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Ipotesi di Sapir-Whorf

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L'Ipotesi di Sapir-Whorf, altresì conosciuta come ipotesi della relatività linguistica, afferma che la categorizzazione linguistica non è solo frutto del nostro modo di organizzare l'esperienza, ma ne è, al contempo, la discriminante: chi "conosce" linguisticamente il mondo in un certo modo ne sarà influenzato di conseguenza.
Si dice che la sua fortuna sia essenzialmente derivata dal parallelo con la omonima e più celebre teoria di Einstein.

In linguistica, l'Ipotesi di Sapir-Whorf (SWH) sostiene l'esistenza di relazioni sistematiche tra le categorie grammaticali della lingua parlata da una persona ed il modo in cui quella persona capisce il mondo e si comporta al suo interno. Sebbene sia conosciuta come ipotesi, si trattava piuttosto di un assioma che sottendeva il lavoro del linguista e antropologo Edward Sapir e del suo collega e allievo Benjamin Whorf.

Indice

[modifica] Storia

La posizione secondo cui la lingua è ancorata al pensiero (pensare è shabdanA o 'creare linguaggio') era stata teorizzata in modo convincente da Bhartrihari nel VI secolo e fu oggetto di secolari dibattiti nella tradizione linguistica indiana. Nozioni simili in Occidente, come l'assioma per cui la lingua ha effetti di controllo sul pensiero, si possono far risalire al saggio di Willhelm von Humboldt Über das vergleichende Sprachstudium (letteralmente: "Dello studio comparativo delle lingue", in italiano La diversità delle lingue) e la nozione è stata in buona parte assimilata nel pensiero occidentale. Nel 1976 Karl Kerenyi antepose alla traduzione in inglese del suo Dionysus questo brano:

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«The interdependence of thought and speech makes it clear that languages are not so much a means of expressing truth that has already been established, but are a means of discovering truth that was previously unknown. Their diversity is a diversity not of sounds and signs but of ways of looking at the world.»
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«L'interdipendenza fra pensiero e linguaggio rende chiaro che le lingue non sono tanto un mezzo per esprimere una verità che è stata già stabilita, quanto un mezzo per scoprire una verità che era in precedenza sconosciuta. La loro diversità non è una diversità di suono e di segni, ma di modi di guardare il mondo.»
(Karl Kerenyi - Dionysus. Trad.: V.Rota)

L'origine dell'ipotesi di Sapir-Whorf come esame più rigoroso di questa percezione culturale familiare può essere fatto risalire al lavoro di Franz Boas, il fondatore dell'antropologia negli Stati Uniti. Boas fu allevato in Germania alla fine del XIX secolo in un periodo in cui scienziati come Ernst Mach e Ludwig Boltzmann stavano tentando di comprendere la fisiologia della sensazione.

Un importante approccio filosofico del tempo fu il rinnovo dell'interesse per l'opera di Immanuel Kant. Kant sosteneva che la conoscenza era il risultato di un concreto lavoro cognitivo da parte di un individuo; la realtà (intuizione sensuale) era inerentemente in flusso e la comprensione scattava quando qualcuno coglieva quell'intuizione e la interpretava tramite le categorie dell'intelletto. Diversi individui possono perciò percepire la stessa realtà noumenica come contingenze fenomeniche dei loro concetti individuali e differenti.

Negli Stati Uniti Boas si imbatté in lingue dei nativi americani appartenenti a diverse famiglie linguistiche; tutte queste erano molto diverse dalle lingue semitiche e indo-europee studiate da molti intellettuali europei. Boas si rese conto di come gli stili di vita e le categorie grammaticali variassero ampiamente da un posto all'altro; di conseguenza arrivò a credere che la cultura e gli stili di vita di un popolo si riflettessero nella lingua che esso parlava.

Sapir fu uno degli studenti più brillanti di Boas. Proseguì lo studio di Boas notando che le lingue sono sistemi sistematici e formalmente completi. Perciò, non era questa o quella particolare parola che esprimeva un particolare modo di pensare o di comportarsi, ma la natura coerente e sistematica della lingua interagiva ad un livello più ampio con il pensiero e il comportamento. Mentre i suoi punti di vista cambiarono nel tempo, sembra che verso la fine della sua vita Sapir arrivò a credere che la lingua non rispecchiava meramente la cultura e le azioni abituali, ma che la lingua e il pensiero potessero in effetti essere in un rapporto di influenza reciproca o forse persino di determinazione reciproca.

