Proprietà
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In diritto, la proprietà (in latino proprietas da proprius) è un diritto reale che ha per contenuto la facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi previsti dall'ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile).
Nel linguaggio corrente, il termine "proprietà" designa anche l'oggetto del diritto di proprietà.
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[modifica] Origini storiche
Il diritto di proprietà trova il suo antecedente storico in diritto romano nella figura del dominium ex iure Quiritium. Tale istituto designava in origine l'appartenenza piena ed esclusiva di una res privata ad un individuo, situazione riconosciuta e tutelata dal ius civile. Caratteristiche del dominium ex iure Quiritium erano la pienezza, la esclusività e l'elasticità. Al dominus spettava ogni facoltà di utilizzare la res in maniera illimitata, la facoltà di modificarla e perfino di distruggerla. Il suo diritto era tutelato da un'apposita azione la rei vindicatio (da res vi dicere affermare violentemente un potere sulla cosa).
Per il ius civile, il dominium ex iure Quiritium poteva essere trasferito o mediante uno degli atti formali previsti per lo scopo (mancipatio o in iure cessio) se la res da trasferire era una res mancipi, ovvero tramite semplice consegna (traditio) della cosa se si fosse trattato di res nec mancipi. Qualora il trasferimento di una res mancipi non fosse avvenuto tramite l'atto formale richiesto, si creava una situazione ambigua per cui l'alienante rimaneva dominus ex iure Quiritium, mentre l'alienatario non riceveva tutela dal ius civile pur avendo acquistato la res.
Per ovviare a questi problemi alla fine dell'età repubblicana un pretore di nome Publicio concesse a chi si fosse trovato in tale situazione un'actio in rem con cui l'alienatario avrebbe potuto reclamare la cosa acquistata da chiunque lo avesse privato del possesso. Parimenti concesse una exceptio per tutelarlo qualora il dominus (rimasto tale secondo il ius civile, ma non più proprietario nella sostanza) avesse rivendicato il bene.
Si creò dunque un sistema doppio di proprietà che vedeva da un lato il dominum ex iure Quiritium (tutelato ex iure civili), e dall'altro la proprietà tutelata dal ius honorarium e tecnicamente definita in bonis habere. Di tale situazione scrive il giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni: «Sed postea divisionem accepit dominium, ut alius possit esse ex iure Quiritium dominus, alius in bonis habere» (Traduzione: Ma in seguito si ebbe una divisione del dominium, tale che è possibile che qualcuno sia dominus ex iure Quiritium e un altro abbia in bonis).
Divenuta ormai un orpello storico al tempo di Giustiniano, l'espressione tecnica Dominium ex iure Quiritium venne formalmente cancellata da una costituzione dell'imperatore che proclamò l'unicità del diritto di proprietà.
[modifica] Disciplina della proprietà
La disciplina principale del diritto di proprietà è dettata, nel nostro ordinamento dall'articolo 832 e successivi del codice civile e dall'articolo 42 e successivi della Costituzione. Il dettame congiunto delle due norme fissa i principi ed i limiti che regolano il diritto di Proprietà nell'ordinamento italiano.
[modifica] Disciplina codicistica
Secondo la nozione dell’art. 832, la proprietà è “il diritto di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.”
Ma l’art. 832 in verità è una norma che, al costo di un notevole grado di astrazione, identifica gli elementi comuni ai vari contenuti che il diritto di proprietà può assumere in rapporto alle varie categorie di beni.
