Talebani
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I talebani (in arabo: طالبان, che significa "studenti" di scuole coraniche, traslitterato in Tālibān o Tālebān), sono diventati noti per essere diventati in gran parte seguaci di un movimento islamico che ha governato su gran parte dell'Afghanistan dal 1996 al 2001, nonostante avesse ricevuto un riconoscimento diplomatico solo da parte di tre nazioni (Emirati Arabi Uniti, Pakistan, e Arabia Saudita).
I membri più influenti, tra cui il Mullah Mohammed Omar, capo religioso del movimento, erano semplici ulema (studiosi religiosi islamici), la cui educazione era estremamente limitata e rifiutava un adeguato adattamento alle realtà più moderne del pianeta, respingendo ogni tentativo di interpretazione che esorbitasse dalla più conservatrice tradizione spirituale e culturale del pensiero islamico.
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[modifica] Ascesa al potere
Dopo la caduta nel 1992 della Repubblica Democratica dell'Afghanistan appoggiata dai Sovietici, l'Afghanistan piombò in una lunga guerra civile tra i vari combattenti della resistenza islamica ( mujaheddin ). I Talebani emersero come una forza armata in grado di portare il loro particolare "ordine" in un paese devastato sotto il profilo umano e politico. Eliminarono i numerosi pagamenti che erano richiesti dai vari "signori della guerra" e imposero con la forza una tregua richiamandosi ai valori dell'Islam, riducendo certamente i combattimenti tra le varie fazioni in lotta con l'eliminazione di non pochi gruppi combattenti che non si allineavano supinamente al loro ordine.
I Talebani godettero di notevole supporto da parte degli Afgani di etnia Pashtun e dei Pakistani. Secondo Ahmed Rashid la ragione andrebbe individuata nell'appoggio che i Talebani avevano fornito alla lobby pakistana dei trasportatori. Finita la guerra con i Sovietici, emissari pakistani si recarono in Afghanistan per riattivare i collegamenti automobilistici tra il Pakistan e le ex repubbliche sovietiche. Il tragitto tradizionale che attraversa l'Afghanistan a nord si rivelò impraticabile a causa della guerra civile e nessuna delle parti voleva che ai nemici giungessero soldi dai Pakistani. Così i Pakistani offrirono ai Talebani, che controllavano il sud del paese, denaro e appoggi per transitare attraverso i territori da loro controllati. I Talebani accettarono e usarono quegli aiuti per conquistare poco per volta il paese con l'uso delle armi.
Gli Stati Uniti sperarono inizialmente che i Talebani potessero spingere i signori della guerra a risolvere le loro divergenze e scelsero una politica di non intervento. Benché l'ideologia dei Talebani fosse chiaramente radicale, tale da alienar loro simpatie e appoggi, diversi osservatori inizialmente considerarono l'entrata sulla scena politica e militare dei Talebani come uno sviluppo potenzialmente molto positivo.
Si dice (senza possibilità di riscontri autorevoli) che nella primavera del 1994, venendo a conoscenza del rapimento e dello stupro di due ragazze a un posto di blocco dei mujaheddin nel villaggio di Sang Hesar, vicino Kandahar, il locale mullah Mohammed Omar, un veterano della fazione dei mujaheddin definita Harakat-i Inqilab-i Islami (Movimento dell'Insurrezione Islamica), organizzasse trenta taliban in un gruppo di combattimento e con esso avesse salvato le ragazze facendo impiccare il comandante dei mujaheddin. Dopo questo incidente, prosegue la leggenda, i servizi di questi combattenti pii e religiosi vennero sempre più richiesti dai contadini, afflitti dai soprusi dei mujaheddin.
A seguito di questo evento, Omar scappò nella vicina provincia del Balochistan, in Pakistan, dalla quale tornò nell'autunno del 1994, apparentemente con una milizia ben armata e ben finanziata di 1.500 Talebani, che avrebbe fornito protezione a un convoglio pakistano che trasportava merci via terra in Turkmenistan. Comunque, molti rapporti suggeriscono che il convoglio fosse in realtà carico di combattenti pakistani che si fingevano Talebani, e che i Talebani avessero ottenuto un considerevole rifornimento di armamenti, usufruendo di addestramento militare e aiuti economici da parte dei Pakistani.
