Balestrieri genovesi
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Sotto le insegne |
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Distintisi in molte battaglie, sia a difesa della Repubblica di Genova, che come mercenari al soldo di altre nazioni, i balestrieri genovesi furono uno dei Corpi Scelti più celebri del Medioevo, essendo stimati e schierati in battaglia da molti eserciti.
Utilizzando la balestra, costruita dai "Balistai" della Repubblica, i balestrieri genovesi potevano essere utilizzati sia sulla terra (durante gli assedi ma anche in battaglie campali), che durante le battaglie navali come nella Battaglia della Meloria e in quella di Curzola. I balestrieri venivano reclutati da ogni parte della liguria, e allenati nel capoluogo, dove potevano approfondire l'arte bellica in questa potente arma, antenato del fucile.
Oggi il gruppo storico "Balestrieri del Mandraccio" rievoca periodicamente con costumi e manifestazioni di abilità, i fasti di questo corpo militare.
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[modifica] Equipaggiamento e note tattiche
Il Balestriere genovese utilizzava una balestra chiamata "Manesca" per via della sua maneggevolezza che consentiva l'utilizzo anche in condizioni di instabilità come sulla pavesata di una nave (ovvero il muro di scudi utilizzato per proteggere le fiancate dove stazionavano i balestrieri). Erano equipaggiati inoltre con una daga, un elmo leggero in metallo, una gorgera, una cotta di maglia e un grande scudo, il pavese, usato riparo durante le fasi di ricaricamento delle armi. Sembra che il tessuto utilizzato per le tuniche dei balestrieri, altro non fosse che l'antenato del moderno jeans (vedi anche sull'articolo: Genova). Ogni balestriere doveva portare almeno 20 quadrelli con sè (con punizioni in caso di mancanza), e ogni galea genovese, in tempi di guerra, ne doveva avere a bordo almeno 4, i quali erano esentati dai compiti di bordo.
I Balestrieri venivano assoldati in compagnie da qualche centinaio di membri a poche migliaia; avevano un comandante, in genere un rappresentante di una delle nobili famiglie genovesi, che era responsabile del loro coordinamento in battaglia. Egli concordava con il Generale il posizionamento delle truppe: era preferibile schierare i balestrieri su un terreno asciutto (la balestra per essere ricaricata, andava piantata nel terreno per azionare la manovella o la leva che issava la corda in posizione), possibilmente sopraelevato e senza ostacoli tra i balestrieri e il nemico; infatti a differenza degli archi che potevano usufruire del tiro parabolico, le balestre potevano colpire un nemico soltanto in linea retta. Qualora non vi fossero terreni più alti, spesso i balestrieri dovevano essere schierati in prima fila, per potere colpire. Durante le fasi di caricamento, che erano lunghe a volte più di un minuto, essi si riparavano dietro al grosso scudo pavese, piantato nel terreno o retto da uno scudiero. Questo impaccio rendeva particolarmente difficile ai balestrieri una brusca ritirata, per cui un condottiero doveva utilizzare questo corpo con perizia per evitarne la rotta. In genere dopo alcune scariche di quadrelli, la compagnia poteva ritirarsi con calma nelle retrovie, o venire oltrepassata da altre truppe terrestri. Dopodiché essa avrebbe potuto ricollocarsi in un'altra zona del campo di battaglia per insidiare nuovamente il nemico.
Spesso i contratti con i balestrieri genovesi erano molto specifici, ed avevano clausole, come il combattere in determinate condizioni climatiche, o per un certo lasso di tempo. Si malignava che la proverbiale avarizia dei genovesi si manifestasse anche in questi frangenti, quando i loro comandanti si rifiutavano di combattere per un solo minuto di più rispetto al patuito. Non si hanno però notizie certe di questi comportamenti, e anzi la Repubblica li inviò spesso a sue spese in aiuto agli alleati.
Si parla addirittura di casi in cui ambedue gli eserciti schierassero balestrieri genovesi, specialmente se di compagnie appartenenti a famiglie rivali.
Le balestre potevano colpire e uccidere nemici corazzati a distanza di centinaia di metri (da qui si spiega l'avversione della nobiltà per quest'arma, che consentiva di perforare anche le pesanti armature della cavalleria), e vedere un vessillo di San Giorgio elevarsi dal campo di battaglia, costringeva spesso gli eserciti nemici a cambiare strategia per evitare questa minaccia.
[modifica] Storia
Il primo "banco di prova" sulla scena internazionale fu probabilmente nella prima Crociata, quando il comandante del contingente genovese Guglielmo Embriaco detto Testadimaglio li utilizzò nell'assedio di Gerusalemme, per eliminare i pericolosi arcieri mammelucchi, prima di utilizzare due torri d'assedio, ottenute con il fasciame delle navi che i genovesi avevano utilizzato per giungere in Terra Santa. Il periodo di massimo splendore di questo corpo militare coprì un arco di tempo che andò dal dodicesimo al sedicesimo secolo.
Numerose furono le rappresaglie di alcuni monarchi, dovute alle ingenti perdite che subivano le loro truppe ad opera dei balestrieri, ma non solo: l'imperatore Federico II di Svevia fece mutilare i prigionieri perché non potessero più tirare. Federico era furente per via di una sortita che nel 1247 aveva visto protagonisti 600 balestrieri che avevano in tal modo rotto l'assedio imperiale di Parma.
Durante la battaglia di Crécy (1346) durante la guerra dei cent'anni, 6000 balestrieri liguri furono schierati dai francesi in prima linea. Colpiti dalle frecce lanciate dal poderoso arco lungo inglese, arma di gittata superiore alla balestra, e vista la difficoltà di combattere dopo una forte pioggia (le corde delle balestre erano fradice), il comandante dei balestrieri, Otone Doria, fece ritirare le sue truppe: la manovra fu accolta come segno di diserzione dal re Filippo VI di Francia che mandò i suoi cavalieri alla carica, nella speranza di colpire velocemente gli arcieri inglesi, non curante dei balestrieri genovesi sul tragitto della cavalleria. Per di più la retroguardia francese era formata da coscritti senza alcuna esperienza, che spinsero ulteriormente i cavalli, fino a travolgere ed uccidere la quasi totalità dei balestrieri, compreso il loro Capitano. Gli inglesi approfittando del caos generato, vinsero rapidamente la battaglia, che si concluse con un massacro dei transalpini. A salvare le sorti della Francia ci provò anni dopo Giovanna d'Arco.
Nonostante questa sconfitta (che dipese dai gravissimi errori tattici francesi), i balestrieri genovesi rimasero utilizzati come mercenari anche secoli dopo l'introduzione della polvere da sparo.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Bibliografia
- Per una bibliografia dettagliata su Genova vedi Genova/Bibliografia
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