Enrico Fermi
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Enrico Fermi (Roma, 29 settembre 1901 – Chicago, 28 novembre 1954) è stato un fisico italiano del XX secolo, tra i più noti al mondo, principalmente per i suoi studi teorici e sperimentali nell'ambito della meccanica quantistica. Sono celebri, tra l'altro, la sua teoria del decadimento β, la statistica quantistica di Fermi-Dirac, i risultati concernenti le interazioni nucleari dei neutroni (che gli valsero il Premio Nobel per la fisica nel 1938), la scoperta di nuovi elementi radioattivi (il fermio è così chiamato in suo onore)..
Enrico Fermi inoltre progettò e guidò la costruzione del primo reattore nucleare a fissione, che produsse la prima reazione nucleare a catena controllata. Fu, inoltre, uno dei direttori tecnici del Progetto Manhattan, che portò alla realizzazione della bomba atomica. È stato inoltre il primo ad interessarsi alle potenzialità delle simulazioni numeriche in ambito scientifico, nonché l'iniziatore di una fecondissima scuola di fisici, sia in Italia, sia negli Stati Uniti d'America.
Portano inoltre il suo nome i fermioni (particelle con spin semi-intero), l'unità di misura del fermi (equivalente a 10 − 15 metri), l'acceleratore Fermilab; il dipartimento di fisica della University of Chicago dove era solito lavorare è ora conosciuto come The Enrico Fermi Institute. Il Riconoscimento Presidenziale statunitense Enrico Fermi fu stabilito nel 1956 in memoria dei suoi successi e della sua statura di grande uomo di scienza.
Tra i numerosi premi ricevuti da Enrico Fermi, vi è anche il Premio Nobel per la fisica, per la sua identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scoperta delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti. Gli è stato inoltre dedicato un cratere sulla Luna.
L'attività vulcanica di Fermi si è manifestata in molti campi della fisica, ed egli è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi scienziati di sempre.
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[modifica] Biografia
Fermi fin da piccolissimo mostrò di possedere una memoria eccezionale, oltre ad una grande intelligenza, che gli permisero di primeggiare negli studi. Fin dall'infanzia fu inseparabile da suo fratello maggiore Giulio, di un anno più grande. Nel 1915 Giulio morì nel corso di un'operazione chirurgica per rimuovere un ascesso della gola. Enrico, profondamente addolorato, si gettò nello studio della fisica come modo per lenire il suo dolore e completò il ginnasio con un anno di anticipo (Liceo Umberto Primo di Roma, oggi Liceo Ginnasio di Stato Pilo Albertelli).
Ad un mercato di Roma, Fermi trovò un trattato in 700 pagine di matematica e fisica scritto nel '800 da un gesuita. Lo studiò tutto e scrisse pure commenti a lato di ogni pagina.
Un amico di famiglia, Adolfo Amidei, guidò la formazione di Fermi in algebra, trigonometria, geometria analitica, calcolo e meccanica. Amidei suggerì anche a Fermi di non frequentare l'Università di Roma, ma di iscriversi piuttosto alla prestigiosa Scuola Normale Superiore di Pisa, una università per studenti selezionati molto brillanti. L'esaminatore alla Scuola Normale ritenne che l'esame d'ammissione (che fu perfetto) del diciassettene Fermi fosse in realtà più adatto ad un esame per un dottorato. L'esaminatore interrogò Fermi e gli disse che sarebbe diventato un grande scienziato. Il suo libretto universitario è una sfilza di trenta e trenta e lode.
Nel 1918 frequentò l'università a Pisa dove si laureò nel 1922. Nel 1923 Fermi trascorse sei mesi a Göttingen alla scuola di Max Born, ma non si trovò a suo agio con lo stile eccessivamente teorico e formale della principale scuola di fisica quantistica dell'epoca. Nel 1925 andò a Leida, in Olanda, per incontrare Paul Ehrenfest, e qui ebbe modo di incontrare anche Einstein. Fermi occupò la cattedra di fisica teorica (il primo corso a Roma, creato per lui dal professor Orso Maria Corbino, direttore dell'Istituto di Fisica). Corbino lavorò parecchio per aiutare Fermi a selezionare il suo gruppo di lavoro, nel quale confluirono presto menti del calibro di Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo, Franco Rasetti, Emilio Segre. Anche Ettore Majorana prese parte a quello che fu soprannominato il gruppo dei "Ragazzi di via Panisperna" (dal nome della strada nella quale erano ubicati i laboratori; ora fa parte del complesso del Viminale, e del Ministero dell'Interno).
