Programma Vostok
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Il Programma Vostok (Восто́к, che significa "Est") fu il primo progetto sovietico di missioni spaziali umane che riuscì, per la prima volta nella storia, a portare un uomo nello spazio. Dal programma venne sviluppata la navicella Vostok e vennero adattati dei missili ICBM alla missione, che diventarono i razzi Vostok. La serie di prototipi Vostok, portarono in orbita almeno cinque animali e un manichino, oltre a Jurij Gagarin.
- Sputnik 4 (Korabl-Sputnik 1)
- Sputnik 5 (Korabl-Sputnik 2)
- Sputnik 6 (Korabl-Sputnik 3)
- Sputnik 9 (Korabl-Sputnik 4)
- Sputnik 10 (Korabl-Sputnik 5)
Negli anni dal 1961 al 1963 vennero eseguite sei missioni equipaggiate. Il 12 aprile 1961 Jurij Gagarin divenne il primo essere umano a volare nello spazio a bordo della Vostok 1. Con Valentina Tereshkova, volata a bordo di Vostok 6 il 16 giugno 1963, pure la prima donna aveva raggiunto lo spazio. Infondo ogni singola missione equipaggiata di questo programma rappresentò il raggiungimento di un importante traguardo nell’esplorazione spaziale:
- Vostok 1 Primo volo spaziale umano;
- Vostok 2 Primo giorno completamente nello spazio;
- Vostok 3 e Vostok 4 Primo volo in coppia;
- Vostok 5 Volo in solitaria più lungo;
- Vostok 6 Prima donna nello spazio.
Le capsule spaziali Vostok erano state costruite esclusivamente monoposto. Venivano lanciate mediante l’omonimo razzo vettore e portate su di una traiettoria d’orbita terrestre relativamente bassa. Sia la durata massimale di una missione nonché in particolar modo la possibilità di pilotaggio della capsula da parte del cosmonauta erano decisamente ristrette. Altri sette Vostok erano stati originariamente programmati fino all'aprile 1966, ma furono cancellati per intensificare la rincorsa alla Luna. Infatti per puntare a tale obbiettivo fu necessario concepire nuove capsule spaziali, che erano si costruite in maniera analoga, però decisamente maggiori e più pesanti. Tale programma venne denominato Programma Voskhod. Le restanti capsule Vostok vennero impegnate quale base per lanciare diversi satelliti artificiali della serie Cosmos impegnati per scopi civili e militari e, a partire dal 1985 ufficialmente denominati Foton.
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[modifica] Storia
Il programma sovietico Vostok, che successivamente fu valutato come risposta diretta al programma della NASA Man in Space Soonest, fu una prima apoteosi della corsa verso lo spazio dei primi anni sessanta dell’ultimo centenario. Tramite lo sviluppo di una semplice capsula spaziale, costruita su di una base di concetti militari gia precedentemente sviluppati per sonde non equipaggiate, l’Unione Sovietica fu in grado di portare il primo essere umano nello spazio, parecchi mesi prima degli Stati Uniti d'America.
[modifica] Dati tecnici
La navicella spaziale Vostok era composta da due elementi fondamentali: la capsula a forma sferica (diametro: 2,3 m, volume: 1,6 m³, massa: 2,46 t) per il singolo cosmonata comprensiva dei strumenti di controllo del pilotaggio nonché dell’agganciata parte per i vari strumenti composta in due piani (diametro: 2,43 m, lunghezza: 2,25 m, massa: 2,27 t), parte che fondamentalmente conteneva i retrorazzi frenanti ed il relativo serbatoio di carburante.
Faceva ritorno a terra esclusivamente la capsula sferica, la quale venne dotata per tal fine di uno strato di cemento amianto di uno spessore fino a 18 cm, il quale doveva fungere da scudo termico. Il complesso totale ebbe dunque una massa di 4,73 t, assemblato al blocco E (ultimo stadio del razzo vettore o meglio del lanciatore) addiritura 6,17 t. Vostok ebbe una lunghezza totale di 4,41 m, aggiungendo pure il blocco E raggiungeva i 7,35 m.
La capsula era dotata di 3 portelli relativamente grandi in quanto avevano un diametro di 1,2 m e che venivano usati per l’ingresso del cosmonauta, il lancio del paracadute e per il montaggio dei singoli strumenti. Esistevano ulteriori tre portelli del diametro di 25 cm che venivano impegnati per l’osservazione terrestre, aiuto per la navigazione nonché come visiera ottica (chiamato "Wsor"). Tali portelli potevano essere chiusi durante la fase di rientro in atmosfera mediante piccole apposite tendine. I componenti e strumenti tecnici e scientifici della capsula, che in totale avevano una massa di circa 800 chilogrammi, erano pricipalmente sistemi di telemetria e di comunicazione, nonché il paracadute che frenava l’atterraggio della capsula. Il cosmonauta rimaneva attaccato ad un seggiolino eiettabile con il quale veniva catapultato dalla capsula poco prima dell’atterragio. La causa di questo procedimento fu il fatto, che la capsula sferica era esclusivamente in grado di atterrare ballisticamente, che avrebbe significato per il cosmonauta dover sostenere una pressione pari a 10 g. Inoltre tale fatto comportava che risultò alquanto difficile frenare la capsula sufficientemente prima dell’impatto a terra. Per garantire la sicurezza della vita del cosmonauta si ritené pertanto di fondamentale importanza procedere con il sistema di atterraggio descritto, lasciandolo atterrare separatamente con l’apposito paracadute.
