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John Locke

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John Locke

John Locke nato a Wrington (nelle vicinanze di Bristol) il 29 agosto 1632 e morto ad Oates (nella contea di Essex) il 28 ottobre 1704, fu luno degli esponenti principali della filosofia britannica della seconda metà del '600 ed è considerato il padre dell’empirismo moderno.

Indice

[modifica] Biografia

Nasce vicino Bristol nel 1632; il padre è avvocato, lui frequenta invece il college di Oxford che in quel periodo rappresenta il centro di cultura più moderno dell’Inghilterra. Dopo la restaurazione della monarchia e della chiesa, Locke abbandona l’idea della carriera ecclesiastica e si dedica agli studi. Appassionato di filosofia, storia, astronomia e medicina deve a quest’ultima (non consegui mai la laurea in medicina ma solo il grado di maestro delle arti) la sua amicizia con il conte di Shaftesbury (gli salvò la vita con un intervento chirurgico). Divenne suo medico personale e consigliere, seguendone l’alterna sorte e le vicissitudini. Fu suo segretario quando divenne Lord cancelliere e collaboratore stretto quando fu nominato presidente del consiglio del re.
Fuggì sotto falso nome quando il suo protettore cadde in disgrazia e si rifugiò con lui in Olanda. Tornato a Londra pubblicò nel 1690 la sua opera più importante, il "Saggio dell’intelletto umano".
Il ritorno in patria al seguito di Guglielmo D’Orange fu trionfale: ricoprì vari incarichi importanti tra cui anche quello di consigliere per il commercio nelle colonie. Morì nel 1704 passando serenamente gli ultimi anni.

Fondatore dell'empirismo inglese e massimo teorico del liberalismo, studiò all'Università di Oxford, dove fu influenzato dalla politica di tolleranza religiosa del suo cancelliere John Owen. Dopo aver conseguito il titolo di maestro delle arti fu chiamato ad insegnare alla stessa Università. Le opere di Cartesio probabilmente incisero notevolmente sulla sua formazione. Nel 1666 cominciò a studiare medicina. Divenuto segretario di Lord Ashley (che venne successivamente insignito del titolo di conte di Shaftesbury) cominciò la sua attività politica. Nel 1675 Shaftesbury cadde in disgrazia del re Carlo II e Locke, ritiratosi in Francia per quattro anni, si dedicò alla preparazione del Saggio sull'intelletto umano.

Tornò a Londra nel 1679 per stare nuovamente presso Shaftesbury, ma costui nel 1682 venne accusato di tradimento e anche Locke cadde in sospetto e andò in esilio volontario in Olanda, dove fu attivo sostenitore di Guglielmo d'Orange. Nel 1689 tornò in Inghilterra e la sua fama crebbe notevolmente.

[modifica] Pensiero

Nella sua opera di maggior rilievo, il Saggio sull'intelletto umano, Locke espone le sue teorie sulla conoscenza. È evidente la sua polemica verso il razionalismo cartesiano, ma ancora più palese è la critica della dottrina delle idee innate diffusa presso i neoplatonici inglesi, tra i quali spicca il nome di Herbert.

Ma se per Locke la conoscenza e quindi l'idea di Dio non è innata, portando gli esempi dei bambini, allora che origine hanno le idee secondo il filosofo? Qui egli mostra la sua natura empirista, considerando la conoscenza frutto della ragione, ma non della ratio cartesiana, cioè una ratio certa, assoluta ed indiscutibile. Bensì una ragione che necessita di prove empiriche, sul modello della prassi medica e scientifica in generale.

Dunque Locke arriva a formulare una teoria basata sui sensi. Conoscenza che deriva dall'esperienza sensibile. Sono i nostri sensi, come per esempio l'ottica, che ci mostrano il mondo, gli oggetti. Se in un primo momento è la sensazione a mostrarci gli oggetti, necessariamente segue ad essa la riflessione.

Nel 1690 Locke, che apparteneva al Partito Whig (più tardi chiamato Partito Liberale), pubblicò anonimamente i Due trattati sul governo, che contenevano un'apologia (giustificazione morale) della gloriosa rivoluzione inglese, una polemica contro l'assolutismo (in particolare contro l'opera di Robert Filmer, che lo giustificava) ed un modello da seguire, in cui il potere dei governanti fosse limitato, ed i diritti dei cittadini rispettati.

