Normativa della radiotelevisione terrestre
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La normativa della radiotelevisione terrestre corrisponde alla disciplina giuridica in materia di utilizzo di impianti radioelettrici e televisivi per la diffusione di informazioni, oltre all'insieme dei sistemi di pianificazione e assegnazione delle frequenze dei canali televisivi.
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[modifica] Cenni storici
[modifica] Normativa prerepubblicana
I primi interventi legislativi si possono ravvisare nel periodo prerepubblicano, in materia di radiofonia; per la televisione, infatti, si dovrà aspettare ancora qualche decina d'anni.
Già nel 1910 una legge dello Stato (n. 395) stabiliva la riserva statale per l'esercizio dell'attività radiotelegrafica e radioelettrica. Nel periodo fascista, tale principio venne confermato dal Regio decreto n. 2191 del 14 dicembre 1924, con cui la concessione veniva demandata all'Unione Radiofonica Italiana (URI) per il periodo di sei anni. In base a tale norma era previsto un forte controllo del Governo sui programmi e sull'assetto societario.
Tuttavia, un nuovo decreto del 1927, il n. 2207, ristabilì gli estremi della concessione, affidandola al giovane Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR), poi gestito dall'IRI. Venne rafforzato il controllo statale, prescrivendo la presenza di quattro membri di nomina governativa nel Consiglio d'Amministrazione, oltre l'approvazione governativa del piano annuale delle trasmissioni.
Nel 1936, anche il Codice Postale (art. 1) ribadiva il principio di riserva statale.
[modifica] Il regime democratico
La transizione al regime democratico non produsse un cambiamento immediato della normativa in vigore, forse per una mancata presa di consapevolezza del legislatore sull'importanza dei media nella democrazia. Il primo coinvolgimento del Parlamento nel settore radiotelevisivo si può riscontrare col D. Lgs. CPS n. 428 del 1947.
Il 1952 fu un anno di svolta: un decreto del Presidente della Repubblica rinnovò la concessione all'EIAR, che intanto diventò RAI - Radio Audizioni Italiane. Il decreto prevedeva: il passaggio del pacchetto azionario di maggioranza all'IRI; il passaggio da quattro a sei membri del CdA nominati dal Governo; l'obbligo di sottoporre il piano triennale dei programmi ad autorizzazione ministeriale; il sistema di finanziamento misto (canone e pubblicità).
[modifica] Dopo la riforma televisiva
La disciplina giuridica del settore rimase immutata fino al 1975, con la riforma televisiva, che apriva il settore al mercato concorrenziale. Perché si possano vedere gli effetti della riforma si dovranno aspettare i primi anni 80, con l'acquisizione di tre reti da parte del gruppo Fininvest.
Gli anni 90 sono stati molto importanti per la produzione legislativa in materia televisiva: in particolare si fa riferimento alla Legge Mammì del 1990 e alla Legge Maccanico del 1997, nonché a diverse e mai applicate sentenze della Corte Costituzionale.
Il 2004 ha infine visto l'approvazione, dopo un iter tormentato, della discussa Legge Gasparri.
[modifica] Pianificazione e assegnazione delle frequenze
[modifica] Legislazione attuale
La Corte Cost., con sent. n. 102/1990, ha stabilito che l'esercizio di impianti radiotelevisivi comporta l'utilizzazione di un bene comune - l'etere - naturalmente limitato, rendendo così necessario un provvedimento di assegnazione della banda di frequenza. Il sistema radiotelevisivo si differenzia così nettamente dalla stampa, che utilizza strumenti di generale disponibilità.
La legge di riferimento per la gestione delle frequenze è la l. n. 223 del 1990, arrivata molto in ritardo nel sistema: ancora oggi non è presente un piano di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica. I soggetti che intervengono nell'assegnazione delle frequenze sono il Ministero delle Comunicazioni, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e la Commissione parlamentare per l’indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
La pianificazione delle frequenze si divide in due momenti:
- il piano di ripartizione delle frequenze, che indica le bande di frequenza utilizzabili dai servizi di telecomunicazione;
- il piano di assegnazione delle frequenze, che indica la localizzazione degli impianti, le loro aree di servizio, i parametri radioelettrici e le frequenze assegnate agli impianti;
Il piano di ripartizione è elaborato dal Ministero delle Comunicazioni, dopo aver sentito altri Ministeri, le Concessionarie di servizi di TLC ad uso pubblico, più il Consiglio superiore tecnico. Il piano viene approvato con decreto P.R., su proposta del Ministro delle Comunicazioni, previa delibera del Consiglio dei Ministri. L'ultimo piano risale al 2003 (D.M. 20 febbraio).
