Georg Wilhelm Friedrich Hegel
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Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda, 27 agosto 1770 - Berlino, 14 novembre 1831) è il più importante filosofo idealista tedesco.
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[modifica] Biografia
[modifica] Gli anni giovanili
Figlio primogenito di Georg Ludwig, capo della cancelleria del duca Karl Eugen, e di Maria Magdalena Fromm, che avranno altri due figli, Ludwig e Christiane, fu educato nella famiglia secondo i principi di una ferma ortodossia politica e religiosa. Fin dall'adolescenza apparve a coloro che lo frequentarono con un temperamento conformista e borghese.
Dal 1773 frequenta per cinque anni la scuola elementare; dal 1777 affronta studi umanistici nel Ginnasio di Stoccarda e, privatamente, studi scientifici.
Rimasto orfano della madre nel 1784, dal 1785 al 1787 tiene un diario da cui si rileva il suo interesse per il mondo classico, la Bibbia e autori contemporanei come Goethe, Schiller e Gotthold Lessing.
Ottenuta la maturità nel 1788, il 27 ottobre di quello stesso anno Hegel s'iscrive all'Università di Tubinga, ospite come borsista nel locale seminario, lo Stift, senza apprezzare né la disciplina vigente nel collegio, né i metodi di insegnamento, né la preparazione dei professori, i quali non ebbero influenza su di lui se non, forse, quella di stimolargli una reazione alla loro ortodossia dogmatica. Influenza molto importante, al contrario, fu la frequentazione col futuro grande poeta Friedrich Hölderlin - che lo definisce ingegno alto e prosaico - e Schelling, con i quali divise per alcuni anni la camera e celebrò gli anniversari della Rivoluzione francese.
Studia in particolare i classici greci, gli illuministi, Kant e i kantiani; il 27 settembre 1790 conclude il primo biennio di studi, conseguendo il titolo di Magister philosophiae; il 20 settembre 1793 conclude gli studi ottenendo il titolo di Kandidat; il giudizio ottenuto in filosofia non è lusinghiero: Philosophiae nullam operam impendit, non si è impegnato nella filosofia.
Dall'ottobre del medesimo anno è precettore dei figli del nobile bernese Karl Friedrich von Steiger. Nel luglio 1795 conclude la Vita di Gesù, scritta secondo un'ottica moralistico - kantiana, e pubblicata dal Nohl soltanto nel 1906, una parte dei Frammenti su religione popolare e Cristianesimo, pubblicati nel 1907. Nel 1796 conclude La positività della religione cristiana pubblicata nel 1907.
Non ama l'ambiente clericale e oligarchico di Berna; nel gennaio 1797 si trasferisce a Francoforte, dove Hölderlin gli ha procurato un nuovo posto di precettore. Nel 1798 scrive il saggio Sulle più recenti vicende interne del Württemberg specialmente sul deplorevole stato della magistratura, pubblicato nel 1913, in cui lamenta la crisi interna della sua patria e propone l'elezione diretta dei magistrati da parte dei cittadini. Con Hölderlin e Schelling dà stesura definitiva al Programma di sistema, manifesto dell'Idealismo tedesco. Il 14 gennaio 1799 muore il padre.
Porta a compimento Lo spirito del Cristianesimo e il suo destino, pubblicato nel 1907, gradualmente allontanandosi dalla concezione kantiana di una religione nei limiti della pura ragione; nel settembre del 1800 scrive il Frammento di Sistema, in cui, oltre a un abbozzo di dialettica, mostra un'oscillazione, nella sua filosofia, fra una conclusione di tipo prettamente filosofico e uno religioso, che si trascinerà per tutta la vita.
[modifica] Da Jena a Heidelberg
Nel gennaio 1801 si trasferisce a Jena, in quegli anni capitale della cultura tedesca, ospite di Schelling che insegna nella locale università. Pubblica in luglio la Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling per aprirsi la strada all'insegnamento, che ottiene con la dissertazione De Orbitis Planetarum. Conosce a Weimar Goethe e Schiller; in una lettera a Schiller, Goethe sottolinea la goffaggine di Hegel nella conversazione, un difetto che appare anche nell'esposizione delle sue lezioni universitarie.
Dal 1802 al 1803 con Schelling pubblica il "Giornale critico della filosofia" e scrive La costituzione della Germania e il Sistema dell'eticità, pubblicati nel 1893. Inizia nel 1806 una relazione con la sua affittacamere Christiane Charlotte Fischer Burckhardt, dalla quale, il 5 febbraio 1807, ha il figlio Ludwig. Il 13 ottobre l'esercito francese entra a Jena; Hegel vede da lontano Napoleone e scrive all'amico e collega Friedrich Niethammer:"...l'imperatore - quest'anima del mondo - l'ho visto uscire a cavallo dalla città, in ricognizione; è davvero una sensazione singolare vedere un tale individuo che qui, concentrato in un punto, seduto su un cavallo, spazia sul mondo e lo domina...". Il suo alloggio viene requisito e va a Bamberg per due mesi; tornato a Jena, pubblica nel marzo 1807 la Fenomenologia dello Spirito con la quale, per le critiche che vi sono contenute, si consuma la rottura con Schelling. L'1 marzo Hegel si trasferisce a Bamberg a dirigere il modesto quotidiano "Bamberger Zeitung" (Gazzetta di Bamberg).
