisici dell'aerodinamica.

[modifica] Armamento difensivo

Le postazioni difensive erano per lo più telecomandate e a bassissima resistenza aerodinamica. Sebbene altri aerei come il Piaggio P.108 e il B-17G avessero armi difensive telecomandate, il Superfortress era il primo ad affidarvisi pressoché totalmente; eppure, la vera ragione della loro presenza era l'esigenza di togliere i serventi dalle torrette, che alle quote operative previste sarebbero state invivibili nonostante le maschere per l'ossigeno e le tute elettroriscaldate. Nell'impiego pratico, tuttavia, tali armi non funzionarono mai in maniera affidabile, data la difficoltà di armonizzarle con le caratteristiche atmosferiche, la velocità rispetto dall'aria, la temperatura esterna, e le difficoltà di allineare la mira tra fusoliera e torrette, che non lasciavano altro da fare se non ricorrere all'uso di traccianti per aggiustare il fuoco. Come difesa passiva, piastre di corazzatura erano state aggiunte ovunque la distribuzione dei pesi lo consentisse, allo scopo di proteggere l'equipaggio e il carico di bombe.

Il vano portabombe, suddiviso in due stive, poteva trasportare poco più di 9.000 kg di bombe, e il resto della capacità di carico utile (30 tonnellate, pari al peso dell'aereo a vuoto) era per i serbatoi, con capacità di circa 20.550 litri e disposti all'interno dell'ala a elevato allungamento, di ridotta resistenza aereodinamica grazie a profili laminari e ribattini a testa annegata. Era possibile aggiungere altro carburante in serbatoi interni al posto delle bombe. Con il massimo del carburante era possibile, per voli di trasferimento, superare i 9.500 chilometri, ma i voli del tempo di guerra non raggiungevano che la metà di tale valore.

In teoria il B-29 avrebbe potuto raddoppiare il valore di carico bombe con due ordigni da 9.980 chili "Grand Slam" inglesi agganciate ai piloni subalari che era possibile sistemare sotto le semiali interne: la soluzione, però, non trovò mai un impiego pratico.

[modifica] L'impiego bellico

[modifica] 1944-1945

[modifica] Il B-29 in Cina

Il piano originario prevedeva già l'uso del B-29 solo in Estremo Oriente, ma due esemplari furono portati anche in Europa, per scopi probabilmente propagandistici. L'idea era quella di farli scoprire dalla ricognizione aerea tedesca e seminare l'incertezza: non è noto se gli aerei siano stati avvistati.

Il B-29 venne usato principalmente per il bombardamento del Giappone e le prime missioni partivano da aeroporti in Asia continentale, dove un nuovo comando anglo-americano venne istituito appositamente nell'aprile 1944.

La prima missione operativa avvenne il 5 giugno 1944 con velivoli decollati dall'India, allora protettorato britannico, contro alcuni snodi ferroviari nei pressi di Bangkok, nell'odierna Thailandia. Dei 98 aerei partiti, 77 raggiunsero l'obbiettivo; le perdite furono 5, nessuna in combattimento.

La lenta marcia d'avvicinamento all'arcipelago del Giappone richiese lo spostamento delle 5 basi indiane dei B-29 oltre la catena dell'Himalaya ("above the Hump"), nella Cina sudoccidentale: i bombardieri vennero usati per il trasporto assieme ad altri aerei, e un gran numero di cargo, inclusi Superfortress, andò disperso già in queste missioni pericolose sopra territori che erano più conosciuti per le leggende che per la geografia. Le ragioni tecniche di queste perdite erano semplici: il B-29 era uno dei pochi aerei appositamente progettati per superare i 7.000 metri a pieno carico.