Il gruppo andò avanti coi suoi famosi esperimenti fino al 1933, quando Rasetti lasciò l'Italia per il Canada e poi per gli Stati Uniti, Pontecorvo andò in Francia e Segrè preferì andare ad insegnare a Palermo.
Fermi rimase a Roma fino al 1938, quando fu insignito del Premio Nobel; il Fascismo aveva appena promulgato le leggi razziali, così Fermi (la cui moglie Laura Capone era di religione ebraica) dopo aver ritirato il premio, nel quale incontrò ulteriormente le ostilità del fascismo per non aver salutato con il gesto romano e non aver indossato la camicia nera, emigrò immediatamente a New York con sua moglie e i suoi figli e cominciò a lavorare alla Columbia University.
Dopo l'arrivo alla Columbia verificò gli esperimenti iniziali di Hahn e Strassman sulla fissione nucleare, con l'aiuto di Dunning e Booth e cominciò la costruzione della prima pila nucleare.
Fermi ricordò l'inizio del progetto in un discorso tenuto nel 1954 quando si pensionò da Presidente della Società Americana di Fisica:
«Ricordo vividamente il primo mese, il Gennaio 1939, cominciai a lavorare ai laboratori Pupin e tutto quanto cominciò ad accadere molto velocemente. In quel periodo, Niels Bohr era stato chiamato per una serie di conferenze a Princeton e ricordo che un pomeriggio Willis Lamb tornò da una di esse davvero entusiasta e disse che Bohr si era lasciato sfuggire di bocca novità importantissime: la scoperta della fissione nucleare e a grandi linee la sua interpretazione del fenomeno. Poi, ancora più avanti lo stesso mese, ci fu un incontro a Washington dove fu valutata la possibile applicazione del fenomeno della fissione appena scoperto come arma nucleare.»
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Dopo la famosa lettera di Albert Einstein del 1939 (redatta da Leo Szilard) al Presidente Roosevelt nella quale, di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista, veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica, la Marina stabilì un fondo di 6.000 dollari per la Columbia University, fondo che fu incrementato per il Progetto Manhattan e per il lavoro di Fermi.
Nel suo saluto all'APS disse anche:
«Bene, arriviamo a Pearl Harbor. A quel tempo lasciai la Columbia University, e dopo alcuni mesi di andirivieni fra Chicago e New York, mi stabilii a Chicago per continuare là il lavoro, e da allora in avanti, con rare eccezioni, il lavoro alla Columbia si concentrò sulla fase del progetto dell'energia atomica iniziato da Booth, Dunning e Urey intorno al 1940 inerente la separazione degli isotopi.»
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Fermi fu un uomo estremamente brillante, dalla inusuale elasticità mentale e senso comune. Fu un teorico veramente dotato di talento, come dimostra la sua teoria sul decadimento dei raggi beta. Ebbe lo stesso talento anche sul lavoro in laboratorio, lavorando velocemente e con un grande intuito. Giustificò la sua velocità in laboratorio che lo portò al Nobel, dicendo che le stesse scoperte a cui lui era arrivato, presto sarebbero state fatte da qualcun altro, e lui era semplicemente arrivato prima.
Quando propose il suo famoso studio sul decadimento dei raggi beta alla prestigiosa rivista Nature, l'editore della rivista lo respinse perché "conteneva speculazioni che erano troppo distanti dalla realtà". Per questo, Fermi vide la sua teoria pubblicata in italiano e in tedesco prima che fosse pubblicata in inglese.
Non dimenticò mai di essere un precursore dei suoi tempi, ed era solito dire ai suoi allievi preferiti: "Non siate mai i primi, cercate di essere secondi".
Il 29 novembre 1954 Fermi morì di cancro allo stomaco a Chicago, Illinois. Aveva 53 anni. Di lui Eugene Wigner scrisse: "10 giorni prima che Fermi morisse mi disse: ‘Spero che non duri molto. Si è riconciliato perfettamente col suo destino’.
