San Carlo alle Quattro Fontane
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S. Carlo alle Quattro Fontane è la prima opera in cui forse appare completamente matura la concezione architettonica di Borromini. L'organismo é costituito da diversi elementi: un chiostro ed un convento realizzati con lo scopo di creare un contrasto tra semplicità funzionale nelle varie parti riservate alla comunità religiosa, e la chiesa che deve manifestarsi invece come un episodio di qualificazione architettonica. Così, in modo inatteso l'osservatore si troverà improvvisamente in una atmosfera magica ed evidentemente artificiale che è il luogo del culto. Borromini compie un profondo recupero delle tradizioni artigianali, elevandole però a livello di opera unica, attraverso i contrasti tra le diverse parti. Ad es. la facciata del convento sul giardino é divisa in tre parti che rispecchiano dall'esterno le varie funzioni interne, con una distinzione tra le funzioni private e pubbliche. Nel chiostro il Borromini si trova vincolato da uno spazio limitato e questo si trasforma in stimolo positivo. L'obbiettivo è quello di trovare un'immagine basata sull'uso di toni molto elevati. Egli crea a questo scopo uno spazio chiuso ottagonale di colonne binate, creando una cortina di confini non ben delimitati, in cui esterno ed interno dei porticati giocano dialetticamente tra di loro attraverso la luce e l'ombra. E' chiara l'intenzione di modellare lo spazio sia nell'uso della pianta ottagonale, sia nella terminazione di questa con una volta anulare. Operazione architettonica di estrema difficoltà in quanto le forme rettilinee dovranno legarsi a forme curve ed il risultato rimane forse unico nella storia. Le colonne sono disegnate in modo completamente nuovo, in quanto al posto del capitello hanno una modanatura che le lega tra loro, iniziando morbidamente questa tendenza unificatrice verso l'alto. La base della colonna è invece classica con il cuscino molto ridotto e con base quadrata che serve a distanziare le colonne dal pavimento. Nell'ordine superiore il capitello, per richiamo alla forma generale del chiostro, diventa ottagonale, in modo che su ogni facciata di tale ottagono sia richiamata la stessa luce che arriva sulla facciata dell'ottagono più grande; tra una colonna e l'altra sono state disposte delle balaustre in epoca successiva. Questo crescendo in senso lirico prosegue nella chiesa, volendo dimostrare, il Borromini, una preponderanza dell'aspetto religioso su quello civile. Egli attua sempre questa rinuncia della poesia nelle opere civili, non adottando la stessa forma rivoluzionaria che troviamo nelle sue chiese in quanto, secondo lui, le opere civili erano indirizzate alla ragione e quelle religiose alla sfera più complicata dei sentimenti. La ricerca tipologica del S.Carlino deriva dall'accettazione delle sue principali tipologie rinascimentali: quella centrale e quella longitudinale. L'organicità é data da un rapporto stretto tra estetica e funzione. La fusione tra i due tipi avviene già a livello di progettazione, partendo da uno schema longitudinale ed inscrivendosi dapprima linee spezzate curve, operando poi nel senso di rendere organiche queste convessità e concavità. La pianta resta quindi vagamente ellittica, rivelando tra l'altro l'ammirazione verso gli architetti della seconda metà del '500 tra cui il Vignola. La forma serve a disporre in modo autonomo ognuno degli altari, collocandoli in ambienti leggermente staccati dallo spazio centrale, ma tali da non alterare l'omogeneità dell'insieme. Egli spezza la continuità del contorno ovale, attraverso ampie nicchie, corrispondenti agli altari, con dei richiami lontani, ma visibili, al modello di San Pietro che aveva fatto il Bramante. Borromini opera la sintesi tra le due piante non facendo una contaminazione, cioè non adoperando, semplicemente, mescolanze di linguaggi tradizionali, ma intervenendo con un linguaggio veramente nuovo. Completamente diversa é l'interpretazione che B. dà degli aggetti e delle rientranze, mentre utilizza la base della geometria come se fosse un'idea architettonica dalla rielaborazione della quale nascono tutte le forme. Non é possibile una lettura del S.Carlino con lo sguardo orientato in senso orizzontale. Tutto ciò che appare nel campo visivo riconduce direttamente a successivi sviluppi che si compiono e si chiariscono solo nella zona alta della muratura. Quindi lo sguardo tende verso l'alto, dove l'apparente combinazione degli elementi che si trovano a terra, diventa organicità assoluta. Guardare verso l'alto significa ricercare un momento di fusione dei vari elementi dove compaiono i significati strutturali dell' opera. Anche il gioco dei chiaroscuri inizia verso il basso in modo delicato e con poco contrasto, ma arrivato alla zona della cupola diventa splendente, quasi trionfale; infatti i raggi del sole penetrano dagli ottagoni, colpiscono il cassettonato e creano una zona di luce quasi assoluta. Studiando la pianta si vede come la matrice deriva da una costruzione geometrica in cui, scoperta la forma (il cerchio e il triangolo equilatero), questa forma diventa generatrice di altre forme non più pure, ma tutte con la stessa matrice. Borromini sceglie il diametro delle colonne e la dimensione dei due assi della cupola ovale, ricavando tutto il resto con l'uso del compasso. Tanto la struttura quanto la decorazione rispondono a schemi di tipo ternario, che fanno del triangolo equilatero l'elemento geometrico generatore. Le decorazioni compaiono soprattutto in prossimità dei cosiddetti nodi strutturali con lo scopo di legare o staccare le parti della struttura.Quando si dice che nel Barocco la decorazione ha un valore strutturale, si vuole dire che essa contribuisce a dare significato e tono alla struttura. Un accenno merita ancora la cappella sotterranea, in cui l'organicità é raggiunta, contrariamente a ciò che avviene di sopra, attraverso la semplicità delle forme, quasi un contrappeso a quello che Borromini aveva ottenuto nella cappella Maggiore.
CIAO