Il seggiolino eiettabile venne usato pure come sistema di sicurezza in caso di malfunzionamento del razzo vettore sulla rampa di lancio, nonché durante i primi secondi di volo. Infatti tale seggiolino era in grado di portare il cosmonauta ad una distanza tale da garantire che non fosse più stato direttamente esposto alla zona di pericolo. Nella capsula vi erano condizioni di atmosfera identiche a quella terrestre. I programmi originali, identici per questo punto a quelli americani, avevano previsto l’uso di ossigeno puro, pero ben presto vennero cosi modificati a causa dell’enorme pericolo collegato a tale prassi.
Durante la fase di volo la parte relativa agli strumenti della navicella spaziale rimase collegata alla capsula sferica mediante quattro nastri di gomma. Alla fine della bruciatura del congegno propulsore nonché all’avviamento della procedura di rientro, tale parte della navicella veniva staccata mediante una piccola esplosione. Il congegno propulsore usato fu del tipo TDU-1 sviluppato da Issajev funzionante sulla base di acido nitrico ed un carburante composto da amminoacidi. Bruciando per 45 secondi fu in grado di sviluppare una spinta pari a 15,83 kN. La possibilità di manovrare la capsula nel vuoto dello spazio venne assicurato da 2 x 16 ugelli d’azoto collegati a sensori infrarossi. Per l’alimentazione della navicella spaziale come pure per tutti i sistemi, compresa la capsula stessa, vennero montati all’esterno 14 contenitori funzionanti tramite pressione gas contenenti ossigeno, azoto ed aria pura. Fonte di energia primaria (ed unica) venne utilizzata un accumulatore chimico (batteria chimica) che garantiva un funzionamento ed un alimentazione di 10 giorni.
[modifica] Sviluppo
Le radici d’origine dell’esplorazione spaziale sovietica furono ovviamente nel settore militare-industriale. Cio fu da sempre chiaro per tutti i costruttori coinvolti, primo su tutti gli altri Sergei Korolev che aveva intuito di non aver nessuna possibilità di finanziamento o sostegno da parte del regime se i progetti avessero avuto esclusivamente fini civili. Pertanto fu particolarmente l’industria d’armamento militare a svolgere un ruolo decisivo per garantire la presenza sovietica nello spazio.
L’ OKB-1, cioè l’ufficio costruzioni di Korolev, ottené nel 1956 l’incarico di sviluppare un satellite artificiale in grado scattare immagini fotografiche per la ricognizione e lo spionaggio, ufficialmente corrente sotto la denominazione di progetto Zenit. Fu programmato che il sattelite Zenit non trasmettesse direttamente le immagini (a causa dell’allora scarsa possibilità ed enorme difficoltà di trasmissione), bensì che tutte le immagini scattate venissero ritrasportate a terra mediante una piccola capsula per essere successivamente sviluppate e valutate da chi di competenza. Un sistema analogo venne addottato dagli Stati Uniti d’America durante l’uso dei satelliti artificiali di ricognizione Keyhole. Con l’avvio di questo programma, cioè con largo anticipo sul programma Sputnik, fu palese la strumentalizzazione dell’esplorazione spaziale quale arma diretta (spionaggio) come pure indiretta (propaganda) da impegnare durante la guerra fredda.
Tale fatto condizionò l’allora primo ministro Khruščёv, a dare a tutto il programma di esplorazione spaziale l’assoluta priorità per renderlo utile sia dal punto di vista militare come pure tecnico, ed in particolare per garantire ad ogni costo risultati positivi il più presto possibile ed ad ogni condizione. Con ciò, la possibilità di portare l’uomo nello spazio - idea già lanciata parecchi anni prima - divenne sempre più concreta e fattibile, diventando sempre più il centro di tutti i progetti collegati ai programmi di volo nello spazio. Nell’estate del 1956 venne dunque ufficialmente dato l’incarico a Korolev di sviluppare una capsula spaziale da equipaggiare con un uomo, programma che sin dall’inizio venne denominato Vostok. La fase di progettazione più concreta ed intensa iniziò per Korolev ed i suoi collaboratori nei primi mesi dell’anno 1958. Circa nello stesso periodo furono comunque gli Stati Uniti d’America ad annunciare con assoluta fierezza che entro pochi mesi sarebbero stati loro la prima nazione a portare un uomo nello spazio ed a farlo ritornare sano e salvo a terra.
La via per raggiungere tale mèta fu comunque notevolmente più facile per gli sovietici che per gli americani. Infatti gli Stati Uniti avevano subito grossi problemi ed insuccessi nel corso dell’esecuzione dei loro programmi non equipaggiati. In particolar modo non disponevano di un razzo vettore con sufficiente potenza per garantire un successo per l’ambizioso progetto. Si trattò infatti di dover portare una capsula di un certo peso nello spazio e non modesti satelliti artificiali. Tutt’all’incontrario l’Unione Sovietica, la quale disponeva del missile intercontinentale R-7 (Semyorka), un missile da poter essere impegnato per qualsiasi uso ed in particolar modo in grado di sviluppare un enorme potenza di spinta. Inoltre Korolev poté disporre dei progetti per la capsula Zenit per sviluppare una capsula da equipaggiare con un uomo. Infatti i progetti per la Zenit prevedevano un diametro di 2,3 m - grandezza sufficiente per posizionare un cosmonauta ed i relativi sistemi e strumenti per garantirne la sopravvivenza. Inoltre, all’inizio del programma Vostok, gli obbiettivi per le singole missioni furono più che vaghi.
All’inizio si pensò, come fra l’altro effettivamente svolto dagli americani, di effettuare dei semplici voli balistici impegnando un missile d’esplorazione e pertanto di non orbitare intorno alla Terra. Korolev stesso fu uno delle persone più contrarie a tali piani, nonostante sapeva che ciò fosse stato relativamente facile da realizzare dal punto di vista tecnico, ma contemporaneamente fu consapevole, che una tale missione non fosse stata un volo nello spazio vero e proprio, bensì un semplice volo suborbitale. Gli americani si potevano battere esclusivamente usando la formula più veloce - più alto - più lontano (almendo davanti agli occhi della pubblica oppinione) e pertanto un volo che percorreva la distanza di un’orbita terrestre completa, venne considerato molto più effettivo per scopi propagandistici che un semplice e breve balzo balistico.