Nella prima missione operativa sul Giappone, partita da Chengtu (Cina) il 15 giugno 1944 contro le Acciaierie Imperiali di Yawata, i danni causati furono limitati e i Giapponesi dichiararono l'abbattimento di 8 B-29: secondo gli americani, di 7 perdite solo una poteva essere attribuita al fuoco nemico, e si trattava di un bombardiere distrutto al suolo dai caccia, dopo un atterraggio di fortuna. Si trattava però della prima volta in cui l'arcipelago veniva colpito da bombardieri dopo il Doolittle Raid dell'aprile 1942, con evidenti ripercussioni positive sul morale degli Americani.

L'impiego dei Superfortress dalla Cina (Operazione Matterhorn) continuò fino all'inizio del 1945. Già alla fine dell'anno precedente, non meno di 147 aerei erano stati perduti in azione, a fronte di circa 11.000 tonnellate di bombe rilasciate contro obiettivi in Giappone, senza causare tuttavia danni seri all'apparato industriale nipponico[2].

Il risultato dell'operazione non era valso lo sforzo richiesto; anzi, l'enorme ammontare di costi, perdite materiali e vite profuse nello sforzo di portare la guerra in casa del nemico, sembrava il risultato di un drammatico fallimento, inasprito dal problema del costo immenso dello sviluppo e dell'industrializzazione dell'aereo, il cui impiego bellico non aveva costituito una minaccia invalicabile per l'Impero del Sol Levante.

Lo sforzo sostenuto per questo progetto avrebbe potuto essere utilizzato per la costruzione di 27.000 nuovi B-17 (oltre il doppio della flotta allora esistente).

Dopo la sanguinosa conquista delle Marianne, prese perché con la loro posizione rappresentavano una valida posizione avanzata per navi e aerei, il comandante in capo dell'USAF, Curtis LeMay, fece spostare le basi dei bombardieri che in questo modo avrebbero potuto operare in condizioni di vantaggio strategico[3].

[modifica] Il B-29 nelle Marianne

Sulle Isole Marianne Settentrionali e su Tinian, Saipan e Guam iniziarono ben presto i lavori di costruzione degli aeroporti, che diventarono poi la principale base di partenza degli stormi di bombardieri diretti in Giappone. L'ultima missione di B-29 con base in Cina ebbe luogo nel gennaio 1945.

Guam disponeva della pista più grande: 3.200 metri che potevano ospitare 200 B-29, ottenuti grazie ai genieri della United States Navy, i cosiddetti seabees.

La prima missione con base sulle Marianne partì il 28 ottobre 1944, con obbiettivo l'atollo di Truk, negli odierni Stati Federati di Micronesia. I 111 bombardieri che volarono nella prima incursione su Tokio erano decollati il 24 novembre 1944.

Lo spostamento delle basi non fu la risoluzione di tutti i problemi: le nubi ostacolavano la visuale, i radar di puntamento erano ancora poco efficaci, e vennero scoperte le "correnti a getto" (jet streams) di circa 300 Km/h alle massime quote di volo (9.000/10.000 metri) che quasi equivalevano la velocità degli aerei, aumentando i consumi, disperdendo le formazioni e rendendo impossibile prevedere la caduta delle bombe. Questo rendeva spesso necessario diminuire la quota a circa 7.000 metri per poter volare e lanciare sull'obiettivo con successo, ma in questo modo gli stormi tornavano sotto il fuoco antiaereo nemico.

[modifica] Il bombardamento su obiettivi civili

Per approfondire, vedi la voce Bombardamento a tappeto.
Un'incursione di B-29 sulle città giapponesi
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Un'incursione di B-29 sulle città giapponesi

Gli Americani, compreso pertanto in quei pochi mesi che le incursioni ad alta quota non riuscivano ad essere abbastanza efficaci da valere il loro costo, cambiarono tattica e cominciarono le incursioni notturne: delle 59 metropoli presenti, alla fine della guerra ne furono colpite 58, vale a dire tutte eccetto Kyoto. Le incursioni avevano lo scopo di azzerare le capacità produttive giapponesi e nel contempo terrorizzare la popolazione, che subì 500.000 vittime, in grandissima parte civili. In questo modo si otteneva anche di demolire la morale dell'esercito: per ciò questa pratica è detta "terror bombing" – o più pragmaticamente "area bombing" –.