[modifica] La proprietà, diritto assoluto
Il diritto di proprietà è un diritto assoluto. E’, cioè, una spettanza, una pretesa giuridica che l’ordinamento riconosce e tutela erga omnes (avverso tutti) e a favore di chi ne è titolare. Si usa anche dire che esso è un diritto soggettivo su una cosa, alludendo al potere (di appartenenza) che il proprietario ha nei confronti della cosa, oggetto del diritto. Si discute, in dottrina, se il diritto di proprietà sia o meno un rapporto giuridico patrimoniale, non senza la presenza di teorie intermedie. Gli autori che negano che la proprietà sia un rapp. giur. patr. fanno leva fondamentalmente sul carattere erga omnes e sull’assolutezza di questo diritto. L'esito di tale scelta interpretativa permette di ravvisare nella responsabilità aquiliana, extracontrattuale, l'azione prima a difesa della proprietà e, contestualmente, la relazione fra il titolare del diritto e la cosa diventa paradigma fondamentale di questo diritto assoluto. La diversa tesi affermativa poggia sulla lettera del codice che, alla definizione di contratto quale “accordo fra due o più parti teso a costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico”, include implicitamente la proprietà fra i diversi rapporti giuridici, possibili oggetti di una negoziazione. In più si sostiene sull'idea che: 1) l'azione di rivendica sia lo strumento per eccellenza a difesa del diritto di proprietà 2) la responsabilità del possessore soccombente risulta essere identica a quella prevista per il debitore inadempiente, una responsabilità di tipo contrattuale, che necessita, cioè, di un previo rapporto giuridico: il possessore soccombente risponde, infatti, per fatto proprio ovvero non risponde per caso fortuito o per forza maggiore, così anche il debitore inadempiente.
[modifica] La facoltà di godere della cosa
É la facoltà di utilizzare la cosa (cosiddetta “disposizione materiale”). Implica il diritto di usarla, di non usarla, di decidere come usarla, di trasformarla, e, al limite, di distruggerla. Per le cose fruttifere implica il diritto di farsene propri i frutti.
[modifica] La facoltà di disporre delle cose
La cosiddetta "disposizione giuridica" della cosa. Implica la facoltà di venderla o di non venderla, di donarla, lasciarla per testamento a Tizio o a Caio, di costituire sulla cosa diritti reali minori o diritti reali di garanzia. O, secondo una diversa lettura dottrinale, il potere di disposizione si sostanzierebbe nella sola possibilità di appropriarsi o meno del valore economico del bene, relegando, così, la mera facoltà di alienare tra i poteri di godimento.
[modifica] La pienezza del diritto di proprietà
Il proprietario può fare della cosa tutto ciò che non sia espressamente vietato.
Quando sulla cosa siano istituiti diritti reali minori, la proprietà cessa di essere piena per diventare nuda proprietà. Tuttavia resta potenzialmente piena; nel momento in cui il diritto reale minore si estingue, il contenuto del diritto di proprietà si espande e riacquista, automaticamente, tutta la sua pienezza (cd. elasticità della proprietà).
[modifica] L’esclusività del diritto di proprietà
Il proprietario può escludere chiunque altro dal godimento e dalla disposizione della cosa (il diritto di proprietà rende legittima la pretesa del singolo di servirsi delle cose con esclusione degli altri). La pretesa del proprietario é protetta contro chiunque la violi (mediante norme del codice penale e con le azioni civili).
[modifica] Limiti ed obblighi
L'art. 832 introduce anche dei correttivi ai caratteri di pienezza ed esclusività del diritto di proprietà. Con essi l’ordinamento cerca il punto di equilibrio fra opposti interessi, fra quello del proprietario di godere e disporre della cosa a suo vantaggio e a suo piacimento e l’interesse della colletività ad un impiego della ricccezza che vada a vantaggio generale o quanto meno non arrechi pregiuidzio alla collettività ed ai singoli.
Il volto concreto che (al di là dell’art. 832) il diritto di proprietà assume é quello che risulta dalla estensione e dalla qualità dei limiti alla proprietà e degli obblighi al proprietario che la mutevole legislazione in materia introduce.
I limiti alle facoltà di godere e disporre sono posti dal codice e soprattutto dalla legislazione speciale in rapporto alle diverse categorie di beni.