Se così non fosse stato, il popolo aveva il diritto di resistenza contro un governo ingiusto. Locke partiva dalla teoria del contrattualismo (già avanzata da Thomas Hobbes e ripresa poi nel celebre Contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau). Nello Stato di natura tutti gli uomini sono uguali e godono di una libertà senza limiti. A differenza di Hobbes, Locke non riteneva che gli uomini cedano al corpo politico tutti i loro diritti, ma solo quello di farsi giustizia da soli. Lo Stato non può perciò ledere i diritti naturali, la famosa triade vita, libertà e proprietà, violando il contratto sociale.

Ebbe un atteggiamento tollerante rispetto alla schiavitù in America e trasse ingenti profitti dalle azioni della Africa Royal Company, impegnata nella tratta degli schiavi.

[modifica] Lo studio dei limiti dell’intelletto umano

Locke concentra riflessioni su tre tematiche: la teoria della conoscenza, la politica e la religione. Il suo principale scopo è quello di indagare i limiti e le possibilità dell’intelletto umano, così da operare una chiarificazione circa le sue capacità, i suoi reali poteri e i suoi campi di applicazione. Questa esigenza critica costituisce il tratto della sua filosofia. Egli vuole determinare concretamente il funzionamento dell’intelligenza umana.

[modifica] La conoscenza deriva dai sensi

Prima di iniziare qualsiasi indagine filosofica è indispensabile criticare l’intelletto umano per conoscerne le effettive capacità. "Critica", in questo senso, non significa biasimo ma esame, ricerca. Tale orientamento maturò in lui, come racconta nella premessa del “Saggio sull’intelletto umano” in seguito alle difficoltà incontrate affrontando una discussione tra amici su problemi di morale e religione, una sera d’inverno nella residenza del conte di Shaftesbury di cui era medico personale. Capì che prima di impegnarsi in ricerche di ogni genere bisognava esaminare le proprie capacità e vedere quali oggetti siano alla portata della nostra intelligenza e quali siano superiori alla nostra comprensione.

Affrontando il problema della conoscenza umana egli afferma che la conoscenza deriva dai sensi e che ciò che risulta al di fuori della nostra esperienza non è conoscibile. Locke si propone di spiegare il modo con cui il nostro intelletto acquisisce le nozioni che ha delle cose e di stabilire sia i gradi di certezza della nostra conoscenza (knowledge) sia i fondamenti di quelle credenze (beliefs) o opinioni (opinions) così varie e diverse fra gli uomini.

[modifica] La critica del dogmatismo e dello scetticismo

Locke prende le distanze sia dal dogmatismo sia dallo scetticismo, il quale con il pretesto che vi sono cose che non possiamo comprendere mette tutto in dubbio e nega ogni credito alla conoscenza. Egli dice che ciò che conta non è conoscere ogni cosa ma solo quello che ci è utile per dirigere razionalmente la nostra vita pratica. Per questo non dobbiamo turbarci se non è possibile conoscere tutto e accontentarci di una quieta ignoranza nei confronti di ciò che è impossibile alla nostra comprensione. Locke afferma così la natura pratica del conoscere. La sua ricerca è dunque uno studio analitico dei poteri della mente umana.

[modifica] La classificazione delle idee e La critica delle idee innate

Locke rifiuta l’idea che nell’intelletto umana esistano principi e idee innate. Egli pensa che la mente umana all’inizio sia come una tabula rasa cioè priva di idee, senza conoscenza. La mente non contiene nessun elemento a priori e la conoscenza deriva integralmente dall’esperienza. Egli dunque critica l’innatismo, cioè l’esistenza di idee innate che l’animo umano riceve con l’esistenza stessa. Tale concetto per Locke è errato in quanto non esiste nessun consenso universale intorno a queste idee che si pretendono innate.

Per il suo stesso impegno nel consiglio per il commercio nelle colonie fu attento lettore dei resoconti dei viaggi in oriente e nei nuovi continenti. Osservò così che i popoli primitivi hanno idee molto diverse dalle nostre e spesso strane. Altrettanto si può dire per i principi morali di tali popoli, inoltre le credenze che potremo essere indotti ritenere naturali sono in realtà frutto di educazione e tradizione. Intenderle come innate darebbe origine all’illusione dogmatica, origine di fanatismo e intolleranza. Per quanto riguarda i principi logici egli infine osserva che essi sono sconosciuti a fanciulli, idioti e ignoranti.

La convinzione delle idee innate era nel '600 diffusa non solo nella cultura filosofica ma anche nell’insegnamento universitario, per evitare però contrasti con la chiesa. Locke si preoccupa di sottolineare che egli nega, per quanto riguarda Dio e la morale, solo il carattere innato di tali principi ma non la loro certezza. L’idea di Dio è certa, ma non innata.