Nella notte tra il 9 e il 10 marzo 1945 i B-29 furono protagonisti di una tremenda incursione su Tokyo. Gli statunitensi caricarono oltre 6 tonnellate di bombe al napalm che caricarono lasciando a terra parte degli equipaggi e dell'equipaggiamento difensivo, onde non gravare troppo sui carichi. Quasi 300 aerei giunsero sulla città a quote tra i 1.500 e i 3.000 metri, e distrussero decine di kmq della città e uccisero decine di migliaia di civili, perdendo 14 unità.

Il bombardamento su obiettivi civili fu da allora praticato dagli statunitensi in Giappone senza ulteriori problemi di etica, come veniva fatto nello stesso periodo dai Britannici in Germania: oltre 100.000 tonnellate di bombe delle circa 170.000 usate erano infatti incendiarie. Si narra che persino i canali delle acque presenti in città sottoposte alla "tempesta di fuoco" divennero talmente bollenti da uccidere chi vi cercava riparo dalle fiamme. L'uso di ordigni incendiari era particolarmente efficace nei centri storici delle città giapponesi, ma soprattutto nei più popolosi quartieri popolari, dove molti degli edifici erano costruiti in legno.

Nella seconda grande incursione su Tokyo (25 maggio 1945) le difese distrussero altri 26 bombardieri su quasi 500, ne furono danneggiati più o meno seriamente un centinaio, e le perdite americane ammontarono a 268 aviatori. Eppure, con 3.500 tonnellate di bombe complessivamente sganciate nelle varie azioni sulla capitale furono distrutti 48 chilometri quadri di abitato, provocando 80.000 vittime e quasi un milione di senzatetto.

Le azioni di bombardamento continuarono inesorabili con centinaia di sortite ogni notte, e per giugno praticamente quasi non esistevano più difese e bersagli con cui confrontarsi.

I B-29 vennero nel frattempo usati anche per minare i porti giapponesi, causando la paralisi del traffico navale quanto e più degli stessi sottomarini statunitensi. L'operazione Starvation ("affamamento") riuscì, con il lancio di 12.000 mine magnetiche, ad affondare quasi un milione di tonnellate di naviglio militare e civile, con almeno 85 maggiori navi affondate: è possibile definire il B-29 come il più efficace aereo antinave mai impiegato, sia pure con una tecnica di attacco indiretta, e grazie anche all'uso che i giapponesi facevano di grandi navi-ariete senza equipaggio, per rompere la continuità dei campi minati attorno ai porti.

[modifica] Le contromisure giapponesi

I caccia nemici non risultarono mai decisivi nella difesa, soprattutto a causa di evidenti problemi strutturali nell'intera difesa aerea giapponese: scarsa copertura radar con una cattiva precisione in quota (i primi modelli erano perfino incapaci di misurarla), ottima resa del sistema telecomandato di mitragliatrici sui bombardieri e una certa inesperienza dei piloti nipponici, soprattutto a causa della penuria di personale addestrato verso la fine del conflitto.

I giapponesi svilupparono allora la tecnica del tai atari (scontro col corpo): lo speronamento dei bombardieri coi caccia. Non era una forma di attacco propriamente suicida come il tuffo sulle navi dei kamikaze tanto invisi alla marina americana, ma certamente era molto pericolosa per i piloti; eppure quando riusciva le conseguenze erano devastanti: secondo alcuni, un bombardiere americano esplose in aria distruggendone un altro che volava vicino. Naturalmente, erano di norma praticate da volontari.