Il piano di assegnazione è elaborato e approvato dalla Commissione per le infrastrutture e le reti istituita presso l'Autorità, previa consultazione della RAI, delle associazioni dei titolari di emittenti privati, e delle Regioni. Il piano attuale è stato deciso con la deliberazione n. 68 del 1998, e in base ad esso:
- il territorio nazionale è diviso in bacini d'utenza
- sono previste 17 reti a copertura nazionale, di cui 11 a diffusione nazionale e 6 a diffusione regionale
- è stabilito che le reti nazionali devono coprire l'80 per cento del territorio (inclusi tutti i capoluoghi di provincia) e il 92 per cento della popolazione.
[modifica] Situazione di fatto
In realtà la situazione di fatto si discosta grandemente da quella prevista dal legislatore. Innanzi tutto una delle 11 televisioni che aveva avuto la concessione nazionale Europa 7 si era trovata nell'impossibilità di trasmettere perché le frequenze sono occupate da Retequattro che fa capo a Mediaset. L'intreccio tra valutazioni politiche e giuridiche ha impedito il ripristino della situazione di diritto. Successivi provvedimenti legislativi hanno, poi, messo in discussione l'intero sistema, in attesa di passare alla tecnologia digitale.
[modifica] Catasto delle frequenze
In attesa dei nuovi provvedimenti ministero e Autorità di Garanzia delle Comunicazioni stanno provvedendo a redigere un Catasto delle frequenze basato sulle autosegnalazione dei soggetti.
[modifica] Concessioni
Le concessioni sono provvedimenti con cui la Pubblica amministrazione attribuisce a soggetti privati (cioè tutti i soggetti oltre la RAI) la possibilità di esercitare l'attività radiotelevisiva. Le fonti normative principali della concessione sono la Legge Maccanico e il regolamento dell'Autorità delle comunicazioni.
La Legge Gasparri, poi, precisa che esistono differenti titoli abilitativi per le attività di operatore di rete e fornitore di contenuti televisivi o radiofonici, e stabilisce inoltre che l'autorizzazione non comporta l'assegnazione delle radiofrequenze (art. 5), che invece è effettuata con un provvedimento separato.
La concessione indica la frequenza e le aree di servizio degli impianti dell'emittente. Ha una durata stabilita in 6 anni, ed è rinnovabile; può cessare per rinuncia, morte del proprietario, fallimento o perdita dei requisiti soggettivi (vedi "Requisiti per la concessione"). In allegato alla concessione vi è una convenzione che riporta obblighi e diritti del concessionario.
Le emittenti si distinguono in nazionali (che coprono almeno l'80 per cento del territorio) e locali. Le emittenti nazionali si dividono a loro volta in:
- TV commerciali
- emittenti specializzate in televendite
- Pay TV (con segnale "criptato")
[modifica] Requisiti per la concessione
Innanzitutto la forma sociale richiesta è quella di società per azioni, società a responsabilità limitata o cooperativa, di nazionalità italiana o europea. Inoltre è richiesta una certa misura di capitale sociale.
I criteri di selezione, nelle graduatorie, sono il patrimonio dell'emittente, il numero di dipendenti, nonché la qualità del progetto editoriale.
[modifica] Procedura per il rilascio
La domanda deve essere presentata a una Commissione di esperti nominata dal Ministro delle Comunicazioni, la quale deve valutare le domande con un punteggio finale, attribuito a seconda del piano dell'emittente, la qualità dell'offerta, l'investiment tecnologico.
La concessione è infine rilasciata, nel caso degli emittenti locali, dal solo Ministro delle Comunicazioni, mentre per quelli nazionali è necessario che il Ministro senta in via preliminare il Consiglio dei Ministri.
