Enrico Cialdini
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Enrico Cialdini (Castelvetro di Modena, 8 agosto 1811 - Livorno, 8 settembre 1892) è stato un generale italiano.
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[modifica] Gli esordi e l'esilio
Nativo di Castelvetro di Modena, studiò medicina fino al 1831 quando, coinvolto nei moti di rivolta dei ducati e delle Romagne, fu costretto ad emigrare prima in Francia poi in Portogallo. Combatté contro i Carlisti in Spagna, come il conterraneo Manfredo Fanti, col grado di colonnello. Il Cialdini, d'altra parte, era di madre (Luigia Santyan y Velasco) e moglie (Maria Martinez de Leon) spagnole.
[modifica] La guerre di indipendenza
Rientrato in Italia nel 1848, nel corso della Prima guerra d'indipendenza servì sotto il generale Durando e i pontifici alla battaglia di Monte Berico (Vicenza) dove viene ferito. Rimasto nell'esercito piemontese, partecipò al corpo di spedizione italiano alla guerra di Crimea col grado di generale.
Nel corso della Seconda guerra d'indipendenza fu a Palestro nel 1859 e l'anno successivo all'assedio di Ancona venendo promosso a Generale d'armata il 6 ottobre 1860. Proseguendo a sud fu comandante all'assedio di Gaeta, al termine del quale gli venne conferito il titolo di Duca di Gaeta.
Nel corso della Terza guerra d'indipendenza ebbe il comando di una delle due armate italiane, quella schierata a sud del Po verso Mantova e Rovigo. Per tutta la prima parte della guerra non assunse alcuna posizione offensiva, limitandosi a dimostrazioni, sino a neppure iniziare l'assedio della fortezza austriaca di Borgoforte, a sud del Po. Dopo che il capo di Stato Maggiore generale Alfonso La Marmora era stato sconfitto dagli austriaci a Custoza, al Cialdini venne affidato il grosso dell'esercito e seppe guidare l'avanzata italiana dal Po di Ferrara ad Udine.
[modifica] La lotta contro il brigantaggio
Nell'agosto 1861 il Cialdini venne inviato a Napoli, con poteri eccezionali per affrontare l'emergenza del brigantaggio. Egli seppe rafforzare il partito sabaudo, arruolando militi del disciolto esercito meridionale del Garibaldi, e perseguendo il clero e i nobili legittimisti. In una seconda fase, comandò una dura repressione messa in atto attraverso un sistematico ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni contro interi centri abitati: cannoneggiamento di Mola del 17 febbraio 1861, eccidio di Casalduni e Pontelandolfo, nell'agosto 1861. L'obiettivo strategico consisteva nel ristabilire le vie di comunicazioni e conservare il controllo dei centri abitati. Gli strumenti a sua disposizione venivano, nel frattempo, incrementati, con l'istituto del domicilio coatto (sul modello delle deportazioni bonapartistiche) e la la moltiplicazione delle taglie. Le forze a sue disposizione consistevano in circa ventiduemila uomini, presto passate a cinquantamila unità nel dicembre del 1861. A cavallo degli anni 1862 e 1863 le truppe dedicate alla repressione vennero aumentate sino a centocinquemila uomini (circa i due quinti delle forze armate italiane del tempo) ed il Cialdini poté riassumere l'iniziativa, giungendo a eliminare le grandi bande a cavallo ed i loro migliori comandanti e, soprattutto, ad estinguere il cosiddetto "focolaio lucano"
Con l'azione del Cialdini il brigantaggio aveva raggiunto il risultato strategico principale, cancellando le premesse per una possibile sollevazione generale delle provincie meridionale: la resistenza non è ancora terminata, ma è venuto meno qualsiasi carattere di azione collettiva, si è affievolito l'appoggio popolare. La resistenza degenera, sempre più spesso, in mero banditismo. Solo nel 1867, infatti, Francesco II delle Due Sicilie sciolse il governo borbonico in esilio, e solo nel gennaio 1870, il governo italiano sopprime le zone militari nelle province meridionali, sancendo così la fine ufficiale del brigantaggio.
[modifica] La carriera politica
Eletto deputato al primo (1860) ed al secondo (1861) parlamento italiano nella circoscrizione di Reggio Emilia, nel 1864 venne nominato senatore da Vittorio Emanuele II di Savoia.
Nel 1869, venne nominato da Vittorio Emanuele II ambasciatore speciale in Spagna, al fine di favorire un esponente della Casa Savoia al trono vacante successione spagnola del 1870. Il tentativo ebbe successo il 6 novembre del 1870, quando le cortes designarono Amedeo d’Aosta quale nuovo re di Spagna, con il titolo di Amedeo I di Spagna.
Alla caduta di Amedeo, l'11 febbraio del 1873, il Cialdini passò ad ambasciatore italiano in Francia fino al 1881.
[modifica] Esito
Nel 1881 prese definitivo congedo dalla vita politica. Morì nel 1892.
A distanza di più di cent'anni il ricordo del generale è ancora diviso: per le sue feroci azioni repressive contro il brigantaggio viene considerato, non certo da oggi, un criminale di guerra. Ma d'altra parte non gli si può negare il merito di esser stato uno dei pochi generali italiani che abbiano dato eccellente prova di sé in tutte le numerose guerre che hanno costellato il Risorgimento italiano.