Gaia da Camino
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Gaia da Camino (1270 – Portobuffolè, 1311) fu una nobildonna trevigiana e poetessa appartenente alla famiglia dei da Camino. Primogenita di Gherardo III e della sua seconda moglie Chiara Della Torre, di lei si sa pochissimo. A circa 20 anni va in sposa al cugino Tolberto III dei Caminesi di sotto. La mossa fu architettata dal padre, per riconciliare definitivamente i due rami della famiglia, i cui rapporti si erano definitivamente compromessi dopo il colpo di stato che portò Gherardo nel 1283 ad instaurare la propria signoria a Treviso.
Nel 1307 riceve in dono dal marito il porto fluviale di Settimo sul Livenza (ora Portobuffolè), chiamato così per la distanza in miglia romane da Oderzo. Lì sì stabilisce con tutta la sua corte nella casa che ha preso il suo nome (ora sede di un noto museo del Ciclismo), movimentando la vita del piccolo centro, dove morì nel 1311: fu sepolta nella Chiesa monumentale di San Nicolò di Treviso.
[modifica] Donna virtuosa o dissoluta?
Valente poetessa (tra le prime in Italia a scrivere in provenzale), si tratta di una figura assai nota probabilmente in tutto lo Stivale durante la sua vita, ed in seguito molto chiacchierata tra gli storici: secondo alcuni (Lana, Benvenuto) infatti fu donna dissoluta, per altri (Buti, Landino ecc..) sarebbe invece un esempio di virtù. La sua fama, postuma, aumentò dopo essere stata ricordata da Dante nel Purgatorio. Nel canto XVI il Sommo Poeta mette in bocca a Marco Lombardo questa parole, riferite a Gherardo:
«Per altro sopranome io nol conosco,
s'io nol togliessi da sua figlia Gaia. Dio sia con voi, ché più non vegno vosco.» |
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(Dante Alighieri)
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Dante, grande stimatore di Gherardo dal quale fu ospitato a Treviso per circa due anni, difficilmente avrebbe ricordato l'amico facendo riferimento alla figlia, se questa fosse stata una donna di facili costumi. L’ipotesi più probabile è che in famiglia ci fu un'altra donna di nome Gaia (le omonimie sono frequenti nei casati): questo avrebbe generato la diatriba storica.
Dice infatti fra' Giovanni di Serravalle, vescovo di Fermo: Forse la cattiva fama attribuitale dipende da un equivoco conseguente ad una omonimia con altra Gaia, forse una illegittima, che, dopo averne fatte, come si dice, di tutti i colori, era finita in un postribolo a Padova. Pensiamo così di aver ridato a Gaia lo splendore del suo nome e della sua figura quale, attraverso sette lunghi secoli, è giunta fino a noi.
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