Antonino Pio (imperatore)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Tito Aurelio Fulvo Boionio Arrio Antonino Pio (19 settembre 86 - 7 marzo 161) fu Imperatore romano dal 138 al 161, il quarto dei cosiddetti cinque buoni imperatori.
Indice |
[modifica] Introduzione
Questo imperatore visse in un momento cruciale della storia di Roma: l'apogeo dell'impero o il secolo d'oro. Gli imperatori che regnarono durante questo secolo, prendono il nome proprio da quest'uomo e l'importanza del periodo sta nel fatto che, se le immense risorse di cui disponevano le casse imperiali, fossero state spese per migliorare i mezzi produttivi (investimenti nello sviluppo e nella ricerca riguardo i campi dell'agricoltura, dell'allevamento, dell'estrazione mineraria ecc.) probabilmente l'impero sarebbe stato in grado di fare quel salto di qualità da un'economia antica ad una protoindustriale, cosa che sarebbe stata impossibile nei secoli precedenti e successivi. Per riuscirci ci vorrà il crollo dell'impero e il medioevo. Antonino Pio regnò proprio a metà di questo secolo d'oro (138 - 161) ed è principalmente per questo motivo che la sua figura non può essere ridotta, come troppo spesso succede, a frasi semplicistiche come "l'imperatore più pacifico".
[modifica] Precedenti di Antonino
Era nato il 19 settembre dell'86, a Lanuvio (Lanuvium) nel Lazio, ma una parte della sua famiglia era originaria di Nimes (Nemausus). Famiglia illustre dopo tutto: un nonno (Tito Aurelio Fulvo) praefectus urbi e console due volte, l'altro (Arrio Antonino) proconsole d'Asia e anch'egli console due volte. Famiglia anche ricca: con fabbriche di mattoni nella regione romana e vaste proprietà in Italia, Antonino è uno dei più ricchi senatori della metà del secolo, una ricchezza che un matrimonio rinforzò anche di più (con Annia Galeria Faustina, Faustina Maggiore, figlia di Marco Antonio Vero). Antonino trascorse gli anni della giovinezza a Lorium (fra la Bottaccia e Castel Guido, a circa 12 miglia da Roma) e, dopo la morte del padre, i due nonni provvidero alla sua educazione, in particolare quello materno, che era amico di Plinio il giovane. Molto si ignora del suo cursus honorum prima di essere imperatore, salvo il suo consolato nel 120 (preceduto dal ricoprimento delle cariche di questore nel 111 e di pretore nel 116), la sua nomina tra i quattro consolari d'Italia, il suo proconsolato d'Asia (133 - 136) e la sua partecipazione al Consiglio imperiale.
[modifica] Successione
Gli ultimi anni di Adriano furono angustiati da una dolorosa malattia e dal problema della successione. Dione riporta l'episodio, non necessariamente vero, di una conversazione al tavolo da pranzo in cui si fecero i nomi di dieci possibili successori (Dione Cassio LXIX, 17), tra i quali sembra che Adriano avesse scelto Lucio Giulio Urso Serviano. Serviano aveva più di novant'anni, ma aveva sposato la sorella di Adriano, e il loro nipote, Gneo Pedanio Fusco Salinatore, allora diciottenne, era l'unico parente di sangue di Adriano. Ma non c'è nessuna prova che Adriano abbia considerato di farlo suo erede, e Serviano era chiaramente troppo vecchio. Quel che accadde poi, vera congiura o no, non possiamo dirlo, ma sia Serviano che Fusco vennero uccisi in circostanze che a molti senatori ricordarono l'affare dei quattro ex consolari all'inizio del regno. Adriano adottò allora uno dei consoli per il 136, Lucio Ceionio Commodo, che prese il nome di Lucio Elio Cesare. Ancora una volta, non sappiamo che cosa in particolare lo raccomandasse ad Adriano. In ogni caso, egli morì prima dell'imperatore, nell'ultima notte del 137, e la scelta di Adriano cadde ora su un certo Tito Aurelio Fulvio Boionio Arrio Antonino, che a sua volta adottò il giovane figlio di Lucio Elio Cesare (che divenne Lucio Aurelio Commodo) ed il nipote di sua moglie (che sarebbe stato noto come Marco Aurelio Vero, il futuro imperatore Marco Aurelio, a quel tempo diciassettenne, le cui qualità sembrano aver attirato l'attenzione di Adriano). È in effetti possibile che il motivo per cui egli aveva scelto Antonino tra gli altri candidati senatori fosse precisamente la sua parentela con Marco Aurelio, che forse Adriano già vedeva come suo definitivo successore.