Furono anche ideate modifiche per i caccia, tra cui l'installazione di cannoni calibro 37 mm, angolati verso l'alto e ideati per colpire i punti più vulnerabili. L'arrivo dei caccia di scorta dopo le campagne di Iwo Jima e Okinawa, che consentirono di predisporre campi di volo più vicini, abbassò il numero di bombardieri abbattuti e andò naturalmente a scapito degli intercettori giapponesi, ma le perdite raggiunsero comunque l'apice tra aprile e maggio 1945, con una punta di un centinaio di B-29 nel mese di maggio. Le perdite diminuirono in seguito, perché le distruzioni subite dalle industrie e la penuria di carburante non consentivano più ai giapponesi di rispondere in misura massiccia ai carpet bombing ("bombardamento a tappeto") americani.

[modifica] 6 e 9 agosto 1945

Il bombing leaflet #2106, lanciato sulle principali città giapponesi il 1° agosto 1945
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Il bombing leaflet #2106, lanciato sulle principali città giapponesi il 1° agosto 1945

Il 1 agosto 1945 su 35 città giapponesi fu lanciato un volantino, che recava sul recto l'effigie di uno stormo di B-29 durante un raid, e il nome in giapponese di alcune di queste città. Sul verso, un testo che recitava:

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«Leggete attentamente, poiché potrebbe salvare la vita vostra o di un vostro parente o amico. Nei prossimi giorni, alcune o tutte le città nominate sul retro [di questo volantino] saranno distrutte dalle bombe americane. Queste città ospitano strutture, officine e fabbriche che producono beni militari. Siamo determinati a distruggere ogni strumento che la cricca [sic] militare usa per prolungare questa guerra inutile. Tuttavia, purtroppo, le bombe non hanno occhi. Quindi, in accordo con le politiche umanitarie degli Stati Uniti, l'aeronautica militare americana, che non desidera fare del male a persone innocenti, vi dà l'opportunità di evacuare le città nominate, e salvare le vostre vite. L'America non sta combattendo il popolo Giapponese, ma la cricca militare che ha schiavizzato il popolo Giapponese. La pace che l'America porterà libererà il popolo dall'oppressione della cricca militare, e significherà l'emersione di un Giappone nuovo e migliore. Voi potete riportare la pace chiedendo nuovi e migliori leader, che concluderanno la guerra. Non possiamo promettere che solo queste città saranno attaccate, ma alcune o tutte queste lo saranno, quindi conservate questo volantino ed evacuate queste città immediatamente.»

Tra queste città, erano nominate anche Hiroshima e Nagasaki. [4]

Ogni B-29, come di norma per un bombardiere americano durante la guerra, veniva ribattezzato dal primo equipaggio con un apposito nomignolo. I più celebri furono senza dubbio i due B-29 utilizzati per il rilascio delle bombe atomiche del 6 e 9 agosto 1945: l'Enola Gay, che lanciò Little Boy su Hiroshima, e Bockscar, che lanciò Fat Man su Nagasaki. Questi lanci vennero compiuti, inaspettatamente, da alta quota e di giorno, e l'effetto degli ordigni nucleari, entrambi lasciati detonare a 600 metri di quota, portarono alla capitolazione incondizionata del Giappone il 15 agosto, con la firma della resa sulla nave da battaglia Missouri.

[modifica] Bilancio operativo

I bombardieri furono impiegati in 34.000 sortite con 5 tonnellate di bombe ciascuna, a conferma delle formidabili capacità di carico del bombardiere. Durante le azioni notturne, in cui gli aerei volavano a bassa quota senza quasi armi difensive e con equipaggio ridotto, era possibile caricare oltre 6 tonnellate di bombe al napalm M69, costituite da 38 submunizioni da 2,7 chili che si aprivano a circa 1.500 metri di quota.

Nonostante la fama di sostanziale invincibilità del B-29, la campagna si risolse con la perdita di circa 500 aeroplani, in maggior parte per incidenti, con oltre 3.000 vittime tra gli equipaggi – un prezzo abbastanza elevato per un apparecchio che fu prodotto in circa 3.000 esemplari. I giapponesi, dal canto loro, dichiararono un numero di vittorie contro i B-29 elevato (più del doppio di quanto dichiarato perduto dall'USAAF, troppo per essere considerato attendibile), ma anche i mitraglieri americani dei B-29 rivendicarono ben 1.188 vittorie, anch'esse chiaramente eccessive rispetto alla realtà (i caccia di scorta, invece, ne reclamarono 221).