Generale limite alla facoltà di godimento è quello, risalente al diritto romano, del divieto di atti di emulazione (art. 833). Il proprietario non può utilizzare la cosa per compiere atti che non abbiano altro scopo se non quello di nuocere o recare molestia agli altri.
Più vasta possibilità di applicazione ha una norma ritenuta implicita nel sistema legislativo (e di cui l’art. 833 è una specificazione), che reprime ogni forma di abuso di diritto. Queso consiste nell’esercitare il diritto per realizzare interessi diversi da quelli in vista dei quali il diritto stesso è riconosciuto dall’ordinamento.
Gli obblighi del proprietario sono anche essi relativi alle diverse categorie di beni. Per esempio, il proprietario del suolo deve consentire l’accesso al vicino che abbia necessità di entrarvi per eseguire opere sul proprio fondo.
[modifica] Le immissioni
La tematica delle immissioni, ed in particolare di quelle sonore, la cui delicatezza è particolarmente avvertita nell'attuale dibattito giurisprudenziale e dottrinario, pur evidenziando interessanti risvolti civilistici, si caratterizza per la sua trasversalità, ovvero per la sua idoneità a investire aspetti e problemi comuni ad altre discipline giuridiche. Con riguardo al diritto amministrativo, ad esempio, è emersa proprio con riferimento alle immissioni nocive, la necessità di offrire uno sbocco giurisdizionale alla categoria, un tempo sfornita di tutela, degli interessi diffusi. In relazione, invece, al diritto penale, la condotta immissiva può essere sanzionata ricorrendo, almeno nelle ipotesi meno gravi, all'art. 659 c.p.- disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone -, per la cui configurabilità si è ritenuta sufficiente anche la lesione dell'interesse di una sola persona, facendo rientrare così anche la quiete privata nel più ampio concetto di ordine pubblico tutelato dalla norma. Una recente pronuncia giurisprudenziale (Cass. n° 7941 del 2000), invece, invoca addirittura l'applicazione dell'art. 590 c.p. (lesioni personali colpose), laddove le propagazioni sonore provenienti dall'ambiente esterno producano una vera e propria sindrome ansioso-depressiva nel soggetto che sistematicamente le subisce. Per quanto concerne, invece, gli aspetti più propriamente civilistici, è necessario premettere che i limiti di liceità delle immissioni sono strettamente legati al modo stesso in cui di volta in volta viene configurato, a livello ordinamentale, il diritto di proprietà. Nel nostro attuale assetto legislativo l'interpretazione, in chiave precettiva degli artt. 2, 32 e 42 della Costituzione, impone di inquadrare la problematica relativa alle immissioni, non più in un'ottica meramente dominicale, ma nel più ampio discorso relativo alla tutela dei diritti inviolabili accordati dall'ordinamento. Rilevanza e limiti di tollerabilità delle immissioni, quindi, dovranno misurarsi con le specifiche esigenze connesse allo svolgimento di altri diritti anche essi dotati di copertura costituzionale, al fine di realizzare un equo contemperamento degli interessi in gioco. Secondo un importante orientamento giurisprudenziale, le immissioni possono essere distinte in tre categorie: quelle derivate da un uso normale della cosa, causative di semplici molestie, che debbono essere tollerate; quelle causative di un danno patrimoniale al fondo vicino, che non possono essere vietate in quanto ricollegabili ad esigenze produttive delle imprese, corrispondenti alle necessità di un certo tipo di società; infine quelle dannose e illecite perché non dipendenti da uso normale delle cose o dalle esigenze della produzione. La azione, volta alla cessazione delle immissioni provenienti dal fondo vicino, si delinea come una tipica actio in rem, rientrando nel paradigma delle azioni negatorie predisposte a difesa del diritto di proprietà e tendenti a far accertare l'inesistenza non solo di vere e proprie servitù sul fondo dell'attore, ma anche di qualsiasi altrui pretesa idonea a provocare molestie e danno e a ottenere la cessazione degli atti lesivi corrispondenti. Nell'ampiezza