Privacy Policy Cookie Policy Terms and Conditions Cosa (colonia romana) - Wikipedia

Cosa (colonia romana)

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Vista verso la costa veiente
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Vista verso la costa veiente

Cosa era una città, fondata nel 273 a.C., come colonia di di diritto latino dai romani. Sogeva sul promontorio roccioso di Ansedonia, da cui si dominava la costa tirrenica verso il Lazio, poco distante dalla via Aurelia. IIl colle, nella sua parte più alta, era formato da due cime, una orientale, l'altra meridionale, separate da un'ampia sella, quasi a voler ricorsare, in piccolo, il colle del Campidoglio a Roma.

Il nome sembra che derivi da quello di una vicina città etrusca, Cusi o Cosia, che doveva sorgere nella vicina laguna di Orbetello.

Indice

[modifica] Storia

[modifica] Epoca romana

Cosa si trovava in una posizione strategica, da dove si poteva controllare sia il traffico terrestre che il mare, in un'epoca in cui la potenza romana stava per entrare in conflitto con Cartagine.

Ricostruzione del Portus Cosanus
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Ricostruzione del Portus Cosanus

La data di fondazione, attestata dalle fonti storiche ( la città doveva controllare il terriotiro sotratto alle città etrusche di Volsinii e Vulci dopo che queste erano state sconfitte nel 280), ha trovato conferma nei risultati dello scavo. Agli anni tra la fondazione e la fine del secolo risalgono la cinta muraria, gli edifici pubblici più antichi e i primi impianti portuali del vicino Portus Cosanus.

La città fu costruita intorno ai due poli dove si svolgeva l'attività pubblica; il Foro, destinato all'attività politica, e l'Acropoli, destinato al culto degli dei. Le possenti mura che cingono l'abitato (e che sono in avanzata fase di ripristino) dimostrano come, almeno all'epoca della fondazione, i romani non si sentissero poi così sicuri di aver sottomesso la locale popolazione etrusca. Essenziale per la città fu la costruzione di cisterne per la raccolta delle acque piovane, stante le difficoltà di approvvigionamento idrico date dal sito.

Il porto fu dotato di numerose infrastrutture atte al ricovero delle navi, e rappresenta un mirabile esempio delle capacità ingegneristiche romane. Infatti al fine di tenere pulite le acque portuali dalla sabbia, l'afflusoo e il deflusso delle aque del porto veniva regolato da delle chiuse, gestiste a seconda dei venti e delle corenti prevalenti nei diversi periodi dell'anno. In un primo tempo, poi si sfruttava un canale naturale, lo Spacco della Regina, che metteva in collegamento il mare con la retrostante laguna. A seguito dell'ostruzione di questo canale, fu realizzato un canale artificiale nel fianco della collina, la Tagliata, ancor'oggi visibile. Tra la fine del II secolo a.C. e l’inizio del I secolo a.C. è testimoniato che nel centro urbano, alcune case precedenti vengono unite e ristrutturate al fine di costituire un’unica grande abitazione.

Via Sacra verso l'Acropoli
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Via Sacra verso l'Acropoli

Dalla fine del II secolo a.C. inizia per la città un periodo di declino, da ricollegarsi all'appoggio che diede, come tutte le città etrusche, alla fazione mariana nella guerra civile. Nel 90 a.C., in forza della lex Iulia, i suoi cittadini divennero cittadini romani a tutti gli effetti. Intorno al 70 a.C. Cosa viene saccheggiata e resterà virtualmente abbandonata per circa un cinquantennio.

In età augustea sembra poi vivere una ripresa molto limitata; i nuovi insediamenti probabilemnte erano limitati all'Acropoli e al Foro, giustificando quindi la teroria che la città avesse ora solo funzioni di culto. A questo periodo ne segue un'altro di ulteriore abbandono nel 80 d.C., determinato essenzialmente dalla trasformazione economica del territorio circostante, dove si creano grandi latifondi autosufficienti, in luogo della coltivazione diffusa, affidata ai coloni latini e residenti in città.

All’inizio del III secolo la città di Cosa sembra vivere una ripresa con la sua istituzione a centro amministrativo (Res Publica Cosanorum), nota solo da una serie di iscrizioni, ma che per il resto, a giudicare dai resti archeologici, appare un episodio non significativo e comunque senza seguito. In quest'epoca furono ricostruite due insulae e nuove abitazioni dietro il Foro, furono restaurati i portici a sudovest e la Curia. Dietro l’odeum restaurato e la Curia furono costruiti tre nuovi edifici pubblici e rifatti alcuni atria pubblici nella metà del secolo, tutti pavimentati in legno su terra battuta. Nell’entrata nordovest fu eretta una costruzione interpretata da Brown come una stalla, ma Fentress ha ipotizzato fosse più plausubile la teoria di un granaio, visto che anche gli altri edifici pubblici abbandonati furono trasformati in granai.