[modifica] Antonino imperatore
[modifica] L'inizio
Antonino fu adottato da Adriano il 25 febbraio 138, ricevendo la potestà tribunizia e l'imperium; come d'accordo adottò a sua volta Marco Aurelio e Lucio Vero. Restò l'unico imperatore alla morte di Adriano, avvenuta il 10 luglio dello stesso anno. Uno dei primi atti ufficiali di governo (acta) fu la divinizzazione del suo predecessore, alla quale si oppose fieramente tutto il senato, che non aveva dimenticato che Adriano aveva diminuito l'autorità dell'assemblea e ne aveva mandato a morte alcuni membri. Alla fine si giunse ad un compromesso: il senato non si sarebbe opposto alla divinizzazione del defunto imperatore ma Antonino avrebbe abolito l'organo di governo dell'Italia formato dai quattro giudici circoscrizionali. Per aver cercato un accordo con il senato (l'imperatore se voleva poteva mettere a tacere le polemiche facendo intervenire i soldati) Antonino ricevette l'inusuale titolo di Pio. Adeguandosi alle usanze Antonino rifiutò il titolo di padre della patria (pater patriae), ma poi finì con l'accettarlo nel 139 insieme con un secondo consolato, seguito da un terzo e da un quarto (120 il primo, 139 e 140 il secondo e il terzo, 145 il quarto).
[modifica] Politica economica
Non si può dare a lui la colpa di non aver saputo sfruttare il momento per fare quel "salto di qualità" di cui si parlava nell'introduzione. Durante il suo regno, tutti i romani erano convinti che Roma sarebbe stata eterna e che i regni successivi sarebbero stati un susseguirsi di regni felici, ricchi e pacifici. Inutile dire che si sbagliavano. Ma è inutile fare critiche con il senno di poi ed è dunque meglio attenersi ai fatti storici. Antonino fu un ottimo manager finanziario e, nonostante le numerose campagne edilizie, egli riuscì a lasciare ai suoi successori un patrimonio di oltre due miliardi e mezzo di sesterzi, segno evidente dell'ottima cura con cui resse le redini dello stato. Come spiegare però questa cifra sapendo che durante il suo regno fu tutto tranne che eccessivamente parsimonioso? Egli infatti aumentò le elargizioni alla plebe di Roma (ai tempi di Augusto circa 200.000 cittadini di Roma avevano grano e acqua gratis senza lavorare, a partire da Antonio Pio, ad una quantità di cittadini maggiore, si ebbero distribuzioni anche di olio e vino, che però furono rese stabili solo sotto Settimio Severo), continuò l'opera del suo predecessore nel campo dell'edilizia (furono costruiti ponti, strade, acquedotti un po' dovunque anche se pochi sono i monumenti dell'Urbe da lui fatti costruire che ci sono giunti) e aiutò con la sospensione del tributo dovuto diverse città colpite da calamità varie (incendi: Roma, Narbona, Antiochia, Cartagine, terremoti: Rodi e Asia minore). Senza ridurre le spese per le province, aumentò quelle per l'Italia, questo è un punto di differenza con il predecessore. Infine c'è da aggiungere soltanto che aumentò la distribuzione di sussidi, inaugurata da Traiano, alle orfane italiche, dette "Puellae Faustinianae" dal nome della moglie di Antonino (la quale morì nel 140 o nel 141 e, nonostante la tradizione posteriore ne abbia messo in discussione il carattere, ricevette non solo onori divini, ma anche iscrizioni commemorative in misura senza precedenti sulle monete, e altri riconoscimenti). Privò dei fondi solo coloro che riteneva oziosi (Historia Augusta, Vita di Antonino Pio, VII) come il poeta Mesomede.