[modifica] Concessioni rilasciate a privati
Le concessioni sono state rilasciate prima nel 1992 e poi nel 1999 alle seguenti otto reti nazionali private (la RAI ha un'altro trattamento essendo servizio pubblico):
- reti televisive Mediaset: Canale 5, Italia 1
- TV Internazionale Spa (TMC) e Beta Television Spa (TMC2)
- Europa TV Spa (Telepiù Bianco)
- Centro Europa 7 Srl (Europa 7), mai messa in condizioni di trasmettere
- Elefante TV Spa (Telemarket-Elefante)
In via provvisoria sono state autorizzate due reti (1999): Rete 4 e Telepiù Nero.
In attesa di autorizzazione sono Rete Mia, Rete A, 7 Plus (Centro Europa 7 srl).
[modifica] Evoluzione dei tetti antitrust
A partire dalla Legge Mammì, ogni legge "di sistema" si è preoccupata di fissare dei limiti ("tetti") alla detenzione dei mezzi d'informazione da parte di un unico soggetto. Il motivo della presenza di una normativa antitrust risiede nel principio costituzionale del pluralismo dell'informazione, sancito nell'articolo 21.
- Legge Mammì (art. 15 c. 4 L. 223/90): le concessioni (...) ad un medesimo soggetto (...) non possono superare il 25 per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione (...) e comunque il numero di tre, su un totale di 11 reti nazionali (di cui 8 private)
- sent. Corte Cost. n. 420/94: il limite del 25 per cento è ritenuto incostituzionale perché viola il principio del pluralismo esterno (art.21 Cost.)
- Legge Maccanico (L. 249/97): le concessioni non possono superare il 20 per cento delle reti pianificate; le reti che eccedono tale limite hanno una deroga, stabilita dall'Agcom, per trasferirsi su cavo o satellite (c.d. "periodo transitorio")
- sent. Corte Cost. n. 466/2002: giudica incostituzionale la mancata fissazione di un termine del regime transitorio, e lo stabilisce al 31 dicembre 2003 (scadenza violata)
- Legge Gasparri (L. 112/2004): fissa il limite nel 20 per cento dei programmi televisivi (indipendentemente se analogici, digitali o satellitari) o radiofonici nazionali
Simile, e più controverso, il discorso sul limite di possesso delle risorse (cioè del mercato). Con la legge Maccanico, tale limite era del 30 per cento delle risorse radiotelevisive, il cui totale era stimato in 12 miliardi di euro. La legge Gasparri abbassa il limite al 20 per cento, ma ignorando che il totale ora calcolato col SIC, che comprende tutti i prodotti dell'informazione, corrisponde a un valore di 26 miliardi di euro. Il limite di posizione dominante, quindi, corrisponde ora a 5,8 miliardi di euro, in luogo dei 4 miliardi di euro precedenti.
[modifica] Raffronto con la normativa europea
La direttiva Televisione senza frontiere ha i seguenti limiti alla pubblicità: Sulla durata: al massimo 15 % del tempo di trasmissione quotidiano, 20% al massimo in un periodo di un'ora.
[modifica] Testo Unico della Radiotelevisione
Il Governo in virtù di legge delegata, ha emanato il Testo Unico della Radiotelevisione che recepisce molti concetti espressi nelle direttive europee. Importante la distinzione tra emittenti di carattere informativo ed emittenti di carattere commerciale. Il testo unico, tuttavia appare slegato con le altre norme della riforma radiotelevisiva, maggiormente incentrate sulle tematiche della concorrenza e delle frequenze.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Sentenze Corte Costituzionale
- Sentenza n.59 del 1960 Infondate le questioni di costituzionalità perché l'etere tollera un numero ridotto di canali
- Sentenza n. 225 del 1974 Parziale illegittimità delle norme "postali", ma sostanziale legittimità del monopolio via etere
- Sentenza n. 226 del 1974 Illegittimità del monopolio via cavo e quindi sua liberalizzazione
- Sentenza n. ..1 del 1976 Manifestamente infondate le impugnative
- Sentenza n. 202 del 1976 non può essere invocata la limitatezza delle frequenze per quello che riguarda le trasmissioni locali
- Sentenza n. 148 del 1981 non fondate le questioni solevate
- Sentenza n. 237 del 1984 le questioni sollevate sono inamissibili
- Sentenza n. .35 del 1986 Non fondate le questioni
[modifica] Giurisprudenza Europea
[modifica] Collegamenti esterni
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