Il 6 dicembre 1808 viene nominato rettore e professore di filosofia del Ginnasio di Norimberga: le sue lezioni saranno pubblicate postume nel 1840 col titolo di Propedeutica filosofica. Si sposa nel settembre 1811 con la ventenne aristocratica Marie von Tucher, da cui avrà due figli, Karl (1813 - 1901) e Immanuel (1814 - 1891). Nell'occasione, scrive all'amico Niethammer:"Ho raggiunto il mio ideale terreno, perché con un impiego e una donna si ha tutto in questo mondo".
Dal 1812 al 1816 pubblica la Scienza della Logica, dal 1813 è sovrintendente delle scuole elementari di Norimberga, dal 28 ottobre 1816 insegna filosofia all'università di Heidelberg.
Mostra la sua posizione politica nel 1817 con lo scritto, pubblicato anonimo, Valutazione degli atti a stampa dell'assemblea degli stati territoriali del regno del Württemberg negli anni 1815 e 1816, in cui sostiene che in una costituzione quale quella proposta da Francesco I, re del Württenberg, siano riconosciuti i privilegi degli Stände, le corporazioni rappresentate negli Stati generali del regno. Nel giugno pubblica l' Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio.
[modifica] A Berlino
Il 24 gennaio 1818 è nominato professore di filosofia nell'Università di Berlino: nella prolusione del 22 ottobre esalta lo Stato prussiano ed entra in polemica col giurista Friedrich Carl von Savigny e con il filosofo e teologo Friedrich Schleiermacher.
Il 23 marzo 1819 un membro dell'associazione studentesca radicale Burschenschaft, uccide a Mannheim il drammaturgo tedesco e spia russa August von Kotzebue. Il regime prussiano reagisce limitando ulteriormente la già scarsa libertà di stampa e d'insegnamento; Hegel, in precedenza sostenitore dell'associazione, la condanna e si affretta a rielaborare la sua Filosofia del Diritto che esce nell'ottobre del 1820.
Nel 1822 viaggia in Olanda, nel 1824 a Praga e a Vienna; nel 1825 impone al figlio illegittimo Ludwig, che gli ha rubato del denaro, di non portare più il suo cognome. Ludwig assume il cognome della madre, Fischer, e lascia la Germania: arruolato nell'esercito olandese, morirà di malaria a Giakarta il 28 agosto 1831, pochi mesi prima del padre.
Nel 1827 escono gli "Annali per la critica scientifica", rivista dell'hegelismo, cui collaborano, tra gli altri, Goethe e i fratelli von Humboldt. Ad agosto parte per Parigi, dove è ospite dello storico e filosofo Victor Cousin. Il 18 ottobre, di ritorno a Berlino, incontra Goethe a Weimar; discutono della dialettica ed Hegel dice che essa non è altro che lo spirito di contraddizione insito in tutti gli uomini, disciplinato in regole coltivate.
Nell'ottobre 1829 Hegel, rettore dell'università di Berlino, nella prolusione accademica, celebra l'accordo tra la legge dello Stato e la libertà d'insegnamento. Nel 1830 condanna duramente le rivoluzioni liberali in Francia e in Belgio; nell'aprile del 1831 esce nella "Gazzetta ufficiale dello Stato prussiano" l'ultimo scritto di Hegel, Sul progetto inglese di riforma elettorale, in cui condanna l'estensione del suffragio elettorale e si dichiara a favore del riconoscimento degli ordini sociali (gli Stände). Muore improvvisamente il 14 novembre, di colera o forse di un tumore allo stomaco; gli vengono tributati funerali straordinari e viene sepolto vicino alla tomba di Fichte.
Dopo la sua morte, sulla base degli appunti raccolti dagli studenti, furono pubblicate nel 1832 le Lezioni sulla filosofia della religione e le Lezioni sulla storia della filosofia, nel 1837 le Lezioni sulla filosofia della storia, nel 1836 e 1838 le Lezioni sull'Estetica.
[modifica] Scritti teologici giovanili
Nel periodo trascorso a Berna e a Francoforte, dal 1794 al 1800, Hegel redasse i saggi pubblicati postumi col titolo di Scritti teologici giovanili.
Nello scritto Religione popolare e cristianesimo (1794), religione popolare (Volksreligion) è la religione che Hegel definisce soggettiva perché impegna la fantasia e il cuore della singola persona ed è insieme pubblica, perché s'identifica con i costumi e le istituzioni di un popolo, come avveniva nella religione della polis greca. La città - Stato greca, secondo Hegel, che riprende motivi di Hölderlin, Schiller e Lessing, è una comunità organica di persone le quali sono, in modo concreto (concretum, cresciuto insieme), cittadini e religiosi insieme, ove si realizza la vera libertà che esclude sia le forme oppressive della comunità sull'individuo che l'indipendenza di ogni individuo dalla comunità; vera libertà è la possibilità di realizzare la propria volontà nella realtà politica, sociale e religiosa della comunità alla quale si appartiene.
Il cristianesimo è invece una religione privata e oggettiva, vissuta cioè, in quanto privata, in un rapporto personale tra l'individuo e Dio, ma è anche oggettiva, ossia fondata sugli scritti testamentari e su dogmi ed è tutelata e prescritta da un ceto particolare, separato dal resto dei cittadini, il clero. Le società dove domina religiosamente il cristianesimo sono comunità non organiche di persone le quali sono in modo astratto, (abstractum, tirato fuori), cioè separatamente, cittadini e religiosi.
Nella Vita di Gesù (1795) Hegel ne espone la biografia - senza riferimenti all'incarnazione, ai miracoli, alla sua divinità e alla resurrezione - e l'insegnamento, considerato equivalente alla legge morale kantiana, sulla scorta della Religione entro i limiti della sola ragione di Kant. Gesù ha essenzialmente insegnato l'imperativo categorico kantiano: "Fate che valga per voi quel che volete che valga come legge universale fra gli uomini".