[modifica] Campo giuridico
Nell'amministrazione generale dell'impero, e particolarmente in campo legale, Antonino seguì nelle grandi linee gli indirizzi di Adriano benché per quanto concerne questo aspetto l'Historia Augusta esordisca così: "Notevole fu l'impronta da lui lasciata nel campo del diritto tramite i giureconsulti Vindio Vero, Salvio Valente, Volusio Meciano, Vepio Marcello e Diaboleno". Sotto il suo regnò giunse a conclusione e ci fu il riconoscimento giuridico formale della distinzione tra le classi superiori (honestiores) e le altre (humiliores), distinzione espressa nelle diverse pene cui le classi erano soggette. Si nota la tendenza a sottoporre i ceti più umili della società, siano pure cittadini romani, a pene generalmente riservate in età repubblicana agli schiavi. Che Antonino abbia autorizzato un ulteriore sviluppo di questo sistema è chiaro. Basterà citare il seguente passo del Digesto tratto da un frammento del giurista Domizio Ulpiano:
Si quis ex metallis caesarianis aurum argentumve furatus fuerit, ex edicto divi pii exilio vel metallo, prout dignitas personae, punitur |
Chiunque rubi oro o argento dalle miniere imperiali è punito, secondo un editto del Divo Pio, con l'esilio o il lavoro in miniera, a seconda della sua condizione personale |
Sempre in campo giuridico è interessante una norma che migliorava la condizione degli schiavi anche se egli sottolinea che "il potere dei padroni sugli schiavi deve restare intatto e nessuno deve vedere diminuiti i propri diritti" (Digesta I, VI, 2). Ancora interessanti sono le notizie, riportate dalla Historia Augusta (Vita di Antonino Pio, V e VI), che egli rinnovò l'incarico anche per sei o nove anni ai governatori delle province più capaci e che prestava particolare attenzione ai reclami giuridici verso i suoi procuratori del fisco nelle province.
[modifica] Operazioni militari
- In Britannia, tra il 141 e il 143 è costruito un nuovo muro, tra l'estuario del Clyde e quello del Forth (37 miglia), dunque più a nord di quello di Adriano. Non sappiamo il motivo di questo avanzamento (forse per accontentare i soldati, forse una sollevazione di Briganti, forse una revisione strategica?) ma sappiamo che il governatore della Britannia, l'africano Quinto Lollio Urbico da Tiddis in carica dal 139 al 145, riconquistò i Lowlands scozzesi. Verso il 154-155 delle monete celebrano una nuova sottomissione della Britannia. Nella stessa data, o poco dopo, il muro di Antonino è abbandonato a causa di una grave rivolta, riparato verso il 158, prima di essere poco a poco di nuovo abbandonato a partire dal 159. In pratica il vallo di Antonino è un terrapieno realizzato su una fondazione di sassi ampia quattordici piedi, con davanti un profondo fossato. La guarnigione era dislocata in piccoli fortilizi distanti due miglia l'uno dall'altro, diversamente dal vallo di Adriano che era dotato di forti più grossi ma più distanti.
- In Egitto, verso il 142-144, scoppia una sollevazione, verosimilmente di origine economica. Infatti l'imposizione rigorosa del lavoro forzato provocò la fuga degli indigeni dalle loro case, cui fece seguito una rivolta armata che dovette essere domata.
- Nelle Mauretanie, verso il 145, sono segnalati dei disordini: essi rendono necessario l'intervento di rinforzi prelevati sulle frontiere renana e danubiana. Il risultato fu quello di cacciare le popolazioni locali nella parte occidentale del paese.
- In Dacia, verso il 156-157, sono organizzate spedizioni militari per sopprimere una sollevazione.
