Fabrizio Quattrocchi
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Fabrizio Quattrocchi (Genova, 9 maggio 1968 - Iraq, 14 aprile 2004) si trovava in Iraq per lavorare come guardia privata - al di fuori del controllo del governo italiano - quando fu rapito da militanti islamisti delle Falangi di Maometto e ucciso dopo pochi giorni di prigionia. Nel marzo 2006 è stato insignito della Medaglia d'oro al valor civile alla memoria.
Indice |
[modifica] Biografia
Quattrocchi era nato a Genova, dove con la sorella, un fratello ed i genitori aveva gestito la panetteria di famiglia in via San Martino, presso l'omonimo ospedale genovese. Morto il padre Santo, i tre fratelli vendettero l'attività nel 2000.
Non risulta una specifica preparazione di Quattrocchi presso corpi speciali: secondo il fratello Davide, Quattrocchi aveva normalmente prestato servizio militare a Como nell'esercito, congedandosi con il grado di Caporal maggiore e successivamente s'era appassionato alla pratica sportiva delle Arti marziali, con particolare riferimento al Tae Kwon Do.
A seguito della cessione della panetteria, Fabrizio Quattrocchi avrebbe iniziato, stando a quanto dichiarato dal fratello e dalla fidanzata Alice, a seguire corsi d'addestramento per svolgere il lavoro di guardia del corpo e di addetto alla sicurezza in locali notturni.
Secondo Roberto Gobbi, titolare dell'Ibsa, società di sicurezza per la quale operava a Genova, Quattrocchi si sarebbe recato in Iraq in seguito dell'accettazione (ottobre 2003) del suo curriculum da parte di un non meglio individuato "mercenario genovese" impegnato nel reclutamento per l'Iraq per istruire personale locale alle tecniche di sicurezza e proteggere manager, magistrati, strutture d'interesse strategico, quali gli oleodotti. La partenza per il paese in guerra era avvenuta nel novembre del 2003, per un compenso mensile - sempre secondo quanto dichiarato dal Gobbi alla stampa - variabile (a seconda delle condizioni di rischio) tra i 6.000 ed i 9.000 dollari al mese.
[modifica] L'attività svolta in Iraq: un'inchiesta della Televisione Svizzera
L'unica testimonianza giornalistica nota e diretta sull'attività svolta in Iraq da Fabrizio Quattrocchi è offerta dal periodico di approfondimento televisivo della RTSI (Radio Televisione della Svizzera Italiana) "Falò" che, nel programma andato in onda il 14 maggio 2004, ha presentato un ampio servizio (circa 39 minuti) in esclusiva dedicato alle guardie di sicurezza private operanti in Iraq. L'inchiesta giornalistica (curata in origine dalla Televisione Svizzera Francese), curiosamente mai ritrasmessa in Italia - sebbene diffusa in italiano dalla RTSI e contenente le uniche immagini disponibili di Fabrizio Quattrocchi libero in Iraq - è stata realizzata direttamente nel Paese arabo, e si chiude con un'ampia "finestra" (circa 8 minuti) dedicata alla Presidium Corporation, la misteriosa compagnia di sicurezza italiana presso la quale operava Quattrocchi. Le immagini (girate qualche tempo prima del rapimento di Quattrocchi) sono state riprese nella zona di Baghdad a bordo o nei pressi di un fuoristrada Gallopper bianco impiegato dalla Presidium. Il "capo equipe", Paolo Simeone, appare accompagnato da un non meglio identificato "Luigi" e dallo stesso Quattrocchi, che compare in diverse inquadrature, armato di fucile automatico e pistola, mentre sorveglia la scena dell'intervista realizzata dalla televisione svizzera e mentre il terzetto si allena, in una zona agricola suburbana, al tiro con il fucile. Paolo Simeone, intervistato, assicura che la Presidium, a differenza di altre compagnie di guardie private operanti all'epoca in Iraq, non si occupa né dell'addestramento delle Forze Armate irachene, né opera in azioni di combattimento a fianco degli statunitensi, limitandosi a svolgere "missioni dedicate alla protezione di persone e di infrastrutture" per conto di "grossi clienti americani". Dall'intervista appare evidente come il "mercenario genovese" cui faceva riferimento il precedente datore