Contemporaneamente a detti progetti, venne sviluppato l’ultimo stadio (blocco E) per il suddetto missile R-7. Già nel 1957 era stata dimostrata l’affidabilità per un volo nello spazio del R-7 mediante il lancio dello Sputnik 1. A causa dell’aumentata portata fu comunque necessario provvedere a modificare l’ultimo stadio del missile, rendendolo in grado di portare la capsula della Vostok del peso di più tonnellate, su di un’altezza sufficientemente alta per garantire una traiettoria che consente di orbitare intorno alla Terra. Korolev non si accontentò di ciò: con questo ultimo stadio combinato alla R-7 che ora era dotata di tre stadi, la quale a tutt’oggi (anche se in forma modificata) rappresenta la base per i lanci dei veicoli spaziali russi, fu possibile portare nello spazio tutti i tipi di satelliti artificiali (di qualsiasi dimensione e peso), come pure sonde lunari e per l’esplorazione dei pianeti.
Nonostante ciò non si poteva lasciare inconsiderato il fattore tempo. Con la fine della fase di preparazione ad aprile del 1958 fu evidentemente chiaro di essere in grado di risparmiare enorme tempo ed energia rinunciando ad un sistema soffisticato d’atterraggio. Si calcolò di catapultare il cosmonauta dall’abitacolo della capsula, raggiunta una determinata altezza, e pertanto farlo atterrare indipendentemente dalla capsula stessa mediante un paracadute. Contemporaneamente con la fine della fase di progettazione, venne immediatamente nominata una commissione per voli nello spazio equipaggiati, presieduta da Konstantin Rudnev, che a sua volta fu già presidente della commissione per tecnologia di difesa militare (GKOT), onde coordinare e centralizzare in maniera più opportuna tutti i progetti del programma Vostok. Vicepresidente della commissione venne nominato Korolev stesso.
Il consiglio dei capi costruttori dell’Unione Sovietica deliberò a novembre del 1958 di preparare con assoluta intensità un volo equipaggiato nello spazio e di dare a tale progetto, considerato come civile, l’assoluta priorità nei confronti dei vari progetti ad uso militare. Nella stessa occasione venne deciso che tale missione doveva assolutamente essere di carattere orbitale. Già agli inizi del 1959 si poté dunque iniziare con la costruzione della capsula Vostok e pertanto si era nuovamente in largo anticipo sugli americani, sia dal punto di vista organizzativo, come pure per quanto riguardava il fattore tempo di realizzazione. Fattore negativo per la qualità di tutto il progetto fu l’abitudine di far correre paralellemente la fase di costruzione e di realizzazione. Infatti fu quasi del tutto impossibile eseguire dei testaggi della capsula a terra assumendosi enormi rischi per guadagnare un ulteriore vittoria di tappa nella corsa verso lo spazio. Ad ogni modo già ad autunno del 1959 fu possibile finire completamente nell’impianto di produzione di Kuibyschev (al giorno d’oggi Samara) una cosiddetta elettrica analoga, cioè la prima capsula completa, ancora priva di scudo termico.
Con questo passo si concluse l’equipaggiamento fondamentale del programma e l’ultimo stadio cosi sviluppato fece modo che la R-7 diventò uno dei razzi vettori più potenti, con il maggior successo, uno dei più sicuri e più affidabili, di tutti i lanciatori impegnati nel mondo, fatto dimostrato dalla longevità dello stesso, essendo diventato colonna portante di tutta l’esplorazione spaziale sovietica.
Circa allo stesso momento della completazione della elettrica analoga, si ininziò con una fase intensa di test, alla cui diedero inizio le esercitazioni d’atterraggio della capsula Vostok. All’incontrario degli Stati Uniti, l’Unione Sovietica poté guadagnare parecchi mesi a causa della forma sferica della capsula. La NASA dovette appena analizzare la reazione in volo della capsula impegnata nel programma Mercury a causa della lorp forma conica, fatto già conosciuto per velivoli sferici che volano e atterrano ballisticamente. Contemporaneamente i tecnici sovietici poterono effettuare diverse simulazioni di catapulta per analizzare la sequenza di atterraggio. Fu infatti tale fase di missione la quale, contemporaneamente alla fase di lancio, fu tra le più rischiose di tutto il programma. A gennaio del 1960 vennero eseguiti più lanci di testaggio del lanciatore Vostok, che da Baikonur vennero lanciati in direzione Kamchatka e che consentirono di effettuare il rientro ballistico della capsula, per testare lo scudo termico e la procedura di rientro in codizioni reali. Purtroppo non esistono registrazioni esatte riferentesi al numero ed all’andamento dei testaggi eseguiti durante queste settimane.
La capsula Vostok superò l’ esame di maturità il 15 maggio 1960, quando venne lanciata una capsula semplificata Vostok priva di equipaggio (una Vostok 1P, prostjeschij: italiano semplice) ufficialmente denominata Korabl 1 (nel mondo occidentale eroneamente chiamato Sputnik 4) su di una traiettoria d’orbita terrestre. Il lancio riuscì a perfezione ma la capsula non rientrò in atmosfera come previsto. Solo 2 anni e 113 giorni più tardi si spegnera man mano durante il suo rientro naturale.