Ne La positività della religione cristiana (1796) Hegel rintraccia nell'ambiente e nella cultura ebraica, incapace di cogliere la spiritualità dell'etica cristiana, legata com'è all'esteriorità del formalismo farisaico, la causa dell'involuzione della religione naturale in una religione positiva, ossia tradotta in dogmi, perché fondata sulla rivelazione divina e sulla struttura autoritaria della Chiesa.
Ebreo che si rivolge a ebrei, Gesù è costretto a presentarsi come Messia, a fondare il cristianesimo sulla rivelazione di Dio, a operare miracoli, a istituire un sacerdozio che ne conservi l'insegnamento, negando la libertà di pensiero: in questo modo la ragione diviene passiva e non legislativa.
Se nel popolo ebreo a predominare è lo spirito di separatezza – in quanto popolo eletto opposto agli altri popoli, che vive in una natura che si contrappone ostilmente all'uomo, diversamente da quello greco - il popolo ebreo è un popolo infelice, che non vivendo l'armonia di una religione popolare vive una coscienza infelice, caratterizzata dalla separazione tra sé e Dio.
Ma Cristo si è anche contrapposto al kantismo e all'ebraismo, predicando non tanto il rispetto della legge, ma l'amore. Smentendo quanto sostenuto negli scritti precedenti - del resto non destinati alla pubblicazione - ne Lo spirito del cristianesimo e il suo destino (1799) Hegel afferma la superiorità della legge morale di Gesù sulla legge kantiana del dovere, vista come un'etica ebraica interiorizzata. L'amore è superiore al dovere perché "nell'amore viene meno ogni pensiero di dovere", il comportamento che ha per base l'amore non è più uniformato all'ubbidienza a una legge. Come l'incarnazione di Cristo è il congiungimento di umano e divino, di naturale e soprannaturale, così l'amore è la conciliazione di ciò che è separato, è l'unità degli uomini ottenuta non naturalmente ma dopo l'esperienza della separazione.
L'ultimo degli scritti teologici è il Frammento di sistema (1800), composto avendo presente i Discorsi di Schleiermacher, nei quali la religione è il sentimento di compenetrazione di finito e infinito, unione mistica di umano e divino. Ma qui il finito e l'infinito sono intesi come termini assolutamente separati, distinti, senza alcuna relazione tra loro; tuttavia il finito, in quanto vita, "ha in sé la possibilità d'innalzarsi alla vita infinita", ha òa possibilità di confluire, mediante la ragione che realizza dialetticamente l'unità dei due distinti momenti, nell'infinità della vita divina, oltre ogni distinzione e riflessione. Nel Frammento di sistema sono già introdotti alcuni termini che diverranno centrali nella filosofia hegeliana: finito, infinito, momento, dialettica, intelletto, ragione, spirito.
[modifica] Concetti e opere principali
Per approfondire, vedi la voce Pensiero di Hegel. |
[modifica] La critica a Kant, Fichte, Jacobi
Nel saggio Differenza dei sistemi filosofici di Fichte e di Schelling, del 1801, Hegel prende posizione contro Kant e Fichte. Kant aveva distinto, nella Critica della ragion pura, la sensibilità, l'intelletto e la ragione, attribuendo all'intelletto la funzione dell'unificazione dei diversi dati sensibili, la sua sintesi a priori è la fusione del soggetto col predicato, del particolare con l'universale, della forma dell'essere con la forma del pensiero, unificando conoscenza e realtà. Ma per Hegel, in realtà l'intelletto, facoltà analitica e distintiva del pensiero, divide anziché unire, separa il fenomeno dal noumeno, la conoscenza dall'essere, fissandoli in sé e opponendoli fra di loro; la sintesi di Kant ha l'apparenza dell'oggettività ma non giunge all'unità del reale, esaurendosi nel soggettivismo. La ragione, poi, che doveva muoversi dialetticamente tra le opposizioni del temporale e dell'eterno, del finito e dell'infinito, della necessità e della libertà, anziché risolvere le loro antinomie, le riconosce e le sancisce. Infatti in Kant finito e infinito restano astratte determinazioni dell'intelletto, fra le quali non è possibile alcuno svolgimento dialettico; per Hegel, se intese invece come vita finita e vita infinita, cioè spirito finito e spirito infinito, si risolvono per mezzo della ragione che riconosce l'infinità presente nel finito.
A Fichte invece, che ha negato la kantiana cosa in sé e ha fatto della ragione un'attività soggettiva che risolve l'opposizione interna al soggetto nella sua contrapposizione con l'oggetto, rimprovera di non assimilare realmente l'oggetto - che sta sempre di fronte al soggetto, costringendolo a riflettere su se stesso in un continuo processo inconcludente - e di non aver risolto il dualismo fra essere e dover essere. L'eguaglianza espressa dalla formula fichtiana Io = Io è in realtà un dover essere, un'esigenza irrealizzata e spostata continuamente in avanti senza che il circolo dell'identità si chiuda.