Dopo aver preso il potere a Kandahar e nei suoi dintorni, attraverso una combinazione di vittorie militari e diplomatiche, i Talebani attaccarono e infine sconfissero le forze di Ismail Khan (un "signore della guerra") nell'ovest dell'Afghanistan, catturando Herat il 5 settembre 1995. Quello stesso inverno i Talebani cinsero d'assedio la capitale Kabul, bersagliandola con razzi e bloccando le vie d'accesso. Nel marzo 1996 gli avversari dei Talebani, il presidente afgano Burhanuddin Rabbani e Gulbuddin Hekmatyar, smisero di combattersi e formarono una nuova alleanza anti-talebana. Ma il 26 settembre abbandonarono Kabul e si ritirarono a nord, permettendo ai Talebani di occupare la sede del governo e di fondare l'Emirato Islamico dell'Afghanistan.
Il 20 maggio 1997, i due generali fratelli, Abdul Malik Pehlawan e Mohammed Pehlawan, si ribellarono al "signore della guerra" uzbeko Rashid Dostum e formarono un'alleanza con i Talebani. Tre giorni dopo, Dostum abbandonò gran parte del suo esercito e fuggì dalla sua base a Mazar-i-Sharif, riparando in Uzbekistan. Il 25 maggio le forze talebane, assieme a quelle dei generali ammutinati, entrarono nella indifesa Mazar-i-Sharīf. Lo stesso giorno il Pakistan riconobbe i Talebani come rappresentanti del governo dell'Afghanistan, seguito il giorno dopo dall'Arabia Saudita. Comunque il 27 maggio scoppiarono feroci combattimenti di strada tra i Talebani e le forze di Malik. I Talebani, non abituati alla guerriglia urbana, vennero sconfitti pesantemente e a migliaia persero la vita in battaglia o nelle esecuzioni di massa che seguirono.
L'8 agosto 1998, i Talebani ricatturarono Mazar-i-Sharif. Il 20 agosto, gli Stati Uniti lanciarono missili Cruise su quattro siti in Afghanistan, tutti nei pressi di Khost. Questi siti ne comprendevano uno diretto da Osama bin Laden, il capo di Al Qaeda, che era accusato di aver diretto gli attentati del 7 agosto alle ambasciate statunitensi in Africa (Kenya e Tanzania).
L'Emirato venne riconosciuto da Pakistan, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Esso controllava tutto l'Afghanistan ad eccezione di piccole regioni a nord-est che erano in mano alla cosiddetta Alleanza del Nord. Gran parte del resto del mondo e le Nazioni Unite continuarono a riconoscere Rabbani come legittimo capo di Stato dell'Afghanistan, anche se veniva generalmente riconosciuto che egli non aveva in realtà alcun potere sulla nazione.
I Talebani ricevettero aiuto dall'Arabia Saudita e dal Pakistan, comprendente supporto logistico ed umanitario, durante la loro ascesa al potere: un impegno che continuò anche nelle fasi successive. Si stima che 2 milioni di dollari annui provennero dalla principale organizzazione di beneficenza saudita, e vennero dedicati al sovvenzionamento di due università e di sei cliniche, e all'assistenza di 4.000 orfani. Il Re saudita Fahd inviò un carico annuale di doni. Le relazioni con l'Iran furono molto cattive a causa delle forti politiche anti-sciite dei sunniti Talebani.
[modifica] Cultura
Nelle lingue parlate in Afghanistan e Pakistan, Tālibān (o anche Tālebān) significa coloro che studiano il libro (si intende il Corano). Il termine deriva dalla parola persiana tāleb, a sua volta derivata dalla araba tālib (ricercatore o studente). I Talebani appartengono al movimento deobandi, un movimento islamico sunnita che enfatizza la solidarietà, l'austerità e la famiglia, saldamente gestita dagli uomini.
[modifica] La vita sotto i Talebani
Per approfondire, vedi la voce La vita sotto i Talebani. |
[modifica] Legge islamica
Una volta al potere, i Talebani istituirono la sharī‘a (legge islamica). La riforma talebana del governo fu in parte diretta da studiosi di diritto. Le punizioni coraniche prevedevano l'amputazione di una o entrambe le mani per il furto e la lapidazione per gli adulteri. I Talebani bandirono tutte le forme di televisione, immagini e musica. Indossare scarpe bianche (il colore della bandiera talebana) era illegale, così come portare la barba troppo corta. Venne anche istituita una polizia religiosa.
[modifica] Oppio
I Talebani vietarono la coltivazione dei papaveri da oppio nel 2000, per motivi religiosi. Secondo alcune fonti la produzione diminuì da 4000 tonnellate nel 2000 (circa il 70% del totale mondiale) a 82 tonnellate nel 2001, gran parte delle quali si disse furono raccolte nelle parti dell'Afghanistan controllate dall'Alleanza del Nord. Dopo che i Talebani persero il potere, alla fine del 2002, si è detto che la produzione di oppio sia aumentata drammaticamente.