All’incontrario della variante in uso successivamente, la Korabl 1 assomiglio piuttosto al satellite artificiale Zenit, dotato di due panelli fotovoltaici, però privo di strumenti di sopravvivenza o di sistemi d’atterraggio. Inoltre si dovettero constatare degli enormi problemi con il sistema di collegamento via radio, fatto che causò l’insoddisfazione di tutto il personale coinvolto. I tecnici avevano tentato di inviare dei messaggi via radio da terra alla capsula, nonché successivamente farli trasmettere automaticamente dalla capsula verso il centro di controllo a terra. Il 19 maggio venne eseguito il primo testaggio dell’azionamento dei retrorazzi frenanti del tipo TDU, simulando pertanto un ulteriore fase fondamentale ma ad alto rischio della missione. A causa di un errore di un sensore funzionante a raggi infrarossi, Korabl 1 si posizionò eroneamente, tanto che non venne attivata la fase di rientro, bensì la navicella spaziale venne portata su di una traiettoria d’orbita più alta. Successivamente la capsula e la parte contenente i vari strumenti e sistemi di bordo, si spensero man mano durante la fase di rientro in atmosfera.
Il programma venne frenato dall’incidente intercorso il 28 luglio dello stesso anno, quando una capsula completamente equipaggiata e pressocchè identica alla versione successivamente utilizzata (denominata Vostok 1, 1KA), equipaggiata con i due cani Bars e Lisitschka, esplose circa 19 secondi dopo il lancio, sciantandosi nelle immediate vicinanze del cosmodromo.
Ovviamente tale lancio fallito non venne reso noto al pubblico, bensi si effettuo una ripetizione del lancio neanche un mese più tardi (per la precisione il 19 agosto). La capsula denominata Korabl 2 (anche questa eroneamente considerata dal mondo occidentale come Sputnik 5), equipaggiata dai due cani Belka e Strelka, nonché da due ratti e quaranta topi, raggiunse perfettamente la traiettoria d’orbita prevista. Il 20 agosto, effettuate ben 10 orbite terrestri, avvenne l’atterraggio sicuro della capsula nei pressi della località di Orsk. Gli animali che si trovarono a bordo vennero catapultati dall’abitacolo della capsula e furono sottoposti ad una pressione pari a circa 10 g. Ciò nonostante sopravissero e pertanto si poté considerare che l’assemblamento R-7/blocco E/Vostok avvesse raggiunto l’affidabilità richiesta per un volo equipaggiato dal primo essere umano a volare nello spazio. Gli americani, che ovviamente stavano spiando la rapida evoluzione sovietica, dovettero iniziare a preoccuparsi, dato che i risultati fino a tale momento raggiunti dal programma Mercury furono più che insoddisfacenti.
Ad agosto del 1960 vennero definiti ulteriori dettagli per le successive missioni, eseguite ancora prive di equipaggio. Vennero infatti effettuate delle modifiche nel design della capsula, inserite delle semplificazioni ed ottenuti dei risparmi della massa. Vennero inoltre discussi e decisi diversi dettagli del sistema di salvataggio e della tuta spaziale SK-1. Un gruppo di influenti personalità dell’esplorazione spaziale sovietica (tra cui spiccano Korolev, il responsabile delle truppe di missili strategici Mitrofan Nedelin, il vicepresidente del consiglio dei ministri Ustinov nonché il vicepresidente dell’accademia delle scienzie dell’Unione Sovietica Mstislav Keldysch sottopose il 19 settembre al comitato centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica la proposta ed il consiglio di spostare e fissare la data per il primo volo nello spazio equipaggiato da un essere umano per dicembre dello stesso anno. L’approvazione di tale proposta da parte del Comitato centrale e del consiglio dei ministri seguì l’11 ottobre e diede il via libera per il primo volo nello spazio di un essere umano.
Tale approvazione comunque non fu sufficiente. Sigoli sistemi e strumenti, tra i quali in prima linea bisogna evidenziare il seggiolino eiettabile (che era di vitale importanza), non erano ancora funzionanti in una maniera sufficientemente affidabile oppure erano ancora dotati di disfunzioni tali da mettere in serio pericolo l’incolumità dei cosmonauti. Infatti un test del seggiolino eiettabile causò la morte del probante, fatto che mise in serio dubbio che il termine di dicembre possa effettivamente essere rispettato.
Il fatto che comunque fu decisivo per l’ulteriore spostamento del termine fu notevolmente più grave. Il 24 ottobre infatti un missile intercontinentale del tipo R-16, allora la nuovissima invenzione dell’impianto di produzione OKB Jangel, esplose sulla rampa di lancio del cosmodromo di Baikonur. L’inferno causò la morte di oltre 200 dipendenti, tra cui i maggior esponenti e specialisti della tecnica spaziale, primo fra tutti il responsabile delle truppe di missili strategici il maggiore generale Nedelin uno dei maggior sostenitori di tutto il programma spaziale. Non solo la sua morte, ma la perdita di tutto il personale fu un vuoto che dovette appena essere colmato.