Whorf diede a questa idea una maggiore precisione esaminando i particolari meccanismi grammaticali con cui il pensiero influenzava la lingua. Sosteneva così il suo concetto:

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«We dissect nature along lines laid down by our native languages. The categories and types that we isolate from the world of phenomena we do not find there because they stare every observer in the face; on the contrary, the world is presented in a kaleidoscopic flux of impressions which has to be organized by our minds—and this means largely by the linguistic systems in our minds. We cut nature up, organize it into concepts, and ascribe significances as we do, largely because we are parties to an agreement to organize it in this way — an agreement that holds throughout our speech community and is codified in the patterns of our language... all observers are not led by the same physical evidence to the same picture of the universe, unless their linguistic backgrounds are similar, or can in some way be calibrated.»
Collabora a Wikiquote (IT)
«Noi dissezioniamo la natura lungo linee tracciate dalle nostre lingue madri. Le categorie e le tipologie che isoliamo dal mondo dei fenomeni non le troviamo lì in quanto esse guardano dritto in faccia ogni osservatore; al contrario, il mondo viene presentato in un flusso caleidoscopico di impressioni che deve essere organizzato dalle nostre menti; vale a dire, in gran parte dai sistemi linguistici presenti nelle nostre menti. Noi tagliamo a pezzi la natura, la organizziamo in concetti, e nel farlo vi attribuiamo significati, in gran parte perché siamo parti in causa in un accordo per organizzarla in questo modo; un accordo che si mantiene in tutta la nostra comunità di linguaggio ed è codificato negli schemi della nostra lingua... tutti gli osservatori non sono guidati dalle stesse prove fisiche verso la stessa immagine dell'universo, a meno che i loro bagagli linguistici siano simili, o possano essere in qualche modo calibrati.»
(Benjamin Whorf - Language, Thought and Reality, pp. 212-214. Trad.: V.Rota)

La formulazione di Whorf di questo "principio di relatività linguistica" viene spesso stereotipato come visione "prigione" della lingua, in cui il proprio pensiero e comportamento vengono completamente e interamente formati dalla propria lingua. Mentre alcuni potrebbero opporsi a questo "pacchiano sillogismo whorfiano", lo stesso Whorf cercò semplicemente di sostenere che il pensiero e l'azione erano linguisticamente e socialmente mediate. In questo modo si opponeva a ciò che chiamava una posizione "logica naturale", poiché egli sosteneva che "si suppone che parlare, o l'uso della lingua, 'esprimano' solo ciò che è essenzialmente già formulato dal punto di vista non linguistico" (Language, Thought and Reality p. 207). Su questa base, argomentava, "il pensiero non dipende dalla grammatica ma dalle leggi della logica o della ragione che si suppone siano le stesse per tutti gli osservatori dell'universo" (Language, Thought and Reality, p. 208).

L'attenta analisi condotta da Whorf sulle differenze tra l'inglese e la lingua Hopi in un famoso brano ha fissato nuovi standard per l'analisi della relazione tra linguaggio, pensiero, e realtà basandosi su una attenta analisi della struttura grammaticale, piuttosto che su un resoconto più impressionistico delle differenze tra, ad esempio, le voci di vocabolario in un linguaggio. Per esempio, lo "Standard Average European" (Europeo Standard Medio, cioè i linguaggi occidentali in genere) tende ad analizzare la realtà come fa per gli oggetti nello spazio: si pensa al presente e al futuro come siano "posti", e il tempo è un sentiero che li collega. Una frase come "tre giorni" è grammaticalmente equivalente a "tre mele", o a "tre chilometri". Altri linguaggi, tra i quali molti linguaggi dei nativi americani, sono orientati al "processo". Per parlanti monoglotti di simili linguaggi, le metafore concrete/spaziali della grammatica SAE può avere poco significato. Lo stesso Whorf ha sostenuto che la sua opera sull'ipotesi Sapir Whorf è stata ispirata dall'intuizione che un parlante la lingua Hopi avrebbe trovato la fisica relativistica fondamentalmente più semplice da comprendere rispetto a un parlante europeo.

Come risultato di questo status antiaccademico l'opera di Whirf sulla relatività linguistica, condotto ampiamente nella seconda metà degli anni '30 non divenne popolare se non dopo la pubblicazione postuma dei suoi scritti negli anni '50. Nel 1955 James Cook Brown creò la lingua Loglan (di cui il Lojban è una variante riformata tuttora attiva) per testare l'ipotesi. Comunque nessun esperimento di questo tipo fu mai condotto successivamente negli anni '60 durante un periodo in cui le teorie linguistiche come quelle proposte da Noam Chomsky, si incentrarono sull'innatismo e l'universalità della lingua. Alla fine degli anni '80 e all'inizio del decennio successivo i progressi della psicologia cognitiva e la linguistica antropologica rinnovarono lìinteresse per l'ipotesi di Sapir Whorf. Un esempio di un apporccio Chomskiano alla questione è il libro di Steven Pinker The Language Instinct, mentre un approccio più vicino a Whorf potrebbe essere rappresentato da autori come George Lakhoff, che hanno ipotizzato come le argomentazioni politiche, per esempio, sono foggiate da una ragnatela di metafore concettuali che sono sottese nell'uso della lingua. Oggi i ricercatori sono discordi, spesso fortemente, riguardo al grado di influenza del linguaggio sul pensiero, comunque questa discordia ha sprizzato un crescente interesse nel campo e un gran numero di ricerche innovative.