[modifica] La teoria delle idee: sensazione e riflessione

Secondo Locke, la mente non ha nulla da pensare se prima l’esperienza non le ha fornito le idee su cui riflettere. Queste idee si ricevono con l’esperienza. L’esperienza è il fondamento di ogni conoscenza umana. Ciò che osserviamo, sia esternamente (oggetti esteriori e sensibili), sia internamente (operazioni interiori della nostra mente) rappresenta il materiale di cui l’intelligenza si serve per la conoscenza. Le idee sono “tutto ciò che è oggetto della nostra intelligenza quando pensiamo”, cioè ogni contenuto della mente sia le immagini sensibili sia i concetti astratti. La mente riceve le idee da due fonti: la sensazione e la riflessione. La sensazione offre all’intelletto le impressioni delle cose esterne procurando appunto idee di sensazione (colore, odore ecc); la riflessione fornisce all’intelletto la percezione degli stati interiori creando le idee di riflessione (desiderio, volontà, decisione ecc.). Tutta la conoscenza ha origine e fondamento da queste due fonti.

[modifica] Qualità primarie e qualità secondarie

Sensi e riflessione producono le idee semplici, l’alfabeto del pensiero, gli elementi primi e fondamentali della ulteriore conoscenza che la mente riceve passivamente. Alcune idee però rivelano qualità proprie dei corpi altre solo delle modificazioni dei nostri sensi in presenza di un dato oggetto. Perciò Locke distingue le qualità sensibili in primarie e secondarie. Chiama qualità primarie quelle che sono oggettive, inseparabili dagli oggetti come estensione, solidità, movimento, ecc e qualità secondarie quelle soggettive che non appartengono agli oggetti ma che i sensi percepiscono perché prodotte dalle varie combinazioni delle qualità primarie come il colore, il sapore, il suono, ecc.....

[modifica] Idee semplici e idee complesse

Le idee semplici costituiscono i materiali della conoscenza e sono anche il suo limite. L’intelletto non è però passivo, ha il potere di combinare e comparare le idee semplici creando una infinità di idee complesse. Tra le molteplici idee complesse particolarmente importanti sono le idee complesse di sostanza. Le idee complesse di sostanza sono quelle combinazioni di idee semplici che rappresentano cose particolari sussistenti per se stesse (ad es: l’uomo, l’albero, la sedia). Tali idee hanno origine dalla consuetudine che la mente ha di considerare un certo numero di idee semplici costantemente insieme.

[modifica] La critica della idea della sostanza

Noi assegniamo ad un certo nome (ad es: "albero") un insieme di qualità sensibili, ma in realtà noi conosciamo l’albero solo tramite le idee sensibili delle sue qualità, al di là di ciò non c’è nulla di conoscibile. Quindi la sostanza è qualcosa di oscuro e inconoscibile e ad essa corrisponde un idea complessa altrettanto oscura. Al contrario le idee semplici sono sempre chiare e distinte. Oscure sono le sostanze materiali e anche quelle spirituali. Dello spirito Locke non nega l’esistenza ma ne afferma la inconoscibilità. Il limite della conoscenza umana viene così fissato con chiarezza: l’uomo non ha alcuna conoscenza dell’essenza delle cose perché è privo delle facoltà di raggiungerla. L’intelletto umano per Locke non può andare oltre l’ambito dei fenomeni.

[modifica] I limiti della critica lockiana alla metafisica

La filosofia di Locke avvia una critica della metafisica che orienterà sia l’illuminismo che la filosofia di Kant. L’empirismo di Locke non è comunque esente da ambiguità: in primo luogo egli postula la inconoscibilità delle sostanze ma ne afferma l’esistenza. In secondo luogo accetta la distinzione tra sostanza materiale e spirituale. In terzo luogo la sua nozione di idea rimane generica e troppo comprensiva.

[modifica] L’analisi del linguaggio

Il linguaggio è un complesso di nomi creati artificialmente dall’uomo con lo scopo di semplificare l’attività della mente che altrimenti sarebbe sommersa dall’infinito numero di idee, ciascuna delle quali corrisponde ad un oggetto particolare. Inoltre il linguaggio permette all’uomo di comunicare. Le parole sono segni delle idee, poiché ogni idea è segno di una cosa, le parole sono segni dei segni delle cose. Il linguaggio è dunque il segno convenzionale delle idee; mero strumento attraverso il quale l’uomo indica le proprie idee e contrassegna le cose.

[modifica] Opere

[modifica] Bibliografia

  • Antonio Allegra, Dopo l'anima. Locke e la discussione dell'identità personale alle origini del pensiero moderno, Edizioni Studium, Roma 2005

[modifica] Altri progetti

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