di lavoro di Quattrocchi, Roberto Gobbi, non sia altri che Paolo Simeone, il quale individua il livello dei compensi ricevuti per l'attività svolta in Iraq tra i "6000 e i 20.000" Euro mensili. Simeone, 32 anni all'epoca dell'intervista, sostiene di aver operato in Somalia come effettivo della Legione Straniera e in seguito, in proprio, in Kossovo, in Angola e in Afghanistan. Alla domanda del giornalista "Si considera un mercenario?", Simeone (armato con pistola e fucile d'assalto svizzero SIG SG-543 "reperito al mercato nero", sostiene) risponde: "'Mercenario mi sembra un po' una parolaccia, ma è quello che siamo. Anche se è una parolaccia, secondo il dizionario, un mercenario è una persona che svolge un'attività militare dietro pagamento: è quello che facciamo noi." E ancora: "Mettere la nostra vita in pericolo è il cuore del nostro business". Fabrizio Quattrocchi che, durante le riprese, ha accompagnato con Simeone e "Luigi", i giornalisti svizzeri, viene definito nel servizio come "il più discreto" tra gli interlocutori da essi incontrati durante la loro inchiesta in Iraq. Nelle immagini disponibili, Quattrocchi appare con un giubbotto antiproiettile indossato su una maglietta dello stesso colore di quella visibile nelle immagini diffuse dai suoi rapitori prima del suo assassinio.
[modifica] Il rapimento
Quattrocchi fu preso in ostaggio insieme ai colleghi Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio da militanti iracheni non identificati.
La situazione dell'Iraq in quel periodo era molto difficile. Il paese era stato liberato da un anno dalla dittatura di Saddam Hussein, ma era tutt'altro che pacificato. L'Italia aveva accettato di far parte della “coalizione dei volonterosi” guidata da Stati Uniti e Gran Bretagna, ed era presente con più di 3.000 militari in un'operazione di mantenimento della pace e di ricostruzione delle infrastrutture.
In Iraq erano giunte anche decine di migliaia di guardie, assunte da numerose compagnie private (contractors), sia americane che di altri Paesi, per affiancare gli eserciti regolari nelle operazioni di controllo del territorio e per la protezione del personale e delle installazioni civili e militari. Gli Stati Uniti, la forza capofila della coalizione, avevano fornito alle guardie le apposite credenziali e le avevano dotate delle armi, nel quadro dell’outsourcing (esternalizzazione) delle proprie attività sul territorio iracheno.
Le quattro guardie, quindi, benché assunte da una "compagnia di sicurezza" fondata da italiani (la Presidium Corporation) stavano operando al servizio dell'Esercito statunitense in Iraq, eludendo così - in ragione del loro status - gli obblighi legali stabiliti dalle convenzioni internazionali, cui sono invece legati per definizione i militari impegnati dalla potenza occupante. Per questo stato di cose, la situazione dei rapiti fu da subito ritenuta delicata e pericolosa.
Il reclutatore dei quattro rapiti, Giampiero Spinelli, socio della Presidium corporation, individuato come responsabile del loro invio in Iraq, è stato indagato dalla magistratura italiana ai sensi dell'art.288 del Codice Penale ("Arruolamento o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero")
I rapitori lanciarono all'Italia un ultimatum: chiesero al Governo il ritiro delle truppe dall'Iraq, e le scuse per alcune frasi che avrebbero offeso l'Islam. L'ultimatum fu rifiutato. Cupertino, Agliana e Stefio furono liberati l'8 giugno 2004, dopo 58 giorni di prigionia.
[modifica] Il video dell'uccisione
Non sono mai stati chiariti i motivi per cui i rapitori decisero di uccidere Fabrizio Quattrocchi, lasciando in vita i suoi colleghi, ma si conoscono i suoi ultimi momenti di vita, registrati su video. Nel giugno del 2004 il quotidiano londinese Sunday Times ha pubblicato un'intervista con un iracheno che si è dichiarato membro del gruppo di rapitori dei quattro italiani. Il suo nome di battaglia è Abu Yussuf. Yussuf ha dichiarato di aver girato personalmente il video dell'uccisione dell'italiano.
