Monetazione medioevale
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L'inizio della monetazione medioevale viene fatta risalire al 774 d.C. con l'avvento di Carlomagno come re dei Franchi e in seguito re dei Longobardi, e dall'800 Imperatore del Sacro romano Impero. L'Europa che usciva dalla fine dell'Impero romano era caratterizzata dallo spopolamento delle città e dalla mancanza di commerci, con la conseguente riduzione dell'utilizzo del denaro da una parte e la scarsità di metalli preziosi da impiegare nelle monete dall'altra.
Il sistema monetario istituito da Carlomagno, la cosiddetta Monetazione carolingia, fu la prima riunificazione monetaria a livello europeo dopo il marasma delle invasioni barbariche.
Era basato sul monometallismo argenteo, data l'estrema rarità dell'oro, con un'unica unità monetaria il denaro. La riforma monetaria imponeva che a chi avesse portato una libbra d'argento presso una zecca, venissero consegnati 240 denari. Quindi si iniziò a considerare un denaro come 1/240 di libbra o lira (dal peso pari a 434,16 grammi). Il primo denaro carolingio pesava g 1,3 ma nel 1794 il peso fu innalzato a g 170 di una lega di circa 950 millesimi (e quindi con un fino di g 1,6) Un soldo, invece, era un multiplo corrispondente a 12 denari, e corrispondeva, perciò, ad 1/20 di lira. Dunque, solo il denaro era una vera e propria moneta coniata nell'impero, dato che lira e soldo erano solamente unità di conto nate dall'uso quitidiano e non imposte da leggi o decreti.
Una riforma uguale fu fatta in Inghilterra da re Offa di Mercia che nel 785 introdusse il penny (plur. pence). Multipli del penny erano lo scellino (shilling) pari a 12 penny e la libra (pound) pari a venti scellini. Il sistema monetario inglese nato nel 785 è sopravvissuto fino alla decimalizzazione del 1971. Le iniziali dei nomi latini delle tre valute (Libra, Solidus, Denarius) furono usate per indicare le monete.
Le monete medioevale avevano un tondello sottile, peso scarso e quindi un valore intrinseco limitato.
Il denaro si diffuse ovunque nell'Europa occidentale, con l'eccezione di quelle aree che - come l'Italia meridionale - conservarono sistemi monetari differenti. Al dritto era presente l'indicazione dell'autorità che l'aveva emesso mentre al tovescio era raffigurana di norma una croce greca. Fu coniato in Germania, Francia e da vari comuni dell'Italia centrale e settentrionale. Tra i molti comuni italiani possamo ricordare Asti, Ancona, Bergamo, Ravenna e Siena.
Per oltre cento anni il denaro mantenne inalterato peso e lega. I primi slittamenti iniziarono nel X secolo. I primi Ottoni (961-973 e 973-983) misero ordine nel sistema consacrando lo slittamento del denaro in termini di peso e di fino: una "lira" (ossia 240 denari) passò da g 410 a g 330 di una lega argentea peggiore (da g 390 di argento fino a g 275).
La svalutazione della moneta fu interrotta con la ripresa del commercio nel periodo comunale, dall'avvento al trono di Federico I nel 1152 alla morte di Federico II nel 1250.
In particolare, era sentita l'esigenza di monete utilizzabili per il commercio con i paesi arabi, dove erano ancora largamente utilizzate monete in oro (il dīnār). In particolare, una moneta ampiamente diffusa in Sicilia fu il tarenus (dall'arabo tarī, ovvero "fresco [di conio]"), una moneta d'oro che corrispondeva a 1/4 di dīnār (per questo era anche chiamato rubā‘ī, lett. "quarto") e a circa 1/4 del soldo bizantino.
Per questi motivi, Venezia iniziò a coniare a partire dal 1200 il denaro grosso, una moneta d'argento pari a 10 denari, con un titolo di 965 millesimi ed un peso di 2,18 grammi. Nel 1230 Federico II conia nell'Italia meridionale l'augustale, una moneta d'oro di 5 grammi.
Nel 1252 Firenze inizia a coniare il suo fiorino, una moneta di 3,54 grammi d'oro quasi puro, diffusosi ed imitato immediatamente su tutto il continente. Quasi contemporaneamente Genova conia il genovino e nel 1284 Venezia inizia a coniare il ducato, sostituto nel 1545 dallo zecchino, coniato fino al 1797.
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