Per motivi di sicurezza venne dunque deciso di inserire due ulteriori missioni prive di equipaggio, entrambe programmate per dicembre. La prima delle due fu Korabl 3 (nuovamente eroneamente chiamata Sputnik 6 da parte del mondo occidentale), lanciata l’1 dicembre. Durante questa vennero trasportati fra l’altro i due cani Pchelka e Mushka. Però il congegno propulsore TDU-1 nuovamente non funzionò a perfezione e pertanto la traiettoria di rientro fu notevolmente troppo piana. Esistono due diverse versioni sul destino della capsula. La prima sostiene che la capsula atterrò dopo 17 orbite terrestri nelle acque dell’Oceano Pacifico, ma non venne mai recuperata a causa dell’incertezza sulla posizione esatta di tale atterraggio di mare. La seconda versione sostiene che la capsula fu distrutta da cariche esplosive onde evitare che la stessa cadesse in mani straniere. Accertato rimane solo il fatto che i due cagnolini morirono e la capsula di per sé non fu mai recuperata. Inoltre tale missione forni delle importanti certezze: in caso di una missione equipaggiata da cosmonauti, la capsula sarebbe stata in grado di atterrare anche senza l’ausilio del congegno propulsore, dato che volava su di una traiettoria d’orbita elittica e pertanto il suo rientro in atmosfera sarebbe stato causato in maniera naturale dopo alcuni giorni di volo. Dall’altra parte ciò avrebbe significato l’incontrollabilità del luogo d’atterraggio. Infatti non venne mai preso in considerazione un atterraggio di mare dato che un rientro a terra all’estero, o forse meglio in terra non comunista, sarebbe stato valutato come catastrofe dal punto di vista propagandistico. Si doveva pertanto assolutamente perfezionare il congegno propulsore TDU-1 onde superare tali difficoltà ed in particolar modo per garantire assolutamente l’atterraggio sicuro e il veloce recupero del cosmonauta. Fu evidentemente chiaro che si dovrà attendere alcuni mesi del 1961 prima di poter lanciare il primo uomo nello spazio.
Seguì la missione Korabl 4, anch’essa a suo modo infelice. Infatti durante il lancio avvenuto il 22 dicembre uno dei congegni propulsori del lanciatore Vostok non bruciò per tutta la durata prevista. A causa di questa perdita di spinta, non si fu in grado di raggiungere la traiettoria d’orbita prevista e pertanto la missione dovette essere immediatamente interrotta, staccando la capsula dal razzo vettore per farla atterrare nell’est della Siberia. I due cagnolini Domka e Krasonka che si trovavano a bordo della capsula, sopravissero l’atterraggio d’emergenza, nonostante il violento impatto a terra, ma perirono all’interno della capsula, dato che il recupero della stessa impegno oltre due giorni.
Pure questo inconveniente diede del filo da torcere, dato che il primo volo nello spazio di un essere umano doveva ad ogni costo concludersi con successo. La morte di un cosmonauta sarebbe automaticamente stata la fine di tutti i successivi programmi spaziali sovietici. Per minimalizzare pertanto i rischi, la capsula venne nuovamente modificata, ora ufficialmente denominata capsula 3KA. Ad esempio venne aumentato lo strato di cemento amianto dello scudo termico, inizialmente con uno spessore di 3 cm, portandolo ad un totale di 13 cm. Inoltre venne ridotta la durata della prima missione, prevedendo una sola orbita (cioè un totale di circa 90 minuti) e non più 17 orbite - corrispondente in pratica ad una missione della durata di un giorno intero. Nel frattempo furono gli americani ad annunciare ufficialmente il loro primo volo suborbitale per il 28 aprile 1961. Da tale annuncio fu il partito stesso a premere con assoluta insistenza sulla realizzazione dei progetti prima di tale termine.
Per eseguire alcuni test finali, vennero costruiti degli appositi manichini, chiamati Space Dummies, cioè bambole della dimensione e del peso di un uomo, che avrebbero conferito al sistema Vostok il sigillo di Space Proof (provato/idoneo per lo spazio). Durante il volo di Korabl 4, eseguito il 9 marzo 1961 e che durò circa un ora e mezzo, tutto procedette come previsto e sia il cane Tschernuska come pure il manichino che si trovava a bordo della capsula usata per questa missione, poterono essere recuperati incolumi dopo il loro atterraggio. Il lancio di Korabl 5 eseguito il 25 marzo venne assistito dai sei candidati per la prima missione presenti al cosmodromo di Baikonur Questa missione venne equipaggiata dal cane Svjosdotschka e dal manichino chiamato "Ivan Ivanovski n. 2". L’atterraggio avvenuto a circa 80 km da Ishevsk riuscì da manuale.
Con questi test finali i costruttori poterono dare il loro benestare (Go) e già il successivo volo, programmato per l’inizio di aprile, sarebbe stato eseguito equipaggiato da un essere umano.
[modifica] Il gruppo cosmonauti n. 1
Il fattore umano per un volo nello spazio non venne mai sottovalutato da Korelev e pertanto si iniziò sin dall’inizio del 1959 con la ricerca acribica di candidati idonei seguendo un rigidissimo e severo processo di selezione. Automaticamente diverse categorie di lavoro vennero immediatamente prese in considerazione per la selezione di futuri cosmonauti tra le quali spiccano senz’altro gli sportivi internazionali, i membri di equipaggi di sottomarini, i rocciatori ecc. Korelev invece puntò da sempre alla selezione di piloti di aerei da combattimento. Per una prima preselezione si dovette già dimostrare un intero catalogo di parametri tra cui particolarmente l’età massima di 36 anni, l’altezza tra 1,70 m fino ad un massimo di 1,75 m ed un peso tra i 70 kg ed un massimo di 72 kg.
La selezione venne supportata dal reparto di medicina spaziale, reparto che fu introdotto dal comandante delle forze aeree sovietiche, Constantin Vershinin un grande favoreggiatore e sostenitore dell’esplorazione umana dello spazio. Il reparto venne diretto dal professore Vladimir Jasdovski. Più di 3000 piloti vennero visitati accuratamente dalla "commissione per il tema n. 6", (tali denominazioni camufaggio furono necessarie a causa dell’assoluta segretezza di tutto il programma spaziale sovietico) che ridusse la lista di aspiranti cosmonauti a 400. Il recrutamento definitivo venne influenzato pure talle annotazioni nel fascicolo personale dei piloti. Infatti i candidati dovevano avere un "chiaro" rapporto nei confronti del partito nonché una biografia "pulita", cioè priva di alcuna possibilità di scandalo. Infatti solo personaggi con un passato indiscutibile venivano ritenuti idonei per il raggiungimento degli scopi di propaganda collegati al progetto dell’allora regime sovietico.