Secondo Yussuf, Quattrocchi, ormai consapevole del suo destino, avrebbe chiesto perché intendevano ucciderlo. “Per chiedere al governo italiano di ritirare le truppe”, sarebbe stata la risposta. L'italiano avrebbe replicato: “Non accadrà niente, noi ostaggi non significhiamo nulla in questioni come questa. Non ritireranno le truppe”. I rapitori di Quattrocchi lo costrinsero a inginocchiarsi in una fossa, bendato e con le mani legate. Il racconto di Yussuf prosegue: “Quattrocchi mi disse: 'Tu che parli italiano, concedimi un desiderio, toglimi la benda e fammi morire come un italiano'. Voleva guardarci negli occhi mentre gli sparavamo”. Ma mentre reiterava la richiesta di togliere la benda, l'ostaggio fu colpito mortalmente alla testa. Secondo Yussuf “Quattrocchi fu ucciso con la sua pistola, ma con una pallottola irachena”. Secondo un'altra versione, diffusa in Italia anche da esponenti del governo allora in carica e della maggioranza che lo sosteneva, la vittima domandò di potersi liberare del panno che ne avvolgeva il capo e disse "Adesso vi faccio vedere come muore un italiano".
Successivamente il video dell'uccisione fu spedito alla tv del Qatar Al Jazeera, che si è sempre rifiutata di consegnarla alle autorità italiane, sostenendo che fosse "troppo macabro". Stando alla versione di Yussuf, per liberare gli altri tre ostaggi furono pagati 4 milioni di dollari. La versione ufficiale della liberazione di Cupertino, Agliana e Stefio parla invece di un blitz incruento da parte delle truppe americane.
[modifica] Ritrovamento dei resti
A seguito di una trattativa condotta anche tramite la Croce Rossa italiana in Iraq, i resti di Fabrizio Quattrocchi sono stati ritrovati il 21 maggio 2004 nelle vicinanze dell'ospedale gestito a Baghdad dalla CRI da un intermediario con il quale erano entrati in contatto esponenti del consiglio degli Ulema.
Prima del trasferimento della salma in in Italia, l'esito di esami sul DNA eseguito dal Reparto Investigazioni Scientifiche (RIS), in poche ore, su campioni biologici provenienti dalla salma confrontati inviati a Roma tramite plico diplomatico con il bulbo di un capello ritrovato in un casco da motociclista lasciato dalla vittima a Genova avrebbe confermato, già il 23 maggio 2006, che le spoglie fatte rinvenire fossero proprio quelle di Quattrocchi. Il giorno successivo ulteriori test effettuati presso l'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Roma avrebbero fornito analoghi risultati.
Emergevano frattanto particolari macabri ed inquietanti: secondo i medici legali il corpo dell'ucciso sarebbe stato quasi certamente abbandonato e attaccato da animali, unica spiegazione plausibile per il fatto che il cadavere fosse del tutto ossificato a soli 40 giorni dalla morte. Tale tesi era inoltre supportata dalla mancanza di gran parte del cranio, delle braccia e delle costole e dalle profonde lacerazioni a carico degli indumenti indossati dalla vittima. A gettare un'ombra sulla versione ufficiale - che ha sempre parlato di un singolo colpo alla testa come causa della morte - la notizia, emersa dalle dichiarazioni degli anatomopatologi incaricati, che i colpi sarebbero stati due, uno al torace e l'altro alla testa.
Tuttavia, il 25 maggio, poco dopo l'arrivo dei poveri resti dell'ucciso a Roma, la famiglia Quattrocchi bloccava il trasferimento a Genova della bara contenente i poveri resti del loro congiunto; l'avvocato Aurelio Di Rella spiegava che "la famiglia chiede che la salma non venga trasferita a Genova sino a definizione degli accertamenti e non comprende le ragioni della fretta con la quale si sta operando". Dopo ulteriori esami, conclusi il 27 maggio, che confermavano l'identità del cadavere, i funerali si sono svolti, in forma solenne, il 29 maggio nella cattedrale di Genova.