Uguale incertezza regna anche nei dati diffusi sulle perdite complessive dall'USAAF: oltre ai 147 perduti prima del trasferimento alle Marianne e ai 371 successivi, alcuni vennero distrutti dai bombardieri giapponesi, talvolta addirittura da trasporti recanti a bordo soldati di reparti d'assalto suicidi. I B-29 perduti in missioni di trasferimento o di addestramento furono anch'essi esclusi dal novero delle perdite.

[modifica] 1945-1980

B-29 ed il prototipo del B-36 a confronto, 1948
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B-29 ed il prototipo del B-36 a confronto, 1948
Un B-29 in azione in Corea del Nord, agosto 1951
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Un B-29 in azione in Corea del Nord, agosto 1951

Nel dopoguerra il B-29 ebbe una carriera breve ma intensa, dapprima come principale vettore atomico, ma poi soprattutto durante la guerra di Corea: in 21.000 sortite (quasi tutte notturne) sul territorio coreano, i B-29 sganciarono 165.090 tonnellate di bombe. Basato in Giappone infatti il Superfortress poteva operare con il massimo carico bellico.

All'inizio operò con una quasi totale impunità, anche perché i suoi problemi di affidabilità erano stati superati via via. Il bombardamento dai 3.000 metri in poi di ogni obiettivo tattico, come anche gli attacchi strategici che distrussero tutti gli obiettivi industriali dei nord-coreani, segnarono un deciso cambiamento in meglio per le forze Onu ivi impegnate ad arginare l'attacco comunista. I problemi iniziarono quando giunsero i primi MiG-15, che erano chiaramente troppo pericolosi per i lenti bombardieri americani. Così, se prima macchine come il B-50 non erano state inviate perché non ritenute necessarie, adesso non erano più sufficienti. I B-29 cominciarono quindi ad operare con la scorta di numerosi caccia, ma nonostante l'impiego degli aerei dell'USAF, non si riuscì di risolvere il problema.

Come le valutazioni dei risultati bellici ottenuti nei combattimenti aerei possano essere soggetto di "libere interpretazioni" lo dimostra la battaglia del 12 aprile 1951, in cui 48 B-29 vennero inviati in azione sulla Corea scortati da decine di aerei da caccia statunitensi. Secondo le fonti originarie dell'aviazione USA e riportate dall'enciclopedia Take-Off, circa 80 caccia Mig decollarono per intercettare gli statunitensi ma ben 46 vennero abbattuti con perdite "trascurabili" per gli aerei americani. Secondo altre fonti, riportate da N. Sgarlato e T. Marcon, gli Usa persero 3 bombardieri ma i "comunisti" ben 13 caccia. In realtà, le macchine coinvolte da parte nordista, pilotate quasi esclusivamente da sovietici, erano circa 35 ed subirono tra 1 e 4 perdite, solo una delle quali sembra essere confermabile sicuramente, in base alle indagini che vari ricercatori recentemente hanno svolto. Che quella non fu comunque una giornata "vittoriosa" per l'USAF, lo dimostra tra l'altro anche il fatto che altri 7 o 8 B-29 vennero gravemente danneggiati e soprattutto che dopo d'allora le incursioni diurne sopra la Corea del Nord cessarono.