delle ipotesi immissive contemplate dal legislatore, le propagazioni di suoni e rumori, per la rilevante frequenza che ne caratterizza la diffusione, meritano sicuramente un'attenzione particolare. In relazione alle numerose ipotesi conflittuali che possono venire in rilievo, il vero problema non è tanto quello di formare una graduatoria di valore tra i vari diritti costituzionalmente garantiti, ferma restando la parità di tutti, ma di rispettare il principio basilare del neminem laedere nell'esplicazione di ciascuno di essi. Ogni diritto, cioè, merita la dovuta protezione nella misura in cui si adottino le opportune e normali cautele al fine di non recare nocumento all'altrui sfera giuridica. Le conseguenze di una tale ricostruzione, in termini pratici, sono molto rilevanti. Invocando l'art. 844, per ottenere la cessazione dell'attività nociva, basta far riferimento al criterio oggettivo dell'intollerabilità delle immissioni, prescindendo quindi dalla colpa o dal dolo richiesti invece dall' art. 2043. Senza l'applicazione dell'art. 844, invece, l'unica tutela riconosciuta al soggetto non proprietario leso dalle immissioni intollerabili, sarebbe il solo rimedio risarcitorio, la cui inadeguatezza si manifesta nel suo poter intervenire soltanto ex post, come peraltro accadrebbe anche per la reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 che, come è noto, non opera sul danno futuro, come l'art. 844, ma solo sul danno già verificatosi, per giunta con i limiti della possibilità e della non eccessiva onerosità. Sull' attendibilità di questo indirizzo, tuttavia, pesa il giudizio negativo espresso dalla Corte Costituzionale con la celebre sentenza n. 247 del 1974, la quale ha ribadito come l'art. 844, essendo contraddistinto da una chiara logica proprietaria, non sia estensibile al di là dei meri rapporti di vicinato per la disciplina dei quali è stato introdotto. Del resto, il dato normativo risulta difficilmente superabile, sia in considerazione del tenore linguistico della norma, sia per la chiara collocazione sistematica, sia per la ratio sottesa alla sua emanazione, che è appunto quella di garantire il pieno godimento della res da parte del proprietario. Queste considerazioni, comunque, non inducono a prospettare, nel caso di danno non alla cosa ma alla persona, al di fuori della titolarità di un diritto reale, un incolmabile deficit di tutela. In questo senso, merita di essere segnalato quell’indirizzo giurisprudenziale che ha enucleato, tra i nuovi diritti della personalità, il cd. "diritto alla salubrità ambientale", quale posizione giuridica soggettiva, disancorata dalla titolarità di rapporti proprietari, che identifica la pretesa dell' individuo alla conservazione e all'integrità dell'ambiente in cui si svolge la sua personalità. Per riconoscere reale autonomia alla figura in questione e conseguentemente per ampliare i relativi spazi di tutela, si è inoltre suggerito di intendere il diritto alla salubrità ambientale non come aspetto del diritto alla salute, caratterizzato dalla specialità dell'oggetto, ma come diritto a sé stante, in quanto tale svincolato da ogni riferimento alla lesione dell' integrità psico-fisica del soggetto. Questa diversa impostazione nasce da una rivisitazione del concetto classico di ambiente, inteso nella più ampia accezione di strumento incrementativo del benessere individuale, come elemento che determina la qualità della vita, la cui lesione, indipendentemente dalla lesione dell'integrità psico-fisica, giustifica quanto meno la pretesa risarcitoria. Il ragionamento da cui sono partono i sostenitori di tale orientamento prende le mosse dalla valorizzazione del disposto di cui all'art. 32 Cost.: ampliando la portata dell'art. 844 c.c., è possibile utilizzare, infatti, il criterio della normale tollerabilità per valutare l’illiceità delle immissioni che pregiudicano la salute dei terzi e consentire all'autorità giudiziaria di inibire la prosecuzione dell’attività produttiva delle immissioni intollerabili. La Suprema Corte ha poi evidenziato che occorre