Yasujiro Ozu
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Yasujiro Ozu (小津安二郎) (12 dicembre 1903-12 dicembre 1963) è stato uno dei più grandi e famosi registi cinematografici giapponesi. Nasce a Tokyo (nel sobborgo di Fukugawa), ma viene educato in un paese di campagna, Matsusaka, insieme ai suoi fratelli.
Indice |
[modifica] Biografia
La sua vita ricalca - si potrebbe dire - la trama minimale dei suoi film, solo sfiorata dai grandi eventi, improntata al suo carattere schivo. Un carattere non privo di asperità, che si manifestano sin da piccolo; a scuola viene ricordato soprattutto per le risse, per la precoce tendenza all'alcool e per il vezzo di tenere sul banco la foto di Pearl White (ormai dimenticata attrice del cinema muto, interprete di oltre duecento film, tra cui l'allora popolarissima serie "The perils of Pauline").
I nomi che all'inizio affascinarono Ozu e che lo spinsero verso la carriera di regista sono ormai quasi perduti nella nebbia del tempo: Pearl White appunto, ma anche Lillian Gish, William S. Hart, Rex Ingram. Il cinema americano ebbe su di lui un'immediata influenza. Si racconta che preferì andare al cinema locale a vedere la prima de "Il prigioniero di Zenda" piuttosto che sostenere l'esame di ammissione alla scuola superiore commerciale già frequentata dal fratello.
Degli anni successivi si sa poco, se non che riuscì a farsi assumere come maestro nella scuola di un piccolo villaggio di montagna e che alla fine la famiglia fu costretta a riportarlo di peso a Tokyo e a pagare i debiti accumulati grazie alla sua sconfinata passione alcolica.
Considerando che a quell'epoca il cinema in Giappone non godeva di grande prestigio, un'anima persa come il giovane Ozu non fece fatica a fare il suo ingresso nell'ambiente cinematografico. L'inizio della sua carriera è quello di operatore di macchina, un mestiere che prende molto sul serio e che sarà alla base di alcune importanti sperimentazioni e innovazioni che ancora oggi rendono i suoi primi film (in bianco e nero, muti e immersi nella cultura giapponese) estremamente gradevoli e attuali.
La scelta di passare alla regia non fu semplice: "Come aiuto regista potevo bere quanto mi pareva e parlare tutto il tempo. Come regista mi sarebbe toccato lavorare di continuo e stare in piedi anche la notte".
I suoi primi film sono purtroppo andati distrutti nei bombardamenti della Seconda guerra mondiale; ne rimangono circa trentacinque, alcuni privi di diversi rulli e quindi ormai solo materiale per cinefili incalliti. La carriera del regista Ozu si può comunque dividere in due parti, lacerata da quello spartiacque epocale che fu anche per lui la Seconda guerra mondiale. Paradossalmente sono i primi film quelli più "occidentali", quelli in cui compare anche visivamente l'impronta di Hollywood. I film della maturità sono improntati invece ad uno stile che è stato giustamente definito "contemplativo", che quasi ignora le regole cinematografiche e che invece è impregnato di simbolismi, di situazioni minimali, di sfumature psicologiche.
Nel dopoguerra Ozu diventa molto popolare nel suo paese. Il suo capolavoro è considerato Tokyo monogatari del 1953. In Occidente è considerato il "più giapponese" dei registi giapponesi e solo dopo il 1960 alcune sue opere vengono distribuite all'estero.
Chi sia stato Yasujiro Ozu lo si può comprendere meglio dai suoi film che dalla sua scarna biografia. Un perfezionista, per alcuni un eccentrico; non usò il sonoro fino al 1935 (quando il suo direttore della fotografia Mohara Hideo non fu pronto a compiere il grande passo) e similmente il suo primo film a colori risale solo al 1958.
Un ammiratore del cinema occidentale (letteralmente innanamorato del cinema di Ernst Lubitsch) e al tempo stesso colui che ha tramandato in maniera più rispettosa di chiunque altro le tradizioni e la cultura familiare del Giappone.
Eppure ancora oggi, come è successo per Sergei Mikhailovic Eisenstein, chiunque si occupi di cinema non può prescindere dalla sua lezione, né riesce a sottrarsi al suo fascino.
Yasujiro Ozu perde una dolorosissima battaglia con un cancro alla gola esattamente il giorno del suo sessantesimo compleanno, il 12 dicembre 1963. Viene sepolto nel tempio di Engaku-ji, a Kamakura.
Disse il regista Wim Wenders, quando gli chiesero cosa fosse per lui il paradiso: - La cosa più simile al paradiso, che abbia mai incontrato, è il cinema di Ozu.