I B-29 continuarono comunque con continui bombardamenti notturni favoriti dall'impiego efficace di nuovi apparati radar di localizzazione, capaci di scoprire obiettivi puntiformi. Di notte, grazie alla mancanza di Mig dotati di radar, le cose erano più facili ma vi furono punte di perdite molto preoccupanti in certi mesi della guerra. Durante il conflitto vi fu l'impiego di un' "arma segreta", il Tarzon, una bomba radioguidata come certi modelli tedeschi. Quando funzionava, poteva vantare un precisione di circa 20 metri. Ne vennero lanciate oltre 30 e a seconda dei punti di vista si può dire sia che esse colpirono "ben" 5 ponti che ne colpirono "solo" 5. Quel che è certo è che si trattava di un'arma troppo avanzata per i suoi tempi e l'affidabilità non era uno dei suoi punti forti. Pare che malfunzionamenti vari causarono l'esplosione in volo di 2 dei 3 B-29 appositamente equipaggiati con quest'arma, e ciò pose fine alla questione.

La cosa che comunque lascia sorpresi è cha alla fine della guerra questi aerei avevano subito solo 36 perdite totali, incidenti inclusi. Al di là dei soliti risultati "esagerati" dichiarati contro i caccia MiG da parte dei mitraglieri, è indubbio che la minaccia di queste macchine rese i bombardieri ad elica, inclusi i B-29, dei facili bersagli nelle missioni diurne. E anche così accadde che questi apparecchi ottenessero contro le temibilissime difese comuniste un rateo di perdite per missione pari ad un decimo di quelle subite contro i Giapponesi. Eppure, non si può non fare il paragone con il Giappone del 1945 perché in pochi anni gli aerei da caccia subirono un'evoluzione tale da impedire un qualsiasi tipo di confronto.

Certo, la vicinanza degli obiettivi e la maturazione delle macchine rese il problema dell'affidabilità molto meno sentito di prima, raggiungendo picchi strordinari rispetto alle missioni (di guerra) volate. Ma soprattutto, il B-29 venne costretto a rifugiarsi nelle tenebre per evitare per quanto possibile i caccia nemici, ammettendo la propria obsolescenza. Nemmeno l'artiglieria antiaerea, ora a comando radar, lo colpì in maniera sufficiente, comunque, ad infliggergli danni rilevanti e perdite sensibili.

Il B-50 Lucky Lady
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Il B-50 Lucky Lady

L'introduzione del motore a reazione rese il B-29/B-50 obsoleto in breve tempo: declassato a bombardiere medio dall'avvento del B-36 Pacemaker, immenso bombardiere intercontinentale capace di colpire la Germania dagli Stati Uniti, fu impiegato per ruoli secondari come il soccorso in mare, la ricognizione ad ampio raggio e, in Vietnam, come aerocisterna (il solo B-50) per il rifornimento in volo.

Sostituito nel suo ruolo primario all'inizio degli anni 1950 dal Boeing B-47 Stratojet e dal Boeing B-52 Stratofortress, vide il totale pensionamento negli anni 1960.

Il Bomber Command britannico lo usò col nome di Boeing Washington B.1 in 87 esemplari, usati anche per i test nucleari degli anni Cinquanta e Sessanta. Gli inglesi non avevano infatti nessun aereo comparabile, e soprattutto nessuno che potesse sganciare con sicurezza una bomba nucleare disimpegnandosi successivamente. Dovettero aspettare l'arrivo dei loro modelli a reazione per ottenere l'autonomia in tal senso.

[modifica] Versioni

Come bombardiere il B-29 era sostanzialmente una macchina monoversione:

Il sovietico Tu-4
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Il sovietico Tu-4
  • B-29 (modello base): costruito in 2.500 esemplari progressivamente modificati e migliorati (come il raddoppio della mitragliatrice della torretta frontale).
  • B-29A: 1.100 esemplari migliorati nella struttura della zona centrale dell'ala.
  • B-29B: modello specifico, con 7-8 uomini di equipaggio, al quale è stata tolta ogni arma difensiva eccetto i mitragliatori caudali, per guadagnare spazio e velocità.
  • B-50: evoluzione dell'aereo con motori di potenza finalmente adeguata alla sua mole, oltre che varie altre migliorie.
  • Tupolev Tu-4: copia sovietica del B-29, con alcune migliorie ai motori e all'armamento.