Il ruolo dell'Afghanistan come principale produttore di oppio del mondo è ben documentato. Fino alla fine del governo talebano, la maggioranza della produzione d'oppio si svolse in aree controllate dai Talebani. Secondo il rapporto strategico dell'"International Narcotics Control" del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti (INCSR), del marzo 2001, l'Afghanistan rimaneva il principale produttore mondiale di papavero da oppio, nonostante una protratta siccità e la guerra civile in corso.
Il rapporto segnalava inoltre che "i Talebani, che controllano il 96% del territorio dove vengono coltivati i papaveri, ne promuovono la coltivazione per finanziare l'acquisto di armi e le operazioni militari". Anche se i Talebani apparentemente bandirono la coltivazione dei papaveri da oppio alla fine del 1997, la produzione di oppio aumentò durante tutto il 2000, ammontando al 72% delle forniture illegali di oppio, secondo fonti del governo USA. La maggior parte dell'oppio afgano viene venduta in Europa e non negli Stati Uniti.
Il 27 luglio 2000, i Talebani emisero un altro decreto che vietava la coltivazione dei papaveri da oppio. L'annuncio del divieto provocò una salita dei prezzi da 30 dollari al kg a 500 dollari al kg.
Comunque, il Dipartimento di Stato segnalò che nel 2001: "Né i Talebani, né l'Alleanza del Nord hanno intrapreso alcuna azione significativa per sequestrare l'oppio immagazzinato, i laboratori chimici, o per perseguire i trafficanti di narcotici. Al contrario, le autorità continuano a tassare i campi coltivati a papaveri al dieci per cento, e permettono che l'oppio venga venduto alla luce del sole, commerciato e trasportato".
[modifica] Donne
Per approfondire, vedi la voce Condizione femminile sotto i talebani. |
La politica dei Talebani prevedeva la proibizione del lavoro femminile e l'esclusione delle ragazze da qualsiasi forma di istruzione. Alle donne era negato il trattamento ospedaliero per impedire il loro contatto con medici e personale ospedaliero di sesso maschile.
Il ministro talebano alla religione, Al-Haj Maulwi Qalamuddin, dichiarò al The New York Times che: "Ad una nazione in fiamme il mondo vuol dare un fiammifero. Perché c'è tutta questa preoccupazione per le donne? Il pane costa troppo. Non c'è lavoro. Anche i ragazzi non vanno a scuola. Eppure sento solo parlare delle donne. Dov'era il mondo quando qui gli uomini violavano tutte le donne che volevano?".
Questo è ciò che i Talebani avevano da dire circa l'istruzione:
- "Contrariamente a quanto riportato dalla stampa circa l'istruzione delle ragazze, le cifre ottenute dal settore dell'educazione in Afghanistan, rivelano che l'istruzione femminile nell'Afghanistan rurale è in crescita. Secondo una ricerca condotta dal "Comitato Svedese per l'Afghanistan" (SCA), quasi il l80% delle scuole femminili situate nelle aree rurali sotto l'amministrazione dello Stato Islamico dell'Afghanistan sta operando a pieno regime."
Comunque, un rapporto dell'UNESCO dichiarò che: "L'editto dei Talebani sull'educazione femminile ha portato ad un calo del 65% nelle loro iscrizioni. Nelle scuole gestite dal Direttorato dell'Educazione, solo l'1% degli studenti è composto da ragazze. Anche la percentuale di insegnanti donne è scivolata dal 59,2 per cento del 1990 al 13,5 per cento del 1999."
Un portavoce dei Talebani sostenne che: "Le strutture sanitarie per le donne sono aumentate del 200% durante l'amministrazione dei Talebani. Prima che il Movimento Islamico dei talebani prendesse il controllo di Kabul, c'erano solo 350 letti negli ospedali della città. Attualmente ci sono più di 950 letti per le donne in ospedali a loro riservati."
I sostenitori dei Talebani suggeriscono che la depressione e gli altri problemi che affliggevano le donne afgane erano il risultato della estrema povertà, degli anni di guerra, dell'economia disastrata, e del fatto che molte si trovavano ad essere vedove di guerra, e non potevano più provvedere alle loro famiglie senza qualche forma di aiuto internazionale.
[modifica] I Buddha di Bamiyan
Per approfondire, vedi la voce Buddha di Bamiyan. |
Nel marzo 2001, i Talebani ordinarono la distruzione delle due statue del Buddha scolpite sulle pareti di roccia di Bamiyan, una alta 38 m. e vecchia di 1.800 anni, l'altra alta 53 m. e vecchia di 1.500. L'azione fu condannata dall'UNESCO e da molte nazioni di tutto il mondo, compreso l'Iran.