Resti del Foro Romano
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Resti del Foro Romano

Ci sono anche due edifici sacri: un mithraeum nella cella est della Curia, datato da alcune monete del 241, e il santuario di Liber Pater, da un’iscrizione databile alla fine del secolo. Il tempio chiude l’esedra dell’entrata sudest al Foro, il pavimento in signinum e la colonna all’entrata furono rasati al suolo dall’edificio costruito sopra a questo nel IV secolo, datato da monete coniate tra il 317 e il 425-455.

[modifica] Alto medioevo

Tra il IV e il V secolo la città era ridotta ad un piccolo nucleo di case; presso il foro, fra IV e prima metà V secolo, si colloca un edificio di culto sincretista sovrapposto ad un mitreo di III secolo. Nel IV secolo le uniche strutture ancora in uso saranno l’ Atrium Building I e il santuario di Liber Pater.

Verso la fine del V secolo l’Acropoli venne modificata in funzione militare ed ulteriormente fortificata nei primi decenni del VI secolo. Secondo l’interpretazione data dagli autori degli scavi del 1990, l’insediamento è riconducibile ad una mansio collegata alle esigenze dell’annona militaris, sede di una guarnigione posta al controllo della via Aurelia; di diversa opinione Ciampoltrini che, notando come la presenza di una mansio implica “un appesantimento del sistema viario che lascia francamente perplessi”, ipotizza la presenza di una “vera e propria fattoria fortificata, che poteva qualificarsi come castellum privato, in cui conferire il surplus agricolo-pastorale degli insediamenti sparsi che dalla rioccupata città di Cosa potevano venir gestiti, in possibile sinergia con l’impianto portuale della Feniglia”.

La villa sul Foro Romano
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La villa sul Foro Romano

Il castrum rimane in vita fino alla fine del VI secolo. Alle strutture di fortificazione era associato un luogo di culto, mentre un altro luogo di culto cristiano, con annesso cimitero, fu realizzato sull’antica basilica romana e annessa a questa una nuova strada, passa sul Foro e conduce all’Acropoli. Collateralmente a queste strutture vi era un modesto abitato costituito da abitazioni realizzate con materiali di recupero dalle strutture romane. Questo villaggio in muratura fu sostituito da abitazioni in materiale deperibile a seguito della conquista longobarda del sito.

Dal sito proviene un’ epigrafe greca, attribuita al VI secolo d.C.: il reperto fu ritrovato nel XVIII secolo e testimonia la presenza bizantina sul luogo, probabilemente precedente ed antagonista a quella longobarda. Sono stati studiati anche una serie di reperti numismatici attualmente conservati al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, e riconducibili alla produzione della zecca di Luni. Anche le monete, non tutte leggibili, sono un indicatore della presenza bizantina nel luogo, nonché dell’emissione a Luni di monete di infimo valore, destinate a circolare in un ristretto ambito geografico.

Elizabeth Fentress ipotizza nel VI sec. il cambiamento del nome da Cosa ad Ansedonia: dal termine gotico anse/ansis, semidio, durante una dominazione visigotica, dunque; oppure dal termine greco anoew/anoedwn, fiorita, confermando la presenza bizantina nella città. Un’altra derivazione può essere quella del nome della moglie di Desiderio, re longobardo, Ansila o Ansa.

[modifica] Medioevo

Il centro, con le sue pertinenze ed il porto di Feniglia, compare in una serie di atti di conferma dei possedimenti del monastero romano di S. Anastasio delle Tre Fontane a partire dal secolo XI, ma probabilmente la sua dipendenza da tale ente risale già all'età carolingia. In un privilegio di papa Gregorio VII (1073- 1085) è ricordato come Ansedoniam civitatem, inserita nel patrimonio del monastero romano dei SS. Vincenzo e Anastasio ad Aquas Salvias ed entro la quale aveva sede una curtis regis cui dovevano corrispondere censi gli abitanti della non lontana Casamaria. È citato ache nella falsa donazione di Carlo Magno al monastero delle Tre Fontane, redatta attorno alla metà del XIII secolo, nei termini di “tota et integra civitas quae ab hominibus vocatur Ansidonia insimul cum portu qui vocatur Fenilia”.

Resti di locali termali
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Resti di locali termali

Nel 1269 il castello di Ansedonia compare tra i domini che la casata Aldobrandesca aveva ottenuto in enfiteusi dal monastero (forse già dal 1181) e nel 1274 è compresa nella divisione del patrimonio familiare tra i due rami della casata, mentre non era menzionato nella precedente divisione della contea del 1216. Tra i testi di spicco che presenziarono alla divisione del patrimonio dei conti di S.Fiora da quello di Guido da Montfort, viene menzionato Catellinus de Ansedonia”. Nel 1303 papa Bonifacio VIII revocò a Margherita Aldobrandeschi il possesso dei beni tenuti in feudo dal monastero di S. Anastasio delle Tre Fontane - tra cui anche “civitas Ansidonia cum portu, qui nomiatur Phenilia” - che furono concessi in enfiteusi a Benedetto Castani; in quell’anno, secondo una fonte cronistica, l’esercito orvietano occupò tra le altre terre aldobrandesche anche Ansedonia.

