Architettura del Settecento
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Nell'architettura del Settecento la forma può essere definita bella solo se strettamente connessa e motivata dall'uso.
Nel 1706 l'abate Louis-Gérard de Cordemoy, in Nouveau traité de toute l'Architecture, critica il puro impego ornamentale degli ordini architettonici, propugnado il ritorno al loro originale valore funzionale. L’architettura doveva tornare alle origini (sistema pilastro-trave come in Grecia e eliminare la volta e l'arco).
Dal 1750 convinzione della superiorità del mondo Greco rispetto a quello Romano e nuovo impulso dell’archeologia, nasce l’ideale di nobile semplicità (Johann Joachim Winckelmann).
Nel 1753 il gesuita francese Marc-Antoine Laugier in Essai sur l'Architecture, indentifica nell'incrocio trasversale delle travi della capanna, l'immagine pura dell'utile in architettura. Carlo Lodoli nelle sue lezioni veneziane pubblicate nel 1786, partendo dalle coeve teorie sulla funzionalità dell'architettura sviluppa il tema dei materiali impiegati e afferma che solo con la perfetta concordanza di questi con lo stile può produrre un manufatto «bello».
Carattere molto importante del movimento neoclassico è la sua dimensione internazionale. La prima vera ribellione contro il barocco si può osservare in Inghilterra dove vengono riprese molte architetture di Andrea Palladio (neopalladianesimo). La celebrazione del Palladio raggiunge il culmine con la pubblicazione delle sue opere ad opera di Lord Burlington nel 1730, e intorno al suo circolo si diffonde le idee che l'unica architettura basata sulle armonie delle lineee sul rispetto delle regole classiche, anche se in Inghilterra, a differenza del resto d'Europa dove la linea vincente sarà il neoclassicismo, trionferà il gusto neogotico.