Nel dopoguerra queste macchine vennero utilizzate in un ampia gamma di compit: aerocisterne, ricerca e soccorso, ricognitori, banchi di prova volanti.

Per approfondire, vedi la voce Boeing B-29 (varianti).

[modifica] Programmi sperimentali

Un X-1 "caricato" nel vano bombe del B-29
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Un X-1 "caricato" nel vano bombe del B-29

I B-29 diedero luogo, con una serie di esperimenti, a un gran numero di innovazioni. Fu uno di loro che sganciò il Bell X-1 con a bordo Charles Elwood Yeager, quando questi superò il muro del suono; altri esemplari vennero usati per testare nuovi motori a getto, nel ruolo di aerocisterne o altri impieghi.

Oltre al programma sperimentale dell'X-1, i B-29 vennero utilizzati per le prove del caccia parassita McDonnell XF-85 Goblin, destinato ad essere imbarcato sui Convair B-36 e nel Progetto Tom-Tom.

Infine, i B-29 vennero usati persino come emittenti televisive volanti per il progetto Stratovision a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, nell'ambito della Guerra fredda.

[modifica] Velivoli attualmente esistenti

[modifica] In piena manutenzione

B-29A-60-BN 44-62070 "Fifi" – appartenente all'organizzazione no-profit texana Commemorative Air Force, è l'unico B-29 al mondo ancora in manutenzione tale da essere in grado di volare.

B-29-70-BW 44-69972 "Doc" – veterano della Guerra di Corea, dove è stato impiegato come mezzo di addestramento radar e come bersaglio telecomandato per missili balistici. Il velivolo è stato acquisito dal Museo dell'Aviazione degli Stati Uniti (divisione occidentale) a Inyokern, California con lo scopo di riabilitarlo e riportarlo in volo. Attualmente si trova agli stabilimenti Boeing di Wichita, Kansas, dove fu originariamente costruito, per un recupero definitivo.

P2B-1S BuNo 84029 (già B-29-95-BW 45-21787) "Fertile Myrtle" (che trasportava l'aereo sperimentale Douglas D-558-II Skyrocket) fu donato a un museo dell'aviazione di Oakland, California, nel 1984. Fu poi venduto al Kermit Weeks Aviation Museum di Miami, Florida, ed è segnato sul registro dell'aviazione civile americana come N29KW. Probabilmente è in corso un tentativo per riportare il velivolo al volo, usando come pezzi di ricambio parti di altri B-29 ospitati al US Naval Weapons Center di China Lake, California.

[modifica] Veterani in mostra

Un certo numero di B-29 esistono ancora, conservati in musei sparsi negli Stati Uniti:

Il Bockscar esposto al National Museum of the United States Air Force
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Il Bockscar esposto al National Museum of the United States Air Force

B-29-45-MO 44-86292 "Enola Gay" – Versione "Silverplate" (per il trasporto di ordigni atomici) appartenente al 393° Bomb Squadron, 509° Composite Group. Il 6 agosto 1945 lanciò "Little Boy", la prima bomba atomica all'uranio su Hiroshima. Per molti anni è rimasto nelle strutture del National Air and Space Museum, di Washington, D.C. e di recente è stato riassemblato dopo un lungo restauro: padiglione Steven F. Udvar-Hazy Center della Smithsonian Institution al Dulles International Airport.

B-29-35-MO 44-27297 "Bockscar" – Versione "Silverplate" (per il trasporto di ordigni atomici) appartenente al 393° Bomb Squadron, 509° Composite Group. Il 9 agosto 1945 lanciò "Fat Man", la prima bomba atomica al plutonio su Nagasaki. Rimasto in un magazzino per decenni, è oggi in mostra al National Museum of the United States Air Force alla Base aerea Wright-Patterson nei pressi di Dayton, Ohio.