[modifica] Relazioni con Osama bin Laden
Nel 1996, il saudita Osama bin Laden si spostò in Afghanistan su invito del leader dell'Alleanza del Nord, Abdur Rabb ur Rasool Sayyaf. Quando i Talebani presero il potere, bin Laden riuscì a forgiare un'alleanza tra i Talebani e la sua organizzazione (al-Qaida). È generale convinzione che i Talebani e bin Laden avessero legami molto stretti.
[modifica] L'invasione statunitense
Per approfondire, vedi la voce Invasione statunitense dell'Afghanistan. |
Il 22 settembre 2001, alla luce della crescente pressione internazionale a seguito degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, gli Emirati Arabi Uniti e successivamente l'Arabia Saudita, ritirarono il loro riconoscimento dei Talebani come governo legittimo dell'Afghanistan, lasciando il confinante Pakistan come unica nazione restante a riconoscerli, quando gli USA incolparono i Talebani dell'attacco.
Gli Stati Uniti, aiutati dal Regno Unito e appoggiati da una piccola coalizione di altre nazioni, iniziarono un azione militare contro i Talebani nell'ottobre 2001. L'intento dichiarato era di rimuovere i Talebani dal potere a causa del loro rifiuto di consegnare Osama bin Laden, per via del suo presunto coinvolgimento negli attacchi dell'11 settembre 2001, e come rappresaglia per l'aiuto fornito a bin Laden dai Talebani. La guerra terrestre fu combattuta principalmente dall'Alleanza del Nord, gli elementi restanti delle forze anti-talebane che erano state da questi sconfitte negli anni precedenti.
Mazar-i-Sharif si arrese alle forze USA e dell'Alleanza il 9 novembre, portando alla caduta a ripetizione di una serie di province che opposero una resistenza minima, e a molte forze locali che passarono dai Talebani all'Alleanza del Nord. Nella notte del 12 novembre, i Talebani si ritirarono ordinatamente a sud, lasciando Kabul. Il 15 novembre, essi rilasciarono 8 operatori umanitari occidentali, dopo averli tenuti per 3 mesi in prigionia.
Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, il 16 gennaio 2002, stabilì all'unanimità un embargo sugli armamenti e il congelamento dei beni identificabili come appartenenti a bin Laden, al-Qā'ida, e ai resti dei Talebani.
I Talebani si ritirarono successivamente da Kandahar, e si raggrupparono nella regione di confine tra Afghanistan e Pakistan. La maggior parte dei combattenti talebani del dopo-invasione erano nuove reclute, ancora una volta provenienti dalle madrasa ("scuola" in arabo) del Pakistan. Le più tradizionali scuole coraniche sono ritenute essere la fonte primaria dei nuovi combattenti.
I combattenti talebani sono oggi fra i 6000 e i 12000, dislocati soprattutto nel sud dell'Afghanistan. La prima stima è fatta dai militari della coalizione NATO, mentre la seconda cifra è stata resa nota direttamente dall'organizzazione talebana.
[modifica] Voci correlate
- Politica dell'Afghanistan
- Elenco di capi talebani
[modifica] Bibliografia
- Ahmed Rashid, L'Ombre des Taliban, Autrement, 2001, ISBN 2746701731
- Alberto Masala, Taliban. Trente-deux preceptes pour les femmes, N&B, Collection Ultima Verba, ASIN 2911241304
- Marc Epstein, «Afghanistan. Voyage au coeur de la barbarie», dans 'L'Express, 28/06/2001
- Michael Barry, Le Royaume de l'insolence, l'Afghanistan : 1504-2001, Flammarion, 2002, ISBN 2082101029
- Bernard Dupaigne, Gilles Rossignol, Le carrefour afghan, Gallimard (folio, le Monde actuel), 2002, ISBN 2070425959
- Gilles Dorronsoro, La Révolution afghane, des communistes aux tâlebân, Khartala, 2000
- Sylvie Gelinas, L'Afghanistan, du communisme au fondamentalisme, L'Harmattan, 2000
- Asne Seierstad, "le libraire de kaboul"
- Griffin, Michael. (2003). Reaping the Whirlwind: Afghanistan, Al Q'aida and the Holy War. Londra: Pluto Press. ISBN 0745319165
- Jones, Owen Bennett (2002). Pakistan: Eye of the Storm, 2nd Ed.. New Haven: Yale University Press. ISBN 0300097603. Note pp. 9-11.
- Rashid, Ahmed (2000) Taliban: Militant Islam, Oil and Fundamentalism in Central Asia, ISBN 0300089023