[modifica] Il conferimento della Medaglia d'oro
Molti commentatori hanno riconosciuto il coraggio e la dignità di Fabrizio Quattrocchi ed il suo gesto contribuì a screditare ulteriormente i suoi assassini, volgendo contro essi gli effetti propagandistici che essi intendevano trarre a proprio vantaggio tramite la sua esecuzione sommaria. Qualcuno, in Italia, ha persino invocato un parallelismo tra Quattrocchi ed Ettore Fieramosca, che nella Disfida di Barletta difese l'onore dell'Italia dalle accuse del francese La Motte. La destra italiana, in particolare Alleanza Nazionale, partito del quale sembra il Quattrocchi fosse simpatizzante, ne fece immediatamente un eroe, richiedendo con insistenza una decorazione alla sua memoria.
L'allora Ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini dichiarò: "È morto da eroe". Con decreto del 13 marzo 2006, su proposta del Ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi ha conferito la Medaglia d'oro al valor civile alla memoria di Fabrizio Quattrocchi con la seguente motivazione:
«Vittima di un brutale atto terroristico rivolto contro l'Italia, con eccezionale coraggio ed esemplare amor di Patria, affrontava la barbara esecuzione, tenendo alto il prestigio e l'onore del suo Paese. 14 aprile 2004 - Iraq» [1].
[modifica] Critiche
Il conferimento della medaglia prima delle elezioni politiche del 2006 ha suscitato polemiche da parte di esponenti politici e dei congiunti dei militari italiani caduti in servizio a Nassiriya, non insigniti di una decorazione di pari prestigio. Tra questi, Maria Cimino, madre del Caporal maggiore capo scelto Emanuele Ferraro, dell'Esercito Italiano, la quale ha protestato verso il Presidente Ciampi per la disparità di trattamento riservato a Fabrizio Quattrocchi e ai caduti di Nassiriya [2]. Analoga protesta è giunta dal figlio del brigadiere dei Carabinieri Domenico Intravaia, caduto nell'attentato di Nassiriya [3], e da Paola Cohen Gialli, vedova del maresciallo dei Carabinieri Enzo Fregosi, ucciso nell' attentato del 12 novembre 2003 che ha dichiarato: «A noi non interessa il lato finanziario della vicenda perché non vogliamo la medaglia d'oro per ottenere il vitalizio, ma per avere un riconoscimento perenne a chi è morto mentre serviva il proprio Paese e contribuiva a far rinascere la democrazia in Iraq. Ai nostri carabinieri non è stato dato niente e a Quattrocchi la medaglia d'oro. È un'assurdità» [4] [5].
I congiunti dei militari caduti a Nassirya hanno percepito come insufficiente ed artificiosa la "Croce d'Onore", loro attribuita, una decorazione istituita per l'occasione. Solidarietà a tale posizione dei familiari dei caduti di Nassiriya è giunta anche dalla vedova di Nicola Calipari [6] [7].
Si consideri poi che la Croce d'Onore non è neppure presente tra le decorazioni elencate presso il sito del Quirinale dedicato alle Onorificenze italiane, né i cognomi dei caduti di Nassiriya sono inclusi tra i titolari d'onorificenze contenuti nel catalogo online che raccoglie persino le centinaia di cittadini insigniti del titolo di cavaliere del lavoro.
A questo proposito occorre però ricordare che (Regio Decreto 4 novembre 1932 n. 1423 e la Legge 2 gennaio 1958 n. 13) le ricompense al valor Militare e Civile sono destinate a premiare "atti di insigne o eccezionale coraggio".
La mancanza della condizione di "atto di coraggio" impedisce oggi l'assegnazione della medaglia al valore ai caduti di Nassiriya ma non, per i loro ultimi gesti, a Quattrocchi o Calipari. Solo una modifica legislativa potrebbe, in futuro, consentirlo.
[modifica] Curiosità
La Gulliver's band ha dedicato a Fabrizio Quattrocchi una canzone.
[modifica] Collegamenti esterni
- Esclusiva inchiesta video della Televisione Svizzera (in italiano, bassa definizione) prodotta dalla SRG SSR idée suisse, nella quale è documentata anche l’attività del gruppo di cui faceva parte Fabrizio Quattrocchi, che appare, vivo ed impegnato come guardia privata, filmato dall'equipe della trasmissione di approfondimento giornalistico "Falò" pochi giorni prima di essere sequestrato ed ucciso dalla guerriglia irachena (13/05/2004)].
- La stessa inchiesta della Televisione Svizzera, in alta definizione.
- Il Corriere della Sera sulla messa in onda del video (10/01/2006)