[modifica] Politica estera
Vale la pena citare un passo della Historia Augusta (Vita di Antonino Pio, IX): "Antonino ricevette a Roma la visita del re Farasmane", re degli Iberi, una popolazione transcaucasica, "che si mostrò verso di lui più deferente di quanto non fosse stato verso Adriano. Nominò Pacoro re dei Lazi", popolazione stanziata sulla riva sud-orientale del Mar Nero, "riuscì con una semplice lettera a distogliere il re dei Parti", Vologese III, "dall'invadere l'Armenia e bastò la sua autorità per richiamare il re Abgaro", re dell'Osroene in Mesopotamia, "dall'Oriente. Fu anche arbitro nelle contese tra i vari sovrani. Rifiutò seccamente di restituire al re dei Parti il trono regale che era stato preso come parte del bottino da Traiano, ridiede il governo del Bosforo a Remetalce" Re del Bosforo Cimmerio, odierna Crimea, dal 131 al 153, "risolvendo le pendenze che questi aveva con Eupatore, mandò nel Ponto rinforzi agli Olbiopoliti", abitati di Olbia o Olbiopolis, antica colonia greca che sorgeva presso le foci del Dnieper e del Bug, sul Mar Nero, "che erano in lotta contro i Taurosciti, e sconfisse questi ultimi costringendoli anche a dare ostaggi. Il suo prestigio presso i popoli stranieri, insomma, fu senza precedenti, in virtù soprattutto del fatto che amò sempre la pace, tanto da ripetere spesso il detto di Scipione che dice: <<Preferisco salvare un solo cittadino che uccidere mille nemici>>".
[modifica] La fine
Antonino Pio morì serenamente il 7 marzo del 161 a Lorium dopo 3 giorni di febbre. Egli lasciò l'impero apparentemente all'apice della sicurezza e prosperità, maturo per la sua caduta. Era "l'estate di San Martino degli Antonini", il periodo in cui per il Gibbon "la condizione del genere umano fu la più felice e la più prospera". Il regno successivo doveva rivelare le tensioni e le debolezze, doveva mostrare fin dove questo felice stato di cose (felice soprattutto, sia concesso ricordarlo, per le classi superiori, per gli honestiores, i possidenti) dipendeva dalla pace lunga e ininterrotta. È comunque appropriato che Antonino avrebbe avuto il più tranquillo letto di morte rispetto a qualunque imperatore fino a quel momento. Gli succedette, secondo il progetto da lungo maturo, Marco Aurelio, il quale aveva sposato la figlia di Antonino, Faustina Minore, che gli aveva dato una numerosa figliolanza, e Lucio Vero, anche se alcuni storici sostengono che non esista alcuna prova della volontà di Antonino che Marco dividesse il potere imperiale con il fratello adottivo, si ritiene che il fatto che Antonino abbia seguito tutte le indicazioni dategli dal suo predecessore (tra cui quella di adottare Lucio Vero) sia già di per sé una prova della decisione di lasciare l'impero ai due fratelli. È bene ricordare, per concludere con un bell'aneddoto, dalla dubbia veridicità storica, che Antonino Pio morendo pronunciò il motto aequanimitas (imparzialità) come regola da seguire per i due nuovi imperatori, davanti ai due figli adottivi in lacrime, poi si volse nel letto dall'altra parte, come per dormire, e si spense serenamente.
[modifica] Aspetto fisico
Dall'Historia Augusta (Vita di Antonino Pio, II), "Fu un uomo di bell'aspetto e di grande ingegno: equilibrato e nobile, aveva un volto che esprimeva compostezza e un'intelligenza fuori del comune". (Vita di Antonino Pio, XIII) "Il suo aspetto aveva una severa maestà; era alto di statura, e proprio per questo, quando incominciò a curvarsi per la vecchiaia, si teneva ritto fasciandosi il petto con listelli di tiglio. Anche quando era già avanti con gli anni, ogni mattina, prima che i cortigiani venissero a salutarlo, mangiava pane secco per tenersi in forma. La sua voce era rauca e grossa, ma niente affatto sgradevole".
[modifica] Bibliografia
- Fonti antiche
- AAVV - Historia Augusta
- Cassio Dione - Storia di Roma
- Eutropio - Breviarium
- Frontone - Epistole
- Marco Aurelio - Meditationes
- Orosius - Contra Paganos
- Pausania - Viaggio in Grecia
- Filostrato - Vite dei Sofisti
- Lavori moderni
- Micheal Grant - Gli imperatori romani - Newton & Compton Edition
- Le Glay, Voisin, Le Bohec - Storia romana - Il Mulino
- Wells Colin M. - L'impero romano - Il Mulino
Predecessore: | Imperatori romani (Impero Romano) |
Successore: | |
---|---|---|---|
Adriano 117 - 138 |
Antonino Pio (imperatore) 138 - 161 |
Marco Aurelio, Lucio Vero 161 - 180), (161 - 169 |
- Commons contiene file multimediali su Antonino Pio (imperatore)