Il prof. Edoardo Amaldi ebbe a dire durante la commemorazione tenuta a classi riunite il 12 marzo 1955 dall'Accademia dei Lincei:
[modifica] Curiosità
[modifica] La scoperta della radioattività artificiale indotta da neutroni
Non sono rari i casi in cui scoperte ed invenzioni sono il frutto del "caso fortuito" sotto il quale si cela l'intuizione, la creatività e l'ispirazione dell'autore.
Tra i tanti episodi di cui è costellata la storia della scienza uno dei meno noti, ma anche dei più eclatanti, coinvolse Enrico Fermi durante le sue ricerche condotte a Roma nel 1934 presso l'Istituto di Via Panisperna sulla radioattività artificiale indotta da neutroni.
L'esperimento consisteva nel bombardare con neutroni un bersaglio costituito da un campione di argento interponendo tra la fonte ed il bersaglio un cuneo di piombo allo scopo di distinguere i neutroni "assorbiti" da quelli "diffusi".
La mattina del 20 ottobre tutto era predisposto per iniziare l'esperimento. Fermi si trovava da solo nel laboratorio mentre i suoi collaboratori ed allievi erano impegnati in lezioni e sessioni d'esame. Impaziente ed irrequieto com'era, decise di avviare subito le procedure previste ma un istante prima di iniziare ebbe un'ispirazione e, senza un'apparente motivazione, sostituì il cuneo di piombo con un pezzo di paraffina.
I risultati, e cioè l'induzione di radioattività artificiale, furono straordinari, ben oltre ogni più rosea previsione e del tutto inaspettati e, per il momento, incomprensibili. Fu chiaro in seguito che il successo dell'esperimento si doveva alla paraffina, sostanza ricca di idrogeno, cioè di protoni, che "rallentavano" i neutroni incidenti amplificando la loro efficacia nel determinare la radioattività artificiale. L'esperimento fu ripetuto, per conferma, sostituendo la paraffina con acqua, anch'essa ricca di protoni, ottenendo gli stessi risultati clamorosi.
L'eccezionalità dell'evento risiede nel fatto che secondo le teorie allora conosciute la radioattività artificiale si sarebbe dovuta ottenere interponendo il piombo e non certo una sostanza come la paraffina. Perché allora Fermi utilizzò proprio questa senza avere una minima ipotesi teorica? Perché ebbe un'intuizione così apparentemente bizzarra?
Neppure il grande scienziato seppe trovare una risposta e certamente la persona più sorpresa di quella modifica fu proprio lui.
Così Subrahmanyan Chandrasekhar, il famoso fisico teorico di origine indiana, ricorda la conversazione che ebbe con Fermi a questo proposito:
Questo episodio colpisce perché dimostra che talvolta le nostre decisioni sono prese contro ogni evidenza e razionalità, sulla base di una intuizione, di una premonizione, di un'ispirazione improvvisa. Non sempre ciò conduce ad una scoperta scientifica meritevole di un premio Nobel; più spesso questi avvenimenti si verificano nelle piccole cose della nostra vita quotidiana e quando accadono la nostra mente si illumina e la verità appare improvvisamente di fronte a noi in tutta la sua chiarezza, la sua semplicità e la sua ovvietà, lasciandoci attoniti e meravigliati.
[modifica] Voci correlate
- CEP, "Il primo calcolatore italiano"
- Paradosso di Fermi: dove sono le civiltà extraterrestri?
[modifica] Bibliografia
- Michelangelo de Maria (Aprile 1999). "Fermi - un fisico da Via Panisperna all'America". Le Scienze 8.
- Emilio Segrè. Enrico Fermi - fisico. Bologna, Zanichelli, 1976.
- Laura Fermi. Atomi in famiglia. Milano, Mondadori, 1954.
[modifica] Altri progetti
- Commons contiene file multimediali su Enrico Fermi
- Wikiquote contiene citazioni di o su Enrico Fermi
[modifica] Collegamenti esterni
- Un archivio fotografico di Fermi e dei "ragazzi di via Panisperna".
- Raccolta di saggi su Fermi. Autori prestigiosi.
- (EN) Nobelprize.org Pagina del sito ufficiale del Premio Nobel