distinguere due aspetti: quello della tutela dominicale e quello attinente alla tutela della salute; attualmente è nel senso di sganciare la tutela dominicale da quella aquiliana del diritto alla salute, non precludendo al proprietario il diritto di far valere la sua pretesa alla tutela del diritto alla salute, il giudice però dovrà valutare separatamente le due ipotesi. Con l'azione ex art. 844 c.c., infatti, si mira ad ottenere una tutela inibitoria-interdittiva e si richiede il risarcimento del danno relativamente ad un comportamento pregresso alla pronuncia inibitoria. Accanto a questa pretesa però, ben si potrà chiedere il risarcimento del danno alla salute sub specie della salubrità ambientale. Secondo questa parte della giurisprudenza pertanto è possibile innestare nello stesso giudizio pretese che si fondano su lesioni di diritti diversi purché tale diversità sia esplicitata. Tuttavia, va osservato che se è possibile ipotizzare un cumulo di domande in via ordinaria (azione inibitoria ex art. 844 c.c. ed azione risarcitoria ex artt. 9, 32 Cost. e 2043 c.c.) non è possibile fare altrettanto con l'azione in via d'urgenza, essendo diversi i rimedi soprattutto sotto il profilo procedurale. Non pienamente condivisa, anche in seno alla stessa giurisprudenza, è comunque l'interpretazione in chiave strettamente dominicale dell'art. 844 c.c.. Secondo un diverso approccio ermeneutico, infatti, la tutela inibitoria accordata dall'art. 844 sarebbe utilizzabile anche al di fuori della sfera dei rapporti reali, essendo sufficiente al riguardo la titolarità di un diritto personale di godimento. Pertanto, la cessazione dell'attività immissiva deve ottenersi quando si verifichi un danno tanto alla cosa quanto alla persona. Corollario di questa interpretazione, alla luce della valorizzazione dell'art. 32 Cost. e del suo collegamento con l'art. 9 Cost., sembrerebbe quello di estendere la tutela ex art. 844 c.c. a coloro che, indipendentemente dal fatto che siano titolari o meno di un diritto dominicale, svolgano continuativamente la loro attività, anche lavorativa, in un luogo esposto alle immissioni altrui. Al riguardo è riconosciuto al disposto dell'art. 844 c.c. una vis espansiva tale per cui la norma troverebbe applicazione essendo la salubrità ambientale un bene primario che consente la proiezione della norma de qua in chiave di tutela personalistica. Si è posto poi un altro problema: quello relativo al se le autorizzazioni rilasciate alle aziende che provocano le immissioni nocive valgano a giustificare il superamento del limite della normale tollerabilità. In effetti, posto che viene in rilievo il diritto personalissimo della salute dovrebbe ritenersi risolto ipso iure il successivo contemperamento degli interessi in gioco, poiché il diritto alla salute prevale sulle ragioni economico-sociali, tuttavia alcuni autori sostengono che l'accertamento successivo vada comunque fatto al fine di consentire al soggetto di riportare le immissioni nei limiti della normale tollerabilità.
[modifica] Disciplina costituzionale e limitazioni
Accanto, però, a questa amplissima prima definizione del diritto di proprietà, si stagliano anche delle profonde limitazioni. Da un lato lo stesso Codice Civile, limita l'esercizio del diritto di proprietà tramite il dettame della seconda parte dell'art 832 (che abbiamo sopra ricordato); difatti la norma stabilisce che, l'ordinamento giuridico, può limitare l'ampiezza e le modalità di esercizio del diritto. Allo stesso modo l'art 42 della nostra costituzione stabilisce (al secondo comma): "La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti." La norma appena citata da un lato di accompagna al dettato codicistico riconoscendo e garantendo il diritto di proprietà, dall'altro si preoccupa di limitare grandemente la libertà di esercizio del diritto stesso. La costituzione stabilisce che è la legge a determinare i modi di acquisto e di godimento del diritto, sottraendo all'autonomia privata la facoltà di scegliere liberamente le modalità di acquisto e di godimento del diritto.