[modifica] Critiche

Una possibile argomentazione contro la versione integrale di quest'ipotesi, una Weltanschauung in cui la maggior parte del pensiero sia incanalata dalla lingua, può essere scoperta tramite l'esperienza personale: tutti hanno avuto qualche volta difficoltà ad esprimersi a causa dei limiti della linguam e sono consci che la lingua non è adeguata per quel che intendono. Forse scrivono o dicono qualcosa per poi pensare "non è esattamente quello che intendo dire" o forse non riescono a trovare una buona maniera di spiegare un concetto a un allievo. Questo chiarisce che ciò che è pensato non è una serie di parole, perché uno può cvapire un concetto senza essere capace di esprimerlo a parole.

L'estremo opposto, il fatto che la lingua non influenzi per nulla il pensiero, va ugualmente considerato falso. Per esempio, è stato mostrato che la distinzione di colori simili tra loro può essere influenzata da come la lingua ne organizza i nomi (ma ancora questo prova puramente che le abilità per segnalare la differenza di colore è legata al linguaggio: per quanto il soggetto possa percepire due colori differenti, non potrebbe, con anni di pratica, indicare che vede due colori differenti). Un altro studio mostrò che i figli sordi di genitori udenti possono risultare inabili ad alcuni compiti congitivi non legati all'udito, diversamente dai figli sordi di genitori sordi, a causa della maggior difficoltà dei genitori udenti nel linguaggio dei segni.

[modifica] Determinismo linguistico

Tra gli esempi più citati del determinismo linguistico è lo studio di Whorf sul linguaggio degli Inuit, che usa differenti parole per indicare la neve. Egli deduce che questo fatto modifica la visione del mondo degli Inuit, crea una differente modalità di esistenza rispetto, per esempio, ai parlanti di lingua inglese. La nozione che i popoli artici abbiano un ampio numero di parole per indicare la neve è stata confutata dal linguista Geoffrey Pullum in un saggio intitolato La grande farsa del vocabolario eschimese (The great Eskimo vocabulary hoax): egli rintraccia l'origine della storia, attribuendola ultimamente in gran parte a Whorf.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Argomenti

  • Etno-linguistica
  • Sapir-Whorf and programming languages
  • Cognitive science
  • Language and thought
  • Eskimo words for snow

[modifica] Personaggi

[modifica] Bibliografia

  • Language, Thought, and Reality: Selected Writings of Benjamin Lee Whorf. By Benjamin Whorf, edited by John Carroll. MIT Press.
  • Selected Writings of Edward Sapir in Language, Culture, and Personality. By Edward Sapir, edited by David G. Mandelbaum. University of California Press.
  • Language Diversity and Thought: A Reformulation of the Linguistic Relativity Hypothesis. By John A. Lucy. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Grammatical Categories and Cognition: A Case Study of the Linguistic Relativity Hypothesis. By John A. Lucy. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Rethinking Linguistic Relativity. Edited by John Gumperz. Cambridge University Press.
  • The Language Instinct: How the Mind Creates Language. By Steven Pinker. Perennial.
  • "What are the nine Eskimo words for snow?", 1979-02-16, The Straight Dope — Cecil Adams answers this question by saying that due to the polysynthetic nature of Inuktitut (which he and his interrogator term "Eskimo"), it is impossible to pin down a number of words.
  • "Are there nine Eskimo words for snow (revisited)?", 2001-02-02, The Straight Dope — Cecil Adams responds to criticism by listing 15 of the words that English has for snow, concluding "Whatever may be said for the S-W hypothesis in general, the notion that it's supported by Eskimo words for snow is bunk.".

[modifica] Esempi empirici

  • Ithkuil achieves precision and lexical diversity that exceed those of natural languages by employing a very complex grammar. E. g. it has 81 cases, a dozen unique morphological “variables”; but only uses 3600 word-roots.
  • E-Prime—avoids the verb "to be" in terms of general semantics
  • non-sexist language—often promoted on the grounds that sexist attitudes are aided by sexist language
  • gender-neutral pronouns such as spivak pronouns and sie and hir
  • Loglan e Lojban — due lingue progettate, tra le altre cose, anche per verificare l'ipotesi di Sapir-Whorf disponendo radically different constraints on speakers
  • Toki Pona — una lingua artificiale ispirata alla filosofia taoista and intended to shape the thought processes of its speakers

[modifica] Collegamenti esterni

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