I 400 piloti selezionati vennero divisi in gruppi da 20 piloti ed a autunno del 1959 sottoposti ad ulteriori esami medici eseguiti a Mosca. La maggior parte dovette rinunciare alla selezione per carenze di condizione fisica, tanto che alla fine il gruppo era stato ridotto a 30 aspiranti. Dopo ulteriori esami medici il numero venne ulteriormente ridotto a 20, gruppo che successivamente venne presentato al pubblico come primo gruppo cosmonauti della storia dell’Unione Sovietica. Fino a tale momento era rimasta segreta pure per i selezionati la vera ragione della loro scelta, in quanto i responsabili non vollero correre il rischio che tramite l’ufficializzazione dei programmi volti a raggiungere risultati di successo mondiale il più presto possibile fossero stati messi in pericolo la sicurezza nazionale e il prestigio internazionale dell’Unione Sovietica.
Il 14 marzo 1960 iniziò per i 20 candidati una forma corso di addestramento di base - corso tenuto presso l’aeroporto centrale di Mosca "M.W. Frunse". Il piano di studio comprendeva pure una vasto addestramento teorico, puntando particolarmente alle lezioni di fisica, meccanica celeste, tecnica dei razzi e biologia - particolarmente medicina. L’addestramento venne diretto da importanti teorici di volo nello spazio, scienziati di missilistica e costruttori dell’OKB-1 (un aereo del tipo Tupolev). Nota interessante fu il fatto che tra gli istruttori si trovavano pure persone, che successivamente sarebbero volate nello spazio, come per esempio Makarov, Jelissejev e Feoktistov. L’addestramento pratico invece consisteva in paracadutismo, voli a bordo della MiG-15 UTI (con la quale nel 1968 Gagarin precipitera mortalmente), voli parabolici a bordo di una TU-104, nonché soggiorni i camere d’isolazione particolarmente impegnativi per il sistema nervoso.
I cosmonauti si trovavano in continua osservazione e ogni piccola imperfezione venne meticolosamente protocollata e registrata dagli istruttori. Le condizioni fisiche e psichiche durante i vari allenamenti furono ulteriore causa di inerminabile verbalizzazione. L’addestramento di per sé non corrisponde più ai sistemi usati nei nostri giorni, dato che mancava l’esperienza ed il sapere di quanto le condizioni di assenza di forza di gravità influenzassero realmente sulle condizioni del organismo umano. Si trattò in fondo di semplici previsioni e con l’esperienza maturata da tali giorni si può senz’altro sostenere che tali addestramenti non erano "conformi allo spazio".
Siccome fu previsto che il programma di esplorazione spaziale umano sarebbe stato ampliato, l’11 gennaio 1960 avenne la fondazione, su preventiva decisione del comitato centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS), di un vero e proprio centro di addestramento cosmonauti. Già nell’estate del 1960 era stata completata l’infrastruttura fondamentale a Svjosdny Gorodok, a 40 chilometri a nord-est di Mosca e pertanto si poté trasferire i succesivi addestramenti presso tale centro - anche perché più distanti e nascosti dall’opinione pubblica. Il ZPK ("Zentr Podgotovki Kosmonavtov"), oggi sicuramente più conosciuto come "cittadina delle stelle" (traduzione in italiano di Svjosdny Gorodok), divenne da tale momento in poi il centro di tutti i tentativi per essere il più presto possibile in grado di eseguire il primo volo umano nello spazio. Contemporaneamente vennero intensivate le unità di addestramento, onde ottenere un ulteriore riduzione del cerchio dei probabili cosmonauti aspiranti al pilotaggio della prima missone. Il maggiore Jevgeni Karpov divenne il primo direttore del ZPK, mentre Nikolai Kamanin divenne responsabile dell’addestramento dei cosmonauti a causa dei suoi meriti da pilota. Infatti già a quel tempo era stato decorato del titolo onorario di Eroe dell'Unione Sovietica.
Tutti i lavori procedevano da programma, l’addestramento fu quasi terminato e la navicella spaziale si trovava pronta all’impiego. Si pensava dunque di essere in grado di avviare l’era della presenza dell’uomo nello spazio già a dicembre del 1960. Così il 31 maggio venne uficializzata la scelta di sei dei 20 candidati per poter partecipare al programma Vostok. Si trattò di Jurij Gagarin, Andrijan Grigorjevič Nikolajev, Pavel Romanovitsch Popovich, Gherman Stepanovitsch Titov, Anatoli Kartaschov e Valentin Varlamov. I restanti 14 aspiranti non vennero congedati dal programma di addestramento, bensì non poterono semplicemente partecipare all’adestramento speciale eseguito sul simulatore della Vostok a partire da luglio. Già il 18 giugno i sei aspiranti al primo volo erano stati portati a visitare l’impianto di pruduzione della capsula a Kuibyschev, dove per la prima volta videro la navicella spaziale Vostok vera e propria nella sua completa maestosità. Fu l’inventore Sergei Korolev che non si lasciò togliere l’occasione di poter spiegare ai presenti personalmente il modo di funzionare della capsula.
Nonostante fino a tale momento tutto procedeva da manuale, iniziarono diversi inconvenienti imprevisti, i quali condizionarono il gruppo dei cosmonauti, lo modificarono in parte e pertanto scombussolarono tutte le precedenti programmazioni. In un primo momento fu Anatoli Kartaschov a disqualificarsi e dover lasciare il gruppo, quando il 16 luglio venne constatato uno strappo di un vaso sanguigno nella colonna vertebrale dopo una sezione di addestramento svoltasi in una centrifuga. Venne dunque sostituto dal pilota di aerei da combattimento Neljubov ed in un primo momento semplicemente sospeso da successivi allenamenti. Il suo congedamento definitivo dal programma avvenne appena il 7 aprile 1962, quando fu evidentemente chiaro che non era più idoneo a sopportare eccessivi impegni fisici e psichici come un volo nello spazio avrebbe significato.