B-29-55-MO 44-86408 "Haggerty's Hag" – Consegnato all'USAAF il giorno della bomba su Hiroshima, fu poi impiegato nella raccolta di campioni radioattivi durante i test nucleari del secondo dopoguerra. Oggi è in mostra al museo della Hill Air Force Base, Utah.

B-29-60-BW 44-69729 "T-Square" – assegnato al 875° Bomb Squadron, 498° Bomb Group, ha completato 37 missioni di bombardamento. Convertito a KB-29 (aerocisterna) nel giugno 1949, fu messo in mostra nel 1996 al Museo del Volo di Seattle, Washington. Il restauro impiegò pezzi di altri tre B-29.

B-29-75-BW 44-70016 "Sentimental Journey" – Originariamente in volo col 330° Bomb Group, 20° Air Force di Guam, oggi è in mostra al Pima Air&Space Museum di Tucson, Arizona.

B-29-80-BW 44-70113 – ha volato col 73° Bomb Wing del 20° Air Force. Uscito dal servizio nel 1956 e lasciato in magazzino fino al restauro, sponsorizzato da un'associazione privata nel 1994. Oggi è in mostra alla Dobbins Air Reserve Base, Georgia.

Il calcolo è incerto, ma esistono con certezza tra i 35 e i 40 B-29, conservati in tutto il mondo. Alcuni di questi attendono un pieno restauro, a cui segua l'ingresso nell'ampia sala di un museo o persino un pieno recupero di volo.

Con certezza è sopravvissuto un Tu-4 sovietico, oggi in mostra alla base aerea di Monino (vicino Mosca, Russia), più precisamente nei locali dell'Accademia Aeronautica Yuri Gagarin. Alcune voci indicano la presenza di altri due velivoli al Museo Popolare dell'Aria.

Il Tupolev nella base di Monino era stato incaricato del bombardamento del quartier generale dei ribelli ungheresi a Budapest nel 1956; anche se la missione era stata pianificata e sottoposta a valutazione ufficiale, non fu mai portata a termine. Altre voci non confermate sostengono l'esistenza di altri 15 Tu-4 in altre parti del Paese. Due Tu-4 sovietici sopravvivono al Museo Nazionale dell'Aria di Pechino, Cina. Uno di questi era stato convertito in un sistema AWACS, l'altro sostiene due velivoli telecomandati sotto le ali.

[modifica] Bibliografia

  • (EN) William Wolf, Boeing B-29 Superfortress: The Ultimate Look : from Drawing Board to Vj-day, Schiffer Pub Ltd, 2005, ISBN 0764322575
  • (EN) Robert A. Mann, The B-29 Superfortress: A Comprehensive Registry of the Planes and Their Missions, McFarland & Company, 2004, ISBN 0786417870
  • (EN) Jacob Vander Meulen, Building the B-29 (Smithsonian History of Aviation and Spaceflight), Smithsonian Books , 1995, ISBN 1560986093
  • (EN) Jack Delano, Ronald E. Ostman, Royal D. Colle, Superfortress over Japan: Twenty-Four Hours With a B-29, Motorbooks International, 1996, ISBN 0879389761
  • (EN) Robert Dorr, Mark Styling, B-29 Units of World War II, Osprey Publishing, 2002, ISBN 1841762857
  • (EN) Robert Dorr, Mark Styling, B-29 Superfortress Units of the Korean War, Osprey Publishing, 2003, ISBN 1841766542

[modifica] Note

  • ^  Knaack, Marcelle Size (1988). Post-World War II bombers, 1945-1973. Office of Air Force History. ISBN 0160022606.
  • ^  Joe Baugher's Online Aircraft Encyclopedia;
  • ^  P. F. Vaccari, Rivista Italiana Difesa, 6/98;
  • ^  Josette Williams, "The Information War in the Pacific, 1945", 'CIA Studies in Intelligence Vol. 46, No. 3 (2002), online qui.

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