I modi di acquisto della proprietà (come si vedrà in seguito) sono, quindi, tassativamente dettati dalla legge e non delegati all'autonomia negoziale. L'autonomia delle parti potrà (solamente) estrinsecarsi nella scelta fra le modalità che la legge prevede.
[modifica] La funzione sociale della proprietà
Altro elemento introdotto dall'art. 42 costituzione è la c.d. funzione sociale del diritto di proprietà. L’art. 42, comma 2° Cost. enuncia il principio secondo cui la legge determina, della proprietà privata, “modi d’acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
La “funzione sociale” della proprietà è la formula con la quale tutte le carte costituzionali a partire dalla Costituzione tedesca di Weimar del 1919 hanno ricercato un nuovo equilibrio tra interessi del singolo e bisogni della collettività.
Si tenga conto che per funzione si intende un potere riconosciuto ad un soggetto per soddisfare un interesse altrui.
La contraddizione apparente nella enunciata duplice natura della proprietà si può superare considerando che la funzione sociale da “assicurare” non va riferita alla proprietà privata come diritto sulle cose ma piuttosto alle cose oggetto di proprietà privata. La norma costituzionale esprime il bisogno di una destinazione per il vantaggio di tutti delle risorse e va riletta come riferentesi alla destinazione sociale della ricchezza. La funzione sociale si presenta così come un vincolo esterno al diritto di proprietà che lascia intatta la sua natura di diritto soggettivo, riconosciuto e garantito solo nell’interesse del proprietario.
Le implicazioni che potenzialmente si possono trarre dalla funzione sociale della proprietà sono molteplici (anche se mancano significative esperienze giurisprudenziali), a cominciare dall’area del diritto del lavoro.
È grazie a questa norma che (nel comma successivo) si prevede la facoltà di espropriazione della proprietà da parte dello Stato. Lo Stato avrà quindi la facoltà di spogliare il titolare del diritto di proprietà del diritto stesso (in cambio di un equo indennizzo), per realizzare (ad esempio) un'opera che vada a vantaggio della collettività, e realizzando così quella funzione sociale del diritto di proprietà espressa chiaramente dalla nostra costituzione.
[modifica] Caratteristiche del diritto di proprietà
Sono caratteristiche del diritto di proprietà:
- Realità: la proprietà rientra tra i diritti reali, caratterizzati dalla assolutezza, dalla immediatezza del rapporto sulle cose, e dalla inerenza.
- Pienezza: il diritto di proprietà consente al titolare di un bene di servirsi della cosa e di disporre del suo diritto trasferendolo ad altri o creando diritti altrui sulla cosa.
- Elasticità': il diritto di proprietà in talune circostanze può essere compresso, ma caratteristica di tale diritto è che al cessare dela causa che ha compresso il diritto, esso si riespande automaticamente.
- Imprescrittibilità: il diritto di proprietà non si estingue per non uso. Va tuttavia segnalato che nell'inerzia del titolare altri potranno acquistare la proprietà sul bene, ricorrendone le condizioni, attraverso l'istituto dell'usucapione.
- Perpetuità: una proprietà ad tempus non ha senso. Quindi il diritto di proprietà non si estingue con il passare del tempo.
[modifica] L'acquisto della proprietà
La proprietà si può acquistare solo nei modi previsti dalla legge.
[modifica] Modi di acquisto della proprietà
L'articolo 922 del codice civile prevede alcuni modi di acquisto peculiari per il diritto di proprietà.
È da sottolineare come l'art. 922 c.c. non rappresenti un numero chiuso dei modi di acquisto della proprietà, bensì un'elencazione generale che apre ad altre modalità di acquisto "previste dalla legge", tra le quali assume rilievo il possesso in buona fede, previsto dall'articolo 1153.