Il 24 luglio 1960 fu Valentin Varlamov a dover essere sostituito. Durante una giornata di tempo libero sfruttata per una gita si ferì gravemente le vertebre cervicali in seguito ad un tuffo testa e pertanto dovette essere sostituito da Valeri Bykovski. Varlamov rimase comunque al ZPK diventando istruttore per la materia di astronavigazione.
Un ulteriore pesante e assolutamente tragico incidente mortale intercorse il 23 marzo 1961 (cioè pochi giorni prima del lancio di Gagarin) in una delle camere d’isolamento del ZPK. In candidato Bondarenko, che si trovava in tale camera per un test medico della durata di 10 giorni, scagliò involontariamente un batuffolo di cotone bagnato di alcool su di una piastra di riscaldamento elettrico, la quale prese fuoco immediatamente. A causa dell’atmosfera presente nella camera, composta di ossigeno puro, tutto ciò che era presente all’interno della camera chiusa in maniera ermetica iniziò a bruciare immediatamente. In un primo momento Bondarenko tentò invaneamente a spegnere il fuoco prima di chiedere l’intervento degli soccoritori. Quando fu finalmente possibile effettuare l’adeguamento di pression con la camera e pertanto aprirla, Bondarenko si trovava ancora in vita, ma aveva subitò delle ustioni talmente gravi, che perì otto ore più tardi.
A causa della temuta perdita di prestigio dei risultati ottenuti da parte dell’Unione Sovietica nel campo dell’esplorazione spaziale fino a tale momento, tale incidente venne tenuto segreto fino al 1986. Solo pochi anni dopo intercorse un’analoga catastrofe durante dei test di lancio della missione dell’Apollo 1. Anche in tale occasione fu l’uso di ossigeno puro a bassa pressione e l’impossibilità di poter aprire velocemente il portello d’entrata della capsula in caso di pericolo ad avere conseguenze fatali.
Nonostante questi fatti imprevisti, in particolare l’ultimo tragico incidente condizionò notevolmente la morale degli iniziatori del programma spaziale, non venne mai preso in considerazione di fermare o addiritura cancellare del tutto i programmi ormai avviati. Simbolicamente venne conferito ai sei candidati, superati tutti gli esami il 17 e 18 gennaio il titolo di "(pilota-) cosmonauta", ma contemporaneamente venne a loro proibito di usare tale titolo in pubblico. Pure gli altri componenti del primo gruppo di selezione erano stati obbligati a mantenere l’assoluta segretezza di tutto il progetto. Infondo si trattò ancora di selezionare, tra i sei cosmonauti rimasti, chi di loro da una parte avesse ottenuto i migliori risultati durante la fase di addestramento, come pure si avesse qualificato come "sfruttabile" nella miglior maniera per i fini propagandistici del regime sovietico tramite il suo carattere, il suo carisma e la sua disponibilità.
Già verso la fine di marzo il generale Kamanin diede da intendere a Jurij Gagarin che fosse stato lui a poter farsi le maggiori speranze di diventare il primo essere umano a volare nello spazio. Gagarin si era qualificato in tutte le discipline, ottenendo in ogni campo i migliori risultati e non avendo assolutamente alcun campo dove i risultati fossero stati meno brillanti. Figlio di un falegname e di una contadina rispettava gli ideali propagandistici. Inoltre era dotato di un carattere forte, ma in nessun modo arrogante, come per esempio fu il caso di Grigori Neljubov, la seconda riserva del Vostok 1. Lo stesso non fu in grado di rassegnarsi mentalmente alla sua non selezione come primo cosmonauta a poter effettivamente volare. Su espresso ordine e volontà di Kamanin allora non venne più preso in considerazione per successive missioni. Un ecesso alcoolico nella notte del 4 maggio 1962 causò dunque il suo licenziamento dal gruppo di cosmonauti con conseguente trasferimento puntivo nel lontano est dell’Unione Sovietica. Il 18 febbraio 1966 si tolse la vita buttandosi davanti ad un treno alla stazione ferroviaria di Ippalitovka in Siberia. Il nome del cosmonauta venne radiato dagli annali dei voli nello spazio sovietico ed il suo destino rimase sconosciuto per moltissimi anni.
[modifica] Le singole missioni
Durante il programma Vostok vennero eseguite sei missioni equipaggiate. Descrizioni più dettagliate si trovano negli appositi articoli.