[modifica] Filmografia
[modifica] Regista
- Zange no yaiba (1927) (traduzione letterale: La spada della penitenza) - questo film è andato perso
- Wakodo no yume (1928) (t. l.: Sogni di gioventù) - questo film è andato perso
- Hikkoshi fufu (1928) (t. l.: Una coppia in movimento) - questo film è andato perso
- Nikutaibi (1928) (t. l.: Un bel fisico) - questo film è andato perso
- Nyobo funshitsu (1928) (t. l.: Una moglie smarrita) - questo film è andato perso
- Kabocha (1928) (t. l.: Zucca) - questo film è andato perso
- Takara no yama (1929) (t. l.: Il tesoro della montagna) - questo film è andato perso
- Wakaki hi (1929) (t. l.: Giorni di gioventù)
- Wasei kenka tomodachi (1929) (t. l.: Rissa tra amici in stile giapponese) - questo film è andato perso
- Daigaku wa deta keredo (1929) (t. l.: Mi sono laureato,ma...) - rinvenuto non completamente
- Tokkan kozo (1929) (t. l.: Un bambino che non si ferma mai)
- Kaishain seikatsu (1929) (t. l.: La vita di un impiegato) - questo film è andato perso
- Rakudai wa shita keredo (1930) (t. l.: Sono stato bocciato, ma...)
- Erogami no onryo (1930) (t. l.: La vendetta dello spirito di Eros)
- Ashi ni sawatta koun (1930) (t. l.: La fortuna è ai miei piedi)
- Ojosan (1930) (t. l.: Signorina)
- Sono yo no tsuma (1930) (t. l.: La moglie di quella notte)
- Kekkongaku nyumon (1930) (t. l.: Introduzione al matrimonio) - questo film è andato perso
- Hogaraka ni ayume (1930) (t. l.: Passeggiate allegramente!)
- Shukujo to hige (1931) (t. l.: La signorina e la barba)
- Bijin aishu (1931) (t. l.: I travagli della bellezza)
- Tokyo no gassho (1931) (t. l.: Il coro di Tokyo)
- Umarete wa mita keredo (1932) (t. l.: Sono nato, ma...)
- Seishun no yume imaizuko (1932) (t. l.: Dove sono finiti i sogni di gioventù)
- Mata au hi made (1932) (t. l.: Fino al nostro prossimo incontro) - questo film è andato perso
- Haru wa gofujin kara (1932) (t. l.: La primavera proviene dalle donne)
- Tokyo no onna (1933) (t. l.: Una donna di Tokyo)
- Hijosen no onna (1933) (t. l.: La donna della retata)
- Dekigokoro (1933) (t. l.: Capriccio passeggero)
- Haha wo kowazuya (1934) (t. l.: Una madre dovrebbe essere amata)
- Ukigusa monogatari (1934) (t. l.: Storia di erbe fluttuanti)
- Hakoiri musume (1935) (t. l.: Una ragazza innocente)
- Tokyo no yado (1935) (t. l.: Una locanda di Tokyo)
- Daigaku yoitoko (1935) (t. l.: L'università è un bel posto) - questo film è andato perso
- Hitori musuko (1936) (t. l.: Figlio unico)
- Kagamijishi (1936)
- Shukujo wa nani o wasureta ka (1937) (t. l.: La ragazza che cosa ha dimenticato?)
- Todake no kyodai (1941) (t. l.: Fratelli e sorelle della famiglia Toda)
- Chichi ariki (1942) (t. l.: C'era un padre)
- Nagaya shinshiroku (1947) (t. l.: Il chi è di un inquilino)
- Kaze no naka no mendori (1948) (t. l.: Una gallina nel vento)
- Banshun (1949) (t. l.: Tarda primavera)
- Munekata kyoudai (1950) (t. l.: Le sorelle Munekata)
- Bakushû (1951) (Inizio d'estate - t. l.: Il tempo del raccolto del grano)
- Ochazuke no aji (1952) (t. l.: Il sapore del riso al tè verde)
- Tokyo monogatari (1953) (Viaggio a Tokyo - t. l.: Una storia di Tokyo)
- Soshun (1956) (t. l.: Inizio di primavera)
- Tokyo boshoku (1957) (t. l.: Crepuscolo di Tokyo)
- Higanbana (1958) (t. l.: Fiori d'equinozio)
- Ohayo (1959) (t. l.: Buon giorno)
- Ukigusa (1959) (t. l.: Erbe fluttuanti)
- Akibiyori (1960) (Tardo autunno - t. l.: Giorni sereni d'autunno)
- Kohayagawa-ke no aki (1961) (t. l.: L'autunno della famiglia Kohayakawa)
- Sanma no aji (1962) (Il gusto del sakè - t. l.: Il gusto della costardella)
[modifica] Riferimenti Bibliografici
- Dario Tomasi, "Yasujiro Ozu" (1996) Milano: Il Castoro Cinema
- Kiju Yoshida, "O Anticinema de Yasujiro Ozu" (2003): Cosac & Naify
- Schrader Paul, "Il trascendente nel cinema. Ozu, Bresson, Dreyer" (2002): Donzelli