Australopithecus afarensis
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Australopithecus afarensis | |||||||||||||||||||||
Lo scheletro di "Lucy" |
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Classificazione scientifica | |||||||||||||||||||||
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L'Australopithecus afarensis è una specie, ora estinta, di Ominidi del genere Australopithecus. La specie fu identificata a seguito di una serie di ritrovamenti di fossili nella regione di Afar in Etiopia da parte di Donald Johanson e della sua squadra, nella prima metà degli anni Settanta.
Nel 1973 Donald Johanson rinvenne i resti del corpo di un Australopithecus, (dal latino auster, "sud", e dal greco pithecos, "scimmia")comprendenti parti di entrambi le gambe, inclusa una articolazione, risalente a 3,4 milioni di anni fa. Originariamente sembra che il ritrovamento riguardasse un bambino, ma successivamente si scoprì che si trattava di un individuo adulto.
Indice |
[modifica] Lucy
Il 30 novembre 1974, ad Afar, in Etiopia, Donald Johanson e Tom Gray rinvennero i resti di un esemplare di femmina adulta, che venne chiamata Lucy, dell'età apparente di 25 anni, vissuta almeno 3,2 milioni di anni fa.
I resti comprendevano il 40% dello scheletro. Particolarmente importanti l'osso pelvico, il femore e la tibia perché la loro forma lascia pensare che questa specie fosse bipede. Lucy, così chiamata dai suoi scopritori in onore della canzone Lucy In The Sky With Diamonds dei Beatles, in amarico è "Dinqinesh" e significa Tu sei meravigliosa. Il suo nome in codice è A.L. 288. Era alta 1,07 metri, piuttosto piccola per la sua specie, e pesava 28 kg. Questa piccola donna ha denti simili a quelli umani, ma il cranio è ancora scimmiesco. Morì sulle rive di una palude, probabilmente di sfinimento, e miracolosamente nessun predatore ne sbranò i resti, disperdendone le membra, così che il corpo, sommerso dal fango, nel corso dei millenni si solidificò fino a diventare roccia. Dopo milioni di anni il suo scheletro è ritornato alla luce intatto e ci offre una preziosa testimonianza sulla costituzione fisica degli ominidi di quel periodo. Pur essendo perfettamente adatta alla camminata bipede, conduceva ancora una vita in parte arbicola. Si può pensare che salisse sugli alberi per cercare rifugio dai predatori o per trascorrere la notte. Era più piccola del maschio. Si pensa che avesse una vita sociale e vivesse in un gruppo formato da adulti e bambini. I suoi denti erano adatti a un'alimentazione onnivora, basata sulla raccolta di vegetali e la cattura di insetti e lucertole.
[modifica] Ritrovamenti successivi
Nel 1975 fu fatto un altro ritrovamento più consistente. Si trattava di 13 individui differenti di tutte le età, risalenti ad almeno 3,2 milioni di anni. Le dimensioni di questi esemplari variavano considerevolmente, al punto tale da indurre alcuni scienziati a pensare che si trattasse di due o tre specie diverse. Donald Johanson, diversamente, sostenne che tutti i fossili appartenevano alla stessa specie, in cui il maschio è molto più grande della femmina. Altri invece pensavano che l'esemplare più grande apparteneva ad una primitiva specie di Homo habilis.
Un scoperta interessante venne fatta nel 1978 da Paul Abell a Laetoli in Tanzania. Il ricercatore scoprì due serie di impronte, più una terza su cui vi sono delle incertezze, risalenti ad almeno 3,7 milioni di anni. Le due coppie di orme presentavano delle differenze sostanziali nelle dimensioni, fatto che secondo alcuni ricercatori, confermerebbe lo spiccato dimorfismo sessuale esistente negli Australophitecus. La falcata ci indica un altezza compresa tra il 1,2 m e 1,4 m. Alcuni paleontologi assegnarono le orme di Laetoli all'Australopithecus afarensis. Tra questi vi furono Suwa e White, che partendo dalle ossa dei preumani di Hadar, ricostruirono un piede in scala e trovarono che si adattava perfettamente alle orme. Per altri due paleontologi, Tobias e Clarke queste impronte erano compatibili con un piede il cui alluce era divaricato, simile a quello dell'Australopithecus africanus. Bisogna tener presente che il luogo in cui sono state rinvenute le orme è distante 1.500 km da Hadar. La formazione di questo "fossile indiretto" ebbe origine dalla sovrapposizione di una strato di cenere, formatosi dall'eruzione del vulcano Sadiman, su un terreno molto secco. Su questo agirono delle piogge molto fitte che conferirono alla superficie una straordinaria plasticità, necessaria affinché ne rimanesse il calco una volta calpestata. Sotto l'azione del sole il terreno subì un processo di essiccazione e solidificazione aumentato dalla presenza di carbonati nella polvere vulcanica.
Del 1991 è il ritrovamento di fossili riconducibili a l'Australopithecus afarensis avvenuto in Etiopia ad opera di Bill Kimbel e Yoel Rak. La loro età è di 3 milioni di anni. Si tratta di un teschio completo al 70% appartenente ad un grosso maschio adulto. Ad oggi è il più completo di questa specie. Il volume dell'endocranio è di 550 cc, molto grande rispetto agli altri crani ritrovati. Questa differenza così marcata fornirebbe un'ulteriore prova del loro dimorfismo sessuale.
[modifica] Settembre 2006: Selam
Selam, in amarico significa Pace. All'età della sua morte aveva solo tre anni.
È stata ritrovata proprio nel luogo in cui trovarono Lucy, a Dikika e per questo è indicata come la figlia di Lucy, anche se cronologicamente ciò è errato. Lucy ha soltanto 3,18 milioni di anni, rispetto ai 3,3 milioni di anni di Selam.
Fino ad ora lo scheletro infantile più 'datato' apparteneva all'uomo di Neanderthal (vissuto in Europa tra 130.000 e 30.000 anni fa) e per questo la scoperta di Selam è considerata di grande importanza tra i ricercatori.
Selam sapeva già camminare in posizione eretta, lo dimostrano le sue ginocchia. E ancora si arrampicava agilmente sugli alberi per raccoglierne i frutti, lo confermano spalle e dita.
La scoperta è avvenuta grazie alla collaborazione tra il tedesco Max Planck Institute e l'Università di Addis Abeba e in particolare a Zeresenay Alesmeged, da 5 anni attivo a Dikika, ricercatore etiope presso il Max Planck e autore della sua pubblicazione su Nature.
[modifica] Collegamenti esterni
[modifica] Voci correlate
- Australopithecus (genere)
- Paleoantropologia