Nel 1329 il castello venne assediato e devastato dall’esercito senese e da allora sino ai giorni nostri il sito è rimasto disabitato.

Da un punto di vista archeologico, successivamente all’occupazione longobarda non si hanno tracce di frequentazione del sito fino al X secolo, quando si assiste ad una modesta rioccupazione, a parte un ipotetico attacco nel X secolo testimoniato da due scheletri trovati uno nella cisterna della Casa di Diana, l’altro in quella del Foro, la cui morte fu sicuramente violenta.

All’interno della città romana si è individuata una cinta muraria con alcune strutture interne, che consentono una ricostruzione parziale dell’assetto del castello, che sorgeva sulla cima orientale del colle. Un alto muro difensivo ad andamento quasi circolare proteggeva il cassero fortificando la parte orientale della città antica.

All’interno, nel punto più alto, sorgeva una torre quadrata con una scarpata addossata sui due fianchi, intorno alla quale si trovavano altri edifici; tra questi ci sono una struttura rettangolare, ancora parzialmente in piedi, una cisterna quadrata posta all’angolo estremo della città ed una serie di altri muri con diversi orientamenti. La zona della torre ed il castello sull’arce costituivano solo una parte dell’insediamento “sparso” di Ansedonia; in caso di assedio le due alture potevano accogliere e difendere la popolazione decentrata. Al XIV secolo è attribuita la una piattaforma sopraelevata circolare (diametro 12 m), circondata da un muro a secco in pietrame di reimpiego e interpretata come zoccolo di torre in legno o basamento per catapulta, costruita sula cima orientale della collina.

Durante l' XI secolo furono costruite due chiese con annesso cimitero, relative al castello sulla cima orientale. Una sul Foro sui resti del tempio della Concordia, dall’analisi delle sepolture si evidenziano tre diverse fasi di uso del cimitero in questo secolo, ma da alcune maioliche trovate si pensa che la chiesa fu frequentata fino al XIV secolo. L’altra si trova sull'Acropoli, non sopravvive al XII sec. e le inumazioni evidenziano due fasi con una sepoltura di prestigio, forse da identificare con il committente della chiesa.

Sempre all’XI sec. sono riferibili tre strutture abitative che ricordano le Grubenhauser, una nel Foro (4x4,5), una vicina a questa (1,5x4) forse un magazzino o una piccola stalla circondata da un fossato, entrambe con mura di pietra e tetto e pavimento di legno, la terza, d’incerta interpretazione, è vicina a queste, ma non è databile, sappiamo solo che è lunga 4m e che era circondata da un fossato. Tracce di un ulteriore fossato che porta acqua alla cisterna vicina a queste abitazioni evidenzia l’uso agricolo dell’area. Altre due capanne infossate sono state ritrovate sulla cima orientalet, una a est del tempio romano, l’altra ad ovest, entrambe come quelle nel Foro sono atipiche, poiché hanno buche di palo per le travi di sostegno del tetto solo all’esterno.

Il cimitero del Foro fu tagliato da un basso fossato che correva in direzione sudest lungo le mura romane, a nord della piazza invece era parallelo alla strada Q e incorporava il ‘sink hole’, a nord furono tagliate le vecchie mura romane. La strada lungo il bacino del fossato sulla cima orientale fu fiancheggiata da un lungo muro, simile ad un altro nel Foro. Tra i due bacini una base quadrata può essere riferita alle fondamenta di una torre di legno. Un altro fossato si trova sulla cima della collina, a ovest del castello, a cui si può forse associare una palizzata.

[modifica] Strutture cittadine

[modifica] Mura

Le Mura di Cosa
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Le Mura di Cosa

Tutta la città di Cosa era cinta da mura, per un'estensione di un kilometro e mezzo; queste sono state costrutite in opere poligonali con blocchi di arenaria. I blocchi, di notevoli dimensioni, sono stati regolarizzati sulla superfice esterna e fatti combaciare con tagli netti nei punti di giunzione.

Lungo queste si trovavano delle torri, diciotto, tre delle quali circolari (mentre le altre erano rettangolari), uno dei primi esempi di costruzione romana di questo tipo.

Sulla mura si aprivano tre porte, ciascuna costituita da una porta esterna con volta e una interna senza, separate da uno vano centrale di passaggio, chiuso con saracinesche.

[modifica] Voci correlate

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