Si suole dividere le tipologie di acquisto della proprietà in: acquisto a titolo originario ed in acquisto a titolo derivativo.
[modifica] L'acquisto a titolo originario
Si ha acquisto a titolo originario quando il diritto di proprietà che si acquista sulla cosa è indipendente dal diritto di un precedente proprietario. Ciò succede quando la cosa non ha un precedente proprietario, ma anche quando il diritto del precedente proprietario è destinato a soccombere di fronte al diritto di chi acquista a titolo originario.
Conseguenza dell’acquisto a titolo originario è che la proprietà si acquista libera da ogni diritto altrui che avesse gravato il precedente proprietario. L’acquisto a titolo originario estingue dunque i diritti reali e le garanzie reali in precedenza costituiti sulla cosa.
Sono modi di acquisto a titolo originario:
- invenzione
- accessione
- unione e commistione (ricomprese nella categoria dell'accessione di cosa mobile a cosa mobile)
- specificazione
- usucapione
- occupazione di res nullius o derelicta
- possesso in buona fede
[modifica] L'acquisto a titolo derivativo
Si ha acquisto a titolo derivativo quando si acquista sulla cosa il diritto di proprietà già spettante ad un precedente proprietario.
Ricorre quando la cosa è dal suo precedente proprietario (“dante causa”) trasferita ad un nuovo proprietario (“avente causa”). L'acquisto, in questo caso, si sostanzia in un vero e proprio fenomeno successorio che, proprio per le sue caratteristiche, fa subentrare il nuovo proprietario nella medesima situazione di diritto del precedente.
L’essenza dell’acquisto a titolo derivativo sta nel fatto che l’avente causa acquista la proprietà della cosa solo se e solo come il dante causa ne era proprietario. Questo perché, nessun titolare di diritto di proprietà può alienare un diritto superiore, per ampliezza o contenuto, a quello di cui è effettivamente proprietario. Vale l’antico brocardo di Ulpiano, secondo il quale nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet (nessuno può trasferire ad altri più diritti di quanti detenga).
La successione potrà essere:
- mortis causa (ossia a causa di morte), in caso di decesso del precedente proprietario ed acquisto da parte dell'erede designato
- inter vivos (ossia con atto fra vivi) in caso, ad esempio, di contratto di compravendita, di donazione, di permuta etc...
[modifica] L’acquisto da non proprietario mediante il possesso
Un breve cenno merita il caso particolare dell'acquisto da non proprietario mediante il possesso, che si configura qualora il soggetto che trasferisce il diritto non sia in realtà il titolare.
Nel caso in cui il soggetto non sia mai stato l'effettivo titolare del diritto di proprietà (è il caso dell'acquisto a non domino, avremo, se ne sussistono le condizioni, un acquisto a titolo originario, nel caso in cui il soggetto non sia pù (ma lo sia stato) titolare del diritto di proprietà (come nel caso di doppia alienazione), avremo un acquisto, se ne sussistono le condizioni, a titolo derivativo.
[modifica] Tipologie
Le tre principali tipologie di proprietà identificate dal nostro codice civile sono:
- la proprietà fondiaria
- la proprietà rurale
- la proprietà edilizia
Quando più persone condividono il diritto di proprietà su uno stesso bene, si parla di comunione o comproprietà.
[modifica] Le azioni a difesa della proprietà
Le azioni che spettano al proprietario come tale per difendere il suo diritto contro altrui turbative si chiamano azioni petitorie e sono:
- l’azione di rivendicazione;
- l’azione negatoria;
- l'azione di regolamento dei confini;
- l'azione di apposizione dei termini.
Per approfondire, vedi la voce Azioni petitorie. |
[modifica] Bibliografia
- Bianca, La proprietà, Milano, 2004
- A.G. Diana, La proprietà immobiliare, Giuffrè, Milano, 2004
- Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2004
- Pugliatti, La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1964
- Vittorio Scialoja, Teoria della proprietà nel diritto romano, Roma, 1933
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