Nel saggio Fede e sapere, pubblicato nel 1802 sul "Giornale critico della filosofia", diretto insieme con Schelling, Hegel critica, oltre Kant e Fichte, anche Friedrich Jacobi il cui fideismo esprime la dottrina del sapere immediato, facendo un salto dal soggetto all'oggetto senza cogliere la razionalità che, superando metodicamente l'opposizione tra soggetto e oggetto, perviene allo stesso risultato. Nell'Enciclopedia sciverà che "...la filosofia del sapere immediato va così oltre nelle sue astrazioni che vuole la determinazione dell'esistenza inseparabilmente congiunta, non solo col pensiero di Dio, ma anche con le rappresentazioni del mio corpo e delle cose esterne...la differenza tra l'affermazione del sapere immediato e la filosofia si riduce a questo...che si contrappone al filosofare". E altrove, ironicamente, scriverà che il salto mortale di Jacobi dall'uomo a Dio è mortale...solo per la filosofia.
[modifica] La Fenomenologia dello spirito
La Fenomenologia dello spirito (1807) - avendo Hegel già predisposto il piano del suo sistema diviso in tre parti: logica, filosofia della natura e filosofia dello spirito - doveva essere un'introduzione alla logica, per mostrare come la coscienza umana, dallo stadio empirico, si elevi progressivamente alla conoscenza scientifica, ma nel corso della composizione, lo scritto si ampliò fino a divenire un'esposizione del suo sistema. Quando, anni dopo, scrisse la Scienza della Logica, sentì la necessità di collegare le due opere pur rendendosi conto delle interferenze esistenti tra i due scritti, tanto da trapiantare nella Logica alcune parti della Fenomenologia.
[modifica] La logica
Hegel si occupò della logica pubblicando nel 1816 la Scienza della logica e, l'anno dopo, l'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. Nella prefazione alla seconda edizione della Scienza della Logica, nel 1831, Hegel scrive che per la "vecchia metafisica...il vero non erano le cose nella loro immediatezza, ma le cose elevate nella forma del pensiero, le cose pensate. Quella metafisica riteneva che il pensiero e le sue determinazioni non fossero estranee alle cose ma ne costituissero l'essenza". Questa, per Hegel, giusta posizione, fu traviata dall'intelletto che, "volto contro la ragione, si comporta come un ordinario intelletto comune, il senso comune, che sostiene che la verità riposa sulla realtà sensibile e che i pensieri sono soltanto pensieri mentre la ragione produce solo sogni". Occorre perciò, dopo duemila anni, da Aristotele, "un completo rifacimento".
Per approfondire, vedi la voce Logica hegeliana. |
La realtà per Hegel, che è un idealista, è Spirito. È, cioè, un soggetto spirituale in divenire. Non è una sostanza statica, già costituita; non è una cosa, alla maniera della Natura di Spinoza, ma è un processo in sviluppo. È attività, movimento. Questa realtà spirituale, essendo il Tutto, cioè l'insieme di ogni cosa, e non avendo nulla fuori di sé, è chiamato da Hegel l'Assoluto, o l'Infinito. I singoli fenomeni della natura e della storia rappresentano invece il finito. L'Assoluto, inoltre, non è un insieme di parti autonome, che possono esistere indipendentemente le une dalle altre, ma è un organismo unitario in cui ogni parte è collegata “dialetticamente” alle altre e non può stare senza le altre. I singoli fatti storici e i singoli fenomeni naturali per Hegel non sono autosufficienti e non si spiegano in sé, ma soltanto all'interno di una catena di altri fatti e di altri fenomeni. I fatti storici esistono e si spiegano all'interno della storia umana nel suo complesso e i fenomeni naturali nel quadro complessivo della scienza naturale. Per esempio, il fatto storico della battaglia di Isso, avvenuto nel 333 a.C., e il fenomeno naturale per cui il peso dell'idrogeno è uguale a 1, pur essendo delle verità incrollabili, non hanno senso in sé: possono essere compresi solo, rispettivamente, nel contesto della storia e in quello della scienza. In ultima analisi, fatti e fenomeni esistono e si spiegano solo in rapporto all'Assoluto. Sono momenti finiti che si giustificano solo in relazione al Tutto, all'Infinito. Questo è il significato della tesi hegeliana secondo la quale “il finito si risolve nell'Infinito” (= gli eventi finiti della natura e della storia trovano la loro spiegazione solo all'interno dell'Assoluto). L'Assoluto di cui parla Hegel, oltre ad essere chiamato Spirito o Infinito, è detto anche Idea o Ragione, perché è caratterizzato da un'intrinseca razionalità. Hegel afferma a questo proposito l'identità fra ragione e realtà: una delle formule care a Hegel è "ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale".
- Con la prima parte della formula ("ciò che è razionale è reale"), Hegel vuole dire che ciò che è ragionevole diventa realtà, si attua in forme concrete. Un ideale razionale prima o poi si realizza. E se non si realizza, vuol dire che non è razionale. Quindi, secondo Hegel, gli ideali e i programmi politici che non si sono mai tradotti in atto, si sono dimostrati, proprio per questo, irrazionali e senza alcun valore, delle vane fantasie di esaltati. Per sapere se un programma o un'ideologia è giusta, è razionale, bisogna vedere se si attua concretamente nella storia.
- La seconda parte della formula ("ciò che è reale è razionale") dice che in tutto ciò che è reale (nella natura e nella storia) si può rintracciare un'intrinseca razionalità. La realtà, cioè l'insieme dei fenomeni naturali e degli eventi storici, non è una materia caotica, caratterizzata dal caso, ma ha un suo sviluppo logico, poiché è il manifestarsi di una struttura razionale (l'Idea, o Ragione), che è inconsapevole nella natura e consapevole nell'uomo.
L'identità fra realtà e razionalità implica anche l'identità fra essere e dover essere. Ciò che è reale risulta anche ciò che razionalmente deve essere, ciò che è bene che sia. Tutta la realtà è buona, è positiva. In questo consiste dunque l'ottimismo di Hegel. A questo proposito, Hegel critica l'atteggiamento degli illuministi nei confronti della realtà. Gli illuministi, infatti, fanno dell'intelletto il giudice della storia. Pretendono di dare lezioni alla realtà e alla storia, stabilendo come essa dovrebbe essere e non è. Si dimenticano, quindi, che la realtà è sempre necessariamente ciò che deve essere. Le critiche degli illuministi esprimono solo esigenze e aspirazioni individuali; sono i sogni degli eterni scontenti che vorrebbero migliorare il mondo senza tener conto che il mondo è già come deve essere. Con l'affermazione suddetta dell'identità fra reale e razionale, Hegel non vuole comunque sostenere che tutto ciò che accade è da considerarsi razionale (e quindi necessarlo e giusto) nei minimi particolari. È vero che il reale è razionale, cioè perfettamente necessario, ma non è vero che tutto ciò che esiste in un determinato momento è da considerarsi reale. Hegel, infatti, distingue fra reale ed esistente. Solo gli aspetti più profondi e universali dell'esistenza sono reali e quindi razionali. Invece, le manifestazioni particolari dell'esistenza non sono veramente reali. Ad esempio, sul piano politico, veramente reali non sono i sentimenti e le passioni degli individui, ma sono reali e razionali le istituzioni e soprattutto lo Stato. Analogamente, sul piano naturale, veramente reale non è il singolo fenomeno, come, per esempio, l'iridescenza dell'arcobaleno, ma lo sono ben più le leggi fisiche che lo determinano. Reale non è dunque per Hegel, il particolare, l'individuo, ma l'universale. Ad ogni modo, anche se si ammette l'esistenza dell'accidentale nella natura e nella storia, la trama essenziale del mondo, gli aspetti che contano nell'universo, restano, per Hegel, razionali e necessari. E se il reale è razionale, per Hegel la filosofia deve sostanzialmente accettare la realtà presente, senza contrapporre ad essa degli ideali alternativi (poiché la realtà, sostanzialmente, è già come deve essere). Compito della filosofia è prendere atto della realtà storica e giustificarla con la ragione. In particolare, la filosofia del diritto deve mostrare la razionalità, e cioè la positività, dell'epoca attuale e delle sue istituzioni politiche, per esempio dello Stato. Hegel afferma che "la filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero". La filosofia non può superare la propria età, non può prevedere il futuro; non dev'essere promotrice di progresso, non deve annunciare nuove epoche. La filosofia cerca, invece, di comprendere il presente, e di dimostrarne, con la riflessione, l'intrinseca necessità. La filosofia non ha il compito di trasformare la società, di determinarla o guidarla, ma di spiegarla. La filosofia, però, può spiegare la realtà solo al termine del suo processo di realizzazione. Infatti, un periodo storico può essere pienamente compreso solo al termine del suo sviluppo, quando ha espresso tutte le sue potenzialità. Hegel sostiene che la filosofia è simile all'uccello sacro a Minerva (la civetta) che inizia il suo volo solo al crepuscolo, quando il sole è già tramontato. Hegel, con questa metafora, vuole dire che la filosofia sorge quando una civiltà ha ormai compiuto il suo processo di formazione e si avvia al suo declino. Così, al tramonto degli stati ionici nell'Asia Minore sorge la filosofia ionica. Con la decadenza di Atene nasce la filosofia di Platone e di Aristotele. A Roma la filosofia si diffonde solo al tramonto della repubblica e col regime dittatoriale degli imperatori, ecc.
[modifica] La dialettica
L'Assoluto, per Hegel, è fondamentalmente divenire. La legge che regola tale divenire - e cioè la legge dell'Assoluto - è la dialettica. La dialettica è in primo luogo la legge della razionalità, cioè il principio universale che fissa i rapporti fra i concetti opposti del pensiero. Ma la dialettica è anche la legge della realtà, cioè chiave stessa dell'universo, dato che la realtà (la natura e il mondo umano della storia) è una manifestazione della razionalità. La dialettica è una proprietà dei pensieri e una proprietà delle cose. Anche il mondo, in ogni sua parte, nella natura e nella storia, porta le tracce di questa legge. Il concetto di dialettica, nella tradizione filosofica, ha ricevuto significati diversi. Per Kant, dialettica è l'attività della ragione che si dibatte in insanabili contraddizioni quando abbandona il terreno dell'esperienza. Per Fichte dialettico è lo sviluppo dell'Io che procede attraverso tre momenti: uno positivo (tesi), uno negativo di opposizione (antitesi), e uno di conciliazione degli opposti tramite limitazione (sintesi). Hegel riprende la concezione triadica fichtiana secondo cui i rapporti fra i concetti si articolano in tre momenti (tesi, antitesi e sintesi). Questi termini, però, Hegel li usa poche volte, preferendo un linguaggio un po' più complesso:
- il 1° momento è definito intellettivo astratto
- il 2° momento è definito razionale negativo o dialettico
- il 3° momento è definito razionale positivo o speculativo.
Il 1° momento intellettivo astratto consiste nel considerare i concetti opposti del pensiero come del tutto distinti e separati gli uni dagli altri. Questo modo di pensare i concetti opposti come sussistenti di per sé e senza influenze reciproche (il bene distinto dal male, la vita dalla morte, ecc.) è opera dell'intelletto, che si lascia guidare dal principio di identità e di non contraddizione, secondo cui ogni cosa è uguale a sé stessa ed è assolutamente diversa dalle altre. Per l'intelletto, ad esempio, il bene è bene e basta, e per esistere non ha bisogno che di sé stesso, la vita è vita e basta, ecc. Si tenga presente che per Hegel l'intelletto è la facoltà del dividere, del classificare, che separa e irrigidisce i concetti. La ragione, invece, è la facoltà che li mette in movimento e ne coglie l'unità. L'intelletto è il pensiero astratto, la ragione è il pensiero concreto.
Nel 2° momento razionale negativo o dialettico, interviene appunto la ragione, che mette in evidenza i limiti dell'intelletto: infatti la ragione dimostra che ogni concetto, per essere compreso, non dev'essere isolato da tutti gli altri, ma, al contrario, va messo in relazione col suo opposto, con la sua negazione: il bene, per essere compreso, va messo in relazione col male, la vita con la morte, ecc. Infatti, il bene è tale solo in rapporto al male: chi non conosce il male non conosce nemmeno il bene. Per spiegare ciò che una cosa è bisogna chiarire ciò che essa non è. Secondo Hegel, se isoliamo totalmente un concetto dal suo opposto, questo concetto perde di significato e addirittura si confonde e si rovescia nel suo opposto. Per esempio, la vita, isolata dalla morte, cioè considerata a prescindere dalla morte, non può porsi nemmeno come negazione della morte e dunque diventa essa stessa morte (dato che, per negare la morte, la vita dovrebbe essere messa in relazione con la morte).
Nel 3° momento, razionale positivo o speculativo, la ragione si rende conto che ogni coppia di idee opposte si trova sempre contenuta in un'altra idea superiore che ne rappresenta la sintesi, ossia la loro correlazione. L'idea del vendere è l'opposto di quella del comprare, ma l'una non può sussistere senza l'altra, ed entrambe sono contenute nell'idea del commercio (sintesi) che le mette in correlazione. Il terzo momento è detto anche della negazione della negazione, giacché in esso gli opposti vengono negati nella loro negatività (cioè nella loro separazione) e affermati nella loro unità in un concetto superiore. Il terzo momento è detto poi del superamento, parola italiana che traduce il tedesco Aufhebung, che, in realtà, ha due significati: 1° togliere via, 2° conservare. Infatti nel terzo momento gli opposti sono tolti dal loro isolamento e conservati nella loro unità.
Hegel chiama tesi il concetto di partenza (per esempio il vendere), antitesi l'opposto (per esempio il comprare) e sintesi il concetto superiore che li unisce (per esempio il commercio). Tesi e antitesi sono momenti astratti: solo la sintesi è concreta. Tesi e antitesi, considerati del tutto indipendentemente l'una dall'altra, non sono reali; reale è solo la sintesi.
Hegel afferma anche che "vero è l'intero". La verità si consegue soltanto quando i concetti particolari sono considerati non più nella loro astratta separazione, ma come momenti e articolazioni della totalità (cioè della sintesi) di cui fanno parte (questa tesi è contenuta nella prefazione alla "Fenomenologia dello Spirito"). Ma la sintesi, a sua volta, diviene tesi di una successiva triade, e così via. In tal modo lo spirito passa da sintesi particolari a sintesi sempre più vaste. Ad esempio, il mercato è solo una delle componenti di una sintesi più vasta, la società, e questa di una sintesi ancora più ampia, lo Stato, ecc. Il processo dialettico per Hegel non è, però, a sintesi aperta, ma a sintesi chiusa. Se il processo fosse aperto, cioè se non si concludesse mai, l'Assoluto non avrebbe mai il pieno possesso di sé stesso. Di conseguenza, Hegel opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, cioè per una dialettica che ha un ben preciso punto di arrivo (come vedremo, lo Spirito Assoluto). Pertanto, solo la sintesi finale è propriamente il Vero. La Verità definitiva si comprende solo alla fine del processo dialettico, quando ne abbiamo percorso tutte le articolazioni.
La logica dialettica di Hegel è diversa dalla logica aristotelica. Questa aveva per suoi princìpi fondamentali il principio di identità e quello di non contraddizione, secondo cui gli opposti non possono mai stare insieme. Invece, per Hegel il reale è proprio un insieme (una sintesi) di opposti. La logica aristotelica, dunque, non serve; o, per meglio dire, è la logica dell'intelletto, non della ragione. Una volta trasferita dal mondo dei concetti a quello della natura e della storia, la dialettica si svolge nel tempo. I vari momenti (tesi, antitesi e sintesi) si succedono cronologicamente gli uni agli altri. Sennonché Hegel pensa che anche nella natura e nella storia la sintesi sia sempre il solo momento concreto, mentre tesi e antitesi restano astratti. La sintesi è il solo momento concreto perché costituisce il fine che guida lo sviluppo dialettico dei due momenti precedenti che ne costituiscono i passi intermedi e che esistono solo in funzione di essa. Per esempio, nello sviluppo di una pianta dal seme (tesi), al fiore (antitesi), al frutto (sintesi), è il frutto che guida lo sviluppo dell'organismo e che costituisce il fine verso cui il seme e il fiore tendono. Anche nella realtà naturale e storica lo sviluppo avviene per negazioni: il seme per diventare fiore deve morire, negarsi, ma anche il fiore per diventare frutto (sintesi) deve morire. Analogamente, il bambino diviene adolescente solo se come bambino muore, e l'adolescente diventa adulto negando sé stesso.
La concezione dialettica del mondo elaborata da Hegel è fondamentalmente ottimistica: infatti anche il momento dell'opposizione (dell'antitesi) è benèfico. La vita e la storia dell'uomo sono indubbiamente caratterizzate da drammi, fratture, contrasti e contraddizioni; tuttavia tali fratture sono necessarie, altrimenti la vita e la storia stesse verrebbero del tutto meno. Se il seme non “morisse” in quanto seme, non si trasformerebbe in fiore e non ci sarebbe sviluppo.
[modifica] Società Civile e Stato
Se sapere è comprendere il tutto, alla comprensione del diritto e dello Stato non possono pervenire né le concezioni individualistiche della società, che affermano astratti principi particolari o naturali, né il formalismo kantiano che postula un diritto fondato sul principio a priori della ragione pura, incapace di risolvere la soggettività dei principi formali con l'oggettività del mondo reale dove il diritto deve realizzarsi. Nelle Maniere di trattare scientificamente il diritto naturale (1802), Hegel riafferma, come già annunciava nei suoi scritti giovanili, la risoluzione dell'opposizione fra soggetto e oggetto nell'eticità organica della vita del popolo, nella quale cittadino e comunità costituiscono un'unità.
È un fatto che esiste una società civile il cui esprit de corps conflitta con la sfera universale dell'organizzazione politica dello Stato, con lo spirito dell'intero; alla sfera politica - in quanto intero, totalità di valore universale - spetta il compito di ricomporre la separazione, la contraddizione fra Stato e società civile. Nella Costituzione della Germania (1802) Hegel svolge l'idea che lo Stato debba esercitare il proprio dominio sulle sfere sociali particolari. Avendo presente la disgregazione della società tedesca sotto l'urgere dei principi - e delle armate - provenienti dalla Francia, considera la necessità di un'azione legislativa svolta da un demiurgo, in cui è facile riconoscere la figura del nuovo e provvisorio padrone dell'Europa. A Hegel la società civile appare il mondo particolare dei bisogni e del lavoro, una bestia selvaggia che "richiede un costante e severo padroneggiamento e addomesticamento" da parte dello Stato.
La concezione politica Hegeliana più matura, si esprime nell'Etica, e si configura in tre momenti: Famiglia (eticità immediata), Società Civile (eticità relativa) e Stato (eticità assoluta). La famiglia è il primo nucleo di aggregazione che "contiene i momenti della particolarità soggettiva e dell'universalità oggettiva in unità sostanziale", ed è quindi immediata. A seguito della famiglia quindi si passa alla Società Civile, il punto più controverso dell'Etica. Nella Società Civile domina l'arbitrio e l'accidentalità, in quanto ogni singolo individuo agisce per appagare i propri bisogni, ed è quindi teso ad un fine particolare ed individuale. Il che naturalmente cozza con la visione Hegeliana ove in prima analisi si ha l'universale entro cui i singoli agiscono per esso. Ed infatti ogni azione del singolo, seppur tesa ad un fine individuale, viene ad incrociarsi e ad alimentare azioni altrui, così saziando i bisogni degli altri oltre a giovare all'arbitrio del singolo. Proprio per questo processo la Società Civile ha un carattere ambivalente per Hegel: uno, il prinicipale, decisamente negativo, in quanto i singoli tendono ad agire per i bisogni personali, anziché in una visione più universale della società, dalla quale tutti trarrebbero giovamente. Il secondo è invece positivo, in quanto ogniuno, pur agendo per i propri bisogni, instaura inevitabilmente dei rapporti sociali, appagando anche quelli degli altri, così indirettamente agendo per l'universale, e pertanto, essendo il singolo parte dell'universale, anche per se stesso. L'accezzione negativa della Società Civile stà proprio nella mancanza di volontà di agire del singolo per l'universale, prima che per sè stesso.
Hegel inoltre, nel giungere alla Società Civile, passa dalla critica al giusnaturalismo, in quanto crede che la libertà dell'uomo non risieda nel normale appagamento dei bisogni ed appetiti naturali tramite la natura. Egli Trova la condizione di natura dell'uomo sostanzialmente grezza, e quindi di non-libertà; la libertà stà nel passare dalla condizione naturale in una situazione ove è la ragione a guidare il comportamento umano, e quindi l'appagamento dei bisogni. Appagamento che può essere ottenuto tramite il lavoro, il dominio dell'uomo sulla natura, che si costituisce in società civile. E qui Hegel viene a descrivere i diversi momenti in cui la società civile si articola. Per quanto riguarda la realtà socio-economica, Hegel è un sostenitore della differenziazione dell'uomo in classi, essendo la natura umana ineguale, e ad ogniuno spettando diverse attitudini e peculiarità.
La prima classe (o meglio, "stato"), definita "sostanziale", è la classe agricola, momento in cui l'uomo dal girovagare nomade decise di stabilizzarsi, cercando la sicurezza della proprietà privata e nella certezza dell'appagamente dei bisogni.
La secoda classe, "formale" o "riflettente" è quella dell'industria, ove l'uomo con il proprio lavoro, intelletto e riflessione, viene a dare una forma ai prodotti della natura. La stessa classe è suddivisa ulteriormente in "Artigiani", "Commercianti" ed "Addetti alle fabbriche".
La terza classe infine, definita "assoluta", è composta dai funzionari statali e coloro che amministrano la giustizia nell'interesse dello stato, quindi "generale".
Peculiare è l'esaltazione dell'appartenenza di classe, ove il singolo, pur agendo per l'interesse privato, ricava dignità dall'agire ed appartenere ad uno dei tre "stati", equilibrando il funzionamento della Società Civile, apportando il proprio contributo alla propria comunità di appartenenza, e, di contro, all'interesse generale.
Quindi, una volta descritto il primo momento, "socio-econimico", della Società Civile, Hegel propone come secondo momento "l'amministrazione della giustizia", che permette di limitare gli arbitri del singolo e tutelare la libertà, la proprietà ed i diritti civili dei cittadini. Alle mancanze della Società Civile troviamo quindi un diretto intervento dello stato.
Come terzo momento infine vengono posti la "Polizia" e le "Corporazioni", queste ultime punta di diamante a tutela dell'armonia costantemente sconvolta dalle mancanze della Società Civile. Lo stato Hegeliano deve essere "corporativo", per porre un freno alla confusione dilagante dall'agire arbitrario e nell'interesse personale degli individui. In sostanza devono essere create delle corporazioni, tipiche della variegata classe industriale e, chiaramente, approvate dallo stato, cioè delle associazioni di categoria ove vengano ammessi i soggetti più meritevoli. La corporazione viene a costituire una sorta di seconda famiglia, ove i propri membri vengono tutelati, e grazie alla quale vengono limitati gli individualismi, creando degli aggregati in costante processo dialettico con le altre corporazioni della società, con l'obbiettivo di eliminare il movimento atomistico dei singoli elementi, arrivando il più possibile ad un agire sociale nell'interesse generale.
Al culmine dell'Etica Hegeliana troviamo infine lo Stato, culminante dal processo dialettico come sintesi tra Famiglia e Società Civile. E' il momento più alto dell'Etica, dove l'universale viene a farsi preminente, pur non negando un individualità ad ogni suo membro, ma sempre all'interno dell'unità statuale, e non prescindendo dalla stessa. "L'universale è congiunto con la piena libertà della particolarità e con la prosperità degli individui; che quindi l'interesse della famiglia e della società civile deve concentrarsi a stato, ma che l'universalità del fine non può progredire senza il sapere ed il volere della particolarità, che deve serbare il suo diritto". Lo Stato viene quasi ad assumere connotati divini, giustificato per sè stesso, e per il quale gli individui devono cieca obbidienza. Hegel viene a concepire lo Stato non come opera degli individui, bensì come scaturire da quello "spirito di popolo" presente in ogni stirpe, e che prima o poi sublima in organizzazione statale, ove gli individui hanno significato solo in relazione ad esso.
[modifica] Bibliografia
[modifica] Traduzioni italiane delle opere maggiori
- Fenomenologia dello spirito, a c. di E. De Negri, Firenze, 1933, numerose riedizioni.
- La scienza della logica, a c. di A. Moni, Bari, 1924, numerose riedizioni.
- Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a c. di B. Croce, Bari, 1907, numerose riedizioni.
- Lineamenti di filosofia del diritto, a c. di F. Messineo, Bari, 1913, nuova edizione a c. di A. Plebe, 1954, numerose riedizioni.
[modifica] Saggi su Hegel
- Karl Lowith, Da Hegel a Nietzche. La frattura rivoluzionaria nel pensiero del secolo XIX, Torino, Einaudi, 1949
- Giorgy Lukàcs, Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, Einaudi, 1960
- Jean Wahl, La coscienza infelice nella filosofia di Hegel, Milano, ILI, 1971
- Jean Hyppolite, Genesi e struttura della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, Firenze, La nuova Italia, 1972
- Ernst Bloch, Soggetto - oggetto. Commento a Hegel, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1975
- AA. VV., Interpretazioni hegeliane, Firenze, La Nuova Italia, 1980
- Alexandre Kojève, Introduzione alla lettura di Hegel. Milano, Adelphi, 1996
- Martin Heidegger, "Il concetto Hegeliano di esperienza", in "Sentieri interrotti", La nuova italia, Milano 1999.
- Martin Heidegger, "Hegel e i greci", in "Segnavia", Adelphi, Milano 2002.
- Martin Heidegger, "La fenomenologia dello spirito di Hegel", Guida, Napoli 2000.
- Martin Heidegger, "Colloquio sulla dialettica", in "Archivio di filosofia" LXVIII /2000 /1-3.
- Remo Bodei, "Sistema ed epoca in Hegel", Il Mulino, Bologna 1975.
- AAVV, "La logica di Hegel e la storia della filosofia", Edizioni AV, Cagliari 1996.
- Cesa, Claudio (a cura di) - "Guida a Hegel", Laterza, Roma-Bari 2004.
- Fabro, Cornelio - "La prima riforma della dialettica hegeliana", Editrice del Verbo Incarnato, Segni (RM) 2004.
- Henrich, Dieter - "Hegel im Kontext", Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1981
- Lugarini, Leo - "Hegel. Dal mondo storico alla filosofia", Guerini e associati, Napoli 2000.
- Vitiello, Vincenzo - "Dialettica e ermeneutica", Guida, Napoli 1976.
- Bedeschi, Giuseppe - "Hegel", Laterza, Bari 1993.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Altri progetti
- Commons contiene file multimediali su Georg Wilhelm Friedrich Hegel
- Wikiquote contiene citazioni di o su Georg Wilhelm Friedrich Hegel
[modifica] Collegamenti esterni
- Voce della Stanford Encyclopedia of Philosophy
- Un portale italiano di collegamenti, contenente alcune delle opere più importanti del filosofo in lingua tedesca e inglese
- Un saggio di Salvatore Veca sul pensiero di Hegel
- L'introduzione alla "Fenomenologia dello spirito" a cura di H.G. Gadamer
- (EN) Il sito della Hegel Society of America
- (EN) Il testo integrale della "Enciclopedia delle scienze filosofiche"
- (EN) La "Fenomenologia dello spirito"
- (EN) Il testo della "Scienza della logica"
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