- lancio alle ore 7.07 Uhr CET, un’orbita terrestre completa. Ritorno dopo 108 minuti di volo (= 41.000 km di distanza di volo). Atterraggio nei pressi di Smelovka, 26 km a sudovest di Engels. Nomignolo per contatto radio: Кедр - Kedr (cedro)
- esecuzione di 17 orbite terrestri (= 1giorno 1ora e 17min; 703.000 km). Prima registrazione di immagini filmiche ed esecuzione di esperimenti nelle condizioni di assenza di forza di gravità. Titov fu il primo a soffrire della malattia dello spazio, lamentando malessere e disorientamento. Durante la missione vi fu un malfunzionamento della regolazione di temperatura all’interno della capsula che causò il calare della temperatura fino a 6°C. Atterraggio con successo nella zona di Krasnij Kut vicino a Saratov. Nomignolo per contatto radio: Орёл - Orjol (aquila)
- Grossi problemi durante la fase di lancio, dato che una torre contenente degli appositi cavi di alimentazione, non si staccò come previsto dal lanciatore, bensi precipitò a lato solo pochi secondi prima del distacco da terra. 24 ore più tardi venne lanciato Vostok 4. Atterraggio dopo 3 giorni 22ore e 22min vicino a Karakalinsk in Kazakistan. Nomignolo per contatto radio: Сокол - Sokol (falco)
- lancio solo un giorno dopo Vostok 3. Esecuzione del primo volo in coppia della storia. Avvicinamento fino a 6,5 km, che consentì un collegamento via radio diretto. Testaggio di importanti tecniche per manovre rendezvous per future missioni verso la Luna. Nikolajev e Popovich non rimasero agganciati alle loro sedie, ma potevano muoversi liberamente all’interno dell’abitacolo delle loro capsule spaziali diventanto i primi esseri umani a volare a causa dell’assenza di forza di gravità. All’incontrario di Titov entrambi non soffrirono della malattia dello spazio i cui sintomi in tale periodo erano ancora del tutto sconosciuti dato che inesplorati. Atterraggio solo 7 minuti dopo Vostok 3 nei pressi di Atas, a sud di Karaghanda. Nomignolo per contatto radio: Беркут - Berkut (aquila reale)
- Originariamente era previsto un volo di tre capsule con Vladimir Mikhailovich Komarov, Bykovski ed una donna cosmonauta, piano cancellato definitivamente l’ 1 aprile. Vostok 5 venne concepito quale preparazione per una successiva missione verso la Luna e pertanto venne programmata una durata di otto giorni. A causa di attività solare al quanto pericolosa, dovette essere spostato per più volte il lancio originariamente previsto per il 12 giugno. Durante il conto alla rovescia del 14 giugno improvvisamente la trottola di pilotaggio smise di funzionare correttamente nonché un cavo si stacco infilandosi sotto la sedia del cosmonauta. Entrambi i problemi vennero, del tutto contro le disposizioni vigenti e solo su espresso desiderio di Bykovski, risolti senza interrompere il conto alla rovescia. Il perigeo raggiunto sulla traiettoria d’orbita si dimostrò ben presto troppo basso per consentire una permanenza nello spazio di otto giorni. L’atterraggio avvenne il 19 giugno. Nomignolo per contatto radio: Ястреб - Jastreb (astore)
- due giorni dopo Bykovski, veniva lanciata nello spazio la 26-enne ex-dipentente dell’industria tessile Tereshkova. Durante la missione venne ripetuto il più possibile il volo di gruppo delle Vostok 3 e 4 e le due capsule che ora si trovavano nello spazio si avvicinarono fino a 5 chilometri. La versione ufficiale che Tereshkova abbia sopportato l’assenza di forza di gravità senza incontrare particolari problemi viene messa in dubbio a causa di diversi racconti e rapporti di missione al quanto contradittori. Tereshkova atterrò 2 ore e mezzo prima del suo collega Bykovski. Nomignolo per contatto radio: Чайка - Tschaika (gabbiano)
[modifica] Fine del programma
Probabilmente Korolev aveva programmato un ulteriore missione Vostok per il 1964. Contemporaneamente fu comunque chiaro per tutte le persone coinvolte, che con le ridotte possibilità tecniche che la capsula Vostok offriva, sia aveva già ampiamente raggiunto il limite di poter fruttare i risultati ottenuti a scopi propagandistici del regime sovietico. La messa in opera della progettata navicella spaziale Soyuz, ereditrice dei risultati ottenuti da questo programma, dovette ulteriormente essere attesa, tanto che si dovette iniziare ad elaborare nuovi programmi per missioni di riserva da eseguire con delle capsule Vostok appositamente modificate ed origniariamente correnti sotto la denominazione di progetto Vostok Tsch.
Con l’esecuzione di tali missioni si pensava infatti non solo di ottenere importanti esperienze nel campo della tecnica di aggancio di due veicoli spaziali, bensì ed in particolar modo di essere in grado di costruire e mettere in orbita la prima stazione spaziale con una massa prevista tra le 15 e le 25 tonnellate. Fu discusso pure la possibilità di sviluppare ulteriormente e direttamente la capsula Vostok per renderla idonea per un volo verso la Luna. I programmi per la Vostok Tsch non ebbero molto sostegno da parte dei responsabili, tanto che tutti i progetti e gli studi di fattibilità già eseguiti vennero esclusivamente utilizzati per la progettazione di programmi privi di equipaggio (ufficialmente sviluppati con il nome di Zenit), che comunque non vennero mai realizzati dato che avrebbero impegnato troppe risorse economiche e di tempo, togliendole a discapito di altri programmi più abiziosi.
Nel 1964 venne annunciato da parte degli Stati Uniti d’America l’inizio del programma Gemini in grado di trasportare nello spazio un equipaggio composto da due membri e di eseguire le prime manovre orbitali. Korolev rispose a tale annuncio di sfida mediante una semplice modifica al sistema del Vostok. Togliendo infatti l’unico seggiolino eiettabile si guadagnava il posto per montare fino a tre sedili per i cosmonauti. La capsula così modificata, cioè in grado di trasportare fino a tre cosmonauti contemporaneamente, venne ufficialmente denominata capsula Voskhod (sorgere del Sole). Il mondo occidentale reagì all’annuncio del nuovo programma pensando che fosse stato sviluppato un sistema completamente nuovo e rivoluzionario di navicelle spaziali. Contemporaneamente ciò fu la fine ufficiale del gloriosa era della Vostok.
[modifica] Collegamenti esterni
- http://www.astronautix.com/project/vostok.htm
- http://www.astronautix.com/craft/vosok3ka.htm
- Russia's early manned space flight